In copertina: Musa della Roccia, Saturnino Gatti, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dalla Royal Library, Castello di Windsor.
Saturnino, artista poliedrico.
Nell’articolo “I San Sebastiano abruzzesi”, dedicato alle statue rinascimentali che raffigurano il “santo saettato”, abbiamo conosciuto Saturnino Gatti come scultore. Ma l’artista aquilano fu molto di più: raffinato pittore e miniaturista, interprete sensibile di una stagione artistica in cui l’Abruzzo dialogava con i grandi centri dell’arte italiana.
Seguendo ancora le sue tracce arriviamo in una piccola chiesa nascosta tra le montagne aquilane, a Villagrande di Tornimparte. Qui, sul finire del Quattrocento, Saturnino realizzò uno dei cicli di affreschi più affascinanti del Rinascimento abruzzese.
Per rendere il racconto più interessante e, perché no, più intrigante, ho coinvolto una nota casa editrice, una banca e la regina Elisabetta II d’Inghilterra. Ovviamente non lei in persona, ma una gentile responsabile della collezione reale nel biblioteca Castello di Windsor. La regina ha ereditato un enigmatico disegno rinascimentale che raffigura una musa dal volto luminoso. Cosa c’entra – vi starete chiedendo – con Tornimparte e con l’Abruzzo?
C’entra eccome. Un recente e autorevole studio, eseguito sugli affreschi che studieremo oggi, rivela che la bella Musa di Windsor è un disegno giovanile eseguito proprio dal nostro Saturnino. Nella ricca galleria fotografica cercheremo le similitudini stilistiche tra questo disegno e le opere del maestro aquilano.
In questo nuovo viaggio alla ricerca delle impressioni d’occhio e di cuore in terra d’Abruzzo mi farà da guida un prezioso volume dedicato proprio a Gatti, scritto dallo storico dell’arte Ferdinando Bologna, l’autore del citato studio.
Prima parte
Viaggio a Tornimparte
Tornimparte in realtà non è un paese nel senso tradizionale: è un mosaico di ventitré borghi, distesi tra boschi e crinali.
Villagrande, sede municipale, è il punto di riferimento di questa costellazione di abitati immersi nel verde montano e luoghi ideali per escursioni, passeggiate e sport all’aria aperta. Non a caso questa località è conosciuta dagli appassionati della bici, mountain bike compresa, per il percorso ciclistico che dalla conca aquilana risale, passando appunto da queste parti, fin sulla nota località turistica di Campo Felice.
Non sono pochi i ciclisti che attraversando Villagrande di Tornimparte fanno una sosta all’Angel’s, un bar riconoscibile dall’inconfondibile insegna che raffigura un angelo sulla bici, in ricordo del giovane ciclista Paolo Grego, nato tra queste montagne e rimasto vittima di un incidente stradale in Emilia Romagna mentre era sulla sua bici. Il bar si trova in piazza Saturnino Gatti, accanto alla chiesa di San Panfilo, ed è gestito da due ragazze: Katja e la sorella di Paolo, Ester, che oltre a tenere viva la memoria del fratello si fa portavoce di un messaggio di sensibilizzazione sui “pericoli legati all’alta velocità sulle strade”.
Ed è proprio la chiesa di San Panfilo, santo e vescovo nato nei dintorni di Sulmona, a circa un’ora di auto da Tornimparte – a lui è dedicata la Cattedrale della città di Ovidio e dei confetti – la meta del nostro odierno viaggio all’insegna dell’arte rinascimentale abruzzese.
San Panfilo di Tornimparte
La chiesa, monumento nazionale dal 1902, mostra all’esterno uno stile medievale austero (XI sec.), che ricalca il classico romanico abruzzese, ma le forme architettoniche attuali derivano dalle ricostruzioni successive ai terremoti del 1406 e del 1703.
Un bel portico protegge alcuni affreschi esterni e il portale, semplice ed essenziale, sormontato da una lunetta. San Panfilo benedicente campeggia in alto, sul rosone della facciata della chiesa, che trovo chiusa, ma il gentile parroco, che abita lì vicino, arriva gentilmente ad aprirla.
Appena varcata la soglia, lo sguardo è catturato dal monumentale ciclo di affreschi absidali, dove prospettiva, profondità e colori creano un’illusione dinamica: le figure sembrano realmente in movimento. Del resto il Rinascimento è ormai maturo, questi affreschi risalgono al 1495, circa venti anni prima il duca di Atri, Giulio Antonio d’Acquaviva, ricostruì sulle rovine di Castrum San Flaviano la prima “Città ideale”, Giulianova, accendendo l’immaginario urbanistico del tempo.
E gli ultimi echi della straordinaria stagione del Gotico Internazionale stavano mirabilmente sfumando con le splendide oreficerie di Nicola da Guardiagrele e con il monumentale ciclo di affreschi di Andrea de’ Litio per il Coro dei Canonici nel Duomo di Atri.
In questi stessi anni, l’altro grande protagonista della nuova stagione artistica, Silvestro dell’Aquila, era impegnato alle rifiniture di quello che sarà il capolavoro del Rinascimento abruzzese: il Mausoleo di San Bernardino a L’Aquila.
Ma Silvestro aveva già scolpito (1478) il San Sebastiano ligneo secondo i nuovi canoni rinascimentali. Il suo San Sebastiano Saturnino Gatti lo realizzerà non molto tempo dopo gli affreschi di Tornimparte, che rappresentano uno dei più significativi gioielli d’arte di questa regione.
Gli affreschi
Il ciclo pittorico è presentato dall’arco trionfale, dove Saturnino colloca una delicata Annunciazione e gli otto profeti nel sott’arco Sulla volta del Paradiso ecco l’Eterno in gloria, appare su un fondo un tempo color oro: benedice e con una mano regge il mondo, mentre, intorno, schiere di cherubini e angeli animano la composizione. Alcuni suonano antichi strumenti musicali, un organo a canne, un violino, un liuto e un’arpa gotica, altri spargono petali di fiori che dalla volta sembrano cadere addosso a chi sta guardando.
Gli angeli coristi, intanto, intonano il Gloria in Excelsis Deo, come cortesemente ricordano due angeli che reggono il cartiglio con le note musicali e, vicino, un aangelo è colto nel momento in cui sta girando la pagina del codice di musica sacra. Sotto questa sinfonia celeste appare una gran folla, tra santi, sante e beati che coralmente partecipano alla celebrazione della Gloria di Dio.
Nel registro inferiore le scene della Passione scorrono come vecchie diapositive, una narrazione a episodi con le immagini di duemila anni fa che rievocano la Cattura, la Flagellazione, la Deposizione, fino alla Resurrezione di Gesù, colto non come il Cristo di Piero della Francesca con ancora un piede dentro il sarcofago e l’altro, il sinistro, poggiato sul bordo, mentre i soldati di guardia ancora addormentati. Il geniale Saturnino sceglie invece di spostare il tempo un attimo dopo, quando inizia l’ascesa in cielo, con il vento che fa svolazzare il vessillo del trionfo e il mantello bianco che sfuma in rosa, su un cielo che albeggia color lapislazzuli.
Nel mentre un soldato risvegliato improvvisamente dal divino frastuono è talmente impaurito e incredulo che non riesce ad alzarsi. Vicino a lui due angeli gemelli con la stessa acconciatura, sembrano usciti dallo stesso coiffeur di Melozzo da Forlì, pregano, mentre un altro, seduto perché consapevole dell’evento, annuncia la resurrezione alle appena giunte Maria vergine, Maria di Cleofa e Maria di Magdala, che reca in mano ancora il vaso colmo di balsami, profumi e unguenti. Sembra che Maria di Cleofa le stia sussurrando: “Non servono più, il Salvatore è risorto”.
Il Biondo Saturnino
Saturnino le ritrae tutte bionde, come la Dama del Pollaiolo e la dorata Venere di Botticelli, secondo la moda rinascimentale dell’epoca. Ma della stessa nuance sono praticamente tutti i personaggi affrescati, compreso San Vito, ritratto con due cani, e il frate francescano che gli sta di fronte: il beato Pietro dell’Aquila, biondo e tonsurato. Parafrasando il Rosso Tiziano qui a Villagrande di Tornimparte trionfa il Biondo Saturnino.
La resa cromatica e l’impianto scenografico della composizione risultano ancora di pregio, nonostante disastrosi rifacimenti ed evidenti restauri di dubbia qualità effettuati in passato, compreso l’inopportuna apertura di una finestra nel 1922 che causò la perdita della scena della Crocifissione. Nel 1958, inoltre, gli affreschi furono danneggiati da un incendio e per questo ancora una volta rimaneggiati.
Ma lo stile raffinato di Saturnino è ancora ben visibile, ricorda la scuola rinascimentale fiorentina. Stile che ritroviamo in altre sue opere, come si può notare dal confronto, che propongo nella galleria fotografica, con la scuola del Verrocchio. In particolare evidenzio la Testa della Vergine, disegnata nel 1487 dal Perugino (oggi al Louvre, Dipartimento Arti Grafiche), a mio avviso modello, per lineamenti e postura, preso da Saturnino per la sua Madonna in Trono, conservata al MuNDA L’Aquila.
Seconda parte
Saturnino
Nella seconda metà del Quattrocento Saturnino Gatti (San Vittorino, 1459 – L’Aquila, 1518) appena adolescente, muoveva i primi passi nelle botteghe artistiche aquilane: prima in quella di Silvestro dell’Aquila, documentato nel 1477 quando compare, forse come testimone, in un atto notarile tra Silvestro e gli esecutori testamentari del cardinale Amico Agnifili; poi nella bottega di Giovanni Antonio Percossa, magister di Rocca di Corno, che divenne suo amico e socio.
Seguirono i contatti con la scuola romana e umbra, ma soprattutto completò la sua formazione a Firenze, in quel periodo fonte di ispirazione per molti artisti dell’epoca che spesso ruotavano attorno alla celebre bottega di Andrea del Verrocchio, fucina di talenti come Leonardo, Botticelli, il Ghirlandaio e il Perugino. Per un giovane artista emergente Firenze rappresentava un laboratorio irripetibile, crocevia di stili e innovazioni. Anche altri artisti seguirono quella strada: Francesco da Montereale (Montereale, 1466 – L’Aquila, 1541), sarà allievo prima di Saturnino, poi del Perugino, a sua volta maestro di Raffaello.
Saturnino lavorò stabilmente anche tra Firenze e Urbino, chiamato da Federico di Montefeltro per partecipare alla realizzazione dell’opera più preziosa della sua biblioteca: la Bibbia miniata, uno dei codici più importanti del mondo.
Per molto tempo la storiografia artistica – soprattutto quella non locale – ha relegato la sua opera ai margini, un destino comune anche per altri artisti. Solo negli ultimi anni, grazie a Ferdinando Bologna, la sua figura è stata approfondita, collocata e rivalutata. L’insigne storico dell’arte ha pubblicato il volume Saturnino Gatti. Pittore e scultore del Rinascimento aquilano (Edizioni Textus), la prima monografia completa dedicata all’artista, frutto di una attenta e dettagliata ricerca iniziata proprio dallo studio sistematico degli affreschi di Tornimparte, che ha permesso di riportare nelle mani di Saturnino opere per lungo tempo attribuite ad altri maestri.
Tra le intuizioni più brillanti di Bologna, il raffronto (proposto per la prima volta) tra gli angeli inginocchiati nel sepolcro della Resurrezione di Tornimparte e gli Angeli di Thiers, opera del Verrocchio custodita al Louvre. Le forme plastiche sono altresì evidenti – come evidenzio nella galleria fotografica – nel raffronto con gli angeli della Pala del Rosario, considerato uno dei capolavori di Saturnino.
Nuove attribuzioni
Tra le opere riconsegnate alla mano del maestro aquilano spiccano due dipinti: “Cristo e la Vergine intercedono a favore dell’umanità” (Museum of Fine Arts di Montreal) e “San Girolamo nel deserto” (Walters Art Gallery di Baltimora), in passato entrambi attribuiti al Perugino, ma anche al Pinturicchio (San Girolamo) e al Ghirlandaio (Cristo e la Vergine).
Sono da tempo riconosciute come sue, a partire da Federico Zeri, il “Trasporto della Santa Casa” (Metropolitan Museum, New York) e la “Madonna con Bambino”, nella collezione della National Gallery of Art di Washington.
Il San Girolamo ritrae il santo (347-420) – uno dei quattro Padri latini della Chiesa insieme ai santi Agostino, Ambrogio e Gregorio Magno – come penitente anacoreta, con il sasso in mano, lo scorpione e il ramarro, a simboleggiare i pericoli del deserto. Famoso per aver tradotto la Bibbia in latino, nota come Bibbia Vulgata, Girolamo incontra il leone, diventato mansueto dopo l’aiuto ricevuto per rimuovere una spina dalla zampa. Il libro aperto contiene una lettera di Sant’Agostino, che paragona Girolamo a San Giovanni Battista.
Il dipinto di Montreal, invece interpreta il testo In lode della Vergine Madre scritto da Arnaldo di Chartres, ispiratore del fondatore dell’ordine cistercense: San Bernardo da Chiaravalle. Il monaco è rappresentato inginocchiato, la Vergine mostra il seno, simbolo del nutrimento a Cristo che a sua volta indica la Madre toccando la ferita sul costato, simbolo del sacrificio del figlio di Dio. In alto Dio, raffigurato nella mandorla, fa discendere lo Spirito Santo. Una scena teologica e al tempo stesso profondamente umana.
La Bibbia di Montefeltro
Tra i contributi più affascinanti restituiti da Bologna, vi è l’attribuzione a Saturnino della Visione di Geremia, una miniatura contenuta nella Bibbia di Montefeltro, realizzata tra il 1477 e il 1478 e oggi conservata nella Biblioteca Vaticana. Per molto tempo la pagina è stata attribuita a Botticelli e a un generico “Maestro Unico”.
La Bibbia fu commissionata da Federico da Montefeltro che, d’accordo con Lorenzo de’ Medici, riunì, una squadra straordinaria di miniaturisti : Francesco di Antonio del Chierico, Francesco Rosselli, Davide il Ghirlandaio, Attavante Attavanti e il giovane Saturnino Gatti.
Secondo Bologna, la pagina più bella della è proprio quella relativa alla Visione di Geremia (foto gentilmente concessa ad Abruzzo storie e passioni dalla Franco Cosimo Panini Editore) in cui il professore individua anche l’autoritratto dell’artista nel volto dell’armigero che guarda lo spettatore, oltretutto un dettaglio tipico della cultura figurativa rinascimentale.
Geremia era profeta biblico della tribù di Beniamino (una delle dodici tribù di Israele, discendenti, ciascuna, dai dodici figli di Giacobbe) nel Regno di Giuda, nata con la divisione del Regno Unito d’Israele dopo la morte di re Salomone.
Il profeta parlò dell’invasione del sovrano babilonese Nabucodonosor II e predisse la distruzione del Tempio di Gerusalemme, a cui sarebbe seguito l’esilio (il primo della storia) in Babilonia del popolo giudaico. La profezia si avverò, nonostante lo scetticismo dei giudei, più interessati, ricorda Geremia, alle idolatrie, alla ricchezza materiale e alla lussuria.
In questo contesto biblico, ben conosciuto e studiato da Saturino, si inserisce la sua pagina miniata. Mentre Gerusalemme è minacciata, Dio chiede a Geremia: “Cosa vedi?” e il profeta risponde: “Vedo un ramo di mandorlo”, simbolo di vigilanza e rinascita, concetto espresso dalla parola ebraica shaqed. Il mandorlo fiorito sarà ripreso secoli dopo anche dall’arte moderna, dipinto da Vincent van Gogh.
Saturnino e la Musa di Windsor
Altro tassello fondamentale è il disegno noto come “Musa della Roccia” (o Sibilla Cimmeria), oggi conservato nella Royal Library del Castello dei Windsor. A lungo attribuito a Botticelli, poi a Giovanni Santi, è stato ricondotto a Saturnino grazie allo studio di Bologna.
L’attribuzione al padre di Raffaello nacque dalla errata identificazione della Musa di Windsor con il medesimo soggetto mitologico che l’artista urbinate realizzò nel “Ciclo delle Muse” per il Palazzo Ducale di Urbino (oggi alla Galleria Corsini, vedi galleria fotografica). Si ipotizzò fosse un suo disegno preparatorio. La stessa musa di Urbino la ritroviamo nella “Visitazione”, opera di Santi, conservata nella chiesa di Santa Maria Nuova a Fano.
Ferdinando Bologna ribalta questa ricostruzione e dimostra che la Musa di Windsor fu disegnata da Saturnino Gatti proprio durante il periodo vissuto tra Firenze e Urbino, quando era al servizio di Federico da Montefeltro per la Bibbia miniata. Infatti, documenta Bologna, la corrispondenza stilistica tra la Musa e alcuni angeli affrescati a San Panfilo di Tornimparte lascia pochi dubbi. Nella galleria fotografica evidenzio anche questo confronto, oltre alla foto della Musa di Windsor – gentilmente concessa al nostro blog dalla Royal Library (1) – e ad altri dettagli, tra loro simili, presenti a Tornimparte (il pendente, i panneggi e l’elmo alato del soldato) e nel disegno di Windsor, ma anche nella Visione di Geremia (rocce sullo sfondo, simili alle rocce nel disegno della Musa e nel registro inferiore del ciclo di Tornimparte).
Tornimparte paradigma artistico
Il ciclo degli affreschi della chiesa di San Panfilo in Tornimparte si rivela dunque come l’opera omnia, il paradigma stilistico per comprendere Saturnino Gatti, la chiave per ricostruire il suo linguaggio creativo per lungo tempo rimasto confuso e nell’ombra.
Come ricorda Ferdinando Bologna:
Nell’arte non ci sono centro e periferia, ma solo centro, a seconda delle angolazioni che si scelgono. Bisogna superare i vecchi cliché che vedono la periferia come inerte e passiva e considerare minore ciò che non coincide con le grandi personalità codificate dalla tradizione.
Una lezione che restituisce dignità e respiro internazionale all’arte del Rinascimento abruzzese.
Saturnino Gatti è un protagonista ritrovato, attorno al quale si sta finalmente consolidando un rinnovato interesse che valorizza un ruolo tutt’altro che marginale che L’Aquila e il suo territorio ebbero nel dialogo artistico con Roma, l’Umbria e Firenze.
Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ Leo Domenico De Rocco ‐ Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ derocco.leo@gmail.com ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica





Sulmona – Cattedrale di San Panfilo, portale gotico con le statue di San Panfilo e San Pelino – Acquedotto medievale, 1267 – Statua di Publio Ovidio Nasone in piazza XX Settembre – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni





Villagrande di Tornimparte – Chiesa di San Panfilo, facciata, affreschi esterni, portale.












Gli affreschi sulla volta

Gli affreschi nei registri inferiori, dettaglio del Cristo risorto – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni



Dettaglio dell’angelo che annuncia la Resurrezione di Gesù



Dettaglio della Cattura di Gesù – Foto Leo De Rocco

Dettaglio della Cattura di Cristo e il bacio di Giuda



Dettaglio registro inferiore, morte di Gesù, gli Apostoli – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni







Il Beato Pietro dell’Aquila; San Girolamo e San Vito – Foto Leo De Rocco



Testa della Vergine, inchiostro bruno, piombo bianco, carbone e acquerello su carta preparata in giallo – Pietro Vannucci detto Perugino, 1487 circa – Museo del Louvre, Dipartimento Arti Grafiche, Parigi – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni



Madonna in Trono, Saturnino Gatti, 1515 – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco
MuNDA L’Aquila – la Pala del Rosario di Saturnino Gatti – video Leo De Rocco – in basso confronto tra l’opera di Gatti e l’incisione di Israel van Meckenen (1481) conservata all’Art Istitute of Chicago



Madonna con Bambino – Saturnino Gatti – per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dalla Banca Popolare di Modena

Madonna con Bambino, Bottega di Andrea del Verrocchio, 1470 circa – Metropolitan Museum New York – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Madonna con bambino, Pietro Vannucci detto Perugino, 1470 circa – Istituto di Francia, Parigi – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Madonna con Bambino, Andrea del Verrocchio, 1470 – Berlino, Gemaldegalerie – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

La Vergine e San Giovannino adoranti il Bambino – Lorenzo d’Andrea detto Lorenzo di Credi, 1485 circa – Venezia, Pinacoteca Querini Stampalla – Foto Leo De Rocco

Madonna col Bambino, Domenico Bigordi detto Ghirlandaio, 1470-72 – Como, Callea Antichità – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni



Traslazione Santa Casa di Loreto, 1510c. Saturnino Gatti ‐ Metropolitan Museum New York – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Pietro Vannucci detto Perugino, autoritratto, 1495-97 – Firenze, Galleria degli Uffizi – Foto Leo De Rocco

Madonna col Bambino tra i santi Girolamo e Francesco, detta anche “Madonna Borghese”, Raffaello, 1502 – Berlino, Gemaldegalerie – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Madonna con Bambino e Santi, 1505, Francesco da Montereale – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco

Apparizione di Cristo al beato Bernardino da Fossa, 1515, Francesco da Montereale, dettaglio – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco

Madonna con Bambino, san Giovanni Battista e un angelo, Francesco da Montereale, 1505 – The Walters Art Museum Baltimora

Natività, Francesco da Montereale, 1510 – The Walters Art Museum, Baltimora (i due dipinti di Francesco da Montereale, riprodotti in b/n, sono tratti dall’archivio del citato Museo americano la cui segreteria, da me contattata più volte per ottenere immagini a colori, non ha mai risposto)

Saturnino Gatti, “Pietà”, 1495, dettaglio degli affreschi nella chiesa di San Panfilo di Tornimparte – Foto Leo De Rocco



Pietà con i santi Nicodemo, Giovanni Evangelista, Maria Maddalena e Giuseppe d’Arimatea, dettaglio, 1490, Pietro Vannucci detto Perugino – Galleria degli Uffizi, Firenze – Foto Leo De Rocco


“Pietà”, 1540c., Francesco da Montereale – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


“Pala del Rosario”, dettaglio, Saturnino Gatti, 1511 – Museo Nazionale d’Abruzzo MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco – Angelo in volo (Angeli ”Thiers”), terracotta, studio preparatorio per il Cenotafio del cardinale Forteguerri, Andrea del Verrocchio, 1475 – Museo del Louvre, Parigi





Pala del Rosario, 1511, Saturnino Gatti – Museo Nazionale d’Abruzzo MuNDA L’Aquila – Foto Abruzzo storie e passioni

San Girolamo nel deserto, 1475/80 – Saturnino Gatti – The Walters Art Museum, Baltimora

Cristo e la Vergine intercedono a favore dell’umanità, 1490 circa – Saturnino Gatti – Museo delle Belle Arti, Montreal

Urbino – Palazzo Ducale di Federico da Montefeltro – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Saturnino Gatti, Visione di Geremia – facsimile della Bibbia di Federico da Montefeltro, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dalla “Franco Cosimo Panini Editore” (2003-2005) copyright

Polimnia, 1485 circa, ciclo delle Muse di Giovanni Santi – Firenze, Galleria Corsini – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Saturnino Gatti, Musa della Roccia, per gentile concessione della Royal Library Windsor Castle – Royal Collection Trust/© Her Majesty Queen Elizabeth II – 2015 copyright

Dettaglio Musa della Roccia, per gentile concessione Royal Library© -Windsor Castle England.


Dettaglio angelo di Villagrande di Tornimparte e del medesimo soggetto dipinto presente nel dipinto della Madonna in Trono – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni


La Musa “alata” di Windsor e il soldato con l’elmo alato tra gli affreschi di San Panfilo a Tornimparte
Altre opere di Saturnino Gatti

Madonna con Bambino e i santi Nicola, Antonio e Francesco – Saturnino Gatti – Chiesa di Santa Maria Assunta – Assergi (Aq)

Natività, terracotta policroma, XVI sec. – MuNDA – Foto Leo De Rocco – L’opera indicata come “Presepe di Tione“ e datata al 1512, proveniene dalla chiesa di Santa Maria del Ponte e presenta alterne attribuzioni: Saturnino Gatti e, più recentemente, Giovanni Antonio da Lucoli.



Madonna con Bambino, Saturnino Gatti, 1506 – Basilica di Collemaggio, L’Aquila – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
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English Version
The Genius of Abruzzo
In a small church in the mountains of L’Aquila in Abruzzo, a young painter has given to the history of art spectacular Renaissance frescoes that miraculously have survived until today, after centuries of wars, pillages and earthquakes.
St Panfilo’s Church – Tornimparte, Abruzzo – June 2015
As one enters the church of San Panfilo, in Villagrande di Tornimparte, they are immediately overwhelmed by the beauty of the frescoes from the late fifteenth century, which ere immortalised by a great artist from Abruzzo. This was Saturnino Gatti of L’Aquila (Pizzoli, about 1457 – L’Aquila, about 1518), an artist that for years was neglected by scholars and enthusiasts and that is still not very famous even amongst the people of Abruzzo.
The alternation of the frescoes in the porch of the church of Tornimparte creates the illusion that everything is in motion, thanks to the brilliant play of perspectives, depths, shades, colours and chiaroscuros: the Eternal Glory on the vault and the Capture, Flagellation, Deposition and Resurrection of Christ on the walls, appear as sequences of projected film images. The optical effect, which comes from the great visual impact and the refined style, is comparable only to the amazing Renaissance school of Florence.
In the second half of the 1400s, which was a crucial time for the history of art, Saturnino Gatti of L’Aquila attended the School of Art of Florence, as a teenager. He was apprenticed, together with his peers Leonardo, Botticelli, Domenico Ghirlandaio and Pietro Perugino in the workshop of Andrea del Verrocchio, who was a painter, goldsmith and sculptor. His artistic production, in part only discovered in recent times, thus raises the name of Saturnino Gatti amongst the great Italian Renaissance artists.
Pietro Perugino, The Deposition, detail, Uffizi Gallery – Florence, March 2015
Saturnino Gatti, Deposition, fresco’s detail St Panfilo – Tornimparte, June 2015
The distinguished historian Ferdinando Bologna, leading expert of Gatti’s work at international level and leading scholar of the artworks of Caravaggio, has recently presented an interesting book entitled: “Saturnino Gatti. Pittore e scultore del Rinascimento aquilano” (Saturnino Gatti. Painter and sculptor of the Renaissance of L’Aquila), published by Textus. The book is the very first monograph of this artist of Abruzzo, the result of a careful and detailed research of Bologna, who started his work from the frescoes in the church of San Panfilo in Tornimparte. By studying these frescoes, several artworks that are now part of prestigious collections presented in international museums and that in the past were attributed to other artists are now returned in the hands of their rightful owner, Saturnino Gatti.
Saturnino Gatti, Translation of the Holy House of Loreto, 1510, Metropolitan Museum of Art – New York
There are two beautiful paintings amongst these artworks: the “Christ and the Virgin” in the Museum of Fine Arts in Montreal and the “Saint Jerome” kept in the Walters Art Gallery in Baltimore, both attributed to Perugino in the past. Artworks that are universally recognised for decades as artwork of Saturnino Gatti (Federico Zeri) include the “Transport of the Holy House” owned by the Metropolitan in New York and the “Virgin Mary with Child” exhibited at the National Gallery of Art in Washington.
However, two other artworks of Saturnino Gatti also capture our curiosity for beauty and history: (a) the marvelous décor of the Bible in miniature of the Duke of Montefeltro, gift of inestimable value by Lorenzo de’ Medici (kept in the Vatican Museums), and that for years considered to be of “author unknown”; (b) a beautiful drawing depicting the “Woman standing before rocks“, preserved in the Royal Library of Windsor Castle in England, which was attributed for years to Botticelli and Giovanni Santi, Raphael’s father. Thanks to the courtesy of the Royal Library at Windsor Castle, we can admire the drawing in this article (1).
As far as this painting is concerned and whilst photographing the frescoes in the church of San Panfilo, I noticed the similarity between a detail on the neck of the angels painted by Saturnino Gatti and the one on the neck of the beautiful painting of the Muse in Windsor. Obviously, the comparison is proposed by me without any scientific claim.
Woman standing before rocks, detail, Royal Collection Trust/©Her Majesty Queen Elizabeth II
St Panfilo, detail, Tornimparte – June 2015
The frescoes in the church of San Panfilo in Tornimparte therefore represent the complete works of Saturnino Gatti, an artistic paradigm through which it was possible to study in detail the style of the artist from Abruzzo and compare it with some important artworks, which are now finally recognised as his own. Why was this Genius neglected for so long? The answer is eloquently provided by the Ferdinando Bologna, stating that “in art there is no “centre and periphery”, but only “centre”, depending on the angle that this is chosen. The old clichés that see “periphery” as inert and passive must be overcome and what does not coincide with the codified-by-tradition great personalities must be considered to a lesser degree.”
Saturnino Gatti, St. Sebastian statue at the Paris exhibition
Saturnino Gatti was also an excellent sculptor (see the article titled The two Sebastiano – in this blog – April 2015). His art slowly begins to leave the narrow circle of experts and thanks to the interest of the italian art critic Vittorio Sgarbi, the sixteenth-century sculpture of San Sebastian was chosen to represent the art of Italy and of Abruzzo at the Expo Milan 2015. “When I am asked to tell the one that I like most in the world, I say Saturnino Gatti, because he is as great as Raphael, but unknown to the world. He is a genius“, said Sgarbi. Saint Sebastian of Saturnino Gatti was also exhibited in Paris in a prestigious exhibition held in 2015 at the Musée Maillol , entitled “Les Borgia et leur temps“.
Lately, there has been a significant interest in the Renaissance art of Abruzzo. Some publications have focused their attention on the important role of the L’Aquila painting and its links with Florence, the Umbrian school and the one of Lazio. This revival of interest along with the prestigious contribution that Ferdinando Bologna made with his beautiful book, appear as a light of hope for the universalisation of the Genius of Abruzzo, Saturnino.
Leo De Rocco
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