Introduzione
La Riserva Naturale dei Calanchi di Atri è caratterizzata da uno dei paesaggi più suggestivi delle colline abruzzesi: un anfiteatro di argille millenarie modellate dalla natura, visibile persino in alcuni dettagli degli affreschi quattrocenteschi nel Duomo di Atri.
In queste colline si intrecciano arte, storia e tradizioni popolari. Qui i monaci iniziarono secoli fa la lavorazione della liquirizia, e antiche leggende si diffusero attorno alla “Pietra di San Paolo”, posta al centro della Riserva.
Tra scienza e mito, storia e memoria personale, questo articolo è un viaggio dentro una riserva naturale unica e dentro i ricordi di chi è cresciuto tra le colline, imparando dalla natura il valore del tempo e degli antichi saperi.
La Riserva Naturale dei Calanchi di Atri
Rimasi quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti, senza che nulla si frapponesse allo sguardo, l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco […] Mi pareva di essere sul tetto del mondo, o sulla tolda di una nave, ancorata su un mare pietrificato. Carlo Levi (1)

Scafa, Parco del Lavino – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
In Abruzzo le bellezze naturali spesso sprigionano atmosfere magiche. Come nel Parco del Lavino, dove le sorgenti sulfuree tingono l’acqua di azzurro, turchese e verde smeraldo. Anche il luogo che visiteremo oggi ha qualcosa di straordinario: si trova vicino Atri, una delle città d’arte più belle della regione, celebre per il ciclo di affreschi nel Duomo, opera di Andrea de Litio (Lecce nei Marsi, 1420c. – Atri, 1495c.).
Tra quelle pitture, che narrano episodi della vita di Gesù e di Maria, compaiono riferimenti alle tradizioni e al paesaggio dell’antica città ducale. Nel pannello della Visitazione, dedicato all’incontro tra Maria ed Elisabetta, sullo sfondo si riconoscono i calanchi: le spettacolari formazioni argillose che si ammirano percorrendo la strada che dal mare di Silvi Marina sale verso Atri.
La Riserva Naturale dei Calanchi è uno di quei luoghi in cui il paesaggio trasforma la semplice osservazione in contemplazione. I monumenti d’argilla e sabbia formano incantevoli arabeschi, e quando la luce del tramonto li accarezza sembrano diventare dorati.
Antichi sedimenti marini
Come si sono formati questi calanchi? Le guide del parco mi spiegano che circa due milioni di anni fa le onde dell’Adriatico lambivano il Gran Sasso e la Maiella. Il mare era più arretrato verso l’interno. Con il sollevamento della catena appenninica, i terreni argillosi furono trasportati in mare dalle valli profonde, mentre i depositi argillosi più consistenti diedero vita alla fascia collinare abruzzese-marchigiana. Studi recenti condotti da geolgi e scienziati hanno permesso di individuare calanchi anche su Marte, segno che l’acqua era presente anche sul pianeta rosso.
I calanchi di Atri sono dunque il risultato di antichi sedimenti marini composti da argille azzurre e sabbie. I numerosi fossili marini qui rinvenuti, insieme alla storia geologica, rendono ancora più affascinante questo luogo, che appare come un mare pietrificato.
La Riserva, annoverata tra le Oasi WWF e nel Site of Community Importance, ha come simbolo l’istrice, una simpatica mascotte che condivide il parco con molti animali: gufi, gheppi, barbagianni, civette, volpi, tassi, lepri e faine, oltre a numerose specie di farfalle. Ricca anche la flora: capperi, ginestre, tamerici, biancospini e soprattutto la liquirizia, una radice aromatica che qui ad Atri ha fatto storia.
La Liquirizia di Atri
La radice della liquirizia è conosciuta sin dall’antichità: è documentata già dagli egizi, dai cinesi e dai greci. Per l’antica medicina cinese e la tradizione indiana aveva un effetto quasi “divino”. Nei testi di medicina di Ippocrate, V sec. a. C., considerato il padre della medicina, la liquirizia veniva prescritta per le infezioni respiratorie, i disturbi e la cicatrizzazione.
Nel Medioevo il suo uso si diffuse anche in Europa grazie ai frati domenicani. Un documento del 1300, il Patent of Pontage di Edoardo I d’Inghilterra, registra il passaggio di casse contenenti liquirizia sul ponte del Tamigi. Nelle corti italiane i cavalieri dedicavano alle dame questo romantico ritornello:
L’amore è un sogno, dolce come il latte e la liquirizia.
In Abruzzo, i frati domenicani raccoglievano le radici sulle colline atriane e le lavoravano all’interno di un antico monastero, dove oggi sorge un hotel. Una volta preparata, veniva conservata nella spezieria del convento: una delle prime forme di farmacia.
Dalle sapienti mani dei monaci alle macchine industriali
Nel 1809, a Giulianova, nacque una piccola fabbrica per la produzione di liquirizia. Con lo sviluppo dell’industrializzazione l’attività fu proseguita dalla famiglia De Rosa (in seguito Menozzi-De Rosa), che nel 1836, dopo aver rilevato la lavorazione dai monaci domenicani, la potenziò. Qui, sulle colline argillose che offrono le condizioni ideali alla crescita della radice, la produzione divenne sempre più importante, e così le richieste di liquirizia ai De Rosa arrivavano non solo dall’Italia, ma anche dall’estero.
Lo storico stabilimento fondato dal Cavaliere del Lavoro De Rosa nell’ex monastero domenicano si chiamava “Fabbrica di Sugo di Liquirizia” e mantenne l’esclusiva fino al 1922. Dopo vari avvicendamenti, nel 1950 l’imprenditore Aurelio Menozzi acquisì la fabbrica, nacque così la “Menozzi De Rosa 1836 srl”. La produzione della liquirizia nei locali dell’ex convento proseguì fino al 2004, per poi trasferirsi in un nuovo opificio, costruito con le più moderne tecnologie e nel rispetto dell’ambiente.
Nonostante l’evoluzione industriale, il processo produttivo segue ancora gli insegnamenti tramandati dai domenicani. L’estrazione della liquirizia avviene ancora mediante l’ebollizione delle radici sfibrate in acqua calda, a cui segue l’essiccazione per ottenere la brillante pasta filante. Un metodo artigianale che garantisce purezza e qualità, come un tempo.
Anche le famose caramelle Tabù, riconoscibili dalla iconica scatola di latta e dall’accattivante jingle pubblicitario, sono prodotti Menozzi-De Rosa (2).
La nascita della SAILA
Nel 1937, da una costola della Menozzi-De Rosa, nacque a Silvi Marina il famoso marchio SAILA, acronimo di “Società Anonima Italiana Liquirizia e Affini”. La sede era nell’ex Palazzo Kursal e a fondarla furono Aurelio Menozzi e Angelo Barabaschi.
Con il tempo e l’evoluzione dei gusti e delle mode, la lavorazione della liquirizia abruzzese si è adeguata. Oltre alla produzione tradizionale, sono nate nuove linee che spaziano dai liquori alle creme, dai gelati alla farmaceutica. Tutti prodotti Menozzi-De Rosa, richiesti dai turisti che visitano il centro storico di Atri tra negozi dal sapore retrò.
Le proprietà e i benefici della liquirizia sono numerosi. Il nome deriva dal greco glycyrrhiza, che significa dolce-radice. Il suo principio attivo:
▪︎ ha proprietà antinfiammatorie,
▪︎ favorisce la digestione
▪︎ lenisce la tosse.
È inoltre una fonte naturale di vitamine e minerali del gruppo “B”. Come per ogni alimento, è bene non abusarne: l’agenzia statunitense Food and drug Agency (FDA) consiglia di non superare 5,7 grammi di liquirizia al giorno per due settimane o più; mentre il quantitativo consigliato dai medici italiani va da 2 ai 5 grammi al giorno. Il consumo di liquirizia, soprattutto se continuativo, è controindicato per chi soffre di ipertensione.
In Italia le uniche regioni che producono la liquirizia sono l’Abruzzo e soprattutto la Calabria, importanti realtà industriali, uniche in Europa, con radici profondamente legate al territorio.
Lezioni tra le colline
Mentre passeggio tra i sentieri della Riserva dei Calanchi, ammirando il paesaggio e immaginando i tempi antichi – quando i monaci raggiungevano a piedi o in groppa ai muli questi luoghi, per raccogliere all’alba le radici della liquirizia – raffiorano i miei ricordi d’infanzia, quando uno dei passatempi di noi bambini vissuti prima dell’era dei cellulari e dei social, era esplorare le colline. Nel mio caso erano quelle vicino a Chieti, dove andavano proprio in cerca delle deliziose radici di liquirizia.
Erano giornate spensierate, a contatto con la natura, attenti all’osservazione e alla scoperta del paesaggio. Spesso mi accompagnavano mia nonna o mia madre. Mi insegnavano a riconoscere le piante spontanee e le loro proprietà. Oltre alla liquirizia, mia nonna, che era di origine contadina, raccoglieva “li cacign'” (il crespigno): “fa bene al fegato”, diceva. Indicandomi la malva, aggiungeva: “quella fa bene alle donne incinte”.
I fiori di camomilla venivano messi ad essiccare al sole per giorni, insieme ai fichi – i cosiddetti caracini (fichi secchi) – “danno energia, si mangiano quando farà freddo”. I fiori di lavanda, invece, li riponeva in piccoli sacchetti di stoffa: “servono per profumare gli armadi e la biancheria”. Ai miei occhi di bambino curioso comparivano piante misteriose, dai colori accesi, a forma di grappolo: “quelle le mangiano i serpenti, non ti avvicinare mai!”, mi raccomandava con tono severo. Si trattava in effetti di una pianta venelosa.
“Ogni pianta parla”, diceva, “basta imparare ad ascoltarla.” Mi insegnava a riconoscere l’odore della menta selvatica strofinando le dita, la delicatezza della malva e la forza del rosmarino. Io ascoltavo incantato, con la consapevolezza che in quelle parole ci fosse un sapere antico e prezioso. Oggi, passeggiando tra i sentieri delle colline, mi sembra di sentire ancora le voci di mia madre e di mia nonna. Sono luoghi dove la natura e l’amore hanno intrecciato per sempre la mia memoria.
La Pietra di San Paolo
Mentre cammino tra i sentieri della riserva, ancora immerso nei ricordi d’infanzia, cattura la mia attenzione una pietra dalla forma curiosa, custodita dentro una piccola edicola votiva. Gli atriani la chiamano “Pietra di San Paolo”. È un monolite bianco che emerge dal terreno; a prima vista ricorda la base di un’antica colonna.
Secondo la tradizione cristiana, l’apostolo Paolo di Tarso fu decapitato nel 67 d.C., sotto l’impero di Nerone, proprio su una pietra. Da qui nasce l’associazione tra questo masso e il santo. La leggenda popolare racconta che la pietra del martirio sia stata trasportata da Roma fino alle colline di Atri: da allora è venerata dalla popolazione locale in quanto ritenuta miracolosa.
In passato i bambini di Atri, persino dei paesi vicini, venivano condotti qui in processione quando inappetenti o affetti da deperimento. Si credeva che la causa fosse un maleficio prodotto da una strega. Il bambino veniva posto nudo sulla pietra e lavato con il vino; poi gli veniva offerto del cibo come buon auspicio. Terminato il rito, veniva rivestito con abiti nuovi. Infine la pietra veniva scalfita per ricavarne un po’ di polvere, conservata in un sacchetto come amuleto protettivo.
Sono riti antichi, che rimandano a un Abruzzo arcaico e misterioso. Un Abruzzo che affascinò intellettuali e artisti: i dipinti di Francesco Paolo Michetti e le opere letterarie di Gabriele d’Annunzio, testimoniano questo legame profondo tra paesaggio, tradizioni e credenze popolari.
La Riserva Naturale Regionale dei Calanchi di Atri è un’oasi di pace e natura, un luogo da proteggere e da vivere lentamente. Un paesaggio che racconta storie: di mare e di argilla, di monaci e di liquirizia, di tradizione e memoria. Un motivo in più per visitare Atri e lasciarsi sorprendere.
Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com ‐ Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – Le foto pubblicate in questo articolo sono di proprietà dell’autore, la legge e le norme vigenti tutelano il rispetto del Copyright ‐ All rights reserved – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note e fonti dopo la galleria fotografica

Atri – Duomo, dettaglio del ciclo di affreschi di Andrea De Litio, La Visitazione, in lontananza (a sinistra) i calanchi
Riserva Naturale dei Calanchi di Atri ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni


















L’antica farmacia-spezieria dei frati francescani nel Convento di San Salvatore a Gerusalemme, primi del ‘900 – Foto Terra Santa Museum

Codex Manesse, 1300-1340 – “L’amor cortese”, Canzoniere medievale conservato nella Biblioteca di Heidelberg

Atri – operaie impegnate nella lavorazione della liquirizia – per gentile concessione ad Abruzzo e passioni dall’archivio storico Menozzi-De Rosa

Atri – antica fabbrica per la lavorazione della liquirizia – per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dall’archivio storico Menozzi-De Rosa




Atri – antica fabbrica per la lavorazione della liquirizia – per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dall’archivio storico Menozzi-De Rosa


Atri – Casa della Liquirizia, con i prodotti del marchio storico Menozzi-De Rosa – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni – In alto una foto storica dello stabilimento SAILA

Cappella della Pietra di San Paolo – Atri, Riserva dei Calanchi – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Pietra di San Paolo – Riserva dei Calanchi, Atri – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Cattedrale di Malaga – Decapitazione di San Paolo – Enrique Simonet, 1887

Volo di streghe – Francisco Goya, 1797 – Museo del Prado, Madrid.

Corso Adriano, in fondo si intravede la torre del Palazzo Ducale d’Acquaviva; sulla sinistra La Casa della Liquirizia – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Sostieni Abruzzo Storie e Passioni
Cari lettori,
portare avanti Abruzzo Storie e Passioni è per me un impegno fatto di passione, ricerca e tempo dedicato a raccontare il nostro territorio nel modo più autentico possibile. Ogni articolo nasce da giorni di studio, dall’acquisto di libri e testi di riferimento, da sopralluoghi fotografici in giro per l’Abruzzo e dai costi di gestione della pagina WordPress che ospita il blog.
Se apprezzi il lavoro che svolgo e desideri aiutarmi a mantenerlo vivo e a farlo crescere, puoi sostenermi anche con una piccola offerta tramite PayPal all’indirizzo email leo.derocco@virgilio.it
Ogni contributo, anche minimo, è un gesto prezioso che permette di continuare a raccontare storie, tradizioni, luoghi e personaggi della nostra splendida regione.
Grazie di cuore per il tuo sostegno e per far parte di questa comunità di appassionati dell’Abruzzo.
Continuiamo insieme questo viaggio tra storia, cultura e bellezza.
Support Abruzzo Storie e Passioni
Dear readers,
carrying on Abruzzo Storie e Passioni is a commitment driven by passion, research, and the desire to share the most authentic side of our region. Each article is the result of hours spent studying, purchasing books and reference materials, conducting photographic surveys across Abruzzo, and covering the costs of maintaining the WordPress page that hosts the blog.
If you appreciate my work and would like to help me keep it alive and growing, you can support me with even a small donation via PayPal using the email address leo.derocco@virgilio.it
Every contribution, no matter how small, is truly valuable and helps me continue telling the stories, traditions, places, and characters of our wonderful region.
Thank you from the bottom of my heart for your support and for being part of this community of Abruzzo enthusiasts.
Let’s continue this journey together through history, culture, and beauty.
Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici ‐ All rights reserved – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Articolo aggiornato a settembre 2022 – Note: 1) Brano tratto da Cristo si è fermato a Eboli, di Carlo Levi, Einaudi, 2010; 2) Oggi il prodotto è stato acquisito dalla Società Perfetti – Fonti: Stabilimento “Menozzi De Rosa” Atri; WWF info/itinerario presso Riserva Naturale dei Calanchi Atri; “La Pietra di San Paolo”, fonte: Riserva Naturale Regionale Calanchi di Atri con riferimenti agli studi della etnografa Adriana Gandolfi; per le proprietà della liquirizia: Pagine Mediche, sito web a cura del dott. Massimo Canorro.
Dedico questo articolo a mio padre.
Link articoli citati ⬇️
Atri, la Notte dei Faugni.
Atri, tra Adriano e Andrea de Litio.
L’Abruzzo magico: riti, castelli, favole e leggende.
La Dea di Rapino
Miglianico: d’Annunzio, Michetti e San Pantaleone.

Ho letto con interesse alcune schede (altre ne leggerò in seguito) e mi complimento per l’accuratezza della redazione e l’efficacia delle immagini che le integrano. Il nostro Abruzzo ha bisogno di giovani che sappiano interessarsi alle sue tematiche (paesaggi, attrattive artistiche, folclore…) ed illustrarle con competenza e capacità comunicativa. Auguri.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Gentilissimo Professore Umberto Russo, la sua autorevole recensione onora questo blog e sprona ad andare avanti e fare sempre meglio. Grazie!
"Mi piace""Mi piace"
Belli da guardare
"Mi piace"Piace a 1 persona