Foto in copertina: Francavilla al Mare, Viale Nettuno, prima metà del ‘900 – Archivio storico Giuseppe Iacone.
Francavilla al Mare tra ‘800 e primi del ‘900 – Archivio storico Giuseppe Iacone
Com’era Francavilla al Mare prima della Seconda guerra mondiale? Era un piccolo paese collinare abitato soprattutto da contadini e pescatori. La costruzione della linea ferroviaria adriatica iniziata nel 1863, all’indomani dell’Unità d’Italia, ad opera di una società privata finanziata da un banchiere amico di Giuseppe Mazzini, segnò l’inizio della urbanizzazione del litorale con la progressiva trasformazione dell’antico paese in una località di villeggiatura. Nasceva un turismo riservato alle classi medio-alte, la nuova borghesia e la nobiltà.
Mentre l’allora ventenne Francesco Paolo Tosti, non ancora famoso, riscuoteva i primi successi di pubblico tenendo concerti dedicati a lavoratori e dirigenti della costruenda linea ferroviaria adriatica nella tratta Francavilla-Ortona, a Francavilla al Mare i simboli di quel cambiamento furono le nuove case signorili, i villini e gli hotel costruiti su un viale elegante sorto a ridosso del litorale, non a caso chiamato come il dio del mare, Nettuno.
Il salone del Palazzo Sirena – Francavilla al Mare – Archivio storico Giuseppe Iacone
Ma la modernizzazione e il cambiamento della società si configurarono simbolicamente soprattutto in un palazzo pubblico costruito in stile Liberty, che divenne un luogo identitario.
Per restare in tema con viale Nettuno l’edificio progettato da Antonino Liberi fu chiamato “Sirena”, con tanto di tritoni, i mitologici figli di Poseidone, scolpiti sulla facciata insieme alle sirene, tra colonne doriche in stile neoclassico e decorazioni che sulle pareti dell’ampio salone all’interno erano in stile floreale Art Nouveau, opera di Gaetano Paloscia (Terlizzi, 1871 – Pescara, 1942).
La Sirena fu inaugurata con una grande festa da ballo nel 1888. D’Annunzio ne scrisse un articolo per il giornale romano “La Tribuna” in cui raccontò la festa e, com’era suo stile, enfatizzò la cronaca con una storia popolare.
Quella storia, oggi ormai dimenticata, narra dell’arrivo del monaco Franco, giunto dalla lontana Calabria per sfuggire ai Saraceni. Franco conduceva una vita ascetica e spirituale, ma un bel giorno fu tentato da una sirena arrivata dal mare di Francavilla. Il casto monaco stava per cedere, ma in suo aiuto arrivò Santa Liberata con un esercito di angeli i quali incatenarono la sirena ad una galea. Il monaco salvò il voto di castità e fu proclamato santo, a Santa Liberata fu dedicata una chiesa vicino al mare e al paese fu dato il nome “Franca-villa” in onore di San Franco.
Gabriele D’Annunzio nella sua casa di Francavilla al Mare – Archivio storico Giuseppe Iacone
Com’era Francavilla ce lo racconta lo stesso D’Annunzio che in quel 1888 lascia Roma e si trasferisce dal suo amico Francesco Paolo Michetti dividendosi tra lo studio atelier che il pittore fece costruire tutto di tufo sulla spiaggia e il convento sulla collina.
La mia stanza dà su una grande terrazza che si protende sul mare e ha una finestra lunga e ampia che si apre su un quadro meraviglioso di colli e di paesi biancheggianti per la salita. Fra le tende verdi sbattute dal vento appare il mare azzurro popolato di vele rosse. Francavilla è tutta bianca su la collina, fra grandi alberi, fa pensare ad una città moresca. (1)
La “Sirena” e la “bianca città moresca” saranno completamente distrutte circa 50 anni dopo durante la Seconda guerra mondiale.
Francavilla al Mare – Palazzo Sirena (ricostruito nel 1951) durante la demolizione nel 2017 – Foto Leo De Rocco – Il Palazzo ricostruito nel dopoguerra in stile tardo razionalista opera di Vittorio Ricci, rappresentò il simbolo della rinascita della cittadina abruzzese, ma fu demolito nel 2017 per “ragioni architettoniche”. Rimane l’ampliamento al palazzo (eseguito su progetto degli architetti Ricci, Conte, Moccia) alla fine degli anni ’90, oggi considerato il “nuovo” Sirena, nella forma di un auditorium.
Francavilla al Mare – Palazzo Sirena – Sportivi della domenica con la moderna versione della bicicletta appena uscita sul mercato – Arc bivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – viale Nettuno, anni ’30 circa – Archivio storico Giuseppe Iacone
Eleganti signore sulla spiaggia di Francavilla al Mare, inizi ‘900 – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare, piazza Sirena, una delle prime automobili apparse in paese fa la sua comparsa su Piazza Sirena. Francesco Paolo Michetti fu uno dei primi cittadini di Francavilla a possederne una – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – l’Hotel Minerva, prime automobili e il carretto dei gelati, tra viale Nettuno e il Palazzo Sirena – Archivio storico Giuseppe Iacone
Passeggiando all’epoca sul viale Nettuno si incontravano eleganti signore con ombrellini per ripararsi dal sole che la sera cedevano il posto a vezzosi gioielli indossati con civetteria; carretti che vendevano gelati e granite e orchestrine di musicisti che allietavano i pomeriggi e le serate di cittadini e turisti.
Si poteva incrociare anche qualche “vip” dell’epoca, artisti e intellettuali che venivano a Francavilla al Mare considerandola una delle spiagge italiane più “alla moda”, per ritrovarsi nel famoso Cenacolo michettiano.
Un compositore già molto famoso in Inghilterra, amico stretto della famiglia Windsor al punto di essere nominato “sir”: Francesco Paolo Tosti, nativo della vicina Ortona, spesso consumava una bibita tra i tavolini del Palazzo Sirena. (foto sotto)
Francesco Paolo Tosti (il primo da sx) seduto ai tavolini del Palazzo Sirena – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – Hotel des Bains sul Viale Nettuno – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – Hotel dei Bagni – Archivio storico Giuseppe Iacone
Anche il pittore e fotografo Francesco Paolo Michetti passava da queste parti. Aveva lo studio di posa proprio sulla spiaggia, non lontano dal Palazzo Sirena, a volte lo si incontrava mentre andava a far visita, in compagnia di Matilde Serao, prima donna direttrice di un quotidiano in Italia, e il giornalista Edoardo Scarfoglio, all’amico Gabriele d’Annunzio, che invece lo si vedeva fare lunghe passeggiate a cavallo sulla spiaggia. All’amante romana, la bella Barbarella, con la quale passerà un’estate di passione nella vicina San Vito Chietino*, scrive:
Il cavallo andava quasi sempre al passo, sbuffando di tratto in tratto e scuotendo il collo. Io mi perdevo nei sogni, nelle speranze, nelle visioni. Dalle siepi saliva un profumo singolare di fiori che non si vedevano. Le colline diventavano violette e trasparenti nell’ombra, sul cielo di perla. Il mare appariva d’un verde chiarissimo, ancor luminoso, come sazio di luce. Lungo i fossati scintillavano le lucciole. Gli stagni qua e là riflettevano il cielo, come specchi pallidi, con un non so che di roseo fluttuante sopra, come un velo vago. Quando ho attraversato la pineta mi sono sentito inebriare dal profumo resinoso. I pini erano immobili; si moltiplicavano intorno agili ed eretti come canne d’un organo.
Gabriele D’Annunzio (2)
(* su D’Annunzio e Barbara Leoni: “San Vito Chietino. Trabocchi, ginestre e amanti”, in questo Blog)
Gabriele d’Annunzio sulla spiaggia di Francavilla al Mare, insieme alla moglie la contessa Maria Gravina Cruyllas e alla loro figlia Renata, 1895 circa – Archivio storico Giuseppe Iacone – (alcune foto che circolano, anche su siti esteri, sono erroneamente attribuite ad un “d’Annunzio a cavallo in Francia”, ma questa è la spiaggia di Francavilla)
Il Convento Michetti (a dx) e la chiesa di Santa Maria delle Grazie – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – Il paese “alto”, a sx edifici di epoca medievale – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare, inizi ‘900, maggio – Festa della Madonna delle Grazie, le donne del posto sfilano in processione scalze, sul capo grandi conche di rame e canestri pieni di fiori, pane, dolci e frutta. L’evento fu oggetto di un articolo firmato da Gabriele D’Annunzio pubblicato su un giornale romano – Archivio storico Giuseppe Iacone
Il gruppo di intellettuali e artisti si ritrovava poi nel famoso “Cenacolo” che Francesco Paolo Michetti organizzava nella sua casa-convento nel paese “alto” (chiamato così perché in collina), ritrovo all’epoca conosciuto negli ambienti culturali e artistici in Italia, ma anche all’estero.
Oltretutto il Convento Michetti fu uno dei pochissimi edifici storici che si salvarono dalla distruzione della guerra. Furono solo due: questo e il palazzo San Domenico, un tempo monastero ed oggi sede del Museo Michetti MuMi, oltre ad una torre medievale ormai rudere detta di “Ciarrapico”.
D’Annunzio abitò per qualche anno su questa strada, la sua casa era una villino vicino al Palazzo Sirena e a quello di proprietà della famiglia Pomilio. All’ultimo piano di questo edificio c’era un loggiato circondato da alcune colonne corinzie. Questi palazzi furono tutti distrutti durante la Seconda guerra mondiale.
Resti delle colonne del villino rimaste in giardino dal dopoguerra – Francavilla al Mare – foto Leo De Rocco
Alcune colonne di quel villino, elementi dell’architettura neoclassica in voga in quel periodo, le ho trovate mentre cercavo i luoghi dove sorgevano gli edifici mostrati nelle foto d’epoca, si trovano ancora oggi nel giardino di quello che fu, presumo, il villino Mammarella.
Gabriele d’Annunzio nella sua casa, al villino Mammarella di Francavilla al Mare – Archivio storico Giuseppe Iacone

Villino di Francavilla al Mare su Viale Nettuno – Archivio storico Giuseppe Iacone
Una famiglia borghese in campagna, sul fondo il fiume Alento, si noti la mancanza di edifici sul litorale. La ferrovia era stata costruita, come dimostra il ponte a sinistra – Archivio storico Giuseppe Iacone
Le soste durante l’estate di unità della Marina Militare nelle acque di Francavilla, offrivano occasioni di feste mondane e gite in mare. I villeggianti erano invitati a bordo dagli ufficiali – Archivio storico Giuseppe Iacone
La guerra
Questa atmosfera stile Belle Epoque incominciò ad incrinarsi a seguito delle vicende politiche italiane ed europee che precedettero la Seconda guerra mondiale e che trascinarono di nuovo (dopo il primo conflitto mondiale) l’Italia e l’Europa nell’abisso.
La guerra colpì duramente tutto l’Abruzzo, ma fu particolarmente violenta tra Ortona, definita “la piccola Stalingrado”, Francavilla e Pescara. Città e paesi abruzzesi, insieme a Gessopalena, Taranta Peligna, Lama dei Peligni, Colledimacine e Palena che si trovavano a ridosso della Linea Gustav.
Una linea strategica militare che, come dimostrano i dispacci militari ritrovati nel dopoguerra, vide l’interesse diretto di Hitler, Stalin e Churchill, in particolare quest’ultimo affermò: “Ortona fu la prima grande battaglia per le vie, e da essa imparammo molto.”
“Die festung Ortona ist bis zum letzen Mann zu alten”, traduzione: “La fortezza di Ortona dev’essere difesa fino all’ultimo uomo” dispaccio del dicembre 1943 firmato Adolf Hitler.
“The Germans are trying for some obscure reason to repeat a little Stalingrad in the unfortunate Ortona”, traduzione: “I tedeschi stanno ripetendendo per qualche oscura ragione una piccola Stalingrado nella sfortunata Ortona”, da un articolo del New York Times, 1943.
Le Forze armate canadesi attraversano Ortona – Charles Fraser Comfort, 1944
Ortona – 1943-1944 – Archivio storico Giuseppe Iacone

Cimitero Canadese, vicino Ortona.

Cimitero Britannico del Commonwealth – Torino di Sangro – foto Leo De Rocco
Le distruzioni, le vittime e i cimiteri con migliaia di soldati, quasi tutti giovanissimi, (ho trovato lapidi di ragazzi minorenni), quello canadese a Ortona, il Moro River Canadian War e quello inglese nella Val di Sangro (Torino di Sangro), il Sangro River War, testimoniano quel periodo così buio della nostra storia.
A Francavilla tra il 1943 e il 1944, i tedeschi in ritirata minarono praticamente l’intero paese: case, ville, chiese, palazzi, distrussero tutto, compreso il citato Palazzo Sirena, il Duomo di San Franco con le sue due cupole, l’antica chiesa della Madonna delle Grazie, dichiarata monumento nazionale e meta dello storico pellegrinaggio dei vacresi, l’intero viale Nettuno e il centro storico, che conservava ancora elementi architettonici di epoca medievale.
Quelle stesse donne che sfilavano con sul capo conche piene di fiori, pane e frutta in onore della Madonna delle Grazie e che D’Annunzio paragonò a “canefori ateniesi”, ora camminano tra le macerie delle loro case.
Francavilla al Mare – Estate 1944 – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – I Pellegrini di Vacri davanti ai resti della Chiesa della Madonna delle Grazie – Archivio storico Giuseppe Iacone
La scellerata decisione dei comandanti nazisti per questa triste “terra bruciata” per me rimane un mistero, una “oscura ragione” come scrisse il giornalista del New York Times nel dicembre 1943.
Quale motivazione strategica e militare di guerra costituì la base alla decisione di distruggere tutto, persino il Palazzo Sirena ormai vuoto e l’atelier sul mare del pittore Michetti. Non si trattava di ponti o ferrovie, di punti strategici che, come si sa, sono bersaglio in tutte le guerre, né ci fu un bombardamento aereo con annessi danni collaterali (come avvenne a Pescara) fu proprio una sistematica distruzione con cariche di esplosivo, un vile sfregio ad una cittadina e ai suoi abitanti.
Forse i tedeschi non volevano ripetere a Francavilla ciò che si era configurato nella vicina Ortona, dove la battaglia fu combattuta casa per casa, quindi decisero di radere al suolo il paese. Oppure, carichi d’odio per la caduta della Linea Gustav, riversarono la loro rabbia su Francavilla al Mare.
Resta il fatto che dal paese “alto” a piazza Sirena e da qui fino al confine con il fiume Alento in direzione Pescara il colpo d’occhio era una triste distesa di cumuli di macerie. L’antico paese di pescatori che si stava trasformando in una moderna località di villeggiatura non esisteva più.
La testimonianza
Ho scelto queste foto e la storie ad esse legate per introdurre la testimonianza di una persona che ha vissuto quel periodo, una cittadina di Francavilla all’epoca bambina e ora anziana, che da sempre ama il suo paese e la sua storia, questa signora è mia nonna. La testimonianza è relativa ad un episodio accaduto a Francavilla al Mare durante la guerra, precisamente nella primavera-estate del 1944. Facendo alcune ricerche non ho trovato altre testimonianze in merito, credo quindi che questa storia sia inedita, la condivido in esclusiva con i lettori di questo blog, così come mi è stata raccontata:
“Nell’estate del 1944 Francavilla al Mare risultava ormai tutta distrutta, i tedeschi minarono tutto il paese: un mare di macerie prese il posto di quello che fino ad allora era una bellissimo paese. Qui d’estate venivano anche i cadetti da altre regioni a passare le vacanze – (Accademia militare di Modena) – io ero una bambina e li vedevo passeggiare su Viale Nettuno, con le loro uniformi, oppure mentre ascoltavano la musica che orchestrine suonavano nel tardi pomeriggio.”
“Tornai a Francavilla in estate dopo che io, mio sorella, mio padre e mia madre fummo costretti a sfollare in Toscana. Durante i lavori di rimozione delle macerie presso l’Istituto scolastico gestito dalle suore, situato nella parte alta del paese furono trovati nascosti in un angolo i resti di due corpi, due giovani trovati abbracciati. I lavori di rimozione delle macerie furono subito interrotti e grande fu l’apprensione per la scoperta. Subito ci domandammo chi, tra noi francavillesi, mancava all’appello.”
“Poco dopo furono ritrovate nelle tasche di uno dei due corpi alcune lettere, uno scambio epistolare con la propria famiglia pugliese: le risposte dei familiari alle lettere scritte da un giovane soldato che sperava di tornare a casa.”
Così finisce il racconto. I corpi ritrovati appartenevano dunque a due poveri giovani soldati italiani che, durante le concitate e confuse vicende della guerra accadute dopo il settembre del 1943 quando il re, lo Stato Maggiore e il governo abbandonarono Roma (e l’Italia) al proprio destino fuggendo a Pescara e Ortona e da qui via mare verso Brindisi, cercarono di tornare a casa dirigendosi verso Sud ma, rimasti bloccati sul difficile fronte di Ortona, oppure perché ricercati dai nazisti, i due giovani trovarono rifugio in quell’edificio gestito dalle suore di Francavilla.
Quando arrivò l’ordine di sfollamento i due giovani non poterono sfollare come gli altri cittadini altrimenti sarebbero stati scoperti e giustiziati sul posto in quanto indossavano una divisa militare ed erano considerati “nemici traditori”. Rimasero quindi nascosti con la speranza di salvarsi ma resosi conto del pericolo si sono abbracciati, in un ultimo commovente gesto per cercare scampo al terrore. Oppure chissà, mentre i tedeschi erano intenti a minare l’edificio scoprirono i due soldati e li uccisero sul posto, lasciando lì i loro corpi.
Francavilla al Mare, estate 1944: i francavillesi ritornati al paese dopo lo sfollamento, alle loro spalle i resti dell’Istituto delle suore dove furono ritrovati i corpi di due giovani soldati – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – estate 1944, resti dell’Istituto delle Suore F.Padovano – Archivio storico Giuseppe Iacone
Francavilla al Mare – l’Istituto delle Suore F.Padovano, marzo 2015 – Foto Leo De Rocco
Francavilla al Mare, 1943-44, quello che rimase del paese alto – Archivio storico Giuseppe Iacone
Porto di Ortona, una targa ricorda il luogo da dove il re e la corte si imbarcarono per fuggire – Foto Leo De Rocco
Per comprendere al meglio quei tragici eventi di Francavilla al Mare durante il Secondo conflitto mondiale, riporto di seguito ancora una testimonianza secondo me particolarmente significativa, anche perché si tratta della testimonianza di una suora e si ricollega quindi al citato racconto, i cui fatti si svolsero in una scuola gestita da suore.
Dal diario di una suora di Francavilla, appartenente all’ordine delle Francescane di Gesù Bambino, scritto tra il 1943 e il 1944 tratto dal libro “Kaputt! Francavilla dal Fascismo alla Resistenza” dello storico abruzzese Giuseppe Iacone, edizione a cura di Emidio Luciani:
19 Dicembre 1943 – “Lo scoppio delle prime mine ci giunge all’orecchio, dopo aver rincasato dall’essere andate a fare la Comunione. Dopo mezz’ora si seppe che erano state minate la stazione, con il mulino, la Sirena. Ci rianimammo un po’ sperando che passasse il fronte presto. Ma invece incominciò la distruzione della bella Francavilla”.
20 Dicembre 1943 – “Questa notte non abbiamo dormito per niente, causa le continue cannonate e il grande fuoco del fronte, che ci faceva vedere come se fosse mezzogiorno. Ci siamo raccomandata l’anima parecchio, a volte sembrava proprio un inferno aperto, ciò nonostante sfidammo il pericolo e andammo ad assistere alla S. Messa, prima della quale ci confessammo, ci prendemmo la Comunione come viatico, mentre gli apparecchi mitragliavano senza sosta. Terminato il forte pericolo, facemmo quasi un km sempre correndo fino a raggiungere le prime case. Verso mezzogiorno arrivammo a casa.”
Ho dedicato uno dei miei primi articoli del blog “storie e passioni” dell’Abruzzo di ieri e di oggi, alle storie di Francavilla al Mare legate alla guerra per tenere viva la memoria di questa cittadina che pagò un prezzo altissimo: ricordiamo tutte le vittime e i venti cittadini francavillesi trucidati per rappresaglia dai nazisti in contrada Santa Cecilia nel dicembre del 1943, oltre all’antico paese raso al suolo.
Altresì con la testimonianza inedita narrata ho voluto rispettare e onorare quel prezioso patrimonio che è la memoria storica degli anziani, in questo caso di Francavilla al Mare. Fin da quando ero bambino e trascorrevo le vacanze nella casa dei nonni al paese “alto” – vacanze spensierate, ricordo con affetto mio nonno quando, com’era tradizione per chi nasceva nei paesi marini, mi insegnò a nuotare facendomi tuffare dal pontile per guidarmi a nuoto fino a raggiungere le “secche” del mare di fronte al Palazzo Sirena (palazzo ricostruito nel dopoguerra e demolito nel 2017) – mia nonna mi descriveva con passione quella Francavilla incantata e incantevole che non c’è più e la mia bisnonna mi raccontava aneddoti su Francesco Paolo Michetti: “jev’ spass a cavall e accimentava le uaglione” (traduzione: “Andava a spasso a cavallo, e corteggiava le ragazze”).
Ma i racconti erano sempre rattristati dalle vicende storiche che segnarono mia nonna, insieme a tanti suoi concittadini. Vicende e ricordi resi ancora più dolorosi dalla perdita di sua sorella, una ragazzina di 12 anni, avvenuta durante un bombardamento in Toscana, regione dove fu costretta a sfollare con la famiglia e altri francavillesi. Mia nonna tornò a piedi dalla Toscana fino a Viterbo, poi finalmente a Francavilla, era una bambina di 9 anni.
La storia mi ha sempre affascinato, quando ero bambino facevo mille domande ai nonni, ma anche agli anziani vicini di casa, per conoscere aneddoti e testimonianze sul passato, sulle tradizioni abruzzesi, gli usi e le antiche credenze popolari.
Anche l’altra mia nonna, quella paterna, la quale nel periodo della guerra viveva a Chieti, dichiarata come Roma “città aperta”, condivise con me ricordi di guerra. Come quando due soldati tedeschi malintenzionati incominciarono ad inseguirla, e lei terrorizzata insieme a un bambino molto piccolo (mio padre) si nascose dentro una casa diroccata. Alla vista del bambino che mia nonna teneva in braccio uno dei due soldati tedeschi in un italiano incerto disse: “No, bambino, no”, e per fortuna se ne andarono.
Sono andato a cercare i luoghi e gli edifici citati nelle testimonianze, in particolare l’edificio di Francavilla al Mare in cui furono ritrovati i due giovani soldati italiani, ho scattato alcune foto che pubblico insieme ad altre foto storiche tratte dai libri citati (mi scuso per la qualità delle foto) e provenienti dall’Archivio storico Giuseppe Iacone e di Umberto Russo, (che curò anche i testi) professore, scrittore e storico, che ho avuto il grande piacere di conoscere.
Leo De Rocco
Dedicato ai miei nonni.
Copyright Testo e Foto – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com – Foto contemporanee: marzo 2015 Leo De Rocco ; foto storiche: vedi didascalie e fonti – Photo, no use is permitted without authorization – Fonti: “Kaputt! Francavilla dal Fascismo alla Resistenza” dello storico abruzzese Giuseppe Iacone, edizione a cura di Emidio Luciani; “Francavilla 8/900” di Giuseppe Icone e Umberto Russo, edizione Emidio Luciani 1978; “Le città di D’Annunzio. Erbe, parole, pietre” – Centro Nazionale Studi Dannunziani; “Lettere a Barbara Leoni” a cura di Vito Salierno, Casa Editrice Rocco Carabba 2008 – Note: 1) da “Francavilla evocata da Gabriele d’Annunzio” di Paola Sorge, Centro Sudi Dannunziani 2) da “Lettere a Barbara Leoni” di Vito Salerno, Lanciano, Carabba Editore, 2008; Archivio storico Giuseppe Iacone e Umberto Russo, Francavilla al Mare.
Appendice
«Gli era piaciuta quella campagna placida, tutta fresca di orti e di frutteti. Con pochi soldi si sbarcava il lunario, in una solitudine un po’ selvaggia. La gente era buona e il vino era come la gente. Le donne, belle, erette, flessuose, andavano in camicia bianca e gonnelle succinte, mostrando senza alcuna malizia i seni turgidi e le braccia tornite.
Gli uomini erano gravi e come monumenti. Vi chiamò amici e colleghi, che accorsero entusiasti e formarono il Cenacolo che diede all’Italia la poesia più alta, la pittura più veemente, la canzone più accorata. Francavilla era un luogo ideale per la loro vita capricciosa».
cit. del pittore abruzzese Italo De Sanctis, riferendosi alla decisione di Michetti di vivere a Francavilla al Mare.
Questo scorcio storico, pur nella sua triste molto triste parentesi, ha la felicità della ricostruzione l’impegno dei cittadini e la volontà di volere attuare nuovamente la propria terra distrutta dall’imbecillita’ umana che si tramuta in vera e propria malvagità crudeltà cinismo. Ho ammirato l’altra sera il coro dei bambini della scuola in piazza sulla gradinata e non ho potuto fare a meno di pensare alla forza positiva che scaturisce da questo paese in un mondo sopraffatto dalla paura e dall’odio. Grazie per questo racconto della memoria.
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Gentile Nuccia, grazie per aver letto il racconto e per la sua testimonianza. Leo
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