Celano, tra storia e leggenda. Covella, l’ultima contessa.

Ricorderò sempre con particolare piacere ogni momento delle giornate passate a Celano: i mattini sui freschi prati ai piedi del paese, vagando agli alti pioppi sparsi tra le vigne, fino a che il sole si affacciava dall’alta rupe e obbligava a cercare riparo in luoghi più nascosti; le calme serate, così piene di simpatici avvenimenti; il ritorno in paese al tramonto, accompagnato da gruppi di contadini che portavano il loro grano, o da una numerosa comitiva di ragazze, ognuna con la propria conca piena d’acqua raccolta alla fresca sorgente ai piedi della roccia. E di notte, com’era calmo e lucente il lago, simile ad una striscia d’argento, sotto le finestre del palazzo, alla luce della luna piena, mentre il vecchio castello gettava lunghe ombre sul paese addormentato. (1)

Celano e il suo Castello sotto la luce del tramonto ‐ Foto Abruzzo storie e passioni

Nel cuore della Marsica sorge un castello imponente che sembra sospeso nel tempo: il Castello Piccolomini di Celano, tra i monumenti regionali più visitati dai turisti.

Le sue pietre raccontano secoli di gloria, misteri e leggende, ma una donna emerge con forza: Covella, l’ultima contessa di un potente casato, quello dei Marsi, che per generazioni governò su queste terre.

Nella memoria popolare è nota come “la regina di Celano”: donna di potere, fede e cultura, stretta tra matrimoni dinastici, conventi francescani e alleanze politiche, ma dietro il mito si cela una storia straordinaria, fatta di amori contrastati, tradimenti familiari, assedi e, infine, un oblio volutamente scelto. Elementi raccolti in un prezioso libro che per la prima volta restituisce a Covella la sua vera storia.

In questo viaggio, tra racconti popolari, ricerche storiche, passaggi segreti di torri medievali e cripte silenziose, scopriremo il volto autentico di Celano e della sua contessa.

Prima parte

Celano e il suo Castello

Il Castello di Celano è uno dei luoghi più fotografati dai turisti che visitano l’Abruzzo; una delle cartoline più conosciute della Marsica, insieme alle Gole di Celano, suggestivi canyon alti fino a duecento metri scavati sul torrente Rio la Foce, tra le montagne della Serra di Celano, la Defensa di Aielli e la Val d’Arano di Ovindoli.

Tra i più visitati in Italia, il maniero – conosciuto come Castello Piccolomini – dal 1992 ospita il Museo della Marsica e la Collezione Torlonia: otto sale espositive dedicate a scultura, pittura e arte orafa.

Un patrimonio prezioso che custodisce autentici capolavori, come il Trittico di Alba Fucens, realizzato in argento dorato, perle, gemme e smalti nella prima metà del Trecento da maestri orafi miniaturisti di ispirazione bizantina. Tra le opere più rare spiccano le porte lignee, con formelle intagliate in legno d’acero, risalenti al XII sec. e bassorilievi in pietra calcarea del II sec. d.C., probabilmente testimonianze di un’antica cittadina affacciata sul Lago del Fucino.

Fonte Grande, un luogo identitario.

Per conoscere meglio i celanesi e scoprire i racconti che svelano la storia della città bisogna raggiungere Fonte Grande, nella zona della vecchia Celano, quella assediata da Federico II nel 1223: la Caput Aquae, da cui prese il nome l’antica chiesa di Sancti Johannis Caput Aquae (San Giovanni Capodacqua), oggi Madonna delle Grazie, il luogo di culto più antico di Celano.

La sorgente di Fonte Grande è un luogo identitario, qui tutte le ore del giorno sono scandite da un viavai di cittadini che a turno riempiono decine di bottiglie con un’acqua buonissima, gelida anche in piena estate, attingendola da una generosa sorgente che nasce dal Monte Sirente ed è dedicata a San Francesco. Un vero e proprio rito popolare, ultimo frammento di un tempo ormai lontano fatto di socializzazione e condivisione.

Proprio qui, tra il suono dell’acqua e il brusio delle persone, ho ascoltato alcune storie popolari tramandate oralmente da generazioni, che i celanesi apprendono fin da bambini. Narrazioni che mescolano fede, storia e mistero, come le vicende celanesi dei primi martiri cristiani o la storia che narra di un passaggio segreto anticamente attraversato da una regina.

I racconti popolari fanno parte delle tradizioni locali, spesso sfociano nella leggenda ma conservano sempre un certo fascino. In questo viaggio nella Marsica,  per conoscere la bella Celano, la sua storia, gli aneddoti, i monumenti, il paesaggio e le bellezze naturali, seguiremo le tracce di questi antichi racconti.

I Santi Martiri di Caput Aquae e il disegno di Leonardo

La tradizione attribuisce la nascita delle sorgenti di Fonte Grande al martirio di  nobili cristiani – Simplicio, Costanzo e Vittoriano – romani o, secondo altre fonti, originari della Borgogna. Condotti a Celano per ordine dell’imperatore Lucio Vero, che secondo il racconto soggiornava in una villa imperiale nell’attuale San Potito (Ovindoli), furono giudicati colpevoli per la loro conversione al cristianesimo e condannati alla decapitazione il 26 agosto del 171 d.C. Nel momento dell’esecuzione, narra la leggenda, sgorgarono tre fontane di acqua purissima, simbolo della loro innocenza.

In passato nel luogo citato furono eseguiti alcuni scavi archeologici ed effettivamente furono rinvenuti i resti di un sontuoso palazzo di epoca romana. Secondo l’ipotesi di uno studio più recente l’edificio fu fatto costruire da Claudio (2), l’imperatore famoso in Abruzzo per i cunicoli del Fucino.

In questa zona di Celano così ricca di sorgenti, in passato furono costruiti mulini e gualchiere, dove si lavoravano lana, seta e carta sfruttando l’energia idraulica. Oggi le vie e i rioni dell’antica Caput Aquae portano ancora la memoria di quel passato: Via del Mulino Vecchio e La Gualchiera. Inoltre, secondo alcuni studiosi, proprio questo paesaggio – insieme all’area del Lago Fucino – sarebbe ritratto nel primo disegno attribuito a Leonardo da Vinci, il celebre Paesaggio 8p (dal numero d’inventario), custodito agli Uffizi.

Il geniale Leonardo avrebbe eseguito il disegno in occasione di un suo presunto viaggio a Celano, intrapreso nell’agosto del 1473, ospite dell’allora feudatario Antonio Todeschini-Piccolomini, colui che dà il nome al castello. Nonostante la suggestione affascinante è bene precisare che non esistono prove documentali e il soggetto del disegno (vedi galleria fotografica) è conteso anche da Toscana e Umbria.

La chiesa di San Giovanni e gli affreschi quattrocenteschi

Le tre statue dei Santi Martiri, patroni di Celano, dominano l’altare maggiore della chiesa di San Giovanni Battista e Evangelista, posizionata a due passi dal castello. La facciata, in stile romanico abruzzese, presenta un portale con battenti cinquecenteschi in legno di sambuco – restaurati di recente a cura del Rotary Club di Avezzano – dove sono intagliati lo stemma dei Piccolomini e, come un rebus, quello degli Aragona, insieme ad altre casate nobiliari e imparentamenti, come l’emblema dei Duchi di Amalfi.

Sulla lunetta è raffigurata la Madonna con Bambino tra San Giovanni Evangelista e Bonifacio IV, il papa originario della Marsica ricordato per l’istituzione, sotto il suo pontificato, della Festa di Ognissanti, nonché per la conversione a chiesa cristiana del famoso Pantheon di Roma.

L’interno è a tre navate. Sulla navata di destra si trova un ciclo di affreschi quattrocenteschi di scuola senese e attribuiti al Maestro di Beffi, tra cui spicca una Madonna con Bambino attribuita ad Andrea de Litio (Lecce nei Marsi, 1420 – Atri, 1495), il pittore di origine marsicana a cui abbiamo dedicato un articolo: “Atri, tra Adriano e Andrea de Litio”.

Sulla prima colonna appare lo stemma dei Conti di Celano, una delle sette grandi casate del Regno di Napoli, mentre poco distante si fa notare un ciborio cinquecentesco in legno dorato e intagliato, “usato da tempo immemorabile come fonte battesimale”, mi informa il gentile parroco don Ilvio mentre mi regala un libro sulla storia della chiesa.

In sagrestia don Ilvio mi racconta che il terribile terremoto del 2009 fece crollare gli intonaci rivelando nuovi affreschi, che ancora una volta raccontano la storia dei Santi Martiri. In particolare sulla parete di destra è rappresentato il momento in cui Lucio Vero condanna i tre cristiani insieme al loro padre.

La devozione dei celanesi è così radicata che nell’agosto 1983 a causa del divieto di celebrare i festeggiamenti per motivi di ordine pubblico, scoppiò una rivolta cittadina, con tanto di feriti tra carabinieri e dimostranti. Inoltre –  raccontano le cronache dell’epoca – nel 1923, a seguito del furto delle reliquie le campane iniziarono a suonare per annunciare il sacrilegio. Si formò una folla composta da migliaia di cittadini che occupò la locale caserma dei Carabinieri, dove nel frattempo il ladro era stato condotto.

La “Regina di Celano”

Tra le storie popolari diffuse tra i celanesi, primeggia quella che narra le vicende di una “regina”, da alcuni chiamata Giovanna, che tanto tempo fa abitava nel castello da dove, attraverso “un passaggio segreto, un tunnel”, raggiungeva la cripta della chiesa di Santa Maria in Valleverde.

Quella che i celanesi chiamano “la Regina di Celano ” è in realtà la contessa Covella (1418 – 1471), chiamata in effetti anche Giovanna (come sua sorella) o Giacomella, vezzeggiativi attribuiti nel tempo e che probabilmente hanno alimentato la leggenda, sorta anche per l’importanza storica della stessa contessa, percepita dal popolo come una sovrana.

La biografia di Covella e la sua importanza storica per Celano e la Marsica, è stata ricostruita dettagliatamente in un bel libro, scritto dalla storica avezzanese Veneranda Rubeo, ricco di documenti inediti e frutto di un’attenta e appassionata ricerca: Covella, contessa di Celano, sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento (Edizioni Kirke, 2015).  L’autrice, oltre a sfatare miti e leggende, chiarisce anche l’esatta origine del nome della contessa, che è appunto Covella, così come chiamata dai suoi contemporanei e così come la contessa si firmava nei documenti.

Alla ricerca del passaggio segreto

Affascinato dalla leggenda della “regina”, decido di recarmi al Castello di Celano per cercare il mitico “passaggio segreto” e tentare, almeno simbolicamente, di attraversarlo per sbucare nella cripta di Valleverde.

In effetti, dopo alcune ricerche, all’interno di una torre trovo davvero quello che sembra essere un passaggio segreto. È suggestivo intrufolarsi in questi misteriosi meandri medievali, immaginando di rivivere una scena de Il nome della Rosa o di Ladyhawke, due film che, non a caso, furono ambientati in un castello abruzzese, quello iconico di Rocca Calascio.

Tuttavia le verifiche storiche riportano a una spiegazione più pragmatica. E così scopro che il leggendario “passaggio segreto” che ho attraversato (vedi galleria fotografica) – che dalla torre nord, attraverso una scala a chiocciola in pietra, scende in direzione della cripta della chiesa di Santa Maria in Valleverde – altro non è che un corridoio di servizio anticamente usato dal corpo di guardia del castello per spostarsi rapidamente in caso di allarme, senza così interferire nella vita privata della corte. Forse si trattava di un’uscita di emergenza.

Confesso che sono rimasto un po’ deluso, per un momento mi ero immedesimato in Guglielmo da Baskerville sulle tracce di Adso da Melk. Ma basta alzare lo sguardo per ritrovare l’incanto: il Castello Piccolomini è uno dei posti più affascinanti d’Abruzzo, imponente e fiero, domina la Piana fucense, là dove fino alla seconda metà dell’Ottocento si estendeva il Fucino, il terzo lago più grande d’Italia dopo il Garda e il Maggiore. Sulla storia del prosciugamento si veda l’articolo “Da Pescina a Capistrello: viaggio nella storia del Lago Fucino”, in questo blog.

Costruito sui resti di una precedente fortificazione medievale difensiva, il castello fu ampliato inizialmente dai Conti di Celano. I lavori proseguirono con un intervento architettonico più importante dal 1463 in poi, in concomitanza dell’arrivo del nuovo feudatario Antonio Piccolomini,

Santa Maria in Valleverde

Dopo essere sbucato dalla torre del castello, per completare idealmente il tragitto “segreto” scendo verso la cripta del complesso conventuale di Santa Maria in Valleverde, poco distante da Fonte Grande. E così, la leggenda della “regina” ci porta a scoprire un altro tesoro di Celano.

Giunto nel piazzale antistante il convento, il castello appare in lontananza illuminato dalla luce dorata del tardi pomeriggio. La chiesa fu costruita nel XV secolo per volontà della contessa Covella, insieme all’allora terzo e ultimo marito Leonello Acclozamora. Così raccontano alcune ricostruzioni storiche, ma di fatto le fonti documentate attribuiscono la realizzazione ai Piccolomini-d’Aragona all’inizio del Cinquecento.

La facciata presenta un portale semplice con una lunetta affrescata raffigurante la Madonna tra San Francesco e San Giovanni da Capestrano. In basso, l’Agnus Dei, sullo stendardo si vede la croce, che è anche l’emblema dei Piccolomini. L’interno è a navata unica con tre cappelle laterali affrescate. Dall’area presbiteriale si accende all’attiguo convento francescano, dove mi aspetta, per farmi da guida, frate Apollonio, custode appassionato del complesso.

La Cripta del Paradiso è a pianta poligonale, illuminata da finestre tribolate, si trova sotto il presbiterio e il coro della chiesa. All’ingresso trovo una porta lignea del XVI sec. con due battenti finemente intagliati, delimitata da un basso arco rinascimentale con ai lati gli stemmi degli Aragona-Castiglia e Piccolomini-Silverio, su entrambi domina l’aquila imperiale di Carlo V.

Il nome paradisiaco della cripta evoca il tripudio di colori vivaci e leggeri degli affreschi, che rappresentano Dio in Gloria circondato da cherubini e serafini che sembrano farfalle, e angeli danzanti come un corpo di ballo sul celebre palcoscenico del Bolshoi.

Ai lati della volta appaiono ancora le aquile di Carlo V, ma anche le mezzelune dei Piccolomini e le teste di toro dei Silveri. Al centro della cripta è posizionato il sepolcro di Bernardino Silveri-Piccolomini, vescovo di Teramo, arcivescovo di Sorrento e maggiordomo di papa Paolo III Farnese.

Dalla volta psichedelica passiamo al registro inferiore: sono affrescate le scene della Passione di Cristo; la pala d’altare rappresenta Gesù e il Cireneo, attribuita al Sodoma, per motivi di sicurezza in copia, l’originale si trova su una parete della chiesa, protetta da un sofisticato sistema di allarme. Il dipinto fu notato da Edward Lear durante la sua visita a Celano, a quanto pare conclusa con un abbondante pranzo, come lui stesso racconta:

Visitammo un convento che sta sotto il paese e che possiede un buon quadro, si dice la magnificenza di Giulio Romano, spiegò un vecchio frate che ce lo mostrò posto sotto la cappella del Paradiso. Alle dodici una buona minestra, merlani freschi, cappone bollito, fette di prosciutto crudo e salsicce, montagne di macaroni, vitello ripieno, piccione arrosto, pere, prugne e meloni furono assai graditi; e questo era l’usuale livello dei loro pasti.

Frate Apollonio mi mostra poi il suggestivo chiostro quattrocentesco, ornato da un giardino molto curato e un palmeto che richiama atmosfere andaluse. Un’ambientazione insolita tra queste montagne, ma ci ricorda che un tempo nel territorio del Fucino il clima era mite grazie alla presenza del grande lago, in passato chiamato Lago di Celano. Lo ricorda pure Il barone inglese Richard Keppel Craven (1779-1851), viaggiatore del Grand Tour, che così descrive Valleverde:

Terre coltivate a piantagioni di ciliegi, le quali formano una piccola valle chiusa da argini boscosi, irrigata da chiare e copiose acque montane che scendono nel lago.

Anche sulle colonnine che circondano il chiostro ritrovo le mezzelune dei Piccolomini, successori dei Conti di Celano nella seconda metà del Quattrocento. Il simbolo della casata doveva essere una ossessione: le mezzelune le avevo notate persino sugli abiti degli angeli affrescati sulla volta della cripta e nella scena dello sposalizio di Maria e Giuseppe, dettagli del ciclo di affreschi che decorano una cappella laterale della chiesa.

Il complesso ospita inoltre un polo bibliotecario e museale. La biblioteca, attestata già nel Seicento, oggi conta 120.000 volumi, di cui 48.000 catalogati; alcuni tomi sono molto rari e antichi. Sono conservati anche manoscritti e lettere autografe di autori illustri: Tolstoj, d’Annunzio, Collodi, Manzoni, Verdi, una copia di un manoscritto di Celestino V e l’Atlante Torlonia, che contiene cartine, disegni e descrizioni tecniche relative all’impresa del Fucino.

Completano la raccolta: un leggio seicentesco; antichi paramenti sacri; una originale raccolta di immagini sacre del Settecento e una croce processionale del Cinquecento. Una vera e propria biblioteca-museo, che insieme alla Cripta del Paradiso e al convento con il suo bel chiostro dal sapore esotico, rende Santa Maria in Valleverde uno dei monumenti più importanti e suggestivi della Marsica.

Tommaso da Celano e San Francesco

Gli affreschi che ornano le pareti del chiostro del convento di Valleverde raccontano la vita di San Francesco d’Assisi e ricordano che Celano è uno dei luoghi più francescani d’Abruzzo.

Qui nacque il Beato Tommaso, tra le figure più illuminate del XIII secolo: poeta, scrittore, amico e primo biografo di San Francesco, considerato da molti studiosi l’autore del Die Irae, una delle più alte espressioni della poesia medievale. Probabilmente fu lui ad accompagnare San Francesco nei suoi viaggi attraverso la Marsica, tra il 1215 e il 1220.

In realtà, in tutta l’area del Sirente si ritrovano tracce del passaggio di Francesco. Probabilmente attraversò le Gole di Celano-Aielli per raggiungere la Valle Subequana, quindi i paesi di Castelvecchio Subequo e Gagliano Aterno, posti sull’altro versante, due luoghi fondamentali nella storia del francescanesimo e molto cari anche ai Conti di Celano. Sull’argomento si veda l’articolo “Sulle tracce di San Francesco: Castelvecchio Subequo e la Valle Subequana”, in questo blog.

Il refettorio affrescato

I tavoli del refettorio conventuale sono colmi di libri. “Stiamo sistemando l’archivio”, mi dice sorridendo frate Apollonio, indicandomi una piccola finestra dalla quale si scorge il profilo inconfondibile del Castello di Celano  riflesso nella luce calda e avvolgente del tramonto.

È un’immagine che sembra dipinta, e che si materializza poco più in là, sulla vicina parete del refettorio: un ciclo di affreschi cinquecenteschi rappresenta gli ultimi atti della vita di Gesù. Nel pannello centrale, dedicato all’Orazione nell’Orto dei Getsemani, il castello appare sull’altura, mentre Gesù prega, un angelo veglia e gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni dormono. Gli altri due pannelli rievocano il Tradimento di Giuda e l’Ultima Cena.

Questi episodi sono spesso raffigurati nei refettori conventuali: celebre è il Cenacolo di Leonardo da Vinci, nel salone da pranzo del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano. E, in un convento irlandese, fu scoperto casualmente un’opera apparentemente di scarso valore e annerita dal tempo, si trattava invece della Cattura di Cristo nell’Orto, dipinto da Caravaggio nel 1602.

Seconda parte

La Contessa Covella

Nella storia di Celano, nell’arte delle sue chiese, nel convento francescano, fino alle vicende del castello e alle leggende popolari, ricorre spesso come un filo rosso il nome della contessa Covella e della sua antica famiglia comitale. Ma chi erano i Conti di Celano?

Le radici della dinastia affondano nella storia della Contea dei Marsi, sorta dalle trasformazioni politiche sussessive alla caduta dell’Impero romano, tra invasioni gotiche, dominazione longobarda e la creazione dei ducati. La Marsica rientrò nel Ducato di Spoleto (creato nel 569), poi trasformato in Gastaldia dei Marsi, in pratica una dipendenza di quel ducato. Con l’arrivo di Carlo Magno, chiamato da papa Adriano I nell’autunno del 773 per combattere i Longobardi (Assedio di Pavia, settembre 773 – giugno 774), iniziò la dominazione franca sancita dalla proclamazione dell’imperatore quale sovrano dei Romani e del Sacro Romano Impero, con la celebre incoronazione, nell’anno 800, della notte di Natale in San Pietro. Nel 819 Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, elevò al titolo di contee gli antichi castaldi. fu così creata nel 850 la Contea dei Marsi.

In questi contesti storici, attorno all’anno 900, emerse la famiglia comitale che, dopo la definitiva conquista della Marsica da parte dei Normanni (post 1143), si divise in due nuove contee: Albe, affidata al conte Berardo, e Celano, concessa al conte Rainaldo (1187), ovvero i figli di Crescenzio, ultimo Conte dei Marsi, così come documentato nel Catagolus baronum.

La fantomatica famiglia “Berardi”

Da ciò si evince – come più volte sottolineato e documentato nel bel libro di Veneranda Rubeo – che la fantomatica famiglia “Berardi”, a lungo citata come “famiglia dinastica capostipite dei Conti di Celano” in realtà non è mai esistita.

I rami della famiglia comitale derivati dai Conti dei Marsi si divisero infatti tra il ramo dell’insediamento medievale di Albe e quello di Celano, Covella discendeva da quest’ultimo ramo e fu contessa della Signoria di Celano dal 1422 al 1463, anno del passaggio formale della contea ad  Antonio Todeschini-Piccolomini.

E’ bene sottolineare che tali date sono formali in quanto nel 1422 Covella era giovanissima e, come vedremo, sottomessa alla famiglia Colonna, che mirava a mettere le mani sui vasti territori ereditati dalla contessina. Allo stesso modo, il 1463 indica più un passaggio burocratico che reale: i Piccolomini impiegarono anni prima di ottenere il pieno controllo del patrimonio lasciato da Covella.

Covella e i francescani

La storia di Covella da Celano è una delle più affascinanti e intriganti del periodo a cavallo tra Medioevo e Rinascimento. Donna intelligente, colta e determinata, profondamente religiosa e devota a San Francesco, Covella discendeva da quel Riccardo, conte di Celano, ritratto accanto a Francesco negli affreschi giotteschi nella Basilica Superiore di Assisi. Fu amica di famosi frati francescani poi divenuti santi,  come Giacomo della Marca, ma soprattutto fu legata da un rapporto spirituale intenso con Giovanni da Capestrano, il santo-soldato, suo consigliere e confidente.

A lui Covella donò i terreni ubicati su un colle di Capestrano, destinati alla costruzione di una chiesa e di un convento francescano, e sempre per lui commissionò al pittore veneziano Bartolomeo Vivarini un ritratto del santo capestranese, realizzato nel 1459 e oggi custodito al Louvre, ma un tempo era appeso sulla parete di uno dei saloni del Castello di Gagliano Aterno (Aq), residenza prediletta della contessa e probabilmente luogo che ospitò lo stesso San Francesco durante uno dei suoi viaggi in Abruzzo.

Quando Giovanni da Capestrano morì, la contessa Covella onorò la memoria dell’amico con esequie che si rivelarono tra le più grandiose del Quattrocento: durarono tre giorni, presiedute da quattro Vescovi e centinaia di sacerdoti, con oltre quattromila invitati, ospitati da Covella e dall’allora terzo e ultimo marito Leonello Acclozamora.

Covella e Jacopo

Sposata tre volte – ma probabilmente solo l’ultimo matrimonio fu dettato dall’amore – Covella si confrontò nel corso della sua vita con i più potenti dell’epoca: papi, re, principi e condottieri, come gli Aragona, i d’Avalos, Federico da Montefeltro. Erede di una immensa fortuna, da giovanissima fu costretta a sposare Odoardo Colonna, uomo di brutto aspetto e forse impotente, nipote di papa Martino V, probabilmente il regista dell’unione forzata.

Alla morte del pontefice, Covella non ci pensò due volte: fuggì da Palazzo Colonna e sposò, verosimilmente per reciproci interessi politici, Jacopo Caldora, celebre condottiero, duca di Bari dal 1420 e marchese del Vasto. Tuttavia, nonostante la fama preferiva farsi chiamare semplicemente Jacopo. 

Colto, altero e amante delle lettere, ritratto in un disegno da Leonardo da Vinci, Jacopo – già proprietario del Castello di Pacentro –  fece edificare sui terreni panoramici degli agostiniani il primo nucleo del palazzo di Vasto che diventerà la prestigiosa dimora abruzzese dei d’Avalos. Inoltre nel 1439 farà costruire il castello che porta il suo nome: Castello Caldoresco, uno dei palazzi più lussuosi del primo Quattrocento, progettato dall’architetto senese Mariano di Jacopo detto Taccola.

All’epoca Jacopo aveva compiuto settant’anni, era una figura centrale della scena politica e militare, quindici anni prima aveva sfilato trionfalmente per le vie dell’Aquila a fianco della regina di Napoli Giovanna II d’Angiò-Durazzo, dopo la vittoria su Braccio da Montone (Andrea Fortebraccio).

Quando incontrò Covella era dunque già anziano, stando ai i canoni dell’epoca. Il matrimonio con la contessa durò pochissimi anni. È ragionevole pensare che Covella trovasse in quel celebre condottiero l’uomo giusto, capace di garantirle stabilità e la protezione della sua Contea, soprattutto in un periodo dominato da lotte feudali e complesse alleanze.

Il vero amore

Fu dopo la fine del secondo matrimonio che Covella sposò, tra la fine del 1439 e l’inizio del 1440, l’uomo che probabilmente amò davvero: Leonello Acclozamora, nipote di Jacopo Caldora. Particolare questo che fu strumentalizzato da una certa storiografia, che arrivò a diffamare Covella accusandola addirittura di incesto e di aver sposato un presunto amante.

Accuse completamente confutate da Veneranda Rubeo, che nel suo libro ha documentato con rigore la vicenda, fornendo una precisa ricostruzione storica. Dal matrimonio nacquero due figli, Rogerone e Pietro, alcune fonti citano una terza figlia, Isabella, ma su questo – precisa Rubeo – non esistono riscontri documentali.

Covella tradita e derubata

Il primogenito Rogerone, cresciuto superbo e ambizioso, arrivò perfino a impedirle di uscire dal Castello di Gagliano Aterno, luogo di residenza scelto da Covella dopo la morte dell’ultimo marito, pur di strapparle la sua amata Contea di Celano.

La sua azione si inserisce nel clima incandescente della rivalità tra aragonesi e angioini. Infatti, determinato a  spodestare sua madre, Rogerone si rivolse al capitano di ventura Giacomo Piccinino (1423 – 1465) – figlio di Niccolò, sconfitto da Jacopo Caldora nella Guerra dell’Aquila – che in quel periodo era schierato con gli angioini. Invece Covella, almeno formalmente, sosteneva Alfonso d’Aragona, confidando in un suo aiuto, che però non arrivò mai.

L’assedio organizzato dal duo Rogerone-Piccinino contro Covella, asserragliata nel Castello di Gagliano Aterno, ebbe successo. La contessa fu derubata di tutto: gioielli, argenti, denaro, depositi di lana e grano. Fu poi catturata e condotta prigioniera, probabilmente nella vicina Castelvecchio Subequo. Paradossalmente a Rogerone il Piccinino lasciò ben poco: qualche masseria, un oggetto in argento, partite di lana. Era evidente che il giovane, tanto ambizioso quanto ingenuo, era stato vittima di un abile raggiro.

Il cambio di potere

Nel 1463, i discendenti dell’antica stirpe dei Conti dei Marsi – emersi, come abbiamo visto, nell’ambito del nuovo assetto politico-amministrativo sorto dopo il 1143, in concomitanza delle conquiste normanne – non erano più i signori della Contea di Celano. Il territorio passò ad Antonio Piccolomini, anche se il pieno controllo su tutte le terre si consolidò solo negli anni successivi.

Antonio, in realtà nato Todeschini, adottò il più conveniente cognome Piccolomini grazie alla madre, sorella di papa Pio II, quel Silvio Enea Piccolomini che commissionò alcuni affreschi nelle Stanze Vaticane al pittore Giovenale da Celano, già collaboratore del Masaccio nella realizzazione della tavola che raffigura San Giovanni e San Gerolamo, custodita nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma. Al nome Piccolomini aggiunse poi d’Aragona, in virtù del matrimonio con la figlia di Ferdinando I, re di Napoli.

Covella fa perdere le sue tracce

Uscita di scena dopo l’ultimo tentativo di richiesta di aiuto a Pio II, in quel periodo a Tivoli, Covella scomparve dalla scena storica. Forse, ipotizza Veneranda Rubeo, per sua volontà cercò l’oblio ritirandosi nei suoi possedimenti pugliesi, ma non esistono documenti che possano confermarlo, si sa solo che morì alcuni anni prima del 1471, forse a Napoli o nelle zone limitrofe.

I figli chiesero all’allora papa Sisto IV il permesso di trasferirne il del corpo a L’Aquila, nella Basilica di San Bernardino da Siena, uno dei monumenti più importanti d’Abruzzo, fortemente voluto da Giovanni da Capestrano e costruito anche grazie alle cospicue donazioni della stessa Covella.

L’ultima contessa di Celano.

La vicenda di Covella dei Conti di Celano si chiude dunque nella penombra della storia, lontano dagli onori e dalle battaglie che segnarono la sua esistenza.

Figlia di una grande dinastia, moglie e madre in un tempo dominato dalla forza delle armi e dalla mutevolezza politica, Covella visse un destino emblematico delle donne del potere nel Quattrocento: protagoniste silenziose, spesso sacrificate sull’altare delle ambizioni maschili e degli equilibri dinastici.

Ma la sua vita, dai fasti di corte al dramma dell’assedio, fino all’oblio dell’ultimo ritiro, testimonia la straordinaria resistenza di una donna che lottò fino all’ultimo per la propria identità e per la dignità del suo casato.

Leo Domenico De Rocco ‐ Tecnico della valorizzazione dei Beni culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – derocco.leo@gmail.com – Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ Note, fonti e ringraziamenti dopo la galleria fotografica.

Trittico di Alba Fucens; bassorilievo rinvenuto nel Fucino datato II sec.d.C.; porte intagliate proveniente da Alba Fucens, chiesa di San Pietro, sec. XII – Celano, Museo di Arte Sacra della Marsica e Collezione Torlonia, Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Gole di Aielli / Celano – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Celano – Chiesa della Madonna delle Grazie, un tempo dedicata a “San Giovanni Capodacqua”, XI sec., sulla facciata (guardando a sinistra) si riconosce lo stemma dei Conti di Celano – Foto Abruzzo storie e passioni

Celano – Sorgente di Fonte Grande – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

“Paesaggio 8p”, Leonardo da Vinci, 1473 – Galleria degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe

Celano – Chiesa di San Giovanni Battista e Evangelista: facciata, portale, navate, affreschi, ciborio e gli affreschi rinvenuti nella sagrestia dopo il terremoto del 2009 – Foto Abruzzo storie e passioni

Celano – Castello Piccolomini, il “passaggio segreto” – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Il monaco Guglielmo da Baskerville (Sean Connery) è Adso da Melk (Christian Slater) in una scena del film “Il Nome della Rosa”

L’attore Rutger Hauer a Campo Imperatore e l’attrice Michele Pfeiffer ai piedi del Castello di Rocca Calascio, durante le riprese del film “Ladyhawke”.

Celano – La torre nord del castello e la porta della cripta, secondo il racconto luogo di arrivo “del passaggio segreto” – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Celano – Chiesa di Santa Maria Valleverde, in lontananza il Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Celano – Chiesa di Santa Maria Valleverde, Cripta del Paradiso – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Chiesa di Santa Maria Valleverde Celano – Cripta del Paradiso, registro inferiore: storie della Passione di Gesù – Foto Leo De Rocco

Chiesa di Santa Maria Valleverde, Celano – Foto Leo De Rocco

Dettaglio affreschi Chiesa di Santa Maria Valleverde, Celano, storie di Maria – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Chiostro del Convento Francescano di Celano – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Dettaglio della Orazione nell’orto – affreschi nel refettorio del Convento francescano di Celano – Foto Leo De Rocco

Celano – Biblioteca di Santa Maria Valleverde – Foto Leo De Rocco

Celano – Chiesa di San Michele Arcangelo, già pertinenza dei monaci Celestini a seguito di donazione dei Conti di Celano nel XIV sec, l’edificio sarà completato nel secolo successivo. In lontananza una parte della Piana del Fucino – Foto Leo De Rocco

Celano – dettaglio del portale romanico della Chiesa di San Francesco, lunetta affrescata sec. XV, Madonna con Bambino tra San Francesco e Sant’Antonio da Padova. La Chiesa, edificata in memoria della visita a Celano di San Francesco, conserva una reliquia del Beato Tommaso da Celano. – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Celano – Chiesa di San Francesco, reliquia del Beato Tommaso da Celano – Foto Leo De Rocco

Scorcio di Celano, ai piedi del Monte Tino chiamato anche “Serra di Celano” – Foto Leo De Rocco

Celano – Madonna con Bambino, affresco, Chiesa della Madonna delle Grazie – Foto Leo De Rocco – Lo stile di questo affresco mi ricorda la Madonna delle Partorienti di Antoniazzo Romano (sec.XV) Grotte Vaticane (a destra)

Celano – Chiesa della Madonna del Carmine, dettaglio della facciata – Foto Leo De Rocco

Celano – Chiesa di Santa Maria delle Grazie, antica acquasantiera con lo stemma dei Conti di Celano – Foto Leo De Rocco

Celano – Piazza IV Novembre, la piazza principale della città; area pedonale e Porta del Castello – Foto Leo De Rocco

Castello di Gagliano Aterno, la colonna del cortile d’onore con lo stemma dei Conti di Celano – Foto Leo De Rocco – Bartolomeo Vivarini, San Giovanni da Capestrano, 1459 – Museo del Louvre Parigi

Vasto – Castello Caldoresco – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Castello di Gagliano Aterno, ultima dimora abruzzese della Contessa di Celano Covella – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

L’Aquila, basilica di San Bernardino, Mausoleo di San Bernardino da Siena, 1489/1505, Silvestro dell’Aquila. Si tratta dell’arredo sacro più importante della basilica aquilana, capolavoro del Rinascimento abruzzese, realizzato su commissione di Jacopo di Notar Nanni, ricco uomo d’affari di Civitaretenga – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

“Lago del Fucino presso Celano in Abruzzo”, Alessandro d’Anna, 1795 – Museum of Fine Arts, Budapest

Gole di Celano-Aielli – Leo De Rocco

Un simpatico gattino smarrito incontrato durante uno dei miei sopralluoghi alla sorgente di Fonte Grande di Celano.

Celano – Fonte Grande, rifornimento dell’acqua più buona del mondo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Ringraziamenti

Ringrazio per la preziosa collaborazione Veneranda Rubeo, storica, docente universitaria e di scuola secondaria, autrice del libro Covella, contessa di Celano, sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento, fonte principale e fondamentale riferimento del presente articolo.

Ringrazio inoltre: la dott.ssa Adriana Rossi, responsabile della Biblioteca di Santa Maria Valleverde, Celano; frate Apollonio, Convento francescano di Santa Maria Valleverde, Celano; padre Ilvio, parroco della Chiesa di San Giovanni Battista e Evangelista; Stefano, responsabile assistenza, custodia e vigilanza del Castello Piccolomini di Celano.

Sostieni Abruzzo Storie e Passioni

Cari lettori,
portare avanti Abruzzo Storie e Passioni è per me un impegno fatto di passione, ricerca e tempo dedicato a raccontare il nostro territorio nel modo più autentico possibile. Ogni articolo nasce da giorni di studio, dall’acquisto di libri e testi di riferimento, da sopralluoghi fotografici in giro per l’Abruzzo e dai costi di gestione della pagina WordPress che ospita il blog.

Se apprezzi il lavoro che svolgo e desideri aiutarmi a mantenerlo vivo e a farlo crescere, puoi sostenermi anche con una piccola offerta tramite PayPal all’indirizzo email leo.derocco@virgilio.it
Ogni contributo, anche minimo, è un gesto prezioso che permette di continuare a raccontare storie, tradizioni, luoghi e personaggi della nostra splendida regione.

Grazie di cuore per il tuo sostegno e per far parte di questa comunità di appassionati dell’Abruzzo.
Continuiamo insieme questo viaggio tra storia, cultura e bellezza.

Support Abruzzo Storie e Passioni

Dear readers,
carrying on Abruzzo Storie e Passioni is a commitment driven by passion, research, and the desire to share the most authentic side of our region. Each article is the result of hours spent studying, purchasing books and reference materials, conducting photographic surveys across Abruzzo, and covering the costs of maintaining the WordPress page that hosts the blog.

If you appreciate my work and would like to help me keep it alive and growing, you can support me with even a small donation via PayPal using the email address leo.derocco@virgilio.it
Every contribution, no matter how small, is truly valuable and helps me continue telling the stories, traditions, places, and characters of our wonderful region.

Thank you from the bottom of my heart for your support and for being part of this community of Abruzzo enthusiasts.
Let’s continue this journey together through history, culture, and beauty.

Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com – Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – Note: 1) Edward Lear, agosto 1843, Le giornate passate a Celano in Viaggio illustrato nei tre Abruzzi – Illustrated Excursions in Italy –  1846, estratto da Ai piedi del Monte Tino, di Angelo Ianni, pag. 117; 2) Gli scavi furono condotti nel 1983 dall’Istituto Archeologico dell’Accademia Ungherese delle Scienze di Budapest, con la collaborazione dell’Università dell’Aquila e dell’Archeoclub della Marsica; la presenza della villa di Lucio Vero è segnalata negli scritti di Ludovico Iacobilli e Muzio Febonio (vissuti tra il ‘500 e il’ 600), secondo gli studi di don Mario del Turco, parroco di San Potito e Santa Iona e grande studioso di storie antiche della Marsica, la costruzione del palazzo imperiale fu voluta dall’imperatore Claudio. – Fonti: Covella, contessa di Celano, sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento, Veneranda Rubeo, Edizioni Kirke, 2015 – Altre fonti: Angelo Ianni: Ai piedi del Monte Tino, 2010; Camillo Tollis: Storia di Celano, 1967; Augusto Cantelmi: Storia del Castello di Celano e del suo Lago, 1977; Giuseppe Grossi: Celano, storia arte archeologia, 1998.

Articoli correlati, in questo blog:

Lascia un commento