Capestrano, magiche atmosfere.

In copertina: Capestrano, dettaglio degli affreschi nella chiesa di San Pietro ad Oratorium – foto Leo De Rocco


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Capestrano – Giovanni da Capestrano guida L’Assedio di Belgrado, Chiesa di San Francesco – Foto Leo De Rocco – “Sia avanzando che retrocedendo, sia colpendo che colpiti, invocate il nome di Gesù. In lui solo la salvezza!” (Motto di San Giovanni da Capestrano)


Capestrano si fa notare, con il castello arroccato sul punto più alto e le case con lo stemma in pietra dell’antico casato. Qui signoreggiavano gli Acquaviva (1284), poi arrivarono i Conti di Celano discendenti dei Conti dei Marsi, quindi i Piccolomini-Todeschini, (1463), i quali erano imparentati con papi e cardinali. Da queste parti passarono pure i Medici, fiutarono gli affari con il commercio della lana, dei tessuti e delle spezie, soprattutto lo zafferano, e fecero di Capestrano un principato.


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Tra Capestrano e Navelli, in lontananza il Castello di Calascio (in alto a sx) – Foto Leo De Rocco


Il paese si trova nella valle del Tirino, tra l’altopiano di Navelli e il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, posti ricchi di bellezze naturali e paesaggistiche che spesso vivono in simbiosi con antiche testimonianze artistiche. Come la chiesa medievale di San Pietro ad Oratorium, bella e misteriosa e così discreta; nascosta tra i boschi, sulla riva di un fiume dalle acque trasparenti, sembra che non vuole farsi trovare.


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I vigneti di Capestrano, in lontananza il paese. Un tempo Capestrano era chiamata la “Cantina d’Abruzzo – Foto Leo De Rocco


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Capestrano, dalla Statale 153 dell’Appennino Abruzzese – Foto Leo De Rocco


Percorrendo la strada statale dell’Appennino Abruzzese il paese di santi e guerrieri lo si scorge su un’altura circondata da mandorli, uliveti, campi di grano e soprattutto vigneti, quelli autoctoni del pregiato Montepulciano d’Abruzzo, che da secoli hanno trovato in questa zona clima e terreni più favorevoli. Fino alla metà del secolo scorso Capestrano era la “Cantina d’Abruzzo”, la maggiore produzione regionale di vino, o comunque una parte cospicua, proveniva da queste terre che ancora oggi regalano vini di qualità.

Capestrano è conosciuta ai più per aver dato il nome all’opera più monumentale dell’arte Italica: il Guerriero di Capestrano, una enigmatica statua in pietra calcarea, in origine dipinta con colori dal turchese al rossastro, oggi conservata nel museo di Chieti. Ma i turisti vengono qui perché desiderano conoscere anche il luogo di provenienza. “Lu mammocce” (traduzione: il bambinone), come affettuosamente lo chiamano i capestranesi, è un simbolo di questo paese.

Così come lo è Giovanni da Capestrano, soldato ma anche frate francescano e santo, conosciuto quanto il guerriero di pietra anche all’estero: statue, monumenti e chiese a Budapest, Vienna e in Croazia, fino in Texas e in California dove i frati francescani spagnoli, seguaci di Giovanni il santo-soldato, fondarono nel ‘700 due missioni dedicate a “San Juan Capistrano“.


Guerriero di Capestrano, Museo Archeologico Chieti – Foto Leo De Rocco


Guerriero di Capestrano, Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo, Chieti – Foto Leo De Rocco


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Guerriero di Capestrano, Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo Chieti – Foto Leo De Rocco


Guerriero di Capestrano, Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo Chieti – Foto Leo De Rocco


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Guerriero di Capestrano, Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo Chieti – Foto Leo De Rocco


Guerriero di Capestrano – Foto Leo De Rocco


Risalente al VI secolo A.C. la statua in pietra, alta oltre due metri, raffigura un principe-guerriero appartenente alle popolazioni italiche pre-romane o immediatamente a ridosso dell’inizio della storia di Roma. Popoli che abitavano l’antica Aufinum, posizionata più a valle rispetto all’odierna Capestrano. Città dei Vestini citata da Plinio il Vecchio quale luogo successivamente parte della regione augustea Samnium, corrispondente più o meno al territorio compreso tra l’Abruzzo centro-meridionale, il Molise e parte della Campania.

Il Guerriero fu ritrovato in questa zona nel 1934 da un contadino ed è attualmente conservato nel Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo a Chieti insieme a numerosi reperti ritrovati nel sito archeologico di Aufinum.

L’iconico Guerriero di pietra è diventato un simbolo della regione Abruzzo. Curioso il copricapo, ricchi i dettagli: una spada, un pugnale, un’ascia, eppoi una collana, un pendaglio, bracciali, una maschera che copre il viso e una enigmatica scritta che da decenni è un vero rompicapo per gli archeologi.

Se andate a visitare il museo, ospitato nel Palazzo Frigerj immerso nella ottocentesca Villa Comunale di Chieti, uno dei musei archeologici più interessanti d’Italia, osservate bene il lato sinistro della statua, sul pilastrino, scoprirete che vi è incisa una frase in lingua italica, che è stata così tradotta:

Di me fece bella immagine lo scultore Aninis per il Re Nevio.

Già il fatto che l’autore, il misterioso scultore Aninis, firmi la sua opera è, nel VI secolo avanti Cristo, una rarità se non una vera unicità. Ma chi è questo re Nevio? Un re dei vestini italico? Davvero il vistoso copricapo, che ricorda un sombrero, in realtà è uno scudo? E chi rappresenta la statua sempre in pietra calcarea trovata vicino al guerriero, denominata la Dama di Capestrano, una principessa? Forse la sua compagna? Quindi ci sarebbe anche una Guerriera di Capestrano? “Per il re Nevio”, cioè per conto del re, quindi un suo soldato di rango, un capo guerriero, un principe o si tratta proprio del re… Mistero.


Dama di Capestrano – Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo Chieti – Foto Leo De Rocco


Il mistero che circonda la statua del principe-guerriero e della sua principessa contribuisce a rendere magica l’atmosfera di questi posti. Durante l’escursione nei dintorni di Capestrano mi imbatto in boschi silenziosi, abbazie medievali nascoste in vallate quasi inaccessibili, laghetti circondati da rigogliose vegetazioni e praterie assolate, che solo apparentemente appaiono aride perché in realtà sono disseminate di sorgenti montane nascoste tra la boscaglia le cui acque sono limpide e sempre gelide anche in piena estate.

Definito uno dei fiumi più belli d’Europa, il Tirino, dal greco “Tritano” che significa triplice sorgente, nasce appunto da tre sorgenti distribuite tra i boschi di Capestrano. E’ probabile che anche il nome Capestrano derivi da “Caput trium amnium”, ovvero “a capo di tre sorgenti”.

Le limpide acque provengono dal Gran Sasso e dalla Piana di Navelli e giungono fin qui dopo aver attraversato le grotte carsiche. Le sue sorgenti riaffioriranno più a valle, a Popoli, nella Riserva Naturale Regionale delle Sorgenti del Pescara. (“Popoli, le sorgenti d’Abruzzo”, in questo blog)


Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Fiume Tirino – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Fiume Tirino – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano,  – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Antichi mulini sommersi nel Lago di Capodacqua


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Capestrano – le acque di Capodacqua sono così limpide da permettere una visibilità di oltre 100 metri, sono possibili immersioni alla scoperta dei mulini sommersi Mulini sommersi – Foto Franco Banfi


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


ottobre-453724849398069365745Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Dintorni di Capestrano – Foto Leo De Rocco


Nascosta tra queste boscaglie bagnate dal Tirino, non sembra facile trovare la chiesa medievale di San Pietro ad Oratorium, ma questo posto celato e impervio, raggiungibile percorrendo una stradina sterrata che taglia in due il bosco, rende ancora più affascinante l’escursione.

Il toponimo “Oratorium” probabilmente deriva dal nome di un antico castello distrutto chiamato “Araturo”. La chiesa in passato era affiancata da un’abbazia benedettina, oggi non più esistente a causa di catastrofiche piene del fiume Tirino che in passato interessarono la zona, e rientrava nelle pertinenze della potente abbazia molisana di San Vincenzo al Volturno.

Posta su un luogo strategico, su importanti vie di comunicazioni in passato fondamentali per un’economia basata sulla transumanza, i commerci di tessuti, soprattutto lana e seta, San Pietro ad Oratorium fu voluta da re Desiderio (756 – 774) l’ultimo re longobardo a indossare la Corona ferra prima dell’arrivo di Carlo Magno (742 – 814) della dinastia carolingia.

Con Carolus Magnus ufficialmente nacque il Sacro Romano Impero, con la simbolica data dell’anno 800 e l’incoronazione dell’imperatore carolingio la notte di Natale in San Pietro per mano di papa Leone III.

Ma l’impero longobardo resisterà ancora a sud, soprattutto nel Ducato di Benevento, nella Longobardia minor e darà un bel da fare sia ai principi meridionali, alle prese con le invasioni dei saraceni, che a Ludovico II, pronipote di Carlo Magno, che legherà il suo nome ad un’altra splendida abbazia, regina del romanico abruzzese: San Clemente a Casauria. (Per un approfondimento: “Abbazia di San Clemente a Casauria”, in questo Blog)

Attorno a re Desiderio e Carlo Magno c’era un intreccio di matrimoni combinati (tra franchi e longobardi) per garantire reciproci interessi, come il matrimonio tra Carlo Magno e la figlia di re Desiderio, il cui nome è ignoto (alcune fonti riportano “Desiderata”, ma non ci sono prove documentali).

Matrimoni, legami e accordi andati in fumo alla morte di Carlomanno fratello di Carolus. Alessandro Manzoni ispirato da queste vicende storiche scriverà nel 1822 “L’Adelchi”, dal nome del figlio di re Desiderio, re dei Longobardi e d’Italia, e chiama la figlia di re Desiderio Ermenengarda.

Sull’architrave all’ingresso di San Pietro ad Oratorium leggiamo: “A rege Desiderio fundata, anno milleno centeno renovata“; traduzione: “Fondata da re Desiderio, rinnovata nel 1100”. Rinnovata e ristrutturata la chiesa fu consacrata da papa Pasquale II dichiarandola “nullius  diocesis”, ossia indipendente dall’autorità vescovile.

Secondo alcuni il re longobardo sarebbe l’uomo scolpito sulla parte destra del portale, (foto sotto), ma guardando bene il personaggio indossa una stola sulla quale è raffigurata una croce, dunque un paramento liturgico indossato da un ministro di culto, in questo caso probabilmente si tratta di un alto prelato.


Capestrano – Chiesa di San Pietro ad Oratorium, dettaglio del portale con un drago – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Portale della chiesa di San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – San Pietro ad Oratorium, dettaglio del portale, probabile immagine di re Desiderio – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Portale, archivolto, della Chiesa di San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


L’archivolto e il portale sono scolpiti con deliziosi motivi floreali, mi ricordano i disegni degli antichi ricami del tombolo aquilano, tra le decorazioni spicca un drago che non sputa fuoco ma un tralcio, ma non è il solo: un suo gemello lo ritrovo sull’architrave del ciborio, anche qui dalle sue fauci spuntano rami vegetali. Il ciborio è decorato con rarissimi inserti in maiolica risalenti al XIII sec.

Di un secolo prima sono gli affreschi color sabbia, rosso mattone e sfumature ocra. Rappresentano il Giorno del Giudizio, con  il Cristo mentre benedice “alla greca”, con l’anulare ripiegato sul pollice, mentre mignolo, indice e medio sollevati mentre con l’altra mano regge il libro dei sette sigilli, nel mentre viene circondato dai quattro simboli degli evangelisti e due angeli serafini.

Sotto di loro c’è una gran folla: santi e monaci benedettini, ognuno cinto in una elegante nicchia, e i ventiquattro Anziani dell’Apocalisse, così come raccontato dall’apostolo Giovanni.

Seduti sui loro troni, gli Anziani indossano la corona d’oro e sul tavolo ci sono i ventiquattro calici d’oro. Sembra che si preparano a brindare nel giorno dell’Apocalisse davanti al Re del cielo e della terra, del mondo visibile e invisibile, ma le loro coppe sono piene di profumi che rappresentano le preghiere dei Santi e uno di loro sta per alzarsi per indicare chi sarà degno di aprire il libro e i suoi sette sigilli.

Una rappresentazione iconografica straordinaria, unica in Abruzzo. (1)


Capestrano – San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Chiesa di San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Il Cristo benedicente “alla greca”, Chiesa San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


Capestrano – San Pietro ad Oratorium, ciborio – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – San Pietro ad Oratorium, ciborio – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – San Pietro ad Oratorium, ciborio – Foto Leo De Rocco


Sul lato sinistro del portale trovo una curiosa scritta racchiusa in un quadrato in pietra e leggibile in qualsiasi verso: un palindromo, (foto sotto). Questo quadrato magico, chiamato quadrato del Sator, in cui la parola Sator come vedete si legge in ogni direzione, significa colui che semina, si trova anche in altri edifici e reperti archeologici in Italia, ad esempio a Pompei, e in Europa.

L’altra parola Arepo risulta misteriosa, forse è greco e significa equilibrio; Tenet, ossia tieni; Opera significa cura e Rotas che tradotta dal latino significa ruota, ma secondo me nella soluzione del Sator, in cui ognuno può cimentarsi a decifrarne il significato, significa piuttosto Rotta, ossia Strada.

Quindi una ipotesi per la soluzione del rebus secondo me potrebbe essere: Quando semini, (ossia quando compi le azioni), abbi sempre cura di seguire nella tua vita la rotta più giusta, equilibrata e saggia.

Il quadrato magico di San Pietro ad Oratorium è la curiosità maggiormente citata dalle guide turistiche che d’estate accompagnano qui i turisti, ma non è il solo enigma di questa chiesa. Se osservate bene sulla facciata e nella parte esterna dell’abside (dietro la chiesa, in alto) ci sono altre pietre scolpite con disegni e scritte altrettanto misteriose.

Dopo il re-guerriero scolpito da Aninis ecco altri rebus da decifrare, come la pietra con un loggiato riempito di fiori e stelle e più in alto due mostri alati con la coda da scorpione (foto sotto), forse sono due manticore, che fanno la guardia ad una grande coppa sulla quale sorvola un uccello, probabilmente simbolo liturgico del rinnovamento spirituale. Guai a chi si avvicina per violare la sacra coppa: le manticore sono capaci di scagliare spine velenose.

E che dire del rilievo, posto sulla parte a sinistra del portale, che raffigura un uomo in apparenti abiti talari, forse un vescovo o un profeta, mentre sta indicando una scritta: “Sculptor image apparuit  ito insomnis hec “ che tradotto significa “L’immagine dello scultore è apparsa in questo sogno” oppure  “allo scultore apparse l’immagine nel sogno”. Mistero.


Capestrano – Il quadrato “magico” sulla facciata della chiesa di San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


Capestrano – una delle pietre scolpite nella facciata della Chiesa di San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – simbologie medievali, forse manticore, sulla facciata di San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


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Capestrano, San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco – il rilievo sulla facciata con l’indicazione del “sogno”


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Capestrano – simbologie medievali nella chiesa di San Pietro ad Oratorium – Foto Leo De Rocco


Mi rimetto in viaggio, in direzione del centro del centro storico di Capestrano. In una atmosfera vagamente fiabesca non poteva mancare il castello, con tanto di torri merlate, ed eccolo svettare come ogni castello che si rispetti sul punto più alto del paese: il Castello Piccolomini, un tempo col suo ponte levatoio e un fossato, ricoperto nel 1924.

Piccolomini è il nome dai feudatari che lo edificarono nel Quattrocento sui resti di una fortificazione medievale. Nel 1463 fu Ferdinando d’Aragona, insieme all’allora papa Pio II, a donare il castello ai Piccolomini togliendolo alla contessa Covella che perse pure il castello di Celano. I Piccolomini erano i discendenti di quell’Antonio che nato nel 1435 Todeschini adottò il più conveniente cognome del potente zio papa Pio II, al secolo Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini.

Quando Pio II appoggerà al trono di Napoli il citato Ferdinando d’Aragona, preferendolo a Renato d’Angiò, questi per ricambiare il sostegno donò le terre di Capestrano al nipote del papa. Ma la contessa di Celano Covella aveva già donato a Giovanni da Capestrano, suo amico e confidente, un colle vicino al paese su cui costruire una chiesa e un convento in onore di San Francesco.

Il Castello Piccolomini fu poi ristrutturato nel Seicento quando Capestrano era sotto la Signoria dei Medici, Cosimo I de’ Medici, primo granduca della Toscana, fu anche Principe di Capestrano. Il principato mediceo qui regnò fino alla metà del ‘700 (almeno formalmente) con l’ultima granduchessa fiorentina Anna Maria Luisa de’ Medici.

Mi perdo tra le possenti mura di questo castello, anticamente sede del potere feudale in realtà anche del potere attuale in quanto un’ala del castello è occupato dagli uffici del Comune, tra scale in pietra, pozzi quattrocenteschi e alte torri a guardia di massicci corridoi che conducono su ventosi e panoramici affacci.

Un tempo da queste terrazze, dove oggi si affacciano i turisti per scattare qualche foto, i marchesi Piccolomini e gli ambasciatori dei Medici controllavano sulla valle sottostante il transito dei loro affari, principalmente derivanti dalla Transumanza.


Capestrano, Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – la piazza principale del paese, chiamata Largo Castello Castello – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – vista da una torre del Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Castello Piccolomini – Foto Leo De Rocco


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Da una finestra del Castello Piccolomini di Capestrano – Foto Leo De Rocco


In questa terra di antiche storie non poteva mancare il santo e ovviamente qui a Capestrano non poteva che essere un santo-guerriero: Giovanni da Capestrano (1386 – 1456).

Giovanni proveniva da una famiglia benestante, proprietaria di terreni coltivati a grano oggi diventati vigneti visibili dalle piccole finestre della sua casa natale. Vado a visitare questa antica casa, mi viene ad aprire la gentile signora Lidia, una volontaria che accompagna qui i turisti.

La casa si trova in una posizione panoramica, con una grande piazza terrazzata che domina la valle. È a due piani, c’è ancora l’antico caminetto e il pavimento in pietra, in una stanza si intravede abbozzato un affresco di una Madonna con bambino, chissà, forse lo disegnò lo stesso Giovanni.


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Capestrano – Casa natale di San Giovanni da Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Casa natale di San Giovanni da Capestrano, la terrazza panoramica a fianco della casa – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Casa natale di San Giovanni da Capestrano, l’antico caminetto – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Casa natale di San Giovanni da Capestrano, il disegno su una parete sembra una pittura rupestre – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Panorama da una finestra della casa di San Giovanni da Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Edicola affrescata nei pressi della casa natale di Giovanni da Capestrano – Foto Leo De Rocco


Oltre al saio francescano, indossato dopo la sua attività di giurista e gli studi a Perugia, Giovanni, che era figlio di un nobile tedesco e di una gentil donna di Capestrano, indossò pure la corazza e imbracciò le armi addirittura come comandante (vittorioso) in occasione dell’Assedio di Belgrado contro i turchi Ottomani che avevano invaso la penisola balcanica.

Il bel Convento di San Francesco (sec. XV), con il suo chiostro seicentesco, l’attigua chiesa di San Francesco in stile tardo barocco, e il prezioso museo che custodisce pergamene antiche e una bolla papale del 1200, (che trovo chiuso per lavori) sono significative testimonianze lasciate a Capestrano dal santo-soldato. La chiesa-convento di San Francesco fu edificata sui possedimenti dell’allora contessa Covella da Celano, uno dei personaggi più intriganti e affascinanti del Quattrocento abruzzese (sulla contessa Covella vedi in questo blog “Celano, tra storia e leggenda”).

Covella era amica e confidente di Giovanni da Capestrano e dei più conosciuti frati francescani dell’epoca, come Giacomo della Marca. Quando Giovanni da Capestrano morì, la contessa Covella organizzò per il suo amico e guida spirituale un funerale degno di un re. (Per un approfondimento vedi l’articolo su Celano).

Il convento si trova in una suggestiva posizione, su un colle vicino al paese, raggiungibile anche a piedi dal centro. I frati mi mostrano un bel chiostro settecentesco affrescato con le scene della vita del Santo, tra queste trovo lo stemma di Alessandro Tassoni (1565-1635), l’autore del poema “La secchia rapita“, cosa ci fa qui? Ci ricorda che nel 1613 il poeta curava gli interessi dei Medici nel principato di Capestrano.


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco, anche chiamato di San Giovanni da Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco, anche chiamato di San Giovanni da Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco, chiostro settecentesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Convento di San Francesco


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Capestrano – chiostro del convento francescano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Chiesa-Convento di San Francesco, scalone seicentesco – Foto Leo De Rocco


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Giacomo da Campli, Madonna in trono con bambino, e i santi Francesco, Berardino, Antonio e Giovanni da Capestrano, 1482 – Polittico un tempo destinato alla Chiesa di San Francesco nel convento di Capestrano, oggi al MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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San Giovanni da Capestrano e storie della sua vita, 1480. Tempera su tavola, opera del Maestro di San Giovanni da Capestrano. Al centro Giovanni da Capestrano sorregge il vessillo crociato di rosso con il monogramma di San Bernardino. Attorno sono dipinte le scene della vita del Santo: La Messa al campo; La predica dell’Aquila; La Battaglia di Belgrado; La morte del Santo. – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco


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San Giovanni da Capestrano con spada, scudo e vessillo, tra gli affreschi del Duomo di Atri


San Giovanni da Capestrano, patrono di Capestrano e dei cappellani militari, è un santo conosciuto in gran parte d’Europa, ma anche oltreoceano: in Texas dove dal ‘700 è attiva una missione di francescani dedicata al Santo capestranese, anche in California i frati francescani spagnoli fondarono una missione chiamata “San Juan Capistrano“, nel suo chiostro fu fotografata da André de Dienes una giovanissima Marilyn Monroe, era l’estate del 1946 e in Europa, tra le macerie, si discuteva di pace nella Conferenza di Parigi.

La missione, oggi diventata una cittadina di trentamila abitanti, ogni anno a fine aprile celebra “il miracolo delle rondini”, che dall’Argentina arrivano ogni anno a primavera, dopo aver percorso circa 10mila chilometri. L’evento, che richiama molti turisti, si basa su un antico racconto popolare tramandato dai suonatori delle campane di San Juan Capistrano e narra del lungo viaggio invernale delle rondini che attraverserebbero l’Atlantico, trasportando un ramoscello di ulivo sul quale riposarsi sul mare di tanto in tanto. All’arrivo sul continente europeo le rondini farebbero sosta in Abruzzo, nel paese di San Giovanni da Capestrano, per raggiungere la meta finale: la città santa di Gerusalemme.

Il convento francescano dedicato a San Giovanni da Capestrano è l’edificio più antico ancora in uso della California, simbolo multiculturale degli Stati Uniti. Sull’altare maggiore, in stile barocco coloniale spagnolo, campeggia la statua del Santo capestranese. Recentemente lo storico americano Chris Jepsen ha scoperto che il famoso gangster di Chicago, l’italo-americano Al Capone, la cui figura mitizzata dai media e dalla letteratura ispirò alcuni film celebri, come “Scarface” e “ The Untochables – Gli intoccabili”, tentò di comprare la tenuta della Missione californiana. La firma del gangster di Chicago è stata scoperta nel libro degli ospiti della missione. La Missione ispirò anche lo scrittore americano Johnston McCulley che nel 1919 scrisse, riscuotendo un clamoroso successo, “The Curse of Capistrano” , creando l’eroe mascherato don Diego Vega, in arte  “Zorro”, e ambientando le sue avventure nella Missione californiana di San Giovanni da Capestrano.


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Missione Saint John of Capestrano – California


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California – Missione San Juan Capestrano, tra San Diego e Los Angeles – Marilyn Monroe – Foto di André de Dienes, 1946c.


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“L’altare d’oro” in stile barocco coloniale spagnolo: Statua di San Giovanni da Capestrano nella Missione Saint John of Capestrano – California


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San Giovanni da Capestrano, statua in terracotta smaltata, 1550, Santi Buglioni – Los Angeles County Museum of Art


I gentili capestranesi sono prodighi di informazioni sul loro paese perché noto che sono molto attaccati alle loro radici e alla storia del luogo. Come l’ex insegnante di storia dell’arte che mi racconta alcuni aneddoti su Capestrano, e Giorgio, il volontario custode del Castello Piccolomini, che tiene a farmi sapere i tanti libri che ha letto sulla storia di Capestrano e di aver conosciuto quando era bambino Michele Castagna, il contadino che ritrovò la statua del guerriero. Poi la signora Lidia che insieme ad Ada gestisce, anche lei come volontaria, la casa natale di Giovanni da Capestrano, infine un’altra ex insegnante, incontrata nel chiostro del Convento di San Francesco, mi racconta la storia dei palazzi nobiliari di Capestrano. Ian invece è un inglese, arriva da Londra, è un architetto paesaggista talmente innamorato di Capestrano che qui ha comprato casa e pure una piccolo vigneto, gentilmente si offre di accompagnarmi fino alla casa natale di San Giovanni da Capestrano.

Capestrano è un paese dinamico grazie alle iniziative culturali promosse delle nuove generazioni. Come lo “Strano Film Festival”, un festival internazionale di cortometraggi con tema “la Terra”, nato da un’idea del capestranese Gianluca Fratantonio con l’obiettivo di “unire chi in questi territori è rimasto, e chi da questi territori è partito, e chi in questi territori è tornato a viverci.”

Recentemente è stato inaugurato, a cura dell’associazione culturale Maks, anche un polo culturale che prende il nome dalla Dama di Capestrano, un riferimento storico per un moderno spazio dedicato alla creatività di giovani emergenti nell’arte contemporanea. Interessanti iniziative che sperimentano nuove forme di comunicazione, senza voltare le spalle al passato e alla storia di questa terra.


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano, la chiesa di Santa Maria della Pace, ancora chiusa per restauri dopo il sisma del 2009 – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco

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Capestrano – Foto Leo De Rocco


Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Terrazze con piccoli vigneti, di spalle Ian, un gentile inglese, architetto paesaggista, che ha scelto di vivere una parte dell’anno qui a Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco


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Capestrano – Foto Leo De Rocco – Affresco sulla facciata di un edificio: Madonna con Bambino tra San Vito vestito da paggio e San Cetteo Vescovo di Amiternum, con casula arabescata, 1447.


Il cristallino fiume Tirino nei pressi di San Pietro ad Oratorium – video Leo De Rocco


L’escursione on the road, salendo dalla Tiburtina Valeria, nella zona di Bussi-Popoli, una volta arrivati a Capestrano porta in altri paesi affascinanti, con le loro storie da raccontare e i tesori da scoprire: Navelli, San Benedetto in Perillis, San Pio delle Camere, Bominaco… fino ad arrampicarsi in direzione Campo Imperatore e scoprire Santo Stefano di Sessanio e Calascio.

Scopriremo questi posti nei prossimi articoli, intanto vi invito a visitare Capestrano e la sua antica Via degli Abruzzi, tra pianori, boschi, limpide e gelide sorgenti, enigmatiche statue italiche, laghetti i cui fondali conservano resti medievali, castelli che sembrano labirinti di pietra, conventi fondati da santi-soldati e antiche chiese abbaziali che invitano a risolvere rebus e interpretare sogni prima di entrare.


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Sacro Graal – opera preraffaelita di Dante Gabriele Rossetti, 1874 – Andrew Lloyd Webber Collection, Londra – Dante Gabriel Rossetti era uno dei 4 figli (tutti famosi in Inghilterra) di Gabriele Rossetti originario di Vasto (sui Rossetti in questo blog: “Vasto: mare, arte e cultura”)


Con un po’ di immaginazione potremmo cercare da queste parti anche il Sacro Graal, i presupposti ci sono. Del resto una leggenda popolare abruzzese racconta che Longino, il soldato romano che trafisse il costato a Gesù sulla Croce, era originario di Lanciano e al suo ritorno in Abruzzo, continua il racconto, riportò con sé il Sacro Graal per nasconderlo tra le montagne, vicino ad un fiume dalle acque gelide e trasparenti.

Leo De Rocco

Copyright Testo/Foto/Video – Riproduzione riservata – Abruzzo storie e passioni 2015 – Articolo aggiornato a  luglio 2022 – Non è consentito nessun uso delle foto e del testo presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta: derocco.leo@gmail.com – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorization – Fonti: Museo Archeologico Nazionale Chieti; Comune di Capestrano, Pro Loco Capestrano – Note: 1) Dal Libro dell’Apocalisse: “Ed ecco c’era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno al trono c’erano ventiquattro seggi e sui seggi sedevano ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d’oro sul capo. Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni e ardevano sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile al cristallo. Attorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d’occhi davanti e dietro. Il primo era simile a un leone; il secondo era simile a un vitello; il terzo aveva l’ aspetto come di un uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente.”


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