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In copertina: San Vito Chietino, Eremo Dannunziano, scogliera delle “Portelle” – Foto Leo De Rocco
25 Marzo. San Vito è la mia Mecca, la mia città santa a cui vanno le più alte aspirazioni dell’essere… Che gran soffio salutare! San Vito è il paradiso. (1)
La Costa dei Trabocchi è uno dei tratti marini più suggestivi del litorale abruzzese. Acque trasparenti, calette nascoste tra la macchia mediterranea e alte scogliere. Un paesaggio prevalentemente collinare con frutteti, uliveti e vigneti che arrivano a lambire il mare e una chilometrica pista ciclo-pedonale che da Ortona a Vasto scorre su spiagge assolate.
Costa abruzzese tra San Vito Chietino e Ortona – Foto Leo De Rocco
Dal Belvedere di San Vito Chietino – Foto Leo De Rocco
Belvedere di San Vito Chietino – Foto Leo De Rocco
Spiaggia di San Vito Chietino – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – in lontananza il Trabocco del Turchino – Foto Leo De Rocco
Mi trovo a San Vito Chietino, uno dei paesi turistici che si affacciano su questo bel tratto di costa, la sua storia è attraversata da papi e antipapi, pirati e trabocchi, nobili feudatari e antiche abbazie.
Come la suggestiva Abbazia di San Giovanni in Venere, costruita su un tempio pagano dedicato alla dea Venere è oggi una delle regine del romanico abruzzese e domina questo mare da quasi mille anni. Si trova a Fossacesia, una manciata di chilometri da qui.
Abbazia di San Giovanni in Venere, Fossacesia, dettaglio del Portale della Luna: Visitazione di Maria a Elisabetta – Foto Leo De Rocco
Abbazia di San Giovanni in Venere, Fossacesia, Portale della Luna – Foto Leo De Rocco
Abbazia di San Giovanni in Venere, Fossacesia, dettaglio degli affreschi nella cripta – Foto Leo De Rocco
Il trabocco più antico della costa teatina si trova qui a San Vito, il “Turchino”, prende il nome del promontorio Capo Turchino. D’Annunzio lo descrive come “una strana macchina da pesca, tutta composta da tavole e travi, simile a un ragno colossale”.
San Vito Chietino – Trabocco del Turchino e “spiaggetta dannunziana” – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino, trabocco sul molo, dettaglio – Foto Leo De Rocco
Vicino a questo “ragno colossale” fatto di cordami, argani, palafitte, pedane e ponti in pino d’Aleppo, ai tempi di D’Annunzio regno dei pescatori e da qualche anno, per la gioia dei turisti, trasformati in originali ristoranti sospesi sul mare che cucinano rinomati piatti di pesce, manco a dirlo “a chilometro zero”, c’era una torre difensiva eretta già alla fine del ‘300 e ricostruita sotto Carlo V, posta a difesa dell’antico castello sanvitese.
Torre e castello oggi non ci sono più, ma le loro tracce si trovano sulla via Orientale del paese, dove sono visibili i resti delle possenti mura castellane, e su una rara pergamena opera di un ex pirata diventato navigatore, cartografo e geografo: Piri Reis (1465 – 1553), un turco conosciuto per il “Libro della Navigazione” conservato, un tempo insieme alla pergamena, nella Sala del Tesoro del meraviglioso Palazzo Topkapi a Istanbul, lo storico e lussuoso buen retiro dei sultani ottomani.
E proprio ad un sultano apparteneva la pergamena che contiene le architetture medievali di San Vito Chietino. Oggi fa parte della collezione dei manoscritti e libri rari del The Walters Museum a Baltimora.
Antica pergamena con la mappa di Lanciano, il suo circondario e le cittadine-fortezze sulla costa, tra esse San Vito Chietino, XV sec., Piri Reìs -The Walters Art Museum Baltimora
Palazzo Topkapi Istanbul – Foto Leo De Rocco
Sono venuto a San Vito Chietino non per trascorrere, seppur tentato, una giornata di mare, ma per visitare una villetta arroccata su un promontorio che domina la marina e il trabocco Turchino.
Mi interessa questa casa e questi luoghi perché furono testimoni di una storia intrigante che vide protagonisti due giovani, un famoso scrittore e la sua amante, e costituì la fonte di ispirazione di un celebre romanzo. Ve la racconto.
In una estate ormai molto lontana due amanti trovarono in questa villetta un rifugio solitario dove trascorrere il loro tempo d’amore, di passione e di poesia. I due erano l’allora ventiseienne Gabriele d’Annunzio e Barbara Leoni, “gli occhi più belli di Roma”, la “Barbarella regina di Cipro”, al secolo Elvira Natalia Fraternali, di un anno più grande. Entrambi reduci da rispettivi matrimoni in crisi.
Avrete sicuramente indovinato il titolo del romanzo: “Il Trionfo della Morte”, con cui l’autore chiude la trilogia dei “Romanzi della Rosa”, iniziata con “Il Piacere” e “L’Innocente”, e racconta la storia dell’esteta Giorgio Aurispa di Guardiagrele e della sua amante Ippolita Sanzio, una romana anch’essa sposata.
Per rendere la narrazione più consona al clima di quella lontana estate di passione consumata sul mare sanvitese citerò alcuni stralci del romanzo e alcune lettere che i due amanti, quelli veri, Gabriele e Barbara, si scambiarono in quel periodo. Spero così di rendere piacevole la lettura, suscitare curiosità e magari il desiderio di visitare questi luoghi.
Lo scambio epistolare tra Gabriele e Barbara è costituito da oltre mille lettere, molte delle quali inedite e sparse in collezioni private ma tutte riunite, sistematizzate e commentate in un corposo e prezioso libro, un pilastro fondamentale per gli studi dannunziani: “Lettere a Barbara Leoni” (Casa Editrice Carabba Lanciano) a cura dello scrittore abruzzese Vito Salierno, uno dei più grandi studiosi di Gabriele D’Annunzio.
Per Benedetto Croce quello tra d’Annunzio e Barbara fu “il più meraviglioso epistolario d’amore”.
Gabriele d’Annunzio all’età di 26 anni
Barbara Leoni, in una foto nel periodo della “fuga amorosa” a San Vito Chietino.
Gabriele e Barbara si incontrarono la prima volta a Roma in occasione di un concerto organizzato al Circolo degli Artisti, nella celebre Via Margutta. Il rione romano “delle arti”, inaugurato come tale dal pittore caravaggesco Orazio Gentileschi nei primi del ‘600.
In verità d’Annnunzio aveva già adocchiato Barbara alcuni giorni prima, mentre passeggiando in Via del Babuino notò la “bella romana” in una libreria.
Al Circolo frequentato dal giovane d’Annunzio c’erano tutti i “vip” dell’epoca: Giacomo Puccini, Pietro Mascagni, Emile Zola… ma in quella serata musicale e friccicarella d’Annunzio pensava ad altro.
”Amore vedessi com’è bello il cielo a Via Margutta questa sera…” cantava il cantautore romano Luca Barbarossa nel 1987. Dev’essere quello che pensò Gabriele D’Annunzio un secolo prima, in quella fresca serata primaverile del 1887 quando vide arrivare in Via Margutta l’affascinante ed elegante ragazza notata giorni prima in libreria.
Lei, bella, elegante e colta, di buona famiglia borghese ma non nobile, amante dell’arte e della letteratura, brava pianista, studiò al Conservatorio di Milano, reduce da un matrimonio ormai da tempo in crisi con un conte che aveva sposato cinque anni prima, il bolognese Ercole Leoni dal quale oltre a prendere il cognome e il titolo di contessa, giusto quello perché il “conte” era uno squattrinato e probabilmente non era nemmeno nobile, prese pure una malattia venerea che la rese sterile e infelice. La Leoni lasciò il tetto coniugale bolognese e si ritirò nella casa di famiglia a Roma.
Lui, un ambizioso e brillante giovane pescarese arrivato dalla provincia a Roma che per sbarcare il lunario faceva saltuariamente il cronista mondano per il quotidiano “La Tribuna”, fondato nel 1883 dal principe Matteo Barberini Colonna di Sciarra. Ma si era già fatto notare nei salotti romani e negli ambienti intellettuali per il suo talento letterario, che in verità non ancora gli aveva portato il grande successo di pubblico, bisognerà aspettare la pubblicazione del “Piacere”, e per l’irresistibile fascino, oltre ad un chiacchierato matrimonio riparatore (lei era incinta del primo figlio di d’Annunzio, Mario) avuto a venti anni con una duchessa, la ricchissima Maria Hardouin di Gallese che a sua volta, si vociferava, diventò l’amante del citato principe Matteo.
Maria Hardouin dei duchi del Gallese
Entrambi ventenni, Gabriele d’Annunzio e Maria Hardouin dopo una tentata fuga a Firenze si sposarono nella chiesa privata di uno dei più sfarzosi palazzi di Roma, il rinascimentale Palazzo Altemps.
Costruito nel XV per volontà di Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV e marito di Caterina Sforza il cui bisnonno, Muzio Attendolo, morì affogato a Pescara mentre attraversava a cavallo il fiume che bagna la città, nel 1424. Si racconta che il capostipite degli Sforza cercò di salvare un suo paggetto caduto nel fiume, la pesante armatura gli fu fatale.
Girolamo Riario e suo zio Sisto IV furono tra gli organizzatori dell’attentato a Lorenzo de Medici, in cui perse la vita il fratello del Magnifico, Giuliano, nella famosa Congiura dei Pazzi del 1478. Il palazzo dopo alcuni avvicendamenti fu comprato dal cardinale Marco Sittico Altemps nel 1568.
Roma, Palazzo Altemps, Loggia degli Imperatori – Foto Leo De Rocco
Le nozze riparatrici tra d’Annunzio e Maria Hardouin del Gallese (discendente dal ramo romano degli Altemps) furono celebrate il 28 luglio 1883, testimone della coppia il sempre presente Francesco Paolo Michetti e tra i pochissimi invitati all’evento più chiacchierato dell’epoca figuravano Matilde Serao e suo marito Edoardo Scarfoglio, la coppia che da lì a qualche anno (nel 1892) fonderà “Il Mattino” di Napoli. Tutti personaggi che frequentavano il circolo culturale e artistico nel Convento michettiano di Francavilla al Mare.
Spiaggia di Francavilla al Mare, 1895 circa, d’Annunzio a cavallo, in compagnia di Maria Gravina Cruyllas e la loro figlia Renata – collezione privata
I due giovani sposi andranno a vivere per un breve periodo a Pescara, in località Villa del Fuoco, all’epoca in provincia di Chieti, dove la famiglia d’Annunzio possedeva alcuni terreni e una casa e dove nascerà nel 1884 Mario, il primo dei tre figli di d’Annunzio avuti con la Hardouin.
Dopo Mario e Gabrielino, (nato nel 1886), nascerà Ugo Veniero, nello stesso anno, il 1887, in cui d’Annunzio intraprese la relazione clandestina con Barbara Leoni. La quarta figlia, Renata chiamata affettuosamente “Cicciuzza”, d’Annunzio l’avrà nel 1893 con l’amante, l’ennesima, Maria Gravina Cruyllas, sposata al conte Guido Anguissola, con la quale prenderà in affitto per un paio d’anni il villino Mammarella vicino al Palazzo Sirena di Francavilla al Mare, non prima di essere denunciati per adulterio dal conte Guido.
Vinca Delfico, 1882, Francesco Paolo Michetti – Archivio De Filippis-Delfico Biblioteca-archivio web
Fiori di pervinca in un vaso delle antiche ceramiche di Castelli, anni Venti del ‘900 – Foto Diego Troiano
Prima della Hardouin il giovanissimo e precoce d’Annunzio all’età di 16-17 anni già correva dietro ad una nobildonna teramana, la bella e colta Vinca Delfico, di due anni più grande, discendente del filosofo abruzzese Melchiorre Delfico.
Ma invano, donna Vinca fece girare la testa a molti uomini, i quali arrivarono a sfoggiare un fiore di pervinca sulla giacca durante le feste mondane nelle quali era ospite la nobildonna teramana, ma il cuore di Vinca era solo per suo marito Simone Sorge, proprietario terriero a Nereto nel teramano.
La “bella selvaggia” come la chiamava Michetti che la ritrae tra fiori, raso e coralli, non cedette mai, nemmeno all’irresistibile d’Annunzio, il quale cercherà di sedurla per anni. Quando lui senza più giri di parole si dichiarerà, lei gli invia una cassetta di vellutate e rosee pesche. Ma era solo una nobile gentilezza e un messaggio subliminale, il sì non arriverà mai.
Gabriele d’Annunzio ritratto da Romaine Broke nell’estate 1912 – Musée d’Art Moderne Grand Duc-Jane, Luxemburg – Foto Leo De Rocco – Altri tempi ed altri amori per il Vate, in quel periodo intrecciò un triangolo amoroso con Romaine Broke e la ballerina Ida Rubinstein
Dopo il colpo di fulmine nella libreria romana di Via Babuino e il primo bacio al concerto di Via Margutta, d’Annunzio riprenderà, intensificandolo, il periodo di pendolarismo tra Roma, Pescara e Francavilla al Mare, facilitato negli spostamenti dalla linea ferroviaria Pescara-Sulmona-Roma, inaugurata nel 1888.
Non mancano i viaggi, numerosi, tra i paesi abruzzesi, intrapresi insieme al “divino fratello Ciccillo” (Michetti), con il quale già anni prima, appena diciassettenne, era stato a Miglianico per assistere alla festa di San Pantaleone, rimanendo impressionato dai devoti che strisciavano a terra leccando il pavimento in segno di ex voto*.
Tra i viaggi d’Annunzio non si fa mancare nemmeno una crociera. Nell’agosto 1887, invitato dal suo amico Adolfo de Bosis, si avventura in una crociera sull’Adriatico da Ortona a Venezia, a bordo della barca a vela “Lady Clara”. Lo scrittore desiderava visitare Venezia e nello stesso tempo rincorrere Barbara, nel frattempo anch’essa partita per un viaggio tra Rimini e la città lagunare.
Nel luglio 1889 si licenzia dalla “Tribuna” e lascia Roma per rifugiarsi, ancora una volta, in quel nido che gli dava sempre sicurezza e gli suscitava ispirazioni letterarie, il Convento di Francesco Paolo Michetti a Francavilla al Mare, acquistato dal pittore nel 1883 grazie anche alla vendita allo Stato italiano della grande tela “Il Voto”, oggi esposta alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma.
(* “Miglianico, d’Annunzio, Michetti e San Pantaleone”, in questo Blog)
Francesco Paolo Michetti, “Il Voto”, 1881-1883 – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma – Foto Leo De Rocco
Lo scrittore si divideva tra Pescara, il conventino francavillese sulla collina e lo studio atelier in spiaggia, quel cubo di tufo che Michetti costruì quasi in riva al mare e che ai francavillesi dell’epoca appariva come una stranezza d’artista. In quel periodo stava riscuotendo sempre più successo grazie alla pubblicazione, avvenuta in maggio, del primo romanzo della “Trilogia della Rosa”, “Il Piacere”.
Ma al “Duca Minimo” sdraiato su uno dei tappeti arabeggianti che si fece spedire da Roma, sistemati in stile orientale sul pavimento in mattoni dell’atelier marino, all’ombra, come ci informa lui stesso, di “grandi tende verdi”, che svolazzando al vento svelavano “il mare azzurro popolato di vele rosse”, mancava la sua Barbarella.
Francesco Paolo Michetti, autoritratto, 1877 – Palazzo Zevallos, Napoli – Foto Leo De Rocco
Gabriele d’Annunzio nella sua casa di Francavilla al Mare – Archivio storico Iacone
Desiderava far conoscere l’Abruzzo anche all’amante e passare con lei l’estate, chiese allora a Michetti di trovargli una casa sul mare, un luogo tranquillo, “lontano da Francavilla”, all’epoca una delle spiagge italiane più alla moda, grazie anche al viavai di pittori, scultori, poeti, giornalisti, cantanti, attrici, compositori, politici, fotografi, modelle e modelli ospitati nel celebre Cenacolo michettiano. Francavilla al Mare non era certo il posto ideale per due amanti.
D’Annunzio cercava anche un luogo di passione, di un estetismo volto al culto delle bellezze naturali, artistiche e culturali della sua “amata terra”.
Sono già a Francavilla. Volevo andare oggi stesso a San Vito, ma ho perduto il treno. Andrò con Ciccillo domattina per tempo. Ti riscriverò, narrandoti. Che fai tu, in quest’ora? E’ un tramonto lentissimo, di una calma quasi estatica. Chi sa se i tuoi pensieri viaggiano verso il Convento! Domattina salirò sul Promontorio dei sogni. Amami, quando verrai…
Un luogo prettamente dannunziano dunque. Il primo, precursore di altre originali dimore che faranno da sigillo ad una personalità e ad uno stile inimitabili e immaginifiche, come la Capponcina e soprattutto il Vittoriale. Fu proprio il suo caro amico Francesco Paolo Michetti a trovargli il buen retiro sul promontorio marino di San Vito Chietino.
Eremo Dannunziano, San Vito Chietino, la Casa degli amanti – Foto Leo De Rocco
Gabriele e Barbara arrivarono a San Vito Chietino, “il paese delle ginestre”, come qui recita uno slogan turistico, il 23 luglio del 1889 e vi rimasero fino alla fine di settembre dello stesso anno. Prima dell’arrivo dell’amante romana d’Annunzio farà alcuni sopralluoghi a San Vito, a volte accompagnato dall’inseparabile Michetti.
Ogni comodo della vita mancherà su quell’inaccessibile Promontorio coperto di aranci e di olivi. Figurati una piccola casa rurale composta di due piccole stanze al primo piano e di una stanza al piano terreno e di un portichetto. E innanzi uno spiazzo ombreggiato di una quercia secolare; e, accanto, un grande orto di aranci e d’altri alberi fruttiferi; e sotto il mare, gli scogli, una vista interminabile di coste e di monti marini e, sopra tutto, una immensa libertà.
Amami e sognami e desiderami sempre.
All’epoca qui non c’erano strade asfaltate e nemmeno automobili, i due una volta scesi dal treno raggiunsero la casa-eremo, adagiata sul promontorio di Capo Turchino, salendo a piedi per una stradina costellata da ginestre e aranceti.
Sono tanto, tanto, tanto stanco! Sono andato su e giù tutt’oggi. In quella casa manca ogni cosa. Povera Barbarella! Vieni con scarpe larghe e forti, troverai molti sassi e grandi massi. A giovedì amica e amante. L’indirizzo è San Vito Lanciano. Ti adoro e ti desidero, violentemente.
Nel romanzo invece è il protagonista Giorgio Aurispa ad aspettare nella casa-eremo la sua Ippolita, allestendo per il suo arrivo un tappeto di fiori di ginestra: “bisogna cospargere tutta la via, dal Trabocco alla casa”.
In un pianoro dove le ginestre fiorivano con tal densità da formare alla vista un sol manto giallo, d’un colore sulfureo, splendidissimo…
In questo passo del romanzo d’Annunzio descrive l’incontro tra Giorgio Aurispa e alcune ragazze di San Vito Chietino, realmente incontrate dallo scrittore durante una passeggiata. Le ragazze sanvitesi erano intente a raccogliere le ginestre in un pianoro e nel farlo cantavano il ritornello di una canzone popolare abruzzese “Tutte le fontanelle”
(Per un approfondimento “La Canzone popolare abruzzese”, in questo blog)
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
La bellezza e la tranquillità di San Vito Chietino, il mare con i trabocchi e le scogliere, le spiagge nascoste e le isolette di scogli, i pianori di ginestre, i tramonti tra i promontori marini e i silenzi: tutto questo fu la primo eremo ideale di d’Annunzio, embrione di quella vita inimitabile che nel d’Annunzio maturo, passando prima per il lussuoso villino Mammarella a Francavilla al Mare, secondo me prima vera dimora squisitamente dannunziana, raggiungerà poi l’apice in quell’incredibile vortice di lusso ed estetismo decadente espresso nel Vittoriale, ultimo eremo ideale, tra “dolci giardini e terrazze in declivio.” In questo senso un sottile fil rouge unisce il mare di San Vito con il lago di Gardone Riviera.
Il pianoro della casa-eremo di San Vito era molto più ampio rispetto a come appare oggi e lambiva una scogliera a picco sul mare che si trova nelle vicinanze. Scogliera che come vedremo avrà un ruolo importante in questa storia.
Come accennato sopra l’attuale strada “Nazionale Adriatica” che percorre la Costa dei Trabocchi all’epoca non esisteva, l’unica via di comunicazione tra la casa-eremo e la stazione ferroviaria di San Vito Chietino era una mulattiera che si arrampicava sui promontori della costa.
I proprietari della villa-eremo, Liberatuccia (Liberata Panata) e Vituccio (Vito Annecchini), contattati da Francesco Paolo Michetti per conto dell’amico, erano contadini del luogo che durante l’estate affittavano alcune camere ai forestieri, un po’ come quelle attività che oggi chiamiamo con un inglesismo bed and breakfast.
Siamo ospiti di due contadini, vecchissimi, che hanno fama di saper cuocere le mujelle come nessuno al mondo: buoni, cortesi e patriarcali.
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
Nella parte anteriore della casa-eremo, in un casetta rurale, abitava il sanvitese Luigi di Cintio “la persona sottile, rustica e rapace”, così lo descriveva d’Annunzio, da lui soprannominato il Turchino, come il nome dato al vicino trabocco, (ancora oggi esistente), descritto da d’Annunzio come una:
Grande macchina pescatoria simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano
In quel caseggiato insieme al pescatore Turchino ci viveva pure suo figlio Florindo (Di Cintio) il quale vi abiterà fino al 1963. A tutti questi sanvitesi D’Annunzio assegnerà una parte nel romanzo.
Quel fanciullo seminudo, agile come un gatto, bruno come un bronzo ricco d’oro…e con i suoi occhi acuti d’uccel di rapina. (5)
San Vito Marina, trabocco – foto Leo De Rocco
19 Agosto. Che notte, quella già scorsa! E stanotte è il plenilunio d’agosto, quello che i grilli di San Vito rigavano stridendo come un diamante su un cristallo puro. Ti ricordi? E ti ricordi in quelle notti divine il biancheggiare dello scheletro enorme su la scogliera? Ti ricordi del trabocco, e del profumo emanato dalla bassa marea, e della luna rossa che ti faceva paura, e delle farfalle a cui tu crudele davi la caccia, e dei miei sonni dormiti sul velluto della tua rosa? Ti ricordi? (3)
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, guardino – luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
Entrando nella casa degli amanti di San Vito si ha la sensazione che il tempo si sia fermato a quella lontana estate di fine Ottocento.
L’atmosfera è resa piacevole dalla vista del mare che da quassù appare in tutta la sua struggente bellezza, e dall’incantato giardino, che ricorda un dipinto di Monet.
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, giardino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, giardino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, giardino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, giardino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, giardino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, giardino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, giardino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
Mi affaccio da una finestra della casa, con un po’ di immaginazione sembra di intravedere la figura evanescente di Barbara Leoni mentre passeggia in giardino, tra ulivi, aranceti e cespugli di rosmarino, con il suo abito rosa antico e l’ombrellino per ripararsi dal sole. In un certo senso Barbara è davvero qui, perché subito dopo scopro che i suoi resti riposano in questo giardino.
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, cassetta delle lettere degli amanti, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
All’Eremo Dannunziano di San Vito realtà e immaginazione si confondono come in un sogno dal sapore retrò.
Chissà se sul cancello d’ingresso c’è ancora l’incisione lasciata da Barbara Leoni: “31 Luglio 1889: Gravis dum suavis”, in compenso sulla cassetta delle lettere ci sono i nomi degli inquilini della villetta, Gabriele e Barbara. Una sottile abilità turistica che nell’insieme crea il suo effetto, ma non è la sola.
Quanti strani spettacoli quel damasco ha goduti! E’ pieno di suggestioni…
Sul letto degli amanti, “Il talamo dei talami”, c’è un copriletto giallo vintage, come gialla era “la gran coperta nuziale di damasco” di Giorgio e Ippolita, e sopra è poggiato l’abito rosa antico regalato (dicono qui) a Barbarella dal suo Gabriele. Non so se è lo stesso abito, ma è un capo autentico dell’epoca e fa pendant con un ombrellino parasole poggiato su una sedia di vimini.
Pare che un abito simile lo indossò pure Eleonora Duse, altra celebre protagonista nell’affollato harem dannunziano tra attrici, duchesse, eccentriche contesse e celebri artiste.
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, il “talamo dei talami” – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – l’abito di Barbarella – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, l’abito di Barbarella, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano – Foto Leo De Rocco
Poco distante dal giardino incantato i resti di Barbara Leoni riposano sotto una lapide bianca. Nel 2009 grazie all’interessamento del notaio pescarese Fernando De Rosa, la cui famiglia è l’attuale proprietaria della villetta, i resti della “bella romana” furono traslati dal Verano di Roma a San Vito Chietino. Barbarella tornò così nel suo amato eremo. La lapide si trova tra la casa e la terrazza che guarda il mare e le scogliere.
Eremo Dannunziano, San Vito Chietino, lapide di Barbara Leoni, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
Da una di queste scogliere, quella in “Contrada delle Portelle”, citata così nel romanzo e nella realtà scoperta da d’Annunzio durante una passeggiata romantica al chiaro di luna in compagnia di Barbara, Giorgio Aurispa deciderà di rendere immortale quell’amore impossibile e tormentato, trascinando nel vuoto la sua Ippolita.
– Non aver paura – egli disse, con la voce roca – Avvicinati. Vieni! Vieni a vedere i pescatori che pescano fra gli scogli con le fiaccole…
– No, no. Ho paura della vertigine.
– Vieni, ti reggo io forte.
– No, no…
– Ma vieni!
Ed egli le si appressò con le mani tese. Rapidamente l’afferrò per i polsi, la trascinò per un piccolo tratto; poi la strinse tra le braccia, con un balzo, tentando di piegarla verso l’abisso.
– Ti amo! Perdonami! Perdonami!
Scogliera delle “Portelle”, Eremo Dannunziano, San Vito Chietino – Foto Leo De Rocco
San Vito Chietino – Eremo Dannunziano, il precipizio dalla scogliera “Portelle” – Foto Leo De Rocco
Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio, i protagonisti del romanzo, sono dunque l’alter ego di Gabriele d’Annunzio e Barbara Leoni.
Ma i nostri amanti non porranno fine alla loro storia. Il loro amore segreto, realmente vissuto in questa romantica villetta di campagna sul promontorio marino di San Vito Chietino, tra mare, ginestre e trabocchi, fu l’amore più vero, autentico e passionale che i due vissero nelle loro movimentate vite.
La casa ideale, nel luogo che sai, s’è ricoperta di neve. E il tuo viso s’è affacciato ai vetri, sorridendo.
Costa abruzzese vicino San Vito Chietino durante una copiosa nevicata – Foto Leo De Rocco
Andrò a San Vito. Se tu sapessi come sono ansioso! Ansioso come se dovessi ritrovare laggiù qualche parte di te! Non posso tornare a Roma senza aver riveduto i luoghi cari, i luoghi della felicità, i Promontori dei sogni, la terra e il mare che sono stati benigni ai nostri amori. Chissà se troverò in fiore le ginestre. Oh, i ricordi innumerevoli. Pare che mi scoppi il cuore. Come ero felice! Mai, mai nella vita, mai sono stato tanto felice.
Per tutta la vita Gabriele d’Annunzio ricorderà quella estate di passione trascorsa a San Vito Chietino. La nostalgia sarà così intensa che lo scrittore tornerà più volte, anche in inverno, a visitare quella piccola casa solitaria sul promontorio marino di San Vito, da solo o in compagnia dell’amico Francesco Paolo Michetti, al quale dedicherà l’ultimo “Romanzo della Rosa”.
Leo De Rocco
Copyright testo e foto – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com
Abruzzo storie e passioni – è vietato qualsiasi uso, anche solo parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta – Articolo aggiornato a marzo 2023.
Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento alla famiglia De Rosa, proprietaria della casa-eremo di San Vito Chietino, per l’ospitalità e il prezioso libro donatomi dall’autore, l’avvocato De Rosa, preziosa fonte per le mie ricerche.
Ringrazio inoltre: il gentile Pietro Cupido, storico locale e grande conoscitore della Costa dei Trabocchi e la sig.ra Mancini, funzionaria del Comune di San Vito Chietino.
Note al testo: 1-2-3) Dal carteggio di d’Annunzio con Barbara Leoni, in “Luoghi Dannunziani” di Fernando De Rosa, 4) “Trabocchi Traboccanti e Briganti” di Pietro Cupido, Menabò 2003; 5) “Pescara e i Luoghi Dannunziani” di Fernando De Rosa. Tutte le altre citazioni sono tratte da “Lettere a Barbara Leoni” di Vito Salierno – Fonti: “Lettere a Barbara Leoni” a cura di Vito Salierno, Casa Editrice Carabba Lanciano, 2008 – “Pescara e i Luoghi Dannunziani”, di Fernando De Rosa, Edizioni Tracce, 1996 – Fondazione Il Vittoriale degli Italiani – Archivio De Filippis-Delfico.
Appendice
Alessandro Quasimodo, Eremo Dannunziano, San Vito Chietino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
Alessandro Quasimodo, Eremo Dannunziano, San Vito Chietino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
Durante la mia visita all’Eremo Dannunziano di San Vito Chietino per scrivere questo reportage ho avuto il piacere di conoscere Pietro Cupido, autore del libro Trabocchi, traboccanti e briganti 4), e l’attore, scrittore e regista Alessandro Quasimodo, il quale ha improvvisato una piacevole e interessante discussione sui temi dannunziani. Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel Salvatore Quasimodo e della danzatrice e attrice Maria Cumani (recitò per Fellini, Pasolini e Rossellini) nel corso della sua intensa e brillante carriera ha portato in scena alcune opere di Gabriele d’Annunzio.
Pietro Cupido, Eremo Dannunziano, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco
– English version –
Lovers, Trabocchi and brooms.
March 25. San Vito is my Makkah, my holy city, where the highest aspirations of being do exist (1).
Trabocchi coast, San Vito Marina, July 2015 – ph Leo De Rocco
Two young lovers found refuge in one of the most charming sea sides in the coast of Abruzzo, where they spent their time of love, passion and poetry. Those two young lovers were the twenty-six-year-old Gabriele d’Annunzio from Pescara and the “beautiful Roman” Elvira Natalia Fraternali, also known as Barbarella, who was a year older. In a summer long gone, the two lovers lived in a house high on a headland near San Vito Chietino.
To make the narrative more in keeping with the climate of that distant summer of passion consumed here in San Vito Chietino, I will quote some excerpts from d’Annunzio’s novel and I will let you read some letters, taken from the book “Lettere d’amore” by the writer Dacia Maraini, that the two lovers, the real ones Gabriele and Barbara, exchanged in that period. In this way I hope to make reading pleasant and arouse curiosity in you, and perhaps the desire to visit these places.
Francavilla al Mare – Michetti Convent, May 2015 – ph Leo De Rocco
D’Annunzio, who at the time attended the famous Convent of Michetti in Francavilla al Mare, was looking for a quiet place “away from Francavilla”, which could be a source of inspiration, passion and an aesthetism aimed to the worship of natural beauty. Thus, this was a place purely suitable for him. It was his dear friend Francesco Paolo Michetti who found for him a Buen Retiro in San Vito.
Would you come to spend the summer with me here in Abruzzo in a lonely and safe house on the sea, away from Francavilla? It is a small rural house consisting of two rooms on the first floor, of a small room on the ground floor and a portico; and next to it there is a large garden of orange and other fruit trees, and underneath the sea, the cliffs, an endless view of coastline and sea mounts, and above all, a great freedom just like a Buen Retiro… (2)
Barbara Leoni
Gabriele and Barbara arrived in San Vito Chietino, the village of brooms, on July 23, 1889 and remained there until the end of September of the same year. At the time, there were no asphalt roads and the two lovers, once they got off the train they reached the house-hermitage perched on the promontory of Capo Turchino, going on foot on a bristled street, amongst brooms and orange groves. The young couple had met two years before in one springtime evening in Rome, during a concert of the Circle of Artists of Via Margutta.
She was beautiful and educated and was recovering from a failed marriage with a Count that she married in 1884. He was an ambitious and brilliant young man from Pescara, who was a columnist for the Rome daily newspaper La Tribuna in order to make ends meet. However, he was already noted in intellectual circles for his literary talent and the irresistible charm, as well as for a shotgun wedding he had at the age of twenty with a countess (Maria Hardouin di Gallese).
San Vito Chietino, Trabocco, May 2015 – ph Leo De Rocco
The beauty and the calm of San Vito Chietino, the sea with the trabocchi (massive wooden constructions used in the past as fishing machines in the regions of Abruzzo and Molise) and cliffs, the hidden beaches and the rocky islets, the plateaus of brooms, the sunsets and the surrounding silence; this was the first ideal hermitage of d’Annunzio, embryo of that “inimitable life”, which in the adult d’Annunzio will reach its peak with the decadent aestheticism expressed in Vittoriale, another hermitage located between “sweet gardens and sloping terraces”. In this sense, a subtle leitmotif symbolically unites the sea of San Vito and the lake of Gardone Riviera.
The “plateau” of the house-hermitage of San Vito was much larger than it is today and it was on the verge of the cliff overlooking the sea. The current road “Adriatica”, which runs through the famous coast of the Trabocchi, did not exist at the time and the only way of communication between the house-hermitage and the train station of San Vito Chietino was a trail that climbed on the headlands coast of San Vito. The owners of the villa-hermitage were Liberatuccia (Liberata Panatta) and Vituccio (Vito Annecchini), who Francesco Paolo Michetti contacted on behalf of his friend d’Annunzio. These were farmers that in summertime rented some rooms to foreigners. At the front, “the thin, rustic and rapacious person “, Luigi di Cintio of San Vito lived in a countryside house: he was the Turchino who gave his name to the trabocco; Florindo, his son “that semi-naked boy, agile as a cat, brown as a rich golden bronze … with his keen eyes of a bird of prey.” (5) d’Annunzio will then assign a part to all these personalities from San Vito in the novel “The Triumph of Death” (Il Trionfo della Morte), a novel largely written whilst he was staying at the Hermitage.
Romaine Brooks – Gabriele d’Annunzio, 1912 – Casati exhibition – Venice – October 2014 – ph Leo De Rocco
August 19th. What a night, the one already past! Moreover, tonight is the full moon of August, the one that the crickets of San Vito rolled down chirping like a diamond on a pure crystal. Do you remember? Do you remember the divine whiteness of the huge skeleton of the reef of those nights? Do you remember the trabocco and the smell emanating from the low tide, the red moon that made you feel afraid, the butterflies that you were hunting cruelly, and my dreams made on the velvet of your rose? Do you remember? (3)
San Vito Chietino – D’Annunzio Hermitage, July 2015 – ph Leo De Rocco
As one enters the house of the lovers of San Vito, they have the feeling that time has stopped in that distant summer of the late nineteenth century. They can breathe a strange and pleasant atmosphere in the air: will it be the view of the sea of San Vito, which appears in all its striking beauty seen from the Hermitage; or will it be the enchanted garden, reminiscent of a Monet painting? Whilst looking out from a window of the house, it seems to glimpse the figure of Barbara Leoni strolling into the garden of olive and orange groves and of rosemary bushes, wearing her old pink dress and holding her parasol to keep her in shade. At the Hermitage of d’Annunzio in San Vito Marina, reality and fantasy merge in a dream with a retro twist. There are still the names of the tenants of the house on the mailbox, Gabriele and Barbara, a subtle touristic trick that on the whole creates its own effect. Furthermore, on the bed of the lovers one can still see the old pink dress donated to Barbara by the Bard – probably one of the few remaining genuine things of the house – it seems that a similar one was also worn by Eleonora Duse, another famous flame of the crowded harem of d’Annunzio consisting of duchesses, countesses, marchionesses and famous female artists.
Not far from the garden, the remains of Barbara Leoni rest under a white plaque. In 2009, thanks to the efforts of the notary from Pescara, Fernando De Rosa, the current owner of the house, the remains of Barbara Leoni were transferred from Verano (cemetery of Rome) to San Vito. Barbarella thus returned to her beloved Hermitage. The plaque is located between the house and the terrace overlooking the sea and the cliffs. Giorgio and Ippolita jumped from one of those cliffs, thus making their ultimate act and sealing their love forever.
Portelle cliff, San Vito Chietino, July 2015 – ph Leo De Rocco
The alter egos of Gabriele and Barbara, Giorgio Aurispa and Ippolita Sanzio, are the protagonists of the Triumph of Death, the novel designed and mostly written during the stay of d’Annunzio in San Vito. The scene is set on a cliff, situated in the locality of Portelle, which the Bard discovered during his walks together with his beloved one. This was thus a love partially autobiographical, that the Bard and Barbarella lived intensely between passion, poetry and natural beauty.
Perhaps, this love in the romantic villa nestled between the cliffs of the charming sea of Abruzzo, amongst brooms, orange groves and trabocchi, was the most authentic one that both of them lived in their bustling lives.
Appendix.
Alessandro Quasimodo, San Vito Marina, July 2015 – ph Leo De Rocco
Whilst visiting the Hermitage of d’Annunzio, accompanied by one of the historians of Abruzzo, Pietro Cupido, author of the book “Trabocchi, traboccanti e briganti” (4), we had the opportunity to meet the actor, writer and director Alessandro Quasimodo, who led a pleasant and interesting discussion on issues regarding d’Annunzio. Alessandro Quasimodo, son of the Nobel Prize-winner, Salvatore Quasimodo, and of the dancer and actress, Maria Cumani, has taken on stage several works of Gabriele d’Annunzio during his extensive career.
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