Autunno abruzzese, gli antichi Tratturi.

L’Abruzzo è una regione dove la natura è stata rispettata meglio che in altre. La gente di questa terra ci ha saputo convivere quasi come in un vincolo di pari dignità fra l’uomo e gli altri abitatori dei pascoli, delle foreste, dei fiumi. Ora questa terra, così com’è e come doveva essere dai tempi lontani, al nostro sguardo di cittadini della “società avanzata” pare che raffiori dal passato per sorprenderci ed ammonirci.

Ermanno Olmi

Introduzione

Quando l’autunno illumina i boschi abruzzesi di toni ambrati, gli antichi tratturi tornano a raccontare le loro storie, fatti di passi e di memoria.

Nell’immaginario collettivo l’Abruzzo è terra di montagna, con le vette più alte dell’Appennino e l’ancestrale figura del pastore. Nell storie che abbiamo raccontato finora, spesso abbiamo accennato alla transumanza, ma nel nostro blog di storie e passioni, di impressioni d’occhio e di cuore dell’Abruzzo di ieri e di oggi, mancava un articolo monografico, interamente dedicato a quello che per secoli è stato un pilastro fondamentale del sistema economico regionale. L’argomento è abbastanza complesso e lo studio di ricerca è notevole, ma l’occasione migliore si è presentata grazie a una interessante iniziativa promossa dall’Università dell’Aquila, oltretutto in settembre, il mese in cui nell’antichità tradizionalmente iniziava la transumanza.

Dopo il viaggio estivo sulla Costa dei Trabocchi, un reportage diviso in sette puntate, da Ortona a Vasto, passando per San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro, Pollutri e Casalbordino, con il presente articolo ripercorriamo i passi solcati per migliaia di anni da uomini e greggi all’inizio dell’autunno. Nel contempo, grazie anche ai docenti Univaq, studieremo il tessuto produttivo ed economico, i fattori climatici, la storia, l’archeologia, la geologia e la botanica del territorio. Allora non ci rimane che dire: “Settembre andiamo. È tempo di migrare!”

Un momento del trekking sul Tratturo Magno organizzato dall’Università dell’Aquila – video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Cristo non era ancora nato e si racconta che le cose andavano già in questo modo.

Ignazio Silone

Gabriele d’Annunzio celebrava l’arrivo dell’autunno descrivendo in versi poetici un Abruzzo arcaico e malinconico, a tratti romantico. Temi tanto cari al suo “decadentismo”, si pensi ad esempio alla Pioggia nel Pineto, una poesia che lo scrittore pescarese compose sul finire della estate 1902, al termine di una passeggiata in un bosco di pini marittimi in compagnia di Eleonora Duse.

Sorpreso da un temporale che preannunciava l’arrivo dell’autunno il poeta invitò la sua compagna ad ascoltare il rumore della pioggia, le cui gocce, come note musicali, creavano nel bosco una varietà di piacevoli suoni e suscitavano gradevoli sensazioni, celebrando così la metamorfosi della natura.

Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove sui mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove sui nostri volti…

L’autunno è la stagione del rinnovamento, simbolo dell’eterno ciclo naturale di tutte le cose. Anche “I Pastori” è una delle composizioni poetiche più conosciute di Gabriele d’Annunzio; molti ricorderanno le strofe fin da bambini:

Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti.

E van pel tratturo al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri… Ah perché non son io cò i miei pastori?

In queste rime il poeta descrive l’antico rito della transumanza, la migrazione autunnale dei pastori e delle greggi che da tempo immemorabile si muovevano alla fine dell’estate dai pascoli dell’Appennino abruzzese in direzione del litorale adriatico. Si tratta del “Tratturo Magno”, detto anche “del Re” o “Regio Tratturo” , il più conosciuto e il più lungo, il suo cammino iniziava dalla basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila, saliva in direzione dell’altopiano di Navelli passando per l’antica Peltuinum, attraversava poi lo snodo strategico presso la Torre di Forca di Penne, tra Ofena e Capestrano, quindi scendeva in direzione della Val Pescara per arrivare al mare, tra Casalbordino e Torino di Sangro, poi ancora verso sud, il Molise e la Puglia.

Un’antica “autostrada” di tremila chilometri

La transumanza, dal latino “trans” e “humus”, ovvero “attraversare il suolo, la terra”, iniziava a settembre e finiva a maggio. Per tanti secoli queste vie armentizie, formate da una rete di oltre 3000 km, con i tratturi principali larghi “60 trapassi” (circa 110 metri), hanno rappresentato la maggiore attività economica dell’Italia centro-meridionale.

I tratturi abruzzesi non erano solo quelli celebrati poeticamente da d’Annunzio, dalla montagna verso il mare. Nell’Italia centro-meridionale erano presenti percorsi interni e collegamenti con le pianure laziali, in questo caso anche con il territorio teramano e quello confinante aquilano. Tutte queste ramificazioni comprendevano aree di sosta per uomini e animali e zone adibite al pascolo.

Come vedremo i tratturi non erano semplici percorsi del tipo “andata-ritorno”, ma costituivano una complessa e organizzata rete strutturata in: tratturi principali, chiamati anche “Tratturi Regi”; tratturelli e bracci, costituiti da brevi spostamenti interni collegati ai tratturi principali; riposi, ossia aree di sosta per greggi e uomini (pastori, massari, casari, ecc.

I principali tratturi abruzzesi comprendevano percorsi molto lunghi. Il citato Tratturo Magno univa l’Aquila a Foggia, era il più lungo di tutti con i suoi 244 km; il tratturo Pescasseroli – Candela (Fg) 211 km; il tratturo Celano – Foggia, copriva una distanza di 207 km; il Castel di Sangro – Lucera, 127 km; infine 120 erano i km tracciati dal tratturo Centurelle – Montesecco.

Oltre alla struttura organizzativa anche un’altra accezione riferita alla transumanza, intesa come una semplice “migrazione di pastori e animali”, andrebbe chiarita e approfondita.

Le vie tratturali non si limitavano a spostare le greggi e a permettere lo svolgimento delle operazioni di pastorizia, ma costituivano anche importanti vie di comunicazione fondamentali per i commerci di tessuti, ovviamente in primis la lana, ma anche la seta; il commercio delle spezie, soprattutto lo zafferano, fino ai prodotti artigianali e ai manufatti, come ad esempio i gioielli e oggetti d’uso quotidiano.

Durante le soste i pastori transumanti usavano realizzare piccole sculture intagliandole nel legno. Creavano oggetti per uso personale oppure per fini decorativi da donare alle proprie madri, alle mogli o alle fidanzate al ritorno dalla transumanza, ma anche da vendere o scambiare (baratto) durante gli spostamenti sui tratturi.

La collana “Presentosa”, l’iconico monile in filigrana d’oro simbolo dell’arte orafa abruzzese, si diffuse dalle antiche botteghe orafe di Pescocostanzo, Sulmona, Guardiagrele e Scanno nelle aree del sud Italia, Campania e soprattutto Puglia, anche grazie alla transumanza. Sull’argomento rimando all’articolo “Arte orafa abruzzese, Nicola da Guardiagrele, il corallo di Giulianova e l’oro di Scanno ”, in questo blog.

I Medici e le Terre della Baronia

Sui tratturi inoltre nacquero paesi e città, castelli, chiese e abbazie, feste, fiere e riti popolari, persino canzoni e favole, che contribuirono a formare l’identità delle comunità, non solo locale ma anche territoriale.

Pescocostanzo, Scanno, Castel del Monte, Calascio e altri caratteristici paesi abruzzesi, oggi valorizzati e ricoperti in chiave turistica, si svilupparono da originari insediamenti basati sulla economia pastorale.

Peltuinum, fondata nel I sec. a. C. dai Vestini in prossimità di quella che durante l’epoca romana diventerà la Via Claudia Nova, corrispondente all’attuale Strada Statale 17, tra i comuni di Prata d’Ansidonia e San Pio delle Camere, è attraversata dal Tratturo Magno.

I Medici oltre a diventare duchi, granduchi, mecenati e amanti del bello, erano da generazioni esperti e scaltri banchieri, essi fiutarono i potenziali affari legati alla transumanza. Sui tratturi abruzzesi, solcati da migliaia di uomini e milioni di animali, con movimenti di merci e scambi commerciali, videro passare anche milioni di ducati. Così come accadde nel III sec. a. C., quando i romani scoprirono le potenzialità economiche e sociali della transumanza presso i Sanniti.

Grazie allo sviluppo dei commerci della lana, della seta e dello zafferano, tra il  ‘500 e il ‘600 i Medici si insediarono in alcune aree della regione, in particolare nella cosiddetta Terra della Baronia, comprendente fin dal Medioevo il territorio del versante meridionale del Gran Sasso, tra Carapelle Calvisio, Castelvecchio Calvisio, Rocca Calascio, ma anche Capestrano e Santo Stefano di Sessanio.

I Medici sfruttarono anche l’antica Via degli Abruzzi che fin dal Medioevo univa Firenze con il Regno di Napoli, passando per Arezzo, Spoleto, L’Aquila, la Via Claudia Nova, la Piana di Navelli, quindi incrociando il citato Tratturo Regio L’Aquila-Foggia sulla via per Sulmona e Castel di Sangro.

Ai titoli di duchi, granduchi e signori di Firenze, i Medici affiancarono anche titoli nobiliari riferiti ai territori abruzzesi. Ferdinando I de’ Medici, figlio di Cosimo I, primo granduca di Toscana, rivestì anche il titolo di principe di Capestrano; così come Alessandro de’ Medici detto “il moro”, marito di Margherita d’Austria, primo duca di Firenze nonché duca di Penne.

La scrittrice avezzanese Veneranda Rubeo nel suo bel libro “Covella, contessa di Celano”, in cui viene ricostruita per la prima volta, in maniera dettagliata e storicamente ben documentata, la biografia di Covella, contessa di Celano e del suo antico casato marsicano, racconta la storia di un furto di tessuti avvenuto nel territorio aquilano nel 1467: Due casse di drappi di seta pregiata del valore di 940 ducati. (1)

Il prezioso carico transitava tra la citata Via degli Abruzzi e i tratturi ed era destinato a Filippo Strozzi, potente banchiere fiorentino, all’epoca secondo in ricchezza solo ai Medici. Già ai primi del ‘400 erano in essere rapporti commerciali tra Firenze e l’Abruzzo, con scambi e commerci di tessuti, soprattutto lana e seta. Da Firenze la lana abruzzese veniva poi venduta in tutte le corti d’Europa.

Nel suo libro Veneranda Rubeo documenta la produzione a Celano, nella seconda metà del ’300, di un nuovo tessuto chiamato “guarnello”, un misto lana e cotone oggetto, come per la seta, di rilevanti attività commerciali tra ricchi mercanti e le terre aquilane. Sempre a Celano, nella zona della “Gualchiera” e del “Mulino Vecchio”, grazie anche alla presenza in questi luoghi di  abbondante acqua da sorgente, anticamente vi erano edifici adibiti alla lavorazione della lana, della seta e della carta. In questi cicli produttivi i tratturi erano fondamentali.

Non solo i celebri Medici, anche altre notabili famiglie tra il ‘400 e il ‘500 si insediarono in Abruzzo per sfruttare i fiorenti commerci sui tratturi. La famiglia Ciavolich, originaria della Bulgaria, oggi conosciuta nella regione per le attività vinicole, giunse nel ‘500 in Abruzzo, a Miglianico, per intraprendere il commercio della lana; così come la nobile famiglia milanese degli Arlini, giunta ad Atri, sempre nel ‘500, per dedicarsi alla allora diffusa lavorazione della seta.

L’antica filanda di Atri fu tra le prime costruite in Abruzzo, tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, per consentire, in un ambito di produzione di tipo neo-industriale, la lavorazione della seta, del cotone e della lana che i pastori portavano qui dopo la transumanza. Prima delle filande i tessuti venivano lavorati nelle case utilizzando antichi telai, solitamente costruiti in legno di ulivo. La materia prima era sempre garantita grazie alle attività svolte sui tratturi.

La coperta abruzzese

Le prime produzioni artigianali erano rivolte ad utilità primarie, come ad esempio la coperta abruzzese in pura lana vergine, creata per la prima volta nel Medioevo nel paese di Taranta Peligna, per proteggersi dal freddo. In seguito la produzione si diffuse in altri centri della Valle Peligna. Le coperte di Taranta Peligna, realizzate con disegni e motivi geometrici e floreali, sono state un tratto caratteristico della creatività artigianale abruzzese.

Grazie alla transumanza nacquero anche lavorazioni di tessuti pregiati in seta, merletti, velluti e damascati, con finalità decorative e ornamentali, che portarono nel tempo a formare veri e propri centri di arte artigianale del settore, anche quando, in epoca moderna, la transumanza non era più diffusa.

Negli anni ’60 del secolo scorso una delle rarissime manifatture di arazzeria attive in Italia, e l’unica a utilizzare la tecnica del “basso liccio”, era la storica Arazzeria Pennese, fondata nel 1965 e attiva fino al 1998. La tessitura di un arazzo a “basso liccio” (telaio a pedali) con l’utilizzo di lane colorate, dette “mazzette” e le scelte cromatiche eseguite dall’artista, fecero dell’Arazzeria Pennese un laboratorio artigianale e artistico conosciuto in tutto il mondo.

Giuseppe Lisio maestro di tessitura

L’abruzzese Giuseppe Lisio, nato nel 1870 in un paesino tra le colline chietine, a Terranova di Roccamontepiano, è stato un grande stilista dei tessuti, conosciuto a livello internazionale. La sua passione per la lavorazione delle stoffe nacque dagli insegnamenti di sua nonna, ripresi dalle laboriose donne abruzzesi che fin dall’antichità creavano splendidi corredi e da una zia tessitrice, anche lei roccolana, titolare di un negozio di stoffe a Roma.

Lisio aprirà nel 1906 il primo negozio con annessa manifattura a Firenze e Oltrarno, seguiranno altre filiali a Roma, Milano (Palazzo Borromeo), fino a Parigi. La sua collezione prese forma attraverso lo studio e la rivisitazione del Rinascimento, epoca della tessitura di preziose stoffe in seta soprattutto per la corte dei Medici.

Amico di Gabriele d’Annunzio, Giuseppe Lisio dedicherà allo scrittore pescarese un originale tessuto, assemblando velluto e seta, in occasione della stesura del libretto per l’opera lirica “Parisina” di Pietro Mascagni, scritto da d’Annunzio nel 1913.

L’eredità artistica e la creatività di “Mastro Lisio” la ritroviamo anche nel cinema internazionale, nello specifico negli arredi, tappezzerie e tessuti per le scenografie e i costumi di celebri film, e nelle case di alta moda, con la fornitura di velluti alle maison Versace, Valentino e Gucci.

Le Fiere

La conoscenza dei commerci della lana e dei suoi potenziali economici giunsero alla corte dei citati Medici grazie anche alle fiere commerciali abruzzesi, già diffuse nel Medioevo. Durante il loro svolgimento venivano promosse le merci con agevolazioni fiscali, franchigie, favoriti i traffici e i rapporti commerciali anche con mercanti stranieri.

Anche l’arte e l’achitettura furono influenzate dalla transumanza. Abbazie e antiche chiese che ancora oggi ammiriamo furono costruiti lungo i percorsi dei tratturi per consentire la sosta e la preghiera a pastori e viandanti. La chiesa di Santa Maria de’ Centurelli, nel territorio di Caporciano, fu costruita sul punto in cui il Tratturo Regio L’Aquila – Foggia si distacca in una secondo tratturo: il Centurelle – Montesecco.

Sui tratturi, oltre a pastori, greggi, artigiani, orafi, viandanti e pellegrini, si incontravano anche artisti. Roberto, Ruggero e Nicodemo, i magister dell’arte romanica abruzzese, tra le colline di Cugnoli e Moscufo, nella valle del Vomano e tra i boschi del monte Velino, lasciarono una originale testimonianza dell’arte medievale. Sull’argomento rimando all’articolo: “I libri di pietra di Nicodemo, Roberto e Ruggero”.

Artisti e maestranze provenivano anche da fuori regione: dalla Borgogna, diretti insieme agli artisti della Puglia bizantina, a Casauria, attraversata dal tratturo Centurelle-Montesecco, per la realizzazione dello splendido portale in marmo e bronzo e la costruzione della facciata dell’abbazia di San Clemente a Casauria, il cui portale minore è sormontato dalla statua di San Michele Arcangelo, considerato il protettore dei viandanti e dei pastori transumanti. E’ probabile che gli abati del cenobio di Casauria fecero realizzare per i pastori e i pellegrini spazi per il riposo e la preghiera.

Oltre ai luoghi di culto lungo i percorsi tratturali furono costruiti edifici per il ricovero e la sosta, con funzioni simili agli ospedali. Il monastero di San Pietro a Roccamontepiano fu costruito prima dell’anno Mille sul percorso del citato tratturo di Centurelle, come ricovero e assistenza ai viandanti. L’edificio fu successivamente trasformato in monastero da Celestino V.

Il culto di San Michele Arcangelo

Transumanza anche come forma di socializzazione e contatto tra culture diverse. I tratturi abruzzesi nel loro percorso verso sud incrociavano anche la famosa Via Francigena, che anticamente partiva da Canterbury, in Inghilterra, attraversava buona parte dell’Europa centrale, per arrivare a Roma e da qui in direzione delle pianure del Tavoliere pugliese, quindi sul Gargano. Qui viandanti, pastori e pellegrini si recavano a pregare nel santuario della “Basilica Celeste” di San Michele Arcangelo, la famosa grotta garganica di Monte Sant’Angelo (Fg).

San Michele Arcangelo è considerato il santo protettore dei transumanti e dei viandanti. Prima del cristianesimo i protettori erano Mercurio ed Ercole. Non lontano da Pescocostanzo, sulle pendici del monte Pizzalto, laddove passava il tratturo Celano-Foggia, c’è una grotta dedicata proprio San Michele Arcangelo. Ma anche a Lettomanoppello il culto per San Michele Arcangelo – anche qui celebrato in una grotta – si perde nei riti devozionali contadini e pastorali di antica memoria.

Il culto per l’Arcangelo Michele giunse sul promontorio pugliese da Costantinopoli, tra il 490 e il 493. Bizantino era l’edificio primario, individuato grazie agli scavi archeologici effettuati negli ultimi decenni del secolo scorso, come bizantine sono le porte di bronzo, donate da un nobile amalfitano nel 1076.

La tradizione popolare, tra storia e leggenda, racconta le apparizioni dell’Arcangelo. In particolare si narra che un pastore del luogo, stanco per le continue fughe del suo toro, decise di scagliare contro l’animale – nel mentre rifugiatosi in una grotta nei pressi del monte sopra Siponto (l’attuale Manfredonia) – una freccia avvelenata.

Ma l’Arcangelo Michele, patrono e custode di quella grotta, salvò il toro facendo tornare al mittente la freccia. Il pastore che osò violare la sacra grotta rimase così ferito a un occhio dalla sua stessa freccia. Il fatto fu rivelato dallo stesso Arcangelo Michele durante la sua prima apparizione al vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano.

Gli abitanti di Siponto gridarono al miracolo e iniziarono il pellegrinaggio alla grotta di Monte Sant’Angelo. La devozione si rafforzò durante l’assedio di Odoacre, quando il vescovo e i fedeli riuniti in preghiera chiesero l’intervento dell’Arcangelo Michele, che apparve durante la battaglia per annunciare al vescovo la vittoria dei Longobardi, grazie a una tempesta di grandine e sabbia rivelatasi fatale per le truppe di Odoacre.

Il vescovo decise allora di recarsi in processione alla grotta di San Michele per consacrarla, ma ancora una volta l’Arcangelo Michele gli apparve per dirgli: “Io che l’ho fondata, io stesso l’ho consacrata. Questa grotta è sotto la mia protezione”. Nel mentre sull’altare apparve un panno rosso con sopra una croce di cristallo e su una parete l’orma di un piede impressa nella roccia.

Era il 29 settembre dell’anno 493 e da allora si festeggia San Michele Arcangelo, la cui grotta-basilica, detta “Celeste”, è l’unica non consacrata da mani umane. Il 29 settembre è anche il giorno in cui inizia la transumanza.

Nel 663, saranno i Longobardi ad attribuire la loro vittoria sui Saraceni, dopo la battaglia dell’8 maggio, all’intervento miracoloso dell’Arcangelo Michele. E da allora quel giorno segna simbolicamente la fine della transumanza.

I duchi longobardi di Benevento elessero dunque l’Arcangelo Michele a loro Santo protettore e in nome dell’ Instrumentum Regni contribuirono a diffondere il culto micaelico in tutta Italia, ma anche fuori confine. Mont Saint Michel era noto alla fine del Medioevo come “Mont Gargan”.

Percorsi legati alla fede ma, come per i tratturi, anche funzionali per l’economia. Il sale, ad esempio, era considerato durante l’antichità un bene prezioso; non era usato per condire gli alimenti ma per conservarli. Le saline pugliesi di Manfredonia erano conosciute già dai romani i quali, tra Roma e l’Adriatico, nella zona di Martinsicuro sulla costa abruzzese – Castrum Truentinum, rientrante nel Regio V Picenum – costruirono la consolare Via Salaria, in realtà disegnata su un tracciato ancora più antico costruito dai Sabini. L’antica consolare prese il nome dai commerci del sale tra il Tirreno e l’Adriatico.

Lana color celeste, rosa e rosso fuoco.

L’origine della transumanza si perde nella notte dei tempi, bisogna risalire alle prime popolazioni Italiche, in particolare ai Sanniti.

Virgilio e Plinio il Giovane riportarono nelle loro opere letterarie i movimenti territoriali dei pastori e degli allevamenti. Quintiliano nella sua opera maggiore, Institutio oratoria (90-96 d.C.), descrive le aree solcate dai tratturi abruzzesi come riccamente abitate da uomini e donne che usavano tingere la lana con colori dal celeste al rosa, fino al rosso fuoco, utilizzando un lichene che veniva raccolto nella zona tra Avezzano, Celano e Massa d’Albe. (2)

In un precedente articolo abbiamo scoperto che Vasto, dai romani chiamata Histonium, all’epoca dei popoli Italici, in questo caso i Frentani, si chiamava “Histon”, che significa telaio, tessuto; probabilmente in riferimento alla diffusione nel territorio della lavorazione della lana, con il relativo commercio tra i Frentani e le colonie della Magna Grecia.

Lo scrittore marsicano Ignazio Silone scrisse che la transumanza iniziò prima di Cristo. Di seguito propongo un brano tratto dalla sua opera più famosa, “Fontamara”: Nel mese di maggio, dopo la Fiera di Foggia, un interminabile fiume di pecore vengono ogni anno a passare l’estate sulle nostre montagne, fino a ottobre. Cristo non era ancora nato e si racconta che le cose andavano già in questo modo.

Furono i romani, all’indomani della conquista dei territori e delle città italiche, quindi nell’ambito della loro prima espansione territoriale, ad inaugurare una forma di regolamentazione, per così dire “statale”, dei tratturi, anche attraverso la tassazione: i pastori dovevano pagare il “vettigale” in base al numero di ovini.

Data l’importanza di queste vie di comunicazione nella economia e nella vita sociale, i romani le delimitarono con cippi in pietra, così come facevano sulle grandi reti viarie da loro costruite, come la Tiburtina Valeria, che incrociavano e spesso si sovrapponevano ai tratturi.

Nei pressi della stazione ferroviaria di Chieti Scalo è conservato un cippo miliare, dai teatini chiamato la “Colonnetta”, posizionato dai romani tra il 48 e il 49 d.C., sotto l’imperatore Claudio, ricordato in Abruzzo anche per i famosi cunicoli del Fucino.

Con la fine dell’Impero romano la transumanza subisce una brusca frenata. Dal V-VI sec. a causa del conseguente disordine politico risultava troppo pericoloso, se non impossibile, attraversate territori interessati da guerre e invasioni: dalla Guerra greco-gotica alle invasioni longobarde e saracene.

La ripresa della transumanza si registra dall’epoca sveva e normanna in poi. Interventi di tipo regolamentare furono promossi dai sovrani del Regno di Sicilia, Federico II, Guglielmo I e Guglielmo II, successivamente dagli angioini e dagli aragonesi. In particolare sotto il regno di Alfonso II d’Aragona, nel 1447, fu istituita nella città di arrivo del Regio Tratturo, Foggia, la “Grande Dogana”, seguirà nel 1532 la “Doganella d’Abruzzo”. Entrambe con funzioni e competenze nella amministrazione, tasse, regolamentazione dei pascoli, nonché compiti di giurisdizione.

Il Pastore

Il protagonista principale della transumanza è il pastore, figura che unisce gli elementi fondanti dell’antica civiltà contadina. La sua vita era dura, spesso solitaria, esposta alle intemperie, ai pericoli, ai lunghi viaggi tra montagne, valli e boschi, lontano per mesi dai propri affetti.

Spesso il pastore era soggetto alle ingiustizie dei padroni, baroni o armatori di greggi, ma esprimeva anche un sentimento di dignità. Fin da bambino apprendeva le antiche conoscenze tramandate oralmente: un sapere antico del mondo agro-pastorale che portava a conoscerere la natura attraverso l’esperienza e l’osservazione: la terra, le stelle, la luna, le piante, gli animali.

La fine di un’epoca millenaria

Le attività legate alla transumanza classica iniziarono a sparire con l’avvento della industrializzazione e con la costruzione di nuove vie di comunicazione. Nel maggio 1806 il re di Napoli Giuseppe Bonaparte abolì la Grande Dogana di Foggia.

Nel 1839 venne inaugurata la prima tratta ferroviaria italiana, la Napoli-Portici, iniziava l’era moderna, anzi era già iniziata. Nell’agosto del 1863 il nuovo Stato unitario varò la controversa Legge Pica contro il fenomeno del brigantaggio tra Abruzzo, Lazio e sud Italia, in tale occasione la transumanza fu vietata, per “motivi di ordine pubblico”, con conseguenti gravi danni per l’economia abruzzese e delle altre aree interessate.

Nello stesso periodo quelle stesse chiese che oggi visitiamo per ammirare le opere d’arte in esse custodite furono abbandonate e talvolta utilizzate dai contadini come stalle. Lo racconta Gian Luigi Piccioli (1932-2013) scrittore e saggista, nato a Firenze ma originario di Navelli, nel suo bel libro “Epistolario collettivo”, di cui propongo questo brano significativo:

La piana è disseminata di graziose chiesuole, costruite tutte intorno all’XI sec.; sono abbandonate e i pastori vi ricoverano le greggi. I muri interni delle chiese sono affrescati e nella penombra si ha l’impressione che le pecore escano dagli affreschi. Strano che lo stato non provveda a restaurare questi tesori (3).

Anche Gabriele d’Annunzio denuncia questo degrado a proposito dell’abbazia di San Clemente a Casauria, all’epoca ridotta a una stalla e destinata alla completa rovina, evitata solo grazie a Pier Luigi Calore. Sulla storia dell’abbazia rimando all’articolo dedicato (in questo blog).

La stretta connessione tra rete stradale e vie tratturali, come abbiamo visto già presente ai tempi dei romani, è sancita in epoca moderna dall’intervento del legislatore. Un argomento questo ampiamente trattato – unitamente alle criticità sorte tra gli antichi tratturi, al progressivo processo di urbanizzazione del territorio e allo sviluppo dell’agricoltura – nel libro “La pervasiva diffusione urbana nelle reti della Transumanza” di Francesco Zullo, docente associato di Tecnica e Pianificazione Urbanistica all’Università dell’Aquila.

Zullo paragona “in scala ridotta e in chiave moderna” la rete dei tratturi alle “vie della seta”, in considerazione della loro importanza nello sviluppo economico e sociale del territorio, rilevando come una delle prime norme in materia, emanata nel 1908 (legge 20 dicembre, numero 746), considera i tratturi come “strade nazionali” e allo stesso tempo introduce vincoli di conservazione per i maggiori tratturi, in primis ovviamente il Regio Tratturo L’Aquila-Foggia; mentre i tratturi minori furono trasformati in strade. Circa 30 anni dopo, con la legge del 1° giugno 1939, i tratturi furono considerati Beni Archeologici.

Negli ultimi anni si registra dunque un rinnovato interesse per il fenomeno della transumanza, per la sua storia e le ripercussioni in ogni aspetto della vita di un tempo, ma anche per i temi legati alle problematiche sulla salvaguardia e la tutela. Nel 2019 l’UNESCO ha inserito la transumanza nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Autunno abruzzese

L’autunno celebrato da Gabriele d’Annunzio è una delle stagioni preferite dagli appassionati della fotografia. Le tonalità tenui e calde dei colori autunnali con il giallo, il marrone, il rosso e le mille sfumature del verde si combinano con una luce ambrata che regala, con i suoi giochi in chiaroscuro, immagini suggestive, a tratti poetiche e romantiche.

Gli stessi scenari ammirati in passato dai pastori transumanti durante il loro lunghi viaggi, attraversando montagne, boschi, altipiani, colline e litorali. Oggi quelle antiche vie sono diventate sentieri che accolgono una forma di turismo lento, percorsi che uniscono paesi, storie, tradizioni e sapori. Un turismo esperienziale e sostenibile ha sostituito l’antico nomadismo pastorale.

L’Abruzzo è un palcoscenico fotografico tra i più belli d’Italia, custodisce un ecosistema unico e di grande valore naturalistico. Un patrimonio che spesso vive in simbiosi con antiche tradizioni popolari, alcune ancora ben radicate anche nelle nuove generazioni.

Parchi e riserve naturali montane e marine sono ormai diventati set fotografici grazie anche alla diffusione dei social, per la gioia di fotografi professionisti e amatoriali, provenienti anche da regioni limitrofe. Uno dei padri della moderna fotografia, Henri Cartier-Bresson, lo sapeva bene, le sue celebri fotografie scattate a Scanno lo testimoniano. L’Abruzzo vanta il primato europeo di aree naturalistiche protette, ma questo territorio, al tempo stesso bello e fragile, andrebbe maggiormente tutelato, protetto e valorizzato.

Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com – Leo Domenico De Rocco ‐ Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica

Sito archeologico di Peltuinum. L’antica città dei Vestini era attraversata dal Tratturo Magno e dalla Via Claudia Nova. In basso: Trekking sul Tratturo Magno tra Peltuinum, Santa Maria de’ Centurelle e Civitaretenga, organizzato a settembre 2023 dall’Università dell’Aquila – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Il Tratturo Centurelle-Montesecco nei pressi dell’Abbazia di San Clemente a Casauria, tra Castiglione a Casauria e Torre de’ Passeri – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Popoli, il Parco delle Sorgenti del Pescara e i boschi delle montagne di Pescocostanzo in una giornata di inizio autunno – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Il tratturo Centurelle-MonteseccoFoto di Antonio Corrado, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni

Basilica di Collemaggio, L’Aquila – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Panorama nei pressi delle vie tratturali nella zona dell’altopiano di Navelli in una limpida giornata di settembre – Foto Leo De Rocco

Costa dei Trabocchi, il litorale tra Torino di Sangro e Casalbordino visto dalla Riserva Naturale della Lecceta. Il Tratturo Magno proveniente dall’Abruzzo interno vedeva il mare in questo tratto di costa. Il cippo celebrativo del Regio Tratturo tra le dune di Casalbordino – Foto e video Leo De Rocco

Un pastore sul promontorio di Punta Aderci a Vasto – Foto Francesco Di Fonzo, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni

Piccole sculture realizzate dai pastori e le forbici per la tosatura con creative incisioni – Antiche forbici per la tosatura – Museo delle Genti d’Abruzzo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Gioiello “Presentosa”, Scanno primi del ‘900 – Foto Gino Di Paolo, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni

Santo Stefano di Sessanio, Torre Medicea, XIV secolo ‐ Foto LyonCorso/Instagram

Ferdinando I de’ Medici, granduca di Toscana, principe di Capestrano – Scipione Pulzone, 1590 – Galleria degli Uffizi, Firenze – a destra: stemma della famiglia de’ Medici, Santo Stefano di Sessiano – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Filatrice di Civitaquana, 1930; e tessitrice di Castelli, 1925 – Museo delle Genti d’Abruzzo Museo delle Genti d’Abruzzo – Foto Paul Scheuermeier

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Antichi filatoi – Castello medievale di Roccascalegna – Foto Leo De Rocco

Civitaretenga – Antico telaio, a destra lana tinta con lo zafferano di Navelli – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Antica filanda di Atri – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Arte della Seta, antico atelier di tessuti preziosi aperto a Firenze nel 1906 dall’abruzzese Giuseppe Lisio – a destra: Velluto “Parisina”, omaggio di Giuseppe Lisio a Gabriele d’Annunzio, in seta 100%, tessitura realizzata a fine ‘800 su telaio manuale – Foto archivio Fondazione Lisio Firenze

Manufatti in tessuto al Victoria & Albert Museum, Londra: in alto a sinistra: Manifattura abruzzese XIX sec. Antico tappeto XIX sec. Pescocostanzo – in alto a destra: ordito in lino ricoperto da trame di lana con piccoli inserti uncinati con fiori, uccellini e motivi geometrici. I colori sono broccati.- al centro: drappo in tessuto trasparente con ricami in filo bianco e seta colorata, nanifattura abruzzese del XVII sec. – Metropolitan Museum New York

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Operaie al lavoro nell’antico laboratorio tessile del Lanificio Vincenzo Merlino a Taranta Peligna – Il paese di Taranta Peligna produce dal XIX sec. la tradizionale coperta abruzzese, un tempo elemento fondamentale nel corredo delle spose – Foto Archivio Lanificio Merlino

Statua di San Michele Arcangelo, proveniente dalla Grotta di Michele Arcangelo a Lettomanoppello – Museo delle Genti d’Abruzzo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

San Michele Arcangelo, legno policromo e dorato, sec. XIV, Collegiata di San Michele Arcangelo, Città Sant’Angelo – a destra: Abbazia di San Clemente a Casauria, Statua di San Michele Arcangelo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Roccamontepiano, Monastero di San Pietro – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Chiesa di Santa Maria de’ Centurelli, Caporciano (Aq) durante l’evento “Clima e Territorio. Alla riscoperta del Tratturo Magno” da Peltuinum a Civitaretenga, organizzato dall”Università dell’Aquila. Qui il Tratturo Magno, proveniente dalla Basilica di Collemaggio, si divide in un secondo percorso: il Centurelle-Montesecco – Foto Leo De Rocco

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Chieti Scalo, la “Colonnetta”, cippo miliare romano, 48-49 d.C. – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Cippi del tratturo nella zona di Navelli (Aq) e uno dei due cippi celebrativi del Regio Tratturo sulla spiaggia dunale di Casalbordino – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Dune di Casalbordino nel pressi del Tratturo Magno, fine settembre – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Gregge di pecore attraversa il centro di Pescara, 1970.

Seconda parte: Autunno, tempo di foliage.

Capestrano – Sorgenti del fiume Tirino e sulla strada per San Pietro ad Oratorium, ottobre – Foto Leo De Rocco

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Popoli – Riserva Sorgenti del Pescara, novembre – Foto Leo De Rocco

Pescocostanzo, ottobre – Foto Leo De Rocco

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Altopiano delle Cinquemiglia, ottobre – Foto Leo De Rocco

Bosco di Sant’Antonio, ottobre – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Altre foto del foliage in Abruzzo, Bosco di Sant’Antonio, nelle pagine social di Abruzzo storie e passioni, foto Leo De Rocco ‐ Instagram ⤵️

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Copyright – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici – Ringrazio: il prof. Francesco Zullo, professore associato di Tecnica e Pianificazione Urbanistica Università degli Studi dell’Aquila; il sindaco di Navelli dott. Settimio Santilli e lo storico navellese Mario Giampietri, per la documentazione storica messa a disposizione per le mie ricerche; il fotografo Gino Di Paolo; Antonio Corrado, tecnico del Turismo Regione Abruzzo; e Francesco Di Fonzo per le foto gentilmente concesse.

Fonti: Archivio Comune di Navelli; Archivio di Stato Chieti; Veneranda Rubeo “Covella, contessa di Celano, sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento” Edizioni Kierke 2015; Francesco Zullo “La pervasiva diffusione urbana nelle reti della Transumanza” Edizioni Aracne 2023; Museo delle Genti d’Abruzzo.

Inoltre ho attinto informazioni dagli appunti presi durante l’evento organizzato a settembre 2023 dall’Università degli Studi dell’Aquila: “Clima e Territorio. Alla riscoperta del Tratturo Magno, da Peltuinum a Civitaretenga” nel corso del quale i docenti dell’Ateneo aquilano hanno illustrato la storia, la geologia e la botanica del territorio.

Note: 1) Brano tratto dal libro di Veneranda Rubeo “Covella, contessa di Celano, sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento”; 2) cit.da “Cercando la storia, un’altra storia del Cristianesimo” di Angelo Filipponi; 3) Brano tratto dal libro di Gian Luigi Piccioli, “Epistolario collettivo”, edizione Bompiani, 1973.

In copertina: Il Tratturo Magno nei pressi della chiesa di Santa Maria de’ Centurelli – Foto Leo De Rocco – Tutte le foto presenti in questo articolo sono protette da Copyright. – Articolo aggiornato a settembre 2023 – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici.

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