I gioielli del Velino. San Pietro in Albe e Santa Maria in Valle Porclaneta.

In copertina: la iconostasi di Santa Maria in Valle Porclaneta; sotto: la vallata del Velino vista dal borgo medievale di Albe ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Introduzione

Viaggio nella bellezza

Abruzzo storie e passioni oggi vi porta  nella Marsica, un territorio ricco di bellezze naturali, storia e arte. Tra le pendici del monte Velino visiteremo la chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta (XI sec.) e, su un colle che domina Alba Fucens, la chiesa di San Pietro in Albe (X-XII sec.).

Un viaggio nel cuore dell’Abruzzo che metterà a dura prova chi soffre della Sindrome di Stendhal, tra boscose vallate rivelatrici di antiche storie che narrano di briganti e di sfide tra re e giovani principi; di lotte tra eserciti romani e popoli italici; di castelli, borghi medievali incantati e siti archeologici,

La chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta si trova non lontano dal piccolo paese di Rosciolo dei Marsi, una frazione di Magliano de’ Marsi, la si raggiunge percorrendo una stradina che sembra perdersi tra boschi di querce e castagni, tra rovi di more e rose canine, tra mandorli, noci e piccole abetaie.

Posti ben conosciuti e frequentati dagli appassionati di escursioni e trekking, dagli amanti della mountain bike e delle passeggiate montane, immersi nel silenzio di una natura incontaminata. Proprio in prossimità dei luoghi d’arte che visiteremo oggi partono alcuni sentieri che conducono fino ai 2487 metri del Monte Velino, da dove si ammira tutto l’Appennino centrale: dal Gran Sasso ai monti Simbruini, dai Sibillini al Terminillo. Nelle giornate luminose e terse si scorgono persino i due mari, l’Adriatico e il Tirreno.

Suggestivo è il sentiero che porta alla Grotta di San Benedetto, non lontana da quella dei Briganti. Per tradizione gli escursionisti che arrivano in quello che fu l’eremo di un monaco benedettino devono suonare una campanella posta all’ingresso della grotta, in segno di augurio e buon auspico. La Grotta dei Briganti evoca antiche storie legate ai briganti abruzzesi, definiti dal noto compositore francese Hector Berlioz (La Côte-Saint-André, 1803 – Parigi  1869) durante un suo viaggio in Abruzzo  “uomini liberi”. Questi luoghi oggi sono diventati Il Cammino dei Briganti, un percorso lungo 100 chilometri, con sentieri attrezzati e segnaletica a tappe, gestito da associazioni locali.

Ci troviamo sui mille metri di altitudine, sulle pendici dei monti del Parco Naturale Regionale Velino-Sirente, Nell’inverno del 91 a.C. queste vette innevate le scrutavano dai colli dell’Urbe i romani, che proprio in quell’anno dovettero affrontare il Bellum Marsicum, una guerra contro la Marsica e tutti gli Italici ormai determinati a reclamare lo status di cittadinanza. Com’è noto gli Italici fondarono a Corfinio la nuova capitale Italica, e coniarono una propria moneta sulla quale apparve per la prima volta nella storia la scritta “Italia”.

Prima parte

Chiesa di San Pietro in Albe

Le atmosfere dell’antica Roma le ritroviamo non molto distante da Rosciolo dei Marsi, nei pressi del piccolo paese di Massa d’Albe, qui si trova uno dei più importanti siti archeologici italiani: Alba Fucens. L’antica colonia romana fondata nel 304 a.C. dal poetico nome, che ricorda le dolci aurore sul “lucente” Lago del Fucino, le cui acque capricciose susciteranno l’interesse dell’imperatore Claudio, il quale nel 41 d.C. farà scavare i famosi cunicoli fucensi per creare un emissario e impedire così le alluvioni. Il progetto fu ripreso nella seconda metà dell’800 da Alessandro Torlonia, che decise di prosciugare completamente il lago. Sulla storia del Lago Fucino rimando all’articolo: “Da Pescina a Capistrello, storia del Lago Fucino”, in questo blog.

Alba Fucens fu costruita come colonia romana sul territorio abitato dagli Equi. Su uno dei tre colli che sovrasta la cittadina, colle San Pietro, sorgeva un tempio pagano (II-III sec. a.C.) cinto da un colonnato disposto a semicerchio (vedi galleria fotografica), all’ombra del quale si aggiravano i sacerdoti del tempio, custodi dei sacri fuochi e delle offerte al dio dell’arte e della musica, delle profezie e della saggezza, colui che traina il carro del sole: Apollo.

Tempio e colonnato dominavano Alba Fucens e tutta la valle, fino alle falde del Velino e sulle distese dei Piani Palentini, laddove, secoli dopo, si svolse una delle battaglie più importanti della storia italiana: la Battaglia di Tagliacozzo, disputata tra Carlo d’Angiò e il giovanissimo principe Corradino di Svevia. Prevalse, grazie a una furbizia, il re angioino, che non perdonerà l’appoggio degli albesi a Corradino e farà distruggere il borgo medievale di Albe.

La vallata digrada verso est in direzione dell’altopiano sul quale fino alla metà dell’800 si stendeva il terzo lago più grande d’Italia, il citato Fucino, le cui rive lambivano i boschi del Lucus Angitiae, più o meno corrispondente all’attuale Luco dei Marsi. Qui i Marsi veneravano Angizia, la dea protettrice dai veleni, dominatrice dei serpenti, conoscitrice delle erbe curative, forse sorella di Medea, di lei non si sa  molto, ma era annoverata tra le divinità legate alla Madre Terra.

Con la diffusione del cristianesimo e la fine del paganesimo questi antichi templi furono abbandonati, distrutti o convertiti in chiese.  “Piuttosto che distruggere i templi pagani è meglio trasformare gli stessi in chiese cristiane”, disse papa Gregorio Magno. Così avvenne con il tempio di Apollo (VI sec.d.C. circa) i cui resti furono riutilizzati per costruire la chiesa di San Pietro in Albe, una delle chiese più belle dell’alto Medioevo abruzzese.

Salendo su Colle San Pietro

Osservando la chiesa dall’esterno si vedono i resti delle colonne dell’antico tempio e i giganteschi blocchi di pietra del basamento. Alcune di quelle colonne oggi svettano sulla navata centrale della chiesa e appaiono come sospese sul pavimento marmoreo, così lucente che sembra foderato di raso.

L’antico portale romanico era composto da due grandi battenti lignei policromi e  istoriati, assemblati con 28 formelle intagliate nel legno d’acero di montagna. I battenti risalgono alla prima metà del XII secolo, sono custoditi nel Museo di Arte Sacra della Marsica allestito nel suggestivo Castello di Celano. Nello stesso periodo in cui furono realizzati, per la precisione il 24 febbraio 1115, si registra la prima documentazione relativa a questa chiesa, menzionata nella bolla papale da Pasquale II quale pertinenza della diocesi vescovile dei Marsi.

La costruzione primaria probabilmente risale al IV secolo, forse dipendente dall’abbazia di Montecassino. Pasquale II è lo stesso papa che nel 1104 incaricò il cardinale Agostino di ritrovare l’urna con i resti di San Clemente nell’abbazia di San Clemente a Casauria, l’altra regina del romanico abruzzese – si veda l’articolo “Abbazia di San Clemente a Casauria” – le cui maestranze lavorarono anche nel cantiere di San Pietro in Alba Fucens.

Un viaggio nel tempo

Come in un viaggio nel tempo proviamo a immaginare come si presentava questa chiesa in epoca medievale agli occhi dei pellegrini, dei pastori e degli antichi viandanti.

Dopo aver percorso una stradina panoramica che ancora oggi sale da Massa d’Albe e Alba Fucens sino alla cima del colle, giunto al cospetto del portale il visitatore ammirava le formelle lignee, che all’epoca erano tutte colorate e scolpite con riferimenti a scene tratte dalle Sacre Scritture. Rappresentano il percorso di salvezza dell’uomo, con simbologie tipiche del Romanico: girali floreali, i quattro evangelisti, cavalieri, prelati, animali feroci e fantastici. Oltretutto, come evidenzierò più avanti, si rilevano alcune affinità stilistiche tra questo portale e la iconostasi della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta.

Varcato l’ingresso il visitatore ammirava le decorazioni cosmatesche e i pregiati marmi in porfido rosso e verde che ancora oggi ornano l’ambone, realizzato tra la fine del XII sec. e gli inizi del XIII sec. dai magister Giovanni e Andrea – probabilmente aiutati da maestranze locali che configuraromo una scuola romano-marsicana – su commissione dell’abate di Montecassino Oderisio, colui che farà ampliare la chiesa a tre navate dal magister Gualtiero coaudiuvato da due aiutanti: Moronto e Pietro. L’iscrizione sul  un pilastrino dell’iconostasi nomina il citato Oderisio committente dei lavori nel XII sec.

Poco più avanti, sulla navata centrale, ecco i mosaici colorati in pasta vitrea, con delicati intarsi geometrici, sui plutei e sulle colonnine tortili che, come delicati steli floreali, reggono la iconostasi marmorea firmata dal magister Andrea. Nei secoli XII e XIII l’attività dei marmorari romani, i cosiddetti “cosmati”, dal nome del capostipite Cosma, si estese nel basso Lazio e raggiunse anche l’Abruzzo, quindi l’Umbria e verso sud la Campania. In Abruzzo uno degli esempi più raffinati dell’arte cosmatesca si trova nell’abbazia di San Liberatore a Maiella.

Il terremoto del 1915 e il furto del 1993

All’epoca di questo nostro viaggio immaginario nessuno avrebbe osato sfiorare questi marmi intarsiati sulla sacra navata, né tanto meno di rubarli, eppure secoli dopo, nel 1993, qualcuno lo pensò realmente e una notte si portò via le colonnine tortili che reggono la iconostasi.

Forse in un momento di pietà nei confronti di un monumento antico e così bello, i ladri pensarono di sostituire le colonnine con travi in legno per non far crollare la  iconostasi, l’unica in marmo presente in Abruzzo. Le colonnine furono ritrovate nel 1999, grazie ai Carabinieri del gruppo di Bari, Tutela e Salvaguardia del Patrimonio Artistico Italiano. Restaurate a Firenze nell’Opificio delle Pietre Dure, sono state finalmente rimesse al loro posto pochi anni fa.

Quelle colonnine furono restaurate già in passato, dopo il terribile terremoto del 1915, che causò il crollo della chiesa, ma grazie all’allora Soprintendenza e soprattutto al mirabile restauro diretto dal siracusano Raffaello Delogu, eseguito per anastilosi, uno dei più riusciti in Italia e in Europa, San Pietro in Albe tornò a splendere.

Il Trittico di Alba Fucens

L’antico viaggiatore, avvolto dai caldi  bagliori del tramonto, tra luci soffuse di ceri e candele, rimaneva poi incantato davanti a un manufatto in legno di pioppo, parte di un tesoro custodito nella chiesa, realizzato tra la fine del ‘200 e gli inizi del ‘300 da maestri orafi miniaturisti di formazione bizantina e veneziana. Dono, secondo la tradizione popolare, della regina Giovanna d’Angiò, sorella di Maria contessa di Albe. Si tratta del Trittico di Alba Fucens, il cui utilizzo prevedeva l’apertura delle ante laterali durante alcune importanti funzioni liturgiche.

Il trittico era poggiato sopra un altare di pietra bianca. Custodito nella chiesa di San Pietro in Albe fino alla seconda metà del Cinquecento, fu portato nella vicina chiesa di San Nicola ed esposto durante la processione del Lunedì in Albis, rito in essere fino al citato terremoto del 1915. Dopo questo tragico evento l’opera fu ancora una volta spostata, custodita a Roma nel Palazzo Venezia, dove rimase fino al 1995, quando finalmente fu restituito ed è oggi esposto nel Museo di Arte Sacra presso il Castello di Celano.

Nell’opera il personaggio centrale è la Vergine Maria con il Bambino Gesù, i personaggi secondari sono rappresentati da santi, insieme a storie di Cristo e immagini sacre dipinte in miniatura sulla pergamena e incorniciate nell’oro e nell’argento, tra pietre preziose, lamine dorate, cristallo di rocca, smalti e ricami floreali creati con fili d’oro e perle. Alcuni santi e apostoli sono scolpiti nel legno, una lavorazione che conferisce all’opera una resa tridimensionale.

Seconda parte

Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta

Ingenii Certus Varii Multique Robertus Hic Levigarum Nicodemus Atque Dolarm […] Annus Millenus Ventenus Quinquie Denus Cum Fuit Hoc Factum Fluxit […] Vi Mense October (1)

I resti del tempio dedicato ad Apollo, come abbiamo visto in parte reimpiegati nella costruzione di San Pietro in Albe, furono utilizzati anche per la realizzazione di alcuni elementi, come le transenne in pietra, dell’altro gioiello meta del nostro odierno viaggio: la chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo.

Definita dal critico d’arte Vittorio Sgarbi: “Il più grande capolavoro del Medioevo, l’unica iconostasi in legno perfettamente conservata” e visitata in segreto (come racconterò più avanti) da Papa Benedetto XVI nell’agosto 2011, la chiesa si trova a una manciata di chilometri da Massa d’Albe e Alba Fucens.

Il nome della valle è di origine incerta, forse proviene dall’ebraico “Bahal por-h-lahaneth-a” *”Valle profonda”), oppure dal greco “Porù-clanidos” (“Manto di pietra”). Secondo altre fonti il nome risalerebbe a un tempietto pagano dedicato a “Purcefer”, un fauno venerato nel luogo i cui reperti vennero alla luce dopo alcuni scavi archeologici. L’attuale strada che porta alla chiesa di Santa Maria in Valle è stata costruita solo in tempi relativamente recenti. Un isolamento che sicuramente ha giovato alla conservazione del monumento, soprattutto durante le varie guerre.

Il profilo della chiesa, in stile romanico, mi ricorda le linee del tetto di una baita e sembra ricalcare perfettamente le linee del profilo delle montagne del Velino che le fanno da cornice. Chissà se è una coincidenza oppure è il frutto del progetto artistico dell’allora architetto e costruttore Niccolò, citato in una epigrafe: “Opus est fatum Nicolaus Q. Iacet hoc” (“quest’opera è stata fatta da Niccolò che qui giace”): un esempio ante litteram di architettura sostenibile.

Maestro Niccolò proveniva da Montecassino, nell’epoca in cui l’abate era Desiderio, è probabile che qui a Rosciolo chiamò a lavorare nel suo cantiere maestranze locali la citata scuola marsicana, operativa, oltre a San Pietro in Albe, anche in altri edifici di culto della Marsica: a Santa Maria in Luco dei Marsi e in altre zone della regione, come in Santa Maria del Lago a Moscufo.

I resti delle mura che circondano la chiesa ricordano che un tempo qui c’era anche un monastero e un chiostro benedettino, con i suoi orti, il forno, il pozzo e la fontana, dalla quale ancora oggi sgorga l’ottima acqua proveniente dalle sorgenti del Velino-Sirente.

La lunetta e le influenze stilistiche del Beato Angelico

La lunetta del portale è decorata con un raffinato affresco quattrocentesco, in stile primo Rinascimento. L’artista risulta ignoto, secondo alcune fonti si tratterebbe di Andrea de’ Litio (Lecce dei Marsi, 1420 – Atri, 1495), un importante artista nato proprio da queste parti, diventato famoso ad Atri, sua città ducale di adozione, per il suo capolavoro: il monumentale ciclo degli affreschi nel Coro dei Canonici del Duomo. Su de Litio ed Atri, si veda l’articolo: “Atri, tra Adriano e Andrea de’ Litio”, in questo blog.

Osservando le componenti stilistiche degli angeli raffigurati, a mio avviso sono evidenti le somiglianze con lo stile del Beato Angelico (Vicchio, 1395 – Roma 1455). In particolare le similitudini sono riscontrabili negli angeli raffigurati sulla Pala di Perugia, ovvero il Polittico Guidalotti, di cui in questa sede propongo nella galleria fotografica un confronto stilistico con la lunetta in esame.

I plutei enigmatici

Entrando nella chiesa di Santa Maria in Valle lo sguardo è subito rapito da una rara iconostasi lignea che domina la navata centrale. È sostenuta da quattro colonnine che a loro volta poggiano su due transenne in pietra, due plutei scolpiti a bassorilievo. Di particolare interesse è il pluteo di destra, sul quale nella parte bassa prendono forma un leone e un grifone che affondano le zampe nella pietra, un effetto tridimensionale che denota la gran maestria dello scultore.

In alto a destra è raffigurato una pistrice e a sinistra uno straordinario terzetto di aquile, delle quali una, coerentemente con la fantasia medievale, ha il collo allungato come un cigno e termina con due teste. Il leone, il grifo e la pistrice tengono d’occhio chi osa oltrepassare l’iconostasi, o forse non fanno la guardia, ma insieme ai cigni e agli altri animali raffigurati esprimono una precisa iconografia: il leone potrebbe essere identificato con San Marco, mentre l’aquila con San Giovanni Evangelista, in pratica un Tetramorfo parziale.

La preziosa iconostasi

L’iconostasi, arredo sacro presente anche nella chiesa di San Pietro in Alba Fucens, come abbiamo visto in pietra, marmo e decorazioni cosmatesche, aveva la funzione di separare la parte più sacra della chiesa, riservata al clero e agli officianti (presbiterio), dallo spazio in prossimità dell’ingresso occupato dai fedeli.

Il nome deriva dal greco “eicon” (immagine) e “istemi” (sostegno). La iconostasi di Rosciolo affascina con le sue atmosfere bizantine e arabeggianti, lo stesso stile che abbiamo notato sui battenti della chiesa di San Pietro in Albe. Nella parte bassa sono scolpiti intrecci floreali intervallati da undici medaglioni, sui quali erano raffigurate scene tratte dalle Sacre Scritture. La fascia sovrastante è dominata da un loggiato intervallato da elementi floreali sempre a intreccio: sembra uno scorcio di un palazzo reale dell’antica Persia.

Il loggiato scolpito sulla parte alta, stesso tema riprodotto sui cibori e sugli amboni, ricorre spesso nell’arte romanica abruzzese, si tratta forse di un riferimento iconografico all’antico tempio di Salomone a Gerusalemme. Nella parte centrale gli archi sono più grandi, è probabile che al centro era raffigurato Cristo e ai lati la Madonna e San Giovanni Battista, tema iconografico che conduce al Giudizio Universale. Nella parte alta si intravedono piccole sculture di uomini, forse sono i monaci benedettini legati alla storia di questa chiesa abbaziale, sono accompagnati da animali feroci con le zampe alzate. Forse simboleggiano i peccatori, arresi al credo benedettino.

Nell’acroterio ancora archi e un portico, oltre ai soliti intrecci floreali. Ai lati due angeli serafini del cielo cristallino di Dio sembrano fare la guardia. Sono rappresentati dentro un arco che, nella parte interna, poggia su due colonne, due per lato.

Realizzata all’incirca nell’anno Mille, come ho sottolineato nella stessa epoca dei battenti del portale di San Pietro in Albe, l’iconostasi di Rosciolo è in legno di quercia e in origine era interamente rivestito con una lamina d’oroUn meraviglioso monumento ligneo scolpito, dipinto, decorato e dorato, forse lo stesso stile della iconostasi che l’abate Desiderio fece realizzare per l’abbazia di Montecassino, oggi non più esistente, ma narrato da Leone Marsicano nel Chronicon Cassinesis.

Immota manet

In legno di quercia sono pure le travi e le tavole utilizzate per rivestire la volta della chiesa. La quercia simboleggia la forza e la resistenza alle avversità. Una delle città più belle del mondo, Venezia, poggia quasi interamente su antiche fondazioni, costruite con tronchi di quercia sulle isole della laguna. “Immota manet”, resta immutata, ferma, scrisse l’umanista aquilano Salvatore Massonio (L’Aquila, 1559 – 1629).

Il motto è stampato sul gonfalone storico della città dell’Aquila e deriva dal poema di Virgilio le “Georgiche”, pubblicato nel I sec. a. C.  Virgilio scrive che la quercia è un albero “sacro e profeta agli Achei”, gli antichi greci. Oltre al rivestimento in lamina d’oro la iconostasi di Rosciolo era decorata con altre immagini scolpite e dipinte con vari colori, oggi purtroppo riconoscibili appena, forse erano i 12 Apostoli.

L’ambone

L’ambone di Rosciolo – dal greco “ambon/os”, che significa collina, altura, tribuna, ovvero il luogo da dove si annunciava la parola di Dio, verso la quale l’uomo cerca di avvicinarsi durante il suo cammino terreno – è posteriore ai plutei, probabilmente realizzati nella prima metà del XII secolo, in quanto la scala copre parzialmente il pluteo di sinistra. Inoltre la differenza stilistica tra i due plutei, sia negli ornati a palmette, e sia nei soggetti raffigurati, fa pensare a due distinti artisti.

Sulla balaustra della scala c’è la firma dei due magister del romanico abruzzese: Roberto e Nicodemo. Probabilmente i due, insieme a Ruggero, forse padre di Roberto, erano in contatto con l’allora centro artistico e culturale di Montecassino e tra i loro aiutanti di bottega c’erano artisti provenienti dalla Sicilia, del resto l’Abruzzo dal 1130 faceva parte del Regno di Sicilia.

I tre fondarono in Abruzzo un originale stile, che raggiunse il primo eloquente esempio in questa chiesa, seguiranno le opere realizzate dai tre in Val Vomano, nell’abbazia di San Clemente, nella chiesa di Santa Maria del Lago a Moscufo e a Cugnoli nella chiesa di Santo Stefano. Su questo argomento rimando all’articolo “I libri di pietra di Nicodemo, Roberto e Ruggero”, in questo Blog.

Il ciborio

L’arredo liturgico si chiude con uno splendido ciborio che troneggia con i suoi inconfondibili stili: moresco, negli architravi tribolati tondi e bizantino nelle incisioni con foglie intrecciate e ornamenti floreali che circondano uomini e animali, insieme a un omino che scaglia una freccia mentre un altro suona il corno da caccia. Oltre alla cultura bizantina e araba emergono anche elementi riconducibili a leggende celtiche e germaniche.

Prettamente in stile arabo è la cupola, costellata da una infinità di colonnine. Roberto e Nicodemo scolpirono il ciborio da un unico blocco di pietra locale, ispirandosi alle forme moresche gia presenti nella Andalusia di araba memoria, ma i nostri lo reinterpretarono in una nuova e originale scuola, tutta abruzzese, ricca di dettagli, talvolta fantastici, come gli uomini scolpiti su un capitello che con le braccia incrociate si tirano la lunga barba, nel mentre spunta un leone tra i rami di quella che sembra una palma.

Andiamo in una terra non ancora corrotta dalla modernità

La chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta ha affascinato i viaggiatori di ogni tempo. Tra l’800 e i primi del ‘900 un gruppo di giovani pittori scandinavi frequentarono la regione, ammaliati dal paesaggio ancora selvaggio e incontaminato e dagli abruzzesi dell’epoca che ai loro occhi apparivano “non ancora corrotti dalla modernità”. Alcuni di questi artisti nordici, riuniti nella cosiddetta Scuola di Civita d’Antino, dal nome del paese marsicano preso come riferimento dal gruppo, visitarono Santa Maria in Valle e, ispirati dalle atmosfere, crearono alcuni dipinti che oggi costituiscono una straordinaria testimonianza storica.

Nelle foto selezionate per la galleria fotografica si notino le decorazioni sulle pareti, gli affreschi, le statue, i plutei in pietra alla base del ciborio e dell’ambone a sua volta impreziosito con un prezioso drappo rosso ricamato in oro. Questi ed altri dettagli purtroppo sono perduti dopo il terremoto del 1915. La chiesa era illuminata solo dalle candele tenute accese su candelabri poggiati sul ciborio e sull’altare dell’ambone.

La quercia e l’antico monastero

Percorrendo l’antico sentiero che dal bosco porta alla Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta scopro una grande quercia secolare, forse piantata proprio dai monaci benedettini nel XI secolo durante la costruzione del cenobio. Probabilmente era usanza piantare querce nei pressi dei monasteri medievali, mi è capitato di vederne altre alle porte di abbazie e chiese abbaziali, come quella che sorveglia come una sentinella silenziosa i resti del monastero di San Pietro a Roccamontepiano (XII sec.) nel chietino.

La quercia di Rosciolo, vero e proprio monumento della natura, sembra avere gli stessi anni della chiesa. L’albero, del genere Roverella, è maestoso, alto oltre 18 metri, misura una circonferenza di ben 6 metri, parte del suo tronco sprofondò nel terreno a causa di una alluvione che nel 1928 inondò tutta la valle, la reale circonferenza della secolare quercia risulta dunque maggiore.

Testimoni del tempo e della fede, la quercia vive in simbiosi con l’antica chiesa abbaziale e con la sua preziosa iconostasi scolpita nello stesso legno. Entrambi risalgono all’anno Mille, da secoli convivono sopravvivendo a guerre e calamità naturali: Immota Manet.

Santa Maria in Valle Porclaneta e la vicina San Pietro in Alba Fucens sono tra i gioielli più preziosi della Marsica e dell’Abruzzo.

Costanza e la visita del Papa

Mi ha accompagnato durante la visita a Rosciolo dei Marsi, narrandomi la storia, talvolta contornata di aneddoti e leggende, di questo gioiello del Velino, la gentile Costanza, carismatica signora ultraottantenne che conserva una grinta e una vitalità invidiabili.

La signora Costanza Cristofano è un punto di riferimento qui a Rosciolo, è la custode di Santa Maria in Valle Porclaneta dal 1948, ma la grande dedizione e la fede la portarono a prestare il suo aiuto volontario alla comunità fin da ragazzina, quando aiutava come poteva l’allora parroco, svolgendo piccoli lavori e suonando le campane della chiesa. parrocchiale.

Costanza, mi racconta emozionata, scrisse una lettera a Papa Benedetto XVI per invitarlo a visitare Santa Maria in Valle Porclaneta, e un bel giorno d’estate, incredula, se lo trovò davanti.

La visita fu organizzata dal Vaticano in gran segreto, per evitare i giornalisti, persino a Costanza fu detto che stava per arrivare “un prete da Roma”, invece si trovò davanti il Papa. Non appena lo vide, racconta Costanza, si inginocchiò per baciare l’anello “del pescatore”, ma Benedetto XVI la aiutò subito a rialzarsi e la baciò sulle guance. Costanza ora spera nella visita di Papa Francesco: “gli ho mandato una lettera di invito insieme al libro che ho dato a te, sono certa che verrà”, mi dice sorridendo.

Lascio Rosciolo dei Marsi, Massa d’Albe, Alba Fucens e la Marsica con il dolce sorriso di Costanza e con ancora negli occhi le straordinarie bellezze custodite da queste montagne e penso che l’Abruzzo forse non è ancora pienamente consapevole di quanti tesori possiede.

Ritorno a Rosciolo

Sono tornato a Rosciolo dopo alcuni anni, ho riscontrato con piacere alcuni interventi migliorativi volti alla valorizzazione di questi luoghi. Le navate di Santa Maria in Valle Porclaneta sono ora dotate di un ottimo impianto di illuminazione e le colonnine tortili, anni fa rubate a San Pietro in Albe, sono tornate al loro posto, dopo un lungo periodo di restauro. Inoltre il percorso turistico del borgo medievale di Albe è stato rinnovato e reso inclusivo, ora è fruibile anche ai visitatori con ridotta capacità motoria.

Sono tornato nella bella Marsica anche per rivedere e salutare la gentile signora Costanza. La incontro in paese, nella sua casa vicino allo stesso bar che dà sulla piazza principale di Rosciolo dei Marsi, il Caffè La Torre, dove anni fa mi diede appuntamento per raggiungere insieme la sua amata Santa Maria in Valle.

Il suo dolce e rassicurante sorriso trasmette sempre una grande energia. Quel gioiello custodito tra i boschi del Velino è sempre presente nel suo cuore, ma oggi Costanza non è più la custode della chiesa. Ultranovantenne ma con ancora una forza incredibile, accudisce amorevolmente sua sorella maggiore di quasi 100 anni.

Il custode della chiesa ora è suo nipote Pino che, mosso come Costanza da sentimenti di generosità e altruismo, rare qualità che da sempre contraddistinguono la loro famiglia, svolge attività di volontariato per aiutare i bambini ricoverati negli ospedali romani Bambin Gesù e Umberto I, donando ai bimbi anche un sorriso quando si veste da Babbo Natale. Inoltre gestisce una casa famiglia a Monterotondo, nella quale sono ospitati i genitori durante le lunghe permanenze ospedaliere dei bambini.

Viaggi come questi, tra le storie e le passioni, tra arte e bellezze naturali, con la fortuna di conoscere persone altruiste e generose, scaldano davvero il cuore e fanno apprezzare il vero significato di quell’Abruzzo un tempo chiamato “forte e gentile”.

Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica

La vallata del Velino con i Piani Palentini vista da Albe; i tetti della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta; Rosciolo dei Marsi e la sua valle; Propaggini del Fucino dal Colle San Pietro in Alba Fucens – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Monete in argento, 91 a.C. con la scritta Italia, ritrovata a Corfinio – Museo Archeologico di Corfinio e (a destra) a Pescosansonesco – Museo delle Genti d’Abruzzo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Alba Fucens – Via dei Pilastri e l’anfiteatro – Foto Leo De Rocco

Due statue rinvenute ad Alba Fucens: Ercole seduto Museo Archeologico di Chieti) e la Venere di Alba Fucens (Museo Paludi di Celano – Foto Leo De Rocco

In alto statua in terracotta della dea Angizia, (attribuita); in basso a sx il Lucus Angitiae a Luco dei Marsi; a destra: Cunicoli di Claudio, Avezzano, Parco Archeologico dei Cunicoli di Claudio – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Vista panoramica dal Colle San Pietro, in lontananza: Alba Fucens; in alto il borgo medievale di Albe con il castello, a sinistra il paese di Massa d’Albe e il monte Velino – Foto Abruzzo storie e passioni

Borgo medievale di Albe (Massa d’Albe) – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Massa d’Albe, chiesa di San Pietro in Alba Fucens: esterni con la facciata, l’abside, una colonna del tempio pagano inglobata nella parete della chiesa e resti del colonnato a semicerchio del tempio di Apollo

Dettaglio degli antichi battenti del portale della Chiesa di San Pietro in Albe, legno scolpito, 1115 circa – Celano, Museo d’Arte Sacra Castello Piccolomini Celano – Foto Leo De Rocco

Massa d’Albe – Chiesa di San Pietro in Albe, la navata centrale con la iconostasi del magister Andrea – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Il prezioso pavimento del XIII secolo a cosmatesche dell’abbazia di San Liberatore a Maiella, Serramonacesca – Foto Leo De Rocco

Trittico di Alba Fucens, sec. XIV circa, proveniente dalla Chiesa di San Pietro in Alba Fucens, Museo di Arte Sacra della Marsica, Castello di Celano – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Dettaglio delle decorazioni cosmatesche nella chiesa di San Pietro in Albe – Foto Leo De Rocco

Galleria fotografica relativa alla seconda parte

Santa Maria in Valle Porclaneta, l’affresco sulla lunetta e il Polittico Guidalotti, 1447-1449, alla Galleria Nazionale di Perugia – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Il pluteo di destra è uno straordinario capolavoro dell’arte medievale abruzzese. Sono raffigurati un grifone, un leone, una pistrice e tre aquile.

Rosciolo dei Marsi, Santa Maria in Valle Porclaneta, navata centrale, plutei, iconostasi e ciborio – Foto e video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Confronto tra la iconostasi di Rosciolo e i battenti del portale di San Pietro in Albe

Santa Maria in Valle Porclaneta, ambone – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Il ciborio di Roberto e Ruggero a San Clemente al Vomano – a destra: dettaglio dell’ambone di Nicodemo nella chiesa abbaziale di Santa Maria del Lago a Moscufo – Foto Leo De Rocco

Santa Maria in Valle Porclaneta, Ciborio – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Fedeli nella Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Carl Budtz-Moller – Imago Museum Pescara – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Rosciolo dei Marsi, la secolare roverella vicino Santa Maria in Valle Porclaneta – in basso una quercia secolare vicino al Monastero di San Pietro a Roccamontepiano – Foto/video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

La Sig.ra Costanza mentre mi apre il cancello di ingresso a Santa Maria in Valle Porclaneta, agosto 2015 – Foto Leo De Rocco

Rosciolo dei Marsi, Costanza insieme al nipote Pino, giugno 2023 – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Copyright foto/testo/video – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note: 1) epigrafe sulla scala dell’ambone della Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Fonti: la principale fonte che ho consultato è: “Santa Maria in Valle Porclaneta, storia, arte, tradizioni di un’Abbazia Benedettina”, un libro ricco di dettagli e ricostruzioni, monografia curata da don Vincenzo Angeloni, Edizione Magliano dei Marsi-Rosciolo, 2013; fonti secondarie: Collana Abbazie in Abruzzo, Carsa Edizioni Pescara ‐ Ringraziamenti: Ringrazio per la disponibilità la gentilissima Sig.ra Costanza, storica custode della Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta e suo nipote Pino, attuale custode.

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Un commento Aggiungi il tuo

  1. Avatar di MariaPia Vittorini MariaPia Vittorini ha detto:

    Mi chiedo: quanti sono gli abruzzesi consapevoli dello straordinario patrimonio storico, naturalistico, cultuale, artistico della nostra, purtroppo poco apprezzata e , a volte, qusi sconosciuta Regione, non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale?

    Piace a 1 persona

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