Chi ama il bello, finisce per trovarne ovunque. Come un filone d’oro che scorre – Marguerite Yourcenar
Atri – busto di Adriano
I turisti che visitano Atri non fanno molto caso ad un busto che ritrae l’imperatore Adriano collocato in una piccola nicchia posta all’ingresso di questa città d’arte, tra le più belle d’Abruzzo.
Eppure per ragioni storiche, e forse anche per richiami turistici, il nome di quel famoso imperatore riecheggia spesso in questa storica città ducale. Adriano dà anche il nome al corso principale sul quale si affacciano i più importanti monumenti e le chiese della cittadina, come il Duomo, con il monumentale ciclo di affreschi di Andrea de Litio e i palazzi che contano, come il Palazzo Ducale d’Acquaviva, con la sua torre in stile medievale che vagamente ricorda quella fiorentina di Palazzo Vecchio; non a caso entrambi costruiti su preesistenti terme e cisterne romane (visitabili).
Musei Vaticani – Adriano (in primo piano) e il suo favorito Antinoo qui rappresentato come Dioniso (detto Antinoo Braschi) – Foto Leo De Rocco
La famiglia di Publius Aelius Traianus Hadrianus, uno dei più famosi imperatori romani, meglio noto come Adriano, celebre anche per la sua storia d’amore con Antinoo, aveva i suoi avi originari proprio qui ad Atri, all’epoca antica città picena denominata Hatria Picenum.
L’immagine di Adriano la ritrovo anche sul sipario dell’elegante Teatro Piceno, una pittura su tessuto assemblato opera neoclassica di uno scenografo napoletano, in cui è ritratto l’imperatore mentre ordina di bruciare alcuni documenti. A mio avviso si tratta della rievocazione storica della decisione di Adriano di cancellare i debiti dei romani nei suoi confronti. Quelle carte bruciate sono le cambiali dei cittadini, una sorta di condono ante litteram. Episodio citato anche in un pennacchio rinascimentale a Castel Sant’Angelo. (Foto sotto)
Il sipario venne inaugurato nel 1881 insieme al teatro, per l’occasione fu messa in scena “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi.
Adriano brucia le cambiali dei cittadini, 1544, Siciolante Girolamo – Castel Sant’Angelo, Roma
Sipario del Teatro di Atri – Foto Leo De Rocco
Atri – Teatro Piceno, piazza Duomo – “Hatria” sullo stemma posto in cima alla facciata. Il teatro in stile neoclassico fu progettato nel 1857 da Nicola Mezucelli.
Atri – Teatro Piceno, piazza Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Teatro Piceno, piazza Duomo – Foto Leo De Rocco – le decorazioni della volta sono ottocentesche e rappresentano Euterpe su un cavallo alato.
Adriano rimase molto legato al luogo di origine della sua famiglia, tanto che ricoprì la carica di curator muneris publici della città (una sorta di sovrintendente). Per lui Hatria era la sua seconda patria, ne parla anche Marguerite Yourcenar nel suo bellissimo libro “Memorie di Adriano”.
Orecchino in oro di epoca etrusca o italica rinvenuto ad Atri (Te) – Londra, British Museum
Specchio di epoca romana o pre-romana, in bronzo argentato, rinvenuto ad Atri – British Museum, Londra
Ho scoperto che al British Museum di Londra sono conservati alcuni gioielli di epoca romana e pre-romana rinvenuti proprio da queste parti. Questi gioielli, tra i quali figurano orecchini d’oro, uno specchio in bronzo argentato, una collana, un portaprofumo, furono donati al prestigioso museo inglese da Sir William Hamilton (1730 – 1803) noto collezionista di arte antica, diplomatico, fu ambasciatore britannico nel Regno di Napoli, nonché marito di Emma Hamilton, al secolo Amy Lyon, cameriera, modella, attrice, l’avventuriera inglese che a Palermo divenne l’amante (tra i tanti) di Horatio Nelson, quel Lord Nelson ammiraglio che vedete in cima alla colonna su Trafalgar Square a Londra.
Come siano arrivati da Atri nelle mani di Sir Hamilton non è dato a sapere, forse tramite vendite sottobanco, non rare in quei tempi.
Lady Hamilton ritratta come Medea, George Romney, 1786, Norton Simon Museum, Pasadena USA
Frontespizio di un antico libro con le monete più antiche del mondo coniate ad Atri – foto Leo De Rocco
Antiche monete coniate ad Hatria – Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo Chieti – Foto Leo De Rocco
Nella collezione abruzzese del British Museum figurano anche le monete cittadine tra le più antiche al mondo, coniate proprio ad Hatria Picenum tra il VII e il VI a.C. Alcune di queste con il conio di Hatria sono esposte anche nelle sale dedicate all’antica numismatica del Museo Nazionale Archeologico di Chieti. (foto sopra)
Parco Marino Torre del Cerrano – Pineto (Te) – Foto Leo De Rocco
L’antica Hatria, da cui secondo lo storico Paolo Diacono (Cividale del Friuli 720 – Montecassino 799) deriverebbe il nome del mare Adriatico, era dunque un centro importantissimo per i romani. Ai tempi di Adriano qui arrivava da Roma la Via Cecilia, fatta costruire dall’imperatore Claudio, un distaccamento dalla Via Salaria (nella zona di Rieti) che univa il Tirreno con l’Adriatico nei centri di Castrum Novum (l’attuale Giulianova) e appunto Hatria. Qui i romani costruirono anche un porto, scoperto solo nel 1982 e rimasto ancora in gran parte inesplorato perché immerso nei fondali del Parco Marino Torre di Cerrano.
In questi fondali è stato scoperto un molo a forma di “elle” insieme a colonne e lastroni in pietra d’Istria, oltretutto la stessa pietra che fu usata per costruire il Duomo di Atri. Recentemente, durante alcuni lavori di manutenzione stradale tra Atri e Roseto degli Abruzzi, alcuni operai hanno rinvenuto un mosaico romano, una ennesima testimonianza che la zona era per i romani una delle più importanti sul versante Adriatico.
Atri – mosaici di epoca romana – Foto Leo De Rocco
Atri – mosaici di epoca romana – Foto Leo De Rocco
Atri – mosaici di epoca romana – Foto Leo De Rocco
Atri, Corso Adriano, in fondo la torre del Palazzo Ducale – Foto Leo De Rocco
Atri, Palazzo Ducale – Foto Leo De Rocco
Atri, Palazzo Ducale – Foto Leo De Rocco
Atri, Palazzo Ducale, Giovanni dalle Bande Nere sulla volta di un salone – Foto Leo De Rocco
Atri, chiostro Palazzo Ducale – Foto Leo De Rocco
Atri – Palazzo Ducale, pozzo quattrocentesco – Foto Leo De Rocco
Palazzo Ducale Atri, dettaglio decorazioni ottocentesche con richiami all’India in onore di Rodolfo d’Acquaviva missionario e martire nel 1583 in India – foto Leo De Rocco – Nella sala consiliare il soffitto è affrescato con scene della celebre “Disfida di Barletta”.
Atri, chiesa di San Francesco – Foto Leo De Rocco
Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Atri – Chiesa e Monastero di Santa Chiara – Foto Leo De Rocco
Non lontano dal centro storico (vicino Porta Macelli) c’è una antica filanda (visitabile). Le filande furono costruite tra l’800 e il ‘900 per consentire la lavorazione della lana che i pastori trasportavano qui dopo la Transumanza. – Foto Leo De Rocco
Atri – antica filanda – Foto Leo De Rocco
Atri – panorama con le montagne al confine con le Marche: Monti Gemelli, Montagna dei Fiori e Montagna di Campli – Foto Leo De Rocco
Atri città ricca di storia, ma anche scrigno di importanti monumenti e opere d’arte, come il monastero delle Clarisse con l’attigua chiesa dedicata a Santa Chiara, un gioiellino barocco, importante testimonianza del francescanesimo in Abruzzo. Atri diede i natali a frate Filippo Longo, amico e discepolo di San Francesco d’Assisi. Fu frate Filippo a fondare qui ad Atri un convento francescano e ad aiutare due clarisse compagne di Santa Chiara nella realizzazione del loro desiderio di fondare ad Atri un monastero dedicato a Santa Chiara. Il monastero atriano sorto nel XIII secolo, fu in seguito ristrutturato dai duchi di Atri nel XVI secolo.
Atri – Chiesa di Santa Chiara – Foto Leo De Rocco
Atri – Chiesa di Santa Chiara – Foto Leo De Rocco
Atri Chiesa di Santa Chiara – Foto Leo De Rocco
Atri – Chiesa di Santa Chiara – Foto Leo De Rocco
Atri – Chiesa di Santa Chiara – Foto Leo De Rocco
Atri – Chiesa di Santa Chiara – Foto Leo De Rocco
La bella cittadina ospita anche uno dei più antichi Musei Capitolari d’Italia (1912). Al suo interno è allestita una interessante collezione distribuita in nove sale nelle quali si possono ammirare le Ceramiche di Castelli, (donazione Bindi), una dolce Madonna con Bambino in terracotta invetriata, attribuita al fiorentino Luca della Robbia; due preziose tavole tavole del ‘500 corredate da cornici originali e raffiguranti rispettivamente la Natività e la Flagellazione (2); una rara collezione di antichi icunamboli e manoscritti; fino ad una collezione di oggetti di oreficeria sacra. Notevole il reliquiario in cristallo di rocca di scuola veneziana del XII sec.
La presenza nella collezione museale dell’antico messale dei duchi d’Acquaviva è una straordinaria testimonianza storica e artistica per la città, in quanto nelle varie epoche le opere dei duchi, i loro preziosi archivi e le loro residenze furono depredate, saccheggiate o distrutte durante le occupazioni straniere con le varie dominazioni francese, spagnola e austriaca.

Polittico, sec. XV, legno scolpito, intagliato, policromato, dorato – Museo Capitolare Atri
Atri – Museo Capitolare – Madonna con Bambino, maiolica invetriata, 1470 – Luca della Robbia (attribuito) – Foto Leo De Rocco copyright
Atri – Museo Capitolare – Arte veneziana, Croce reliquiario in cristallo di rocca e argento dorato, sec. XIII, dettaglio
Dettaglio del Messale miniato dei Duchi d’Acquaviva, XV sec. Museo Capitolare Atri – Foto Leo De Rocco copyright
Dettaglio del Messale miniato dei Duchi d’Aquaviva, XV sec. Museo Capitolare Atri – Foto Leo De Rocco copyright
Atri – portale di Sant’Agostino uno dei più importanti esempi di tardo romanico abruzzese – Foto Leo De Rocco
Dettaglio del portale di Sant’Agostino – Atri – Foto Leo De Rocco
Dettaglio del portale di Sant’Agostino – Atri – Foto Leo De Rocco
Molte opere presenti nel museo e gran parte delle opere pittoriche e scultoree presenti ad Atri, come gli affreschi di Andrea de Litio o il bel portale della Chiesa di Sant’Agostino (foto sopra) sono arrivati fino a noi grazie anche al mecenatismo e alla committenza dei Duchi di Acquaviva, una delle sette grandi casate del Regno di Napoli, imparentati con i Gonzaga, e potenti signori del ducato di Atri.
Furono gli Acquaviva a chiamare a corte Andrea de Litio (Lecce dei Marsi, 1420 – Atri, 1495), anche riportato come Delitio o de Litio, così si firma nel San Cristoforo sul porticato della collegiata di Santa Maria a Guardiagrele, uno dei più grandi artisti del Rinascimento abruzzese. Prima di entrare nel Duomo visitiamo la vicina chiesa di Santa Reparata.
Atri – portale della Chiesa di Santa Reparata – Foto Leo De Rocco
Città del Vaticano, Basilica di San Pietro, Baldacchino del Bernini – Foto di Rino Lapenna per Sindrome di Stendhal, WordPress
Chiesa di Santa Reparata, baldacchino di Carlo Riccione – Atri – foto Leo De Rocco copyright
Collegata al Duomo, quasi fosse una sua prosecuzione, scopro la chiesa di Santa Reparata. Mi incuriosisce questa chiesa perché all’interno è conservato un baldacchino del ‘600 in legno di noce, che ricorda il celebre baldacchino che Gian Lorenzo Bernini realizzò per l’altare di San Pietro (foto sopra). In effetti Bernini c’entra perché facendo alcune ricerche scopro che l’autore del baldacchino di Atri è un certo Carlo Riccione, che fu (appunto) allievo del più importante scultore italiano del barocco.
Carlo Riccione, vissuto nel ‘600, era originario di un paese della montagna abruzzese, Fano Adriano, ai piedi del Gran Sasso. Di origini umili, il padre faceva il boscaiolo, Carlo quegli alberi tagliati dal padre voleva invece scolpirli per questo giovanissimo se ne andò a Roma per incontrare il grande Bernini, chissà forse portò con se alcune piccole sculture in legno che realizzò per dimostrare il suo talento e così poter accedere nella prestigiosa bottega berniniana, fatto sta che non solo conobbe Bernini ma divenne il suo allievo preferito.
Il nostro Carlo ammirava a tal punto il famoso baldacchino in bronzo che domina l’altare della Basilica di San Pietro che al suo ritorno in Abruzzo pensò di dimostrare la sua bravura riproducendone uno, ovviamente di dimensioni ridotte, per la chiesa di Santa Reparata, rivelando così un’abilissima tecnica.
Il citato Museo Capitolare custodisce anche due grandi armadi in noce, scolpiti con figure di sante, opera di Carlo Riccione, il quale non fu il solo abruzzese che lavorò con Bernini, prima di lui Giovanni Canale, di Pescina, fu chiamato da Bernini nella sua bottega all’epoca impegnata nella realizzazione della Cattedra di San Pietro, nella Basilica vaticana.
Pescina – il portale romanico della chiesa di Sant’Antonio da Padova con le decorazioni eseguite nel 1640 da Giovanni Canale – Foto Leo De Rocco
In particolare Giovanni Canali collaborò alla realizzazione delle quattro grandi statue dei Santi (i quattro dottori della Chiesa) che si trovano alla base del trono di Pietro. Inoltre l’artista marsicano figura nella bottega berniniana durante la costruzione del Colonnato del Bernini, simbolo architettonico di Piazza San Pietro. Anche Giovanni Canali quando tornò in Abruzzo lasciò una testimonianza della sua arte, la bella facciata della chiesa di Sant’Antonio da Padova (nella sua epoca dedicata a San Francesco) a Pescina, è opera sua. (Foto sopra)
Atri – Il Duomo avvolto nella nebbia, in lontananza la Chiesa di Santa Reparata – Foto Leo De Rocco
Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Duomo di Atri, dettaglio – Foto Leo De Rocco
Atri – Portale nord, dettaglio – Foto Leo De Rocco
Atri – Portale principale, realizzato da Rainaldo d’Atri e Raimondo del Poggio – Foto Leo De Rocco
Il Duomo è un capolavoro architettonico della Scuola di Atri, costruito tra il 1264 e gli inizi del ‘300 (l’ottagono del campanile fu posto nel ‘500) da Rainaldo d’Atri e Raimondo di Poggio, autori anche dei portali. Una delle quattro porte è una Porta Santa aperta per otto giorni ai fedeli e turisti ogni anno il 14 agosto. Oltre a quelle di Roma le Porte Sante si trovano: due in Abruzzo, questa di Atri e quella più conosciuta perché legata alla Perdonanza Celestiniana, della Basilica di Collemaggio, e due all’estero, una a Santiago di Compostela e una in Canada, a Quebec.
Atri – duomo, Porta Santa – Foto Leo De Rocco
Atri – dettaglio Porta Santa – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo, uno dei quattro portali – Foto Leo De Rocco
Atri – dettaglio portale est – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo, uno dei quattro portali – Foto Leo De Rocco
Atri – dettaglio portale lato est – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo, chiostro e pozzo cinquecentesco – Foto Leo De Rocco
Atri – dettaglio del chiostro – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Andrea de Litio e il Duomo di Atri
Andrea de Litio viaggiò molto nel corso della sua vita, non appena adolescente lo troviamo già nella Firenze del primo Rinascimento, qui entrò in contatto con la cerchia artistica del Masaccio, nella quale faceva parte anche l’altro abruzzese Giovenale da Celano; poi fu alle Corti di Ferrara e Mantova, quindi a Venezia dove conobbe Jacopo Bellini e in Umbria, ormai già famoso e con il titolo di Magister gli venne commissionato gli affreschi nella Chiesa di Sant’Agostino a Norcia.
La fama del Magister abruzzese arrivò anche nella Roma pontificia, un dipinto raffigurante San Pietro che l’artista abruzzese eseguì nel 1445 per la città di Roma è “ufficialmente perduto”, forse si trova nella collezione non pubblica, quindi nei depositi dei Musei Vaticani. (Purtroppo comunicare con gli uffici vaticani preposti è un’impresa… quindi per ora non sono in grado di fornire ulteriori informazioni su questo dipinto.)
Sempre nel 1445 l’artista è chiamato ad Atri alla corte dei citati duchi e mecenati di Acquaviva. Nella cittadina abruzzese il nostro Andrea aprirà bottega e, seppur intervallando la sua permanenza con diversi viaggi, vi abiterà per diversi anni.
Stemma nobiliare dei Duchi d’Acquaviva committenti di Andrea de Litio, Atri, affreschi del Duomo – foto Leo De Rocco
Duomo di Atri – foto Leo De Rocco – copyright
Nel 1450 l’artista è di nuovo a Firenze dove collabora con alcuni importanti artisti, suoi contemporanei: Piero della Francesca, Beato Angelico, Domenico Veneziano. Purtroppo non è possibile mostrare le immagini delle opere che l’artista abruzzese eseguì in questo periodo perché le stesse fanno parte di collezioni private.
Nel 1460 gli viene commissionato, dal duca Andrea Matteo III e dal vescovo di Atri, un’opera colossale che diventerà il suo capolavoro: i citati affreschi nel Duomo di Atri, Basilica di Santa Maria Assunta, uno dei più importanti cicli di affreschi dell’arte rinascimentale dell’Italia centrale e meridionale. L’opera fu eseguita da Andrea in due fasi: dal 1460 al 1470 e dal 1480 al 1481, in totale sono presenti 101 pannelli affrescati dedicati alla vita di Maria e Gesù.
Gli episodi sono: Cacciata di Gioacchino dal Tempio; Gioacchino tra i pastori; Gioacchino e Anna sotto la Porta Aurea; Nascita della Vergine; Presentazione di Maria al Tempio; Maria nel Tempio; Sposalizio della Vergine; Annunciazione; Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta; Natività; Adorazione dei Magi; Fuga in Egitto; Strage degli Innocenti; Gesù nel Tempio; Nozze di Cana; Battesimo di Gesù; Maria e gli Apostoli; Sepoltura della Vergine; Resurrezione di Cristo; Incoronazione della Vergine.
Questi affreschi come una mappa ci raccontano anche la storia di Atri: il suo passato di città ducale, con lo stemma dei duchi d’Acquaviva; i giovani che fanno festa la notte Santa che ricordano la Notte dei Faugni; fino alle colline argillose che si intravedono in una scena, dove un tempo si raccoglieva la liquirizia, che ricordano i calanchi di Atri, e la secolare lavorazione della liquirizia prodotta ad Atri. (In questo blog “Il mare pietrificato. La Riserva Naturale dei Calanchi” e “La Notte dei Faugni).
Nei dettaglio di una scena sono rappresentate anche alcune donne del popolo con i loro canestri portati con disinvoltura sul capo, tipico nelle donne abruzzesi e centro-meridionali fino alla metà del secolo scorso. (Foto sotto).
Scena della Visitazione di Andrea De Litio, in secondo piano a sinistra si riconoscono i calanchi di Atri – Foto Leo De Rocco
Scene di vita quotidiana nei rinascimentali affreschi del Duomo di Atri, le donne con i canestri – Foto Leo De Rocco
Nella scena della Natività in lontananza i giovani che fanno festa, ricordano la festa dell Notte dei Faugni – Foto Leo De Rocco
Curioso il gruppo di cortigiani che banchetta attorno ad un tavolo magicamente sospeso nel vuoto (foto sotto). Per alcuni sarebbe una dimenticanza dell’autore, ma non credo, a mio avviso in questo dettaglio, in cui l’autore rievoca in chiave rinascimentale il celebre banchetto delle Nozze di Cana, la mancanza dei piedi al tavolo potrebbe significare proprio la volontà di rimarcare in maniera originale l’evento miracoloso che sta per compiersi: l’equilibrio e l’armonia tra gli sposi e i convitati è tradotto dall’artista nel perfetto equilibrio del tavolo, miracolosamente sospeso nel vuoto.
Duomo di Atri – dettaglio delle Nozze di Cana, ciclo di affreschi di Andrea de Litio – Foto Leo De Rocco
La lettura inizia dalla volta, nelle quattro vele troviamo i Dottori della Chiesa, gli Evangelisti e le Virtù Teologali e Cardinali, in particolare segnalo San Luca mentre ritrae (fu il primo) la Madonna con il bambino, probabilmente questo è l’autoritratto di Andrea de Litio. Tra i personaggi affrescati dovrebbe esserci anche il committente, il duca d’Acquaviva Andrea Matteo III.
Condottiero ma anche uomo colto, scrittore, amico del poeta Jacopo Sannazaro, il duca Andrea Matteo III fu tra i docenti di una delle prime Accademie delle arti, scienze e lettere d’Europa, l’Accademia Pontaniana, fondata nel 1458 nel Regno di Napoli. Figlio di Giulio Antonio I d’Acquaviva duca di Atri e di Teramo, ma anche di Castrum San Flaviano, la piccola roccaforte sul mare che Giulio Antonio rifondò dopo la Battaglia del Tordino, creando nel 1472 una delle prime città rinascimentali italiane nel suo significato di “città ideale”: Giulianova. (Vi consiglio su Raiplay il bel documentario “Giulianova, prima città ideale del Rinascimento”, Rai Storia).
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Sono tante le opere di Andrea de Litio andate perdute, rubate o misteriosamente sparite, poi riapparse in un museo, in qualche collezione privata o in una fondazione.
Come la rara tempera su tela che ritraeva il duca Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona: perduta; o le quattro tavolette raffiguranti la storia di San Silvestro papa: rubate, (queste ultime per fortuna ritrovate dopo oltre 10 anni).
Frammento di un Polittico, La Vergine Annunciata, 1445, Andrea de Litio – Metropolitan Museum New York
Chissà quale storia rocambolesca si cela dietro il frammento in tempera e foglia oro che oggi si trova nella collezione del Metropolitan Museum di New York (foto sopra). Il prezioso frammento faceva parte di un polittico, che l’artista abruzzese dipinse nel 1450, ma l’opera fu smembrata per essere rivenduta sul mercato. Dagli archivi del Metropolitan risulta che l’opera era di proprietà dei marchesi Dragonetti de Torres dell’Aquila, da questi fu poi venduta nell’800 all’antiquario Grassi di Firenze che a sua volta la vendette al banchiere americano Philip Lehman che nel ‘900 lo cedette al Museo newyorchese,
Per fortuna ci sono anche alcune storie a lieto fine, come la preziosa pala d’altare che nel ‘400 i Duchi Acquaviva commissionarono ad Andrea De Litio per la chiesa di San Silvestro papa a Mutignano, un bel paese immerso nel verde tra le dolci colline teramane, raggiungibile facilmente e in poco tempo da Atri. Parte dell’opera (le tavolette laterali) fu rubata nel 2006, ma grazie al nucleo investigativo dei Carabinieri l’opera è stata recuperata ed è ora super protetta da un sofisticato sistema di allarme e da un servizio di sorveglianza.
Mutignano – Chiesa di San Silvestro papa – Foto Leo De Rocco
Mutignano, Chiesa di San Silvestro papa – Pala d’altare di San Silvestro papa, Andrea De Litio – Foto Leo De Rocco
Mutignano, Chiesa di San Silvestro papa – dettaglio della pala d’altare di Andrea de Litio: papa Silvestro I con il Triregno – Foto Leo De Rocco
Mutignano, Chiesa di San Silvestro papa – dettaglio della pala d’altare di Andrea de Litio: papa Silvestro I battezza l’imperatore Costantino – Foto Leo De Rocco
Mutignano, Chiesa di San Silvestro papa – dettaglio della pala d’altare di Andrea de Litio: papa Silvestro I e il drago – Foto Leo De Rocco
La bella Chiesa di San Silvestro papa a Mutignano conserva anche una copia seicentesca della Madonna Bridgewater di Raffaello – Foto Leo De Rocco
Mutignano – Chiesa di San Silvestro papa, i battenti del portale furono donati dai Duchi Acquaviva. Mutignano (e quasi tutta la provincia teramama) faceva parte, dalla fine del ‘300 fino alla prima metà del ‘700, del Ducato degli Acquaviva la cui capitale era Atri – Foto Leo De Rocco
Atri (in lontananza) vista da Mutignano – Foto Leo De Rocco
Colline tra Atri, Mutignano e Pineto – Foto Leo De Rocco
Madonna con Bambino e Santi – trittico, tempera a foglia oro su tavola, 1444, Andrea De Litio – The Walters Art Museum, Baltimora USA
La figura di Andrea de Litio è stata solo in anni recenti riscoperta e rivalutata da parte di alcuni studiosi (mi riferisco a quelli fuori regione). Un destino, quello del Magister nato nella Marsica ma atriano di adozione, spesso condiviso con altri artisti abruzzesi, ingiustamente considerati artisti “di periferia”, come l’aquilano Saturnino Gatti, altro importante artista solo recentemente collocato tra i più significativi artisti del Rinascimento grazie soprattutto agli studi del professore Ferdinando Bologna. (In questo blog: “Saturnino Gatti, il Rinascimento abruzzese”)
Chiesa di Santa Maria in Lago, Moscufo (Pe) – Madonna con Bambino, Andrea De Litio, 1465c. dettaglio – Forse faceva parte di un trittico andato in parte disperso. La tavola ha subìto rimaneggiamenti in passato, ma conserva la bellezza e lo stile di Andrea De Litio
Andrea De Litio, Madonna Cese, 1439c – Museo Arte Sacra della Marsica, Castello di Celano – Foto Leo De Rocco
Nel Duomo di Atri, dichiarato monumento nazionale, gli affreschi di Andrea de Litio oggi richiamano studiosi e turisti, ma al suo interno ci sono altri affreschi e opere altrettanto interessanti.
La nobile famiglia milanese degli Arlini, stabilitasi ad Atri nel XVI secolo per dedicarsi all’allora diffusa lavorazione della seta, fece costruire un altare detto “Cappella Arlini”, ben riconoscibile con la sua sfavillante doratura barocca.
Atri – Duomo, Cappella Arlini, 1618 , la pala d’altare, con la Liberazione delle Anime dal Purgatorio, è di Scuola napoletana – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo, altare Duchi d’Acquaviva, 1503, tela del ‘600 – Foto Leo De Rocco
Vicino all’altare Arlini, sempre sulla navata sinistra, trovo uno splendido battistero in stile fiorentino. Viene indicato come uno dei primi esempi di arte rinascimentale in Abruzzo, ma nello stesso periodo Silvestro dell’Aquila stava rifinendo un capolavoro rinascimentale non solo abruzzese ma italiano: il Mausoleo di San Bernardino, a L’Aquila. Il battistero di Atri è opera del lombardo Paolo De Garviis (1503), è in marmo bianco, intagli e motivi floreali ornano il fonte battesimale e le quattro colonne.
Sulla navata opposta noto un secondo altare nobiliare, questa volta dedicato ai duchi di Acquaviva, lo stile è sempre riconducibile alla scuola fiorentina. A proposito della nobile famiglia ducale fu Isabella Piccolomini, moglie del settimo duca di Atri, il citato Andrea Matteo III di Acquaviva, a donare al Duomo il battistero, per grazia ricevuta in quanto il marito partecipando alla Congiura dei Baroni (contro gli Aragonesi) fu incarcerato, ma perdonato da Ferdinando I d’Aragona re di Napoli, detto don Ferrante, fu liberato. La famiglia della duchessa Piccolomini, originaria della Toscana, era imparentata con i baroni Piccolomini, i quali furono marchesi di Capestrano dopo i Conti di Celano e prima dell’arrivo in Abruzzo dei Medici di Firenze. (In questo blog: “Celano, tra storia e leggenda”)
Atri – Duomo, battistero, 1503 – Foto Leo De Rocco
Battistero, dettaglio – Duomo di Atri – foto Leo De Rocco
Osservando da vicino i dettagli del battistero scopro una lumaca (foto sopra) nascosta tra le decorazioni di una colonna. Che ci fa li una lumaca? Forse simboleggia l’ascesa terrena verso l’Altissimo, che è lenta e piena di ostacoli? Sarà una coincidenza, ma tra le scultore presenti sul portale della chiesa di Sant’Agostino è nascosta anche lì una lumaca.
Si racconta che l’autore del portale, un certo Matteo da Napoli, soprannominato dagli atriani “ciammaica” (lumaca) perché troppo lento, decise al termine dei lavori di firmarsi scherzosamente con una lumaca. Ma allora anche Paolo De Garvis, l’autore del battistero, era una “ciammaica”? Chissà. Ecco il dettaglio con la lumaca di Matteo da Napoli, divertitevi a scoprire dove si trova.

Dettaglio del portale della Chiesa di Sant’Agostino, Atri – foto Leo De Rocco
Duomo di Atri, tabernacolo ligneo settecentesco, opera di intagliatori di Rivisondoli, i piccoli dipinti sono del ‘500 – foto Leo De Rocco

L’Acquasantiera “Trucculette” Duomo di Atri – foto Leo De Rocco
Un curioso aneddoto accompagna la cinquecentesca acquasantiera che raffigura una donna atriana scalza e in abito tradizionale. La tradizione locale racconta che la donna, soprannominata nel dialetto locale la trucculette (traduzione: donna di bassa statura), anticamente portava un fiore nella mano destra, ma questo dettaglio, unitamente alla scollatura della statua, furono considerati dal vescovo troppo “sensuali”, per questo le fu tolto il fiore e cancellato il viso.
Trinità con tre volti – Antonio Martini da Atri – Duomo di Atri – foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Affreschi di Andrea de Litio nel Duomo di Atri – Foto Leo De Rocco
Atri – Duomo – Foto Leo De Rocco
Duomo di Atri – Madonna d’alto mare, 1475, Andrea de Litio – Foto Leo De Rocco
L’interno del Duomo di Atri un tempo era interamente ricoperto di affreschi: colonne, pareti e navate erano tutte affrescate da autori diversi e in epoche differenti, tra gli autori ricordiamo: il Maestro di Offida, probabilmente identificabile con Luca d’Atri, Andrea da Bologna, Antonio Martini da Atri.
A seguito della peste del 1656, per evitare il contagio, questi affreschi furono coperti da intonaco, per questo solo in parte sono arrivati sino a noi. Interessante l’iconografia della Trinità con tre volti, (foto sopra) opera trecentesca di Antonio Martini da Atri. La Trinità anticamente veniva rappresentata con tre volti, ma dal Cinquecento e, soprattutto dal Seicento sotto il papato di Innocenzo XII, tale raffigurazione fu vietata e tutte le opere distrutte, solo pochissime opere si salvarono, alcune ubicate in remote chiese, soprattutto di montagna, e questa ad Atri, (grazie all’intonaco che la ricopriva). Pregiata anche la Madonna d’alto mare (foto sopra) dipinta da de Litio nel 1475 sulla parete della navata sinistra.
Duomo di Atri – resti dei mosaici delle terme romane – Foto Leo De Rocco
Duomo di Atri, mosaici romani ai piedi degli affreschi di Andrea De Litio – foto Leo De Rocco copyright
Ai piedi degli affreschi di Andrea De Litio, precisamente sotto il pavimento dove è ubicato l’altare del Duomo, sono stati scoperti alcuni mosaici raffiguranti pesci e delfini di epoca romana, oggi resi visibili attraverso ampie vetrate calpestabili.
Prima della costruzione dell’attuale Duomo sul luogo sorgeva un tempio dedicato ad Ercole, successivamente i romani costruirono una domus e le terme.
Troviamo quindi fianco a fianco i mosaici di epoca romana e gli affreschi rinascimentali: un sottile fil rouge unisce l’imperatore Adriano con l’opera di Andrea De Litio, l’arte e la storia di Atri raccontati in un originale e straordinario scenario.

Una delle foto che scattai per questo reportage sulla prima pagina del mensile “Medioevo Dossier”
Leo De Rocco
Articolo aggiornato a luglio 2022
Copyright – All rights reserved – è vietato dalla legge e dalle norme vigenti l’uso, anche solo parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta: derocco.leo@gmail.com – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note/Fonti: 1) da Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, Einaudi 2005; 2) l’attribuzione delle tavole è stata oggetto di dibattito tra gli studiosi: dopo una prima attribuzione a Luca Signorelli e al Perugino, le opere furono attribuite all’abruzzese Cola di Amatrice (Bernard Berenson); 3) per un approfondimento vedi in questo blog Saturnino Gatti e il Rinascimento abruzzese (luglio 2015) – Foto (compreso copertina) Leo De Rocco: Atri, ottobre e novembre 2015; Pineto, novembre 2015 – Ringraziamenti: Andrea de Carlo, traduttore e docente di letteratura; Francesco Ferretti, studente di Atri.
Francobollo del 1977 dedicato a Andrea de Litio, collezione privata