Il gioiello del Velino

“INGENII CERTUS VARII MULTIQUE ROBERTUS HIC LEVIGARUM NICODEMUS ATQUE DOLARM…ANNUS MILLENUS VENTENUS QUINQUIE DENUS CUM FUIT HOC FACTUM FLUXIT…VI MENSE OCTOBER” (1)

Traduzione: Roberto, dotato di grande e versatile ingegno e Nicodemo, abbozzarono e rifinirono questo lavoro nell’anno mille centocinquanta. Quando questa opera fu compiuta correva il sei ottobre.


Girando in lungo e in largo per l’Abruzzo ho scoperto che questa terra custodisce veri e propri tesori ancora poco conosciuti. Facendo fede alla missione di questo blog, che consiste nel divulgare la conoscenza delle storie e delle bellezze di questa regione, soprattutto le meno conosciute, quelle nascoste, quelle trascurate e dimenticate, sono andato nella bella Marsica per scoprire un gioiello incorniciato dal Velino: la chiesa, un tempo parte di un monastero benedettino, di Santa Maria in Valle Porclaneta, (sec. XI).


Rosciolo dei Marsi, agosto 2015 – Foto Leo De Rocco


La chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta si trova ai piedi del monte Velino, vicino al piccolo paese di Rosciolo dei Marsi, una frazione di Magliano de’ Marsi, ed è raggiungibile attraverso una stradina che sembra perdersi tra boschi di querce e castagni, tra rovi di more, tra mandorli, noci e piccole abetaie.

Mi trovo sui mille metri di altitudine, sulle pendici dei monti del Parco Velino-Sirente, i monti più alti degli Appennini dopo il Gran Sasso e la Majella le cui cime, nelle giornate terse, si intravedono da Roma.

Terre marsicane contese nelle prime guerre italiche intraprese dall’antica Roma, non senza difficoltà per i romani: i Marsi al motto di “Nec sine Marsi nec contra Marsos, triumphari posse” (“Non si può vincere né senza i Marsi né contro di essi”) coniato da Appiano di Alessandria, erano guerrieri astuti e valorosi, non a caso Giulio Cesare li arruolò nella “Legio Martia”

Questo è il cuore dell’Abruzzo, luoghi ricchi di storia, arte e bellezze naturali.


Massa d’Albe – Chiesa di San Pietro in Albe – Unico esempio in Abruzzo di navata con colonne doriche provenienti da tempio pagano – Foto Leo De Rocco – Navata centrale, ambone (a sx) , iconostasi, ciborio.


Non molto distante da qui si trova Massa d’Albe con l’interessante sito archeologico di Alba Fucens, antica colonia romana fondata nel 304 a.C., probabilmente su una preesistente cittadina italica abitata dagli Equi.

Sull’altura che la sovrasta sorgeva il tempio dedicato ad Apollo (II-III sec. a.C.), all’epoca cinto da un colonnato dorico disposto a semicerchio che dominava Alba Fucens e tutta la valle, compresa una parte dell’allora Lago Fucino laddove, tra le boscose alture che sovrastano Lucus Angitiae (Luco dei Marsi), i Marsi veneravano Angizia, la dea protettrice dai veleni, dominatrice dei serpenti, conoscitrice delle erbe curative, annoverata tra le divinità legate alla Madre Terra.

Con la diffusione del cristianesimo e la fine del paganesimo questi antichi templi vennero abbandonati, distrutti o convertiti in chiese, così avvenne per il tempio di Apollo di Alba Fucens (attorno al VI sec.d.C.) le cui citate colonne doriche furono riutilizzate per costruire l’attuale chiesa di San Pietro in Albe, tra le regine delle chiese romaniche abruzzesi, ed oggi le possiamo ammirare maestose nella navata centrale della chiesa, poggiate su un prezioso pavimento marmoreo così lucente che sembra foderato di raso. (Foto sopra)

Per avere una idea dell’antica bellezza di questa parte della Marsica ecco una piccola galleria fotografica nella quale simbolicamente ritornano sul luogo d’origine statue, colonne, reperti, portali, opere d’arte classiche e medievali.


Dea Angizia (attribuito), terracotta, III sec a.C. – Museo Paludi Celano – Foto Leo De Rocco


Venere di Alba Fucens – Museo Paludi – Celano – Foto Leo De Rocco


Statua di Ercole, I sec.a.C. , proveniente da Alba Fucens, la statua misura 2,40m. fu scoperta nel 1960 da un gruppo di archeologi dell’Accademia Reale del Belgio, il dio è raffigurato seduto mentre banchetta, con una mano regge una coppa di vino – Museo Archeologico Nazionale Chieti – Foto Leo De Rocco


Statua di Ercole proveniente da Alba Fucens, dettaglio – Museo Archeologico Nazionale Chieti – Foto Leo De Rocco


Alba Fucens, via dei Pilastri – Foto Leo De Rocco


Alba Fucens, anfiteatro – Foto Leo De Rocco


Chiesa di San Pietro in Albe – Foto Leo De Rocco


Dettaglio degli antichi battenti del portale della Chiesa di San Pietro in Albe, legno scolpito, 1115 circa – Celano, Museo d’Arte Sacra Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Battenti del portale della chiesa di San Pietro, dettaglio – Museo Arte Sacra Celano – Foto Leo De Rocco


L’antico portale della Chiesa di San Pietro in Albe un tempo era arricchito da due grandi porte lignee policrome e istoriate con 28 formelle intagliate in legno d’acero di montagna, datate 1114-15, incredibilmente arrivate fino a noi dopo tanti secoli.

Il 1115 (24 febbraio) è anche la prima data documentata relativa alla chiesa, viene menzionata nella bolla papale di Pasquale II quale pertinenza della diocesi vescovile dei Marsi; ma è verosimile che già prima, fin dall’872, San Pietro in Albe era in possesso dei benedettini, quindi dell’Abbazia di Montecassino. Pasquale II è lo stesso papa che nel 1104 incaricò il cardinale Agostino di ritrovare l’urna in alabastro con i resti di San Clemente nell’abbazia di San Clemente a Casauria, altra regina del romanico abruzzese. (Vedi l’articolo “Abbazia di San Clemente a Casauria” in questo blog).

Come in un viaggio nel tempo proviamo ad immaginare lo spettacolo che si presentava agli occhi di pellegrini e antichi viandanti, con le preziose porte d’acero e l’interno della chiesa, inserita in uno scenario paesaggistico tra i più belli d’Abruzzo, tra le pendici del Velino e il Lago Fucino.

Davanti al portale il visitatore ammirava le citate formelle lignee che all’epoca erano tutte colorate e scolpite con riferimenti alle Sacre Scritture. Rappresentano il percorso di salvezza dell’uomo con simbologie tipiche medievali, tra motivi floreali, i quattro Evangelisti, cavalieri, prelati, bestie feroci e fantastiche.

Varcato l’ingresso ancora colori cangianti nelle decorazioni cosmatesche e pregiati marmi, come il porfido rosso, e mosaici colorati in pasta vitrea con delicati intarsi geometrici nei plutei, nelle colonnine tortili, fino alla preziosa iconostasi. Opere romaniche firmate dal “magister Andrea”.

L’antico viaggiatore avvolto dalle calde e soffuse luci di ceri e candele e dal profumo speziato dell’incenso, rimaneva poi incantato davanti ad un prezioso trittico in legno di pioppo, parte di un tesoro custodito nella chiesa, risalente al XIV sec., poggiato sopra un altare di pietra bianca, con immagini sacre dipinte in miniatura e incorniciate nell’oro e nell’argento, tra pietre preziose, lamine dorate, cristallo di rocca, smalti e ricami floreali creati con fili d’oro e perle.

Uno sfavillante capolavoro dell’arte orafa medievale abruzzese il cui luccichio riprendeva la doratura dei mosaici cosmateschi creando un meraviglioso contrasto col setoso pavimento e le bianche colonne doriche appartenute al tempio di Apollo.


Trittico di Alba Fucens, dettaglio – Museo del Castello di Celano, proveniente dalla Chiesa di San Pietro in Albe – Foto Leo De Rocco


Trittico di Alba Fucens, dettaglioFoto Leo De Rocco


Trittico di Alba Fucens – dettaglio – Foto Leo De Rocco


Trittico di Alba Fucens, dettaglio – Foto Leo De Rocco


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Trittico di Alba Fucens, sec. XIV, Museo del Castello di Celano, proveniente dalla Chiesa di San Pietro in Alba Fucens – Foto Leo De Rocco


Decorazioni cosmatesche su uno dei plutei che sorreggono le colonnine tortili e l’iconostasi, San Pietro in Alba Fucens – Foto Leo De Rocco – Nei secoli XII e XIII l’attività dei marmorari romani detti “Cosmati”, dal nome del capostipite Cosma, si estese nel basso Lazio, raggiungendo l’Abruzzo, l’Umbria e la Campania.


Ambone della Chiesa di San Pietro in Albe – Foto Leo De Rocco


Dettaglio delle decorazioni cosmatesche nella chiesa di San Pietro in Albe – Foto Leo De Rocco – Le decorazioni comatesche sono opera del magister Andrea che si avvalse di maestranze locali della Scuola romano-marsicana.


Iconostasi (in alto) poggiata sulla colonnina tortile: pietra, marmo, tessere colorate di paste vitree – Chiesa di San Pietro in Albe – Foto Leo De Rocco


Dettaglio di una delle colonnine tortili che sorreggono l’iconostasi, San Pietro in Alba Fucens – Foto Leo De Rocco – una iscrizione trovata su un pilastrino dell’iconostasi nomina l’abbate Oderisio quale committente dei lavori del XII sec. (con l’ampliamento a tre navate) eseguiti dal magister Gualtiero e due aiutanti: Moronto e Pietro.


Oltre al riutilizzo delle colonne, anche altri resti del tempio pagano furono reimpiegati nella costruzione di San Pietro in Albe, ad esempio per rafforzare le fondazioni dell’edificio, ma anche per la realizzazione di alcuni elementi, come le transenne in pietra, nella chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta.

Su un’altra altura, di fronte a questa, trovo i resti dell’antico borgo medievale, con il suo castello ormai ridotto a ruderi dal tempo ma anche da quel superbo di Carlo I d’Angiò il quale, per vendicarsi dell’appoggio fornito dagli abitanti di Albe a Corradino di Svevia durante la celebre Battaglia di Tagliacozzo (1268), fece distruggere l’antico abitato e tagliò la testa al povero Corradino di appena 16 anni.


Il borgo medievale visto dall’altura dove sorge la chiesa di San Pietro in Albe – Foto Leo De Rocco


Il borgo medievale di Massa d’Albe – Foto Leo De Rocco


Alba Fucens, resti del borgo medievale – Foto Leo De Rocco


La chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta, definita dal critico d’arte Vittorio Sgarbi “Il più grande capolavoro del Medioevo, l’unica iconostasi in legno perfettamente conservata” e visitata in segreto (come racconterò più avanti) da Papa Benedetto XVI nell’agosto 2011, si trova ad una manciata di chilometri da Alba Fucens, circa un quarto d’ora di auto.

Il nome della valle è di origine incerta: secondo alcuni proverrebbe dall’ebraico Bahal por-h-lahaneth-a che significa “valle profonda” oppure dal greco porù-clanidos, traduzione di “manto di pietra”. Altri fanno risalire il nome ad un tempietto pagano dedicato a Purcefer, un fauno venerato nel luogo i cui reperti vennero alla luce dopo alcuni scavi archeologici.

L’attuale strada che porta alla chiesa di Santa Maria in Valle è stata costruita solo in tempi recenti: l’isolamento spiega la conservazione del monumento, che è miracolosamente resistito, contenendo i danni, a terremoti e guerre.

Il profilo della chiesa, in stile romanico, mi ricorda le linee del tetto di una baita che sembra così ricalcare perfettamente le linee del profilo delle montagne del Velino che le fanno da cornice (vedi foto).

Chissà se è una coincidenza oppure il frutto del progetto artistico dell’allora architetto e costruttore, un certo Nicolò, citato in una epigrafe forse incisa da lui stesso “Opus est fatum Nicolaus Q. Iacet hoc” (“quest’opera è stata fatta da Nicolò che qui giace”), nel caso sarebbe un esempio ante litteram di architettura sostenibile.

I resti delle mura in pietra che circondano la chiesa ricordano che un tempo qui c’era anche un monastero e un chiostro benedettino.


Santa Maria in Valle Porclaneta, agosto 2015 – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta, lunetta affrescata – Foto Leo De Rocco


Varcando l’ingresso trovo sulla lunetta del portale dalle linee gotiche un bellissimo ed elegante affresco in stile primo Rinascimento (foto sopra) il cui autore risulta ignoto, forse è Andrea De Litio, (lo stile sembra il suo), un importante artista del Quattrocento nato proprio da queste parti (Lecce dei Marsi, 1420 – Atri, 1495), famoso per il ciclo degli affreschi nel Duomo di Atri. (vedi in questo blog “Atri, tra Adriano e Andrea De Litio).

Una rarissima iconostasi lignea domina la parte centrale della navata. È sostenuta da quattro colonnine che a loro volta poggiano su due transenne in pietra scolpite con bassorilievi.

L’iconostasi, elemento presente anche nella chiesa di San Pietro in Alba Fucens, come abbiamo visto in pietra, marmo e decorazioni cosmatesche, aveva la funzione di separare la parte più sacra della chiesa, riservata al clero e agli officianti (presbiterio), dallo spazio occupato dai fedeli.

La iconostasi è retta da quattro colonnine che a loro volta poggiano su due plutei. In uno di essi un leone, un grifo, un drago (o pistrice) e un’aquila scolpiti sembrano tenere d’occhio visitatori e devoti.


La iconostasi della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Foto Leo De Rocco

Iconostasi chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Foto Leo De Rocco


La iconostasi della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Foto Leo De Rocco


Dettaglio pluteo della iconostasi – Foto Leo De Rocco


Lo stile dell’insieme presenta influssi bizantini e arabeggianti, con motivi fantastici e fiabeschi, che in realtà corrispondono ad un preciso significato iconografico: un drago, un leone, un grifo, un’aquila, un colombo, due cigni, rosoni circolari con petali a stella e ornamenti floreali, foglie di acanto e frutta.

Eppoi due angeli serafini del cielo cristallino di Dio che sembrano fare la guardia, seguono putti, figure di monaci, piccoli mostri e un loggiato, intervallato da elementi floreali, che sembra uno scorcio di un palazzo reale dell’antica Bisanzio.

Realizzata all’incirca nell’anno Mille in legno di quercia, in origine questa iconostasi era interamente rivestita con una lamina d’oro. Un meraviglioso monumento ligneo scolpito, decorato e dorato.

Forse lo stesso stile caratterizzava la iconostasi che l’abate Desiderio fece realizzare per l’abbazia di Montecassino, oggi non più esistente, ma così documentato. Sempre in legno di quercia sono le travi e le tavole utilizzate per rivestire la volta della chiesa.

La quercia simboleggia la forza e la resistenza alle avversità. “Immota manet” (resta immutata, ferma) scriveva l’umanista aquilano Salvatore Massonio (L’Aquila, 1559 – 1629). Motto stampato sul gonfalone storico della città dell’Aquila, ripreso dal poema di Virgilio, le “Georgiche”, pubblicato nel I sec. a. C. in cui il poeta considera la quercia un albero “sacro e profeta agli Achei”, (gli antichi greci). Una delle città più belle del mondo, Venezia, poggia quasi interamente su antiche fondazioni costituite da tronchi di quercia.

Oltre al rivestimento in lamina d’oro la iconostasi di Santa Maria in Valle Porclaneta presentava altre immagini scolpite e dipinte con vari colori, come i dodici Apostoli, oggi purtroppo riconoscibili appena.


ambone iconostasi e ciborio

Santa Maria in Valle Porclaneta – Foto Leo De Rocco – ambone, iconostasi, ciborio


Santa Maria in Valle Porclaneta, ambone – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta, dettaglio ambone – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta, ambone – Foto Leo De Rocco


Adiacente alla iconostasi ecco un prezioso ambone opera, insieme al ciborio, di due artisti abruzzesi Roberto e Nicodemo. I due erano in contatto con l’allora centro artistico-culturale di Montecassino (come detto questa chiesa-abbazia rientrava tra le pertinenze dell’antica Abbazia di Montecassino) ma seppero fondare nel nativo Abruzzo un loro originale stile che raggiunse il più eloquente esempio proprio qui, nella chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta.


Particolare dell’ambone di Nicodemo nella chiesa di Santo Stefano a Cugnoli – Foto Leo De Rocco


Parimenti per altre importanti opere di Nicodemo, eseguite da solo o in bottega insieme a Roberto e a suo padre Ruggero, come l’ambone nella chiesa di Santo Stefano a Cugnoli (foto sopra). quello in Santa Maria del Lago a Moscufo e il ciborio nell’abbazia di San Clemente in Val Vomano.

In fondo alla chiesa troneggia un bel ciborio arabeggiante, la forma richiama atmosfere bizantine. Roberto e Nicodemo realizzarono questa magnifica opera da un’unico blocco di pietra locale e, per la prima volta in Abruzzo, si ispirarono allo stile moresco, già presente in Spagna e in Francia, ma lo interpretarono in un nuovo e originale stile artistico, con dettagli fantastici. Come gli uomini scolpiti su un capitello che con le braccia incrociate si tirano la lunga barba, nel mentre spunta un leone tra i rami di quella che sembra una palma.  (Foto sotto).


Santa Maria in Valle Porclaneta, Ciborio – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta, dettaglio ciborio – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta – Dettaglio di un capitello del ciborio – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta, ciborio – Foto Leo De Rocco


Santa Maria in Valle Porclaneta, ciborio – Foto Leo De Rocco


La chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta ha affascinato i viaggiatori di ogni tempo. Tra l’800 e i primi del ‘900 un gruppo di giovani pittori scandinavi frequentarono l’Abruzzo ammaliati dal paesaggio ancora selvaggio e incontaminato e dagli abruzzesi dell’epoca che ai loro occhi apparivano non ancora “corrotti dalla modernità”.

Alcuni di questi artisti nordici riuniti nella “Scuola di Civita d’Antino”, dal nome del paese marsicano preso come riferimento dal gruppo, visitarono la chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta e ispirati dalle magiche atmosfere crearono alcuni dipinti che oggi costituiscono anche una straordinaria testimonianza storica.

Nelle foto che seguono si notino le decorazioni sulle pareti, gli affreschi, le statue, i plutei in pietra alla base del ciborio e dell’ambone, impreziosito da un prezioso drappo rosso con ricami in oro, e altri dettagli purtroppo andati perduti dopo il terremoto del 1915. La chiesa era illuminata solo dalle candele, accese su candelabri poggiati sul ciborio e sull’ambone.


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Fedeli nella Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Carl Budtz-Moller – Imago Museum Pescara – Foto Leo De Rocco


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Dettaglio – Foto Leo De Rocco


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Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Carl Budtz-Moller – Imago Museum Pescara – Foto Leo De Rocco


La secolare quercia vicino la Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta, agosto 2015 – Foto Leo De Rocco


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La secolare quercia vicino la Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta. Risciolo, agosto 2015 – Foto Leo De Rocco


Percorrendo l’antico sentiero che dal bosco porta alla Chiesa, un tempo anche monastero, scopro una gigantesca quercia secolare. Chissà, forse piantata proprio dai monaci benedettini attorno all’anno Mille, in concomitanza della costruzione della chiesa-monastero. Questo monumento della natura sembra avere gli stessi anni della chiesa.

L’albero è maestoso, alto oltre 18 metri, misura una circonferenza di ben 6 metri, parte del suo tronco sprofondò alcuni metri nel terreno a causa di una alluvione che nel 1928 inondò tutta la valle, la reale circonferenza della secolare quercia risulta quindi maggiore.

La secolare quercia vive in simbiosi con l’antica chiesa e con la sua preziosa iconostasi scolpita nello stesso legno: entrambi risalgono all’anno Mille, sono oggi due monumenti, uno realizzato dalla natura e l’altro dall’uomo, che da secoli convivono sopravvivendo a guerre e calamità naturali. Santa Maria in Valle Porclaneta e la vicina San Pietro in Alba Fucens sono tra i gioielli più preziosi della Marsica e dell’Abruzzo.


La Sig.ra Costanza mentre mi apre il cancello di Santa Maria in Valle Porclaneta, agosto 2015 – Foto Leo De Rocco


Mi ha accompagnato durante la visita a Rosciolo dei Marsi la gentile Sig.ra Costanza, una vispa e carismatica signora quasi novantenne che conserva una grinta e una vitalità invidiabili. Costanza, custode della chiesa-monumento, mi ha raccontato la storia, contornata di aneddoti e le leggende, di Santa Maria in Valle.

Fu lei ad invitare qui il Papa emerito Benedetto XVI e un giorno d’estate, incredula, se lo trovò davanti in una visita organizzata segretamente per evitare i giornalisti: le fu detto che stava per arrivare un prelato, invece si trovò davanti il Papa.

Mi racconta Costanza che non appena vide il Papa si inginocchiò per baciare l’anello “del pescatore”, ma Benedetto XVI la aiutò subito a rialzarsi e la baciò sulle guance.

Costanza spera ora nella visita di Papa Francesco: “gli ho inviato il libro che ho dato a te insieme all’invito, sono certa che verrà”, mi dice sorridendo.

Lascio Rosciolo dei Marsi, Alba Fucens e la Marsica con il dolce sorriso di Costanza e con ancora negli occhi le straordinarie bellezze artistiche custodite da queste montagne, e penso che l’Abruzzo forse non è ancora pienamente consapevole di quanti tesori possiede.

Leo De Rocco

Copyright Foto e Testo – Riproduzione riservata.


Altre foto

Rosciolo dei Marsi – Santa Maria in Valle Porclaneta – ingresso – Foto Leo De Rocco

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Mensola con uomo che si tira la barba, sec. XII – proveniente dalla chiesa di San Pietro in Albe, Museo d’Arte Sacra Castello Piccolomini Celano – Foto Leo De Rocco


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Pluteo con leone che azzanna un uomo, seconda metà del XII sec., proveniente dalla chiesa di San Pietro in Albe – Celano, Museo d’Arte Sacra Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


Transenna traforata, XII sec., proveniente dalla chiesa di San Pietro in Albe – Celano Museo d’Arte Sacra Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


Transenna in pietra scolpita, sec. XII, proveniente dalla chiesa di San Pietro in Albe – Museo d’Arte Sacra Castello Piccolomini Celano – Foto Leo De Rocco – La chiesa di San Pietro in Albe, gravemente danneggiata dal violento terremoto del 1915, fu oggetto di una importante opera di restauro e ricostruzione, con progetti innovativi guidati da Raffaello Delogu, ritenuto il padre della moderna disciplina del restauro.


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San Giacomo Maggiore – Affresco staccato XV sec. circa, attribuito a Antonio da Atri, proveniente dalla chiesa di San Pietro in Albe – Celano, Museo d’Arte Sacra Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


Parco Velino-Sirente – Foto Leo De Rocco


Copyright –All rights reserved – È vietato l’uso, anche solo parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta derocco.leo@gmail.com – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Foto, compreso copertina: Alba Fucens, Massa d’Albe, Rosciolo de’Marsi, Magliano dei Marsi: agosto 2015 Leo De Rocco – Note: 1) epigrafe sulla scala dell’ambone della Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta – Fonti: Santa Maria in Valle Porclaneta, storia, arte, tradizioni di un’Abbazia Benedettina di Vincenzo Angeloni, Edizione Magliano dei Marsi-Rosciolo 2013. Ringraziamenti: la gentilissima Sig.ra Costanza, custode della Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta.


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  1. MariaPia Vittorini ha detto:

    Mi chiedo: quanti sono gli abruzzesi consapevoli dello straordinario patrimonio storico, naturalistico, cultuale, artistico della nostra, purtroppo poco apprezzata e , a volte, qusi sconosciuta Regione, non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale?

    Piace a 1 persona

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