I San Sebastiano abruzzesi

Ho visto un angelo nel marmo ed ho scolpito fino a liberarlo. Michelangelo (1)

In copertina: Statue lignee policrome di San Sebastiano – Silvestro dell’Aquila (1478) e Saturnino Gatti (1517) – Museo Nazionale d’Arte Sacra della Marsica presso il Castello di Celano – Foto sotto: le due statue al Museo Nazionale d’Abruzzo, MuNDA, L’Aquila – Foto Leo De Rocco.


 


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Il San Sebastiano nella Casa Museo Gabriele D’Annunzio a Pescara – Foto Leo De Rocco


Se vi capita di visitare la casa natale di Gabriele d’Annunzio, com’è noto in via Manthonè a Pescara, noterete su una parete un’antica stampa litografica che raffigura San Sebastiano, vicino a questa stampa non ci sono informazioni, allora cosa ci fa li?

Ci ricorda che il 22 maggio del 1911 al Teatro du Chatelet di Parigi ci fu la prima de “Le Martyre de Saint Sébastien” con un cast strepitoso. L’opera teatrale fu scritta da Gabriele d’Annunzio e musicata da Claude Debussy, la scenografia fu curata da Léon Bakst, la coreografia da Michail Fokin, le luci da Mariano Fortuny e San Sebastiano fu interpretato da una donna, la celebre ballerina Ida Rubinstein.


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Disegno di Léon Bakst per Le Martyre de Saint Sebastian di Gabriele D’Annunzio, 1911

 


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Gabriele d’Annunzio ritratto da Romaine Brooks nell’estate 1912 – Musée d’Art Moderne Grand Duc-Jane, Luxemburg – Mostra “La divina Marchesa”  – Venezia – Foto Leo De Rocco


Non una novità, l’attrice Sarah Bernhardt divenne famosa anche per aver interpretato ruoli di personaggi storici maschili, 11 anni prima del dramma dannunziano riscosse un successo clamoroso interpretando Napoleone II, “L’Aquilotto” figlio di Napoleone, ma “Le Martyre” dannunziano era un santo e quello spettacolo “queer” ante litteram fece storcere il naso ai benpensanti, senza parlare del clero francese che bocciò l’opera giudicandola scandalosa e blasfema.


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Sarah Bernhardt in divisa militare interpreta Napoleone II ne “L’Aiglon” di Edmond Rostand, 1900.


Durante il suo periodo parigino d’Annunzio instaurò una relazione, abbastanza movimentata ma complice, con la pittrice americana Romaine Brooks, conosciuta dal vate a Firenze nel 1909 e nota per essere stata a sua volta amante, come in un gioco di triangoli amorosi, di alcuni famosi personaggi femminili dell’epoca come la marchesa Casati, a sua volta amante di d’Annunzio, e la stessa Ida Rubinstein.

E’ dunque probabile che fu Romaine Brooks a suggerire il nome della Rubinstein a d’Annunzio per l’interpretazione del santo con le frecce, per poi subito pentirsene perché mossa da gelosia. La Brooks arriverà a schernire d’Annunzio ritraendolo come un giullare, piccolo di statura e goffo, mentre scaglia la freccia al corpo nudo della Rubinstein-San Sebastiano legata ad un albero.


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La marchesa Luisa Casati in una foto di Man Ray, 1922 – Mostra “La Divina Marchesa”, Palazzo Fortuny, Venezia – Foto Leo De Rocco


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La marchesa Casati con penne di pavone, dettaglio, Giovanni Boldini 1911 – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea Roma – Foto Leo De Rocco 


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Vittoriale: ritratto di giovane fanciullo, copia di Romanine Brooks dal Perugino – Foto Gardapost


Sempre durante il periodo parigino Romaine Brooks regalò a d’Annunzio un suo dipinto giovanile in cui la pittrice raffigura, copiandolo fedelmente, il “Fanciullo Braccesi” che il Perugino dipinse nel 1495. Regalo che il vate gradì e portò con sé al Vittoriale, ma da dove sparí.

Fu ritrovato come in un giallo solo qualche anno fa, grazie soprattutto al ritrovamento di una vecchia intervista fatta nel 1970 nella quale Cinerina, come la chiamava d’Annunzio, ormai quasi centenaria, rivelò il dono del Perugino in copia.

Pietro Vannucci detto il Perugino, maestro di Raffaello e del nostro Francesco da Montereale (Montereale, 1466 – L’Aquila, 1541) è anche l’autore di un affresco le cui fattezze rientrano, insieme al citato ritratto del “Giovane fanciullo”, nei canoni iconografici rinascimentali, tanto cari a d’Annunzio.


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Pietro Perugino, San Sebastiano tra i Santi Rocco e Pietro, Chiesa di Santa Maria Assunta, Cerqueto (Pg)

 


Andrea Mantegna, San Sebastiano, 1506, Ca’ d’Oro, Venezia – Foto Manuela Moschin (copyright)


La figura iconografica di San Sebastiano, un giovinetto seminudo, legato e trafitto dalle frecce, interessò non poco lo scrittore pescarese. In una intervista d’Annunzio affermò: “Il mio culto per San Sebastiano, pel saettato atleta di Cristo, è antichissimo. Risale al periodo umanistico della mia prima giovinezza.”

In effetti “l’atleta saettato” diventerà una ossessione per d’Annunzio, che racconterà anche le sensazioni provate quando giunto a Venezia a bordo del Lady Clara, la barca a vela dell’amico Adolfo de Bosis partita da Ortona per una crociera sul mare Adriatico, vide per la prima volta il San Sebastiano del Mantegna.

Nella sua incredibile dimora sul Lago di Garda, il Vittoriale, d’Annunzio si circonderà di diverse statue di San Sebastiano: lignee, in bronzo e in marmo, un vero e proprio culto. In una delle sue stanze più intime e personali, quella del “Lebbroso”, un San Sebastiano ligneo appare vicino alle foto di sua madre, donna Luisa de Benedictis, e di Eleonora Duse.


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Vittoriale degli Italiani, il San Sebastiano della Stanza del Lebbroso – Foto di Marco Beck Peccoz dal sito ufficiale del Vittoriale


La ricerca iconografica effettuata da d’Annunzio per la realizzazione della sua opera teatrale sul “Martyre” andato in scena a Parigi si basò su come il santo fu rappresentato dal Rinascimento in poi, prima di tale periodo San Sebastiano veniva rappresentato come un uomo maturo, quasi vecchio e soprattutto vestito, solo con il Rinascimento l’espressione del santo, nel frattempo diventato giovane, seminudo, a volte efebico altre muscoloso, apparirà estasiata e languida, una sorta di nuovo divo iconografico.

Per questo d’Annunzio chiamerà la Rubinstein a vestire i panni del suo San Sebastiano, rovesciando così i ruoli teatrali rispetto ai tempi in cui erano gli uomini ad interpretare ruoli femminili, come Medea o Fedra nella Grecia antica, in quanto alle donne era vietato salire sul palcoscenico.


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Andrea del Verrocchio, dettaglio del David, 1472-1475 – Museo del Bargello, Firenze


watermark_16749252104767846508393146311821Silvestro dell’Aquila – San Sebastiano, 1478, dettaglio – Foto Leo De Rocco


La nuova iconografia rinascimentale di San Sebastiano prenderà forma nella bottega di Andrea del Verrocchio, la cui scuola influenzerà anche due artisti abruzzesi: Silvestro dell’Aquila e Saturnino Gatti, autori di due pregevoli statue lignee che raffigurano San Sebastiano secondo i nuovi canoni.

Ho avuto modo di documentare per i lettori di questo blog i due San Sebastiano abruzzesi durante la loro esposizione temporanea, necessaria dopo il sisma del 2009, al Museo di Arte Sacra presso il Castello di Celano e successivamente al MuNDA, a L’Aquila, dove le opere si trovano nella collezione permanente.


Castello di Celano, sede del Museo dell’Arte Sacra della Marsica e della Collezione Archeologica Torlonia – Foto Leo De Rocco


Nella esposizione temporanea del Castello di Celano, per la precisione “Castello Piccolomini, Collezione Torlonia e Museo d’Arte Sacra della Marsica” – un bel museo che custodisce una prestigiosa collezione distribuita in otto sale dedicate alla scultura, pittura e oreficeria abruzzese – le due statue erano posizionate tra una Madonna medievale, detta “de Ambro”, opera di un pittore benedettino del XIII sec. e una Madonna tardo gotica, Madonna di Cese di Andrea De Litio, un importante artista abruzzese conosciuto soprattutto per il monumentale ciclo di affreschi quattrocenteschi nel Duomo di Atri. (Per un approfondimento “Atri, tra Adriano e Andrea De Litio”, in questo blog).


Castello di Celano, Museo Arte Sacra della Marsica – Madonna di Cese, Andrea De Litio, 1439c. – Foto Leo De Rocco

 


Datate 1478 e 1517 i San Sebastiano abruzzesi sono opera del sulmonese Silvestro dell’Aquila e dell’aquilano (nato nella frazione di San Vittorino) Saturnino Gatti. Due artisti fondamentali del Rinascimento abruzzese. Le loro opere le potete ammirare nei musei e in diverse chiese della nostra regione, ma anche in alcuni tra i più prestigiosi musei d’Europa e d’Oltreoceano: penso ad esempio al Metropolitan Museum di New York (Saturnino Gatti, “Traslazione della Santa Casa di Loreto”, 1490), oppure al Bode Museum di Berlino (Silvestro dell’Aquila, “Madonna in Trono”, 1500 circa); oltre ovviamente alle opere presenti nella collezione del Museo Nazionale d’Abruzzo, MuNDA a L’Aquila.


Saturnino Gatti, Madonna di Loreto, 1510 – Metropolitan Museum New York – foto Leo De Rocco

 


Saturnino Gatti e Silvestro dell’Aquila entrarono in contatto con gli ambienti artistici rinascimentali che all’epoca avevano come principale riferimento Firenze, capitale dell’arte con la citata bottega-scuola del pittore, scultore e orafo Andrea del Verrocchio, bottega nella quale com’è noto si formarono i grandi nomi del Rinascimento: Leonardo, Botticelli, Perugino, Domenico il Ghirlandaio… ma i due abruzzesi ebbero come riferimento anche importanti artisti che li precedettero, come Donatello. Influenze stilistiche di quest’ultimo ad esempio si evidenziano in Silvestro dell’Aquila, mentre alcuni riferimenti allo stile del Perugino li ritroviamo in Saturnino Gatti. Da rilevare inoltre la presenza nell’aquilano di artisti fiorentini, come un certo Francesco Trugii, (Chini, 1954) socio e collaboratore di Silvestro e Saturnino.

Di seguito propongo alcune comparazioni fotografiche, la prima riguarda due sculture che a mio avviso presentano similitudini stilistiche, sono due giovani San Giovanni: Evangelista, di Silvestro dell’Aquila, e Battista del fiorentino (nato a Fiesole) Benedetto da Maiano. Il secondo raffronto riguarda quello tra l’espressione di un antico busto di Alessandro Magno, che fotografai tempo fa alla Galleria degli Uffizi, e l’espressione estatica e mistica dei San Sebastiano abruzzesi.


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San Giovanni Evangelista, Silvestro dell’Aquila (attribuito) seconda metà XV sec. – Collezione privata


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San Giovanni Battista, copia dall’originale nel Palazzo Vecchio a Firenze di Benedetto da Maiano seconda metà XV sec. –  Foto Fabrizio Rossi per Abruzzo storie e passioni 


La foto che segue mostra invece il busto in marmo di Alessandro Magno eseguito in epoca ellenistica (I sec. a.C.). L’Alessandro morente degli Uffizi a mio avviso ricorda la stessa potenza espressiva del volto del San Sebastiano di Saturnino Gatti.


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Alessandro morente, I sec. a.C. –  Galleria degli Uffizi Firenze – Foto Leo De Rocco


San Sebastiano, dettaglio, 1517, Saturnino Gatti – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


Forse l’artista abruzzese vide questa scultura classica durante la sua permanenza a Firenze e ne fu ispirato. Nel suo tempo l’Alessandro morente era già conosciuto, lo troviamo menzionato nella collezione del cardinale Rodolfo Pio da Carpi (Carpi, 1500 – Roma, 1564) e successivamente in quella di Cosimo I a Firenze. E’ dunque probabile che nella ricerca stilistica per la rappresentazione del Santo “saettato”, nell’ambito della citata nuova iconografia rinascimentale, Gatti prese a modello questo busto classico che soddisfava il nuovo requisito espressivo richiesto: sofferente, ma intenso e solenne, quindi estasiato; oltre alla fisicità, talvolta efebica o muscolosa.

Del resto nelle scuole d’arte dell’epoca (fiorentine e non), l’allievo veniva mandato dal maestro di bottega presso chiese e palazzi per imparare l’arte del disegno prendendo come modello le scultore degli “antichi maestri”. Alla fine degli anni 80 del ‘400 non era difficile incontrare  Michelangelo adolescente seduto all’interno di una chiesa di Firenze intento a disegnare modelli classici, la cosiddetta “imitatio antiquitatis” che proprio in quegli anni subì una un’ulteriore spinta dopo la scoperta delle decorazioni a “grottesche” nella Domus Aurea di Nerone.


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Dettaglio del San Sebastiano di Silvestro dell’Aquila, 1478 – Foto Leo De Rocco 


Come due star, i San Sebastiano abruzzesi sono stati spesso protagonisti in alcune mostre nazionali e internazionali, in particolare il San Sebastiano di Saturnino Gatti. “Quando devo dire quello che mi piace di più al mondo dico Saturnino Gatti, perché è grande come Raffaello ma sconosciuto al mondo. E’ un genio”, così il critico d’arte Vittorio Sgarbi alla presentazione di Expo Italia 2015. In quella occasione in mostra tra le eccellenze italiane c’era anche un altro San Sebastiano abruzzese, quello di Lucoli (Aq) attribuito a Giovanni di Biasuccio (Rocca di Mezzo, 1435 – L’Aquila, 1500). Questa statua risulta ad oggi ancora in deposito a seguito del sisma del 2009 (non ho potuto quindi fotografarla).


San Sebastiano, 1478, Silvestro dell’Aquila – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


Silvestro dell’Aquila, pseudonimo di Silvestro di Giacomo, (Sulmona, 1446 circa – L’Aquila, 1504), il nome è riferito al padre Giacomo di Paolo, un orafo di Sulmona autore del prezioso reliquiario in argento dorato nella chiesa di San Franco ad Assergi (anche quest’opera è ancora in deposito dopo il sisma del 2009), è stato uno scultore, architetto, nonché pittore, ma su questa ultima attività attualmente non risultano opere certe.

Si trasferì a L’Aquila insieme al padre, trasferendo in questa città la bottega orafa della famiglia. Silvestro ebbe dunque i primi contatti con il mondo dell’arte attraverso le creazioni orafe del padre. Forse furono proprio questi esempi dell’arte orafa abruzzese del ‘400 ad aver influenzato il suo stile, in particolare nella scultura delle sue delicate decorazioni che ricordano anche le citate “grottesche” romane.


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L’Aquila – Basilica di San Bernardino – Foto Leo De Rocco 


Silvestro dell’Aquila è il più importante scultore del Rinascimento abruzzese, se non conoscete questo artista vi consiglio di visitare, oltre al MuNDA, la Basilica di San Bernardino a L’Aquila, con la sua preziosa facciata rinascimentale disegnata da Cola dell’Amatrice, al suo interno tra pregevoli opere, come la grande pala d’altare in terracotta invetriata di Andrea della Robbia, trovate il bellissimo Mausoleo di San Bernardino che Silvestro realizzò tra la fine del ‘400 e gli inizi del “500.


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La statua di San Sebastiano nel Mausoleo di San Bernardino da Siena, Silvestro dell’Aquila, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


Qui troviamo un’altra statua di San Sebastiano, scolpito con forme più muscolose rispetto alla statua lignea che realizzò nel 1478, i capelli ora sono cresciuti, ma soprattutto il santo non è sanguinante perché non ancora raggiunto dalle frecce. (foto sopra). 

A sinistra dell’altare maggiore della Basilica si trova un’altra importante opera di Silvestro, il monumento-mausoleo di Maria Pereyra (1488), moglie del condottiero e conte Pietro Lalle Camponeschi.


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Mausoleo di San Bernardino, 1489, Silvestro dell’Aquila, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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Mausoleo di Maria Pereyra Camponeschi, 1488, Silvestro dell’Aquila – Basilica di San Bernardino, L’Aquila – Foto Leo De Rocco


Santa Caterina d’Alessandria, dettaglio del Mausoleo di San Bernardino, 1489-1500, Silvestro dell’Aquila – Foto Leo De Rocco


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Mausoleo di San Bernardino, 1489, Silvestro dell’Aquila, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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Mausoleo di San Bernardino, 1489, Silvestro dell’Aquila, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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Mausoleo di San Bernardino, 1489, Silvestro dell’Aquila, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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Mausoleo di San Bernardino, 1489, Silvestro dell’Aquila, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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Mausoleo di San Bernardino, 1489, Silvestro dell’Aquila, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


Pala d’altare in terracotta invetriata, Andrea della Robbia, 1495, Basilica di San Bernardino L’Aquila – Foto Leo De Rocco


Silvestro dell’Aquila o Silvestro Aquilano, come effettivamente dovrebbe essere chiamato in quanto l’artista si firma “Opus Silvestri Aquilani” sul monumento funebre che realizzò per il Cardinale Amico Agnifili (Rocca di Mezzo, 1398 – L’Aquila, 1476). Uomo colto, Agnifili studiò a Roma e Bologna. Nella città delle torri fu anche professore universitario, suo allievo e amico fu il veneziano Pietro Barbo, colui che farà costruire Palazzo Venezia a Roma e che diventerà papa nel 1464 col nome di Paolo II.

Il Cardinale Agnifili, insieme al citato Pietro Camponeschi, vicerè degli Abruzzi (1460), farà dell’Aquila una dinamica città dedita alla cultura e alle arti umanistiche. Sarà lui ad invitare a L’Aquila Adamo da Rottweil, allievo di Johannesburg Gutenberg, l’inventore della stampa moderna. Nel capoluogo abruzzese Rottweil aprirà la prima tipografia del Regno di Napoli nel 1481, la terza in Italia, dopo Venezia (1469) e Foligno (1470). Ed proprio in questo ricco contesto storico e culturale che si svolgerà l’attività artistica del nostro Silvestro.

Il nome di San Bernardino nella basilica e nel mausoleo aquilano è collegato proprio al cardinale e vescovo abruzzese Agnifili. Quando papa Eugenio IV lo nominò legato pontificio presso l’Imperatore Sigismondo questi, dopo l’incoronazione avvenuta a Roma nel 1433, incontrò Agnifili nella sua veste di vescovo dell’Aquila; in tale occasione a fianco di Agnifili c’era Bernardino da Siena e quella era la prima volta che il santo metteva piede a L’Aquila.


San Sebastiano, dettaglio, 1478, Silvestro dell’Aquila – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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San Sebastiano, dettaglio, 1478, Silvestro dell’Aquila – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


L’espressione del San Sebastiano di Silvestro dell’Aquila è ricca di pathos e di intenso realismo, con un velo di sofferenza maggiore rispetto all’espressione del San Sebastiano di Saturnino, che invece risulta più estasiata. Silvestro realizzò questo suo capolavoro ligneo appena dopo la peste che colpì L’Aquila, come ex voto. San Sebastiano è considerato protettore contro la epidemie, (per via della sua sopravvivenza alle frecce); così come fece venti anni prima il citato Andrea Mantegna per il primo dei suoi tre dipinti dedicati a San Sebastiano, quello che turbò D’Annunzio, come lui stesso disse, “durante la mia prima giovinezza”.

Suo allievo già da adolescente fu Saturnino Gatti, e tra i suoi collaboratori figura il citato Giovanni di Biasuccio (L’Aquila 1435 – 1500), con il quale aprì bottega nei pressi dell’Aquila, nel 1471. Come accennato sopra Giovanni di Biasuccio è autore di un altro San Sebastiano ligneo destinato alla chiesa dedicata a San Giovanni a Lucoli nell’aquilano, l’attribuzione è di Ferdinando Bologna, per altri invece il San Sebastiano di Lucoli è opera di Saturnino Gatti.


Busto in terracotta policroma e dorata opera di Silvestro dell’Aquila, 1495, proveniente dal palazzo dei Duchi di Acquaviva Atri, oggi al Davis Museum Massachusetts


San Sebastiano, 1517, Saturnino Gatti – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


San Sebastiano, 1517, Saturnino Gatti – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


Il San Sebastiano di Saturnino Gatti, (San Vittorino Aq, 1457 – L’Aquila, 1518 circa), pittore, scultore, miniaturista, è scolpito in legno di faggio, in origine il perizoma era dipinto di blu-lapislazzuli. Anche Saturnino vi invito a conoscerlo meglio attraverso altre sue importanti opere, come la splendida Pala del Rosario risalente al 1511, (al MuNDA dell’Aquila). In particolare per la scultura segnalo il Presepe in terracotta policroma, fine XV sec. e la statua di Sant’Antonio abate (1512), anch’essa in terracotta. Su quest’ultima opera degno di nota è il restauro effettuato dopo il sisma del 2009. La statua del santo, ridotta in centinaia di frammenti, fu dichiarata irrecuperabile, ma grazie all’impegno dei restauratori e dell’allora direzione del Polo Museale d’Abruzzo, si compì un vero miracolo e l’opera oggi la possiamo nuovamente ammirare esposta MuNDA, nella stessa sala dove sono esposti i due divi, i San Sebastiano abruzzesi.

Leo De Rocco

Copyright Foto e Testo.

(Per un approfondimento su Saturnino Gatti vedi in questo blog l’articolo dedicato: “Saturnino Gatti, il Rinascimento abruzzese.”)


Presepe , terracotta policroma, sec. XVI, Saturnino Gatti – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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Madonna con Bambino, terracotta, XV sec. Saturnino Gatti (attribuito) – Collegiata San Michele Arcangelo, Città Sant’Angelo – Foto Leo De Rocco 


Sant’Antonio Abate, 1512, Saturnino Gatti – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco – La statua originariamente era conservata nella chiesa di Santa Maria del Ponte, Tione (Aq)


 

La statua di Sant’Antonio Abate di Saturnino Gatti dopo il terremoto del 2009 – Foto Direzione Regionale Musei Abruzzo


Copyright – all rights reserved – Riproduzione riservata – E’ vietato l’uso del testo e delle foto presenti in questo articolo, anche solo parzialmente, senza autorizzazione scritta – Pictures, it is forbidden to use a YouTube part of this article without specifico authorization – derocco.leo@gmail.com – il divieto è garantito dalle leggi e dalle norme vigenti – Fonti: Saturnino Gatti, pittore e scultore nel Rinascimento aquilano, 2015, di Ferdinando Bologna, edito da TEXRUS; Percorso museale Museo Nazionale d’Abruzzo L’Aquila.


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