Viale Nettuno – in copertina in una foto tra gli anni venti e trenta – è una strada che costeggia il lungomare della cittadina di Francavilla al Mare.

Questo viale, prima della guerra, era un susseguirsi di case e ville immerse nel verde, perlopiù abitate nei mesi estivi dalla borghesia del luogo, abruzzese ma anche romana. Anche Gabriele d’Annunzio vi abitò. Tra il 1943 e il 1944, i tedeschi minarono queste ville una per una, distruggendole quasi tutte. Ho scelto questa foto per raccontare in questo articolo la testimonianza ricevuta da una anziana francavillese.
La testimonianza è relativa ad un episodio accaduto nella città di Francavilla al Mare nella primavera-estate del 1944.
“Nell’estate del 1944, Francavilla al Mare risultava distrutta quasi completamente, i tedeschi minarono tutta la cittadina, compreso i villini, alcuni in stile Liberty, del lungomare. Un mare di macerie prese il posto di quella che fino ad allora era una bellissima cittadina rivierasca, ricca di eleganti alberghi, viali alberati, villini signorili.

Le mine tedesche cancellarono anche gli ultimi echi di un periodo d’oro che interessò la cittadina: tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, Francavilla al Mare era conosciuta in tutti gli ambienti intellettuali italiani ed europei, grazie al Cenacolo di Francesco Paolo Michetti.
Durante i lavori di rimozione delle macerie presso l’Istituto scolastico gestito dalle suore, nella parte alta del paese, furono trovati nascosti in un angolo i resti di due corpi, abbracciati, in un ultimo estremo e commovente gesto, forse per cercare scampo al terrore della devastazione. I lavori furono subito interrotti e grande fu l’apprensione per la scoperta.
Subito tutti si domandarono chi, tra i cittadini francavillesi, mancava all’appello: chi potevano essere quei due poveri corpi trovati abbracciati e rannicchiati, nascosti tra le macerie, in un angolo dell’edificio distrutto? Poco dopo furono ritrovate nelle tasche di uno dei due corpi alcune lettere, uno scambio epistolare d’amore con la propria famiglia pugliese, scritte da un giovane soldato che sperava di tornare nella sua terra e riprendere ciò che la follia umana gli aveva rubato: il futuro e la giovinezza.
I corpi ritrovati appartenevano a due poveri giovani soldati italiani che, durante le concitate e confuse vicende della guerra, avevano cercato di tornare a casa verso Sud ma, rimasti bloccati al fronte di Ortona, definita “la piccola Stalingrado”, trovarono riparo in quell’edificio di Francavilla…”
Per comprendere al meglio quei tragici eventi di Francavilla al Mare durante il secondo conflitto mondiale, riporto di seguito ancora due citazioni, secondo me particolarmente significative, tratte dal libro Kaputt! “Francavilla dal Fascismo alla Resistenza” dello storico abruzzese Giuseppe Iacone – edizione a cura di Emidio Luciani –
Dal diario di una suora di Francavilla, appartenente all’ordine delle Francescane di Gesù Bambino, scritto tra il 1943 e il 1944:
19 Dicembre 1943 – “Lo scoppio delle prime mine ci giunge all’orecchio, dopo aver rincasato dall’essere andate a fare la Comunione. Dopo mezz’ora si seppe che erano state minate la stazione, con il mulino, la Sirena. Ci rianimammo un po’ sperando che passasse il fronte presto. Ma invece incominciò la distruzione della bella Francavilla”.
20 Dicembre 1943 – “Questa notte non abbiamo dormito per niente, causa le continue cannonate e il grande fuoco del fronte, che ci faceva vedere come se fosse mezzogiorno. Ci siamo raccomandata l’anima parecchio, a volte sembrava proprio un inferno aperto, ciò nonostante sfidammo il pericolo e andammo ad assistere alla S. Messa, prima della quale ci confessammo, ci prendemmo la Comunione come viatico, mentre gli apparecchi mitragliavano senza sosta. Terminato il forte pericolo, facemmo quasi un km sempre correndo fino a raggiungere le prime case. Verso mezzogiorno arrivammo a casa.”
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Questo scorcio storico, pur nella sua triste molto triste parentesi, ha la felicità della ricostruzione l’impegno dei cittadini e la volontà di volere attuare nuovamente la propria terra distrutta dall’imbecillita’ umana che si tramuta in vera e propria malvagità crudeltà cinismo. Ho ammirato l’altra sera il coro dei bambini della scuola in piazza sulla gradinata e non ho potuto fare a meno di pensare alla forza positiva che scaturisce da questo paese in un mondo sopraffatto dalla paura e dall’odio. Grazie per questo racconto della memoria.
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Gentile Nuccia, grazie per aver letto il racconto e per la sua testimonianza. Leo
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