L’Arte Ceramica di Castelli e il Museo Acerbo di Loreto Aprutino

▪︎ Copertina: Le “Turchine” di Castelli, 1580 circa, realizzate per il cardinale Alessandro Farnese – Museo di Capodimonte, Napoli – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

▪︎ Foto sotto: mattone maiolicato, 1525-35, Castelli, Bottega Pompei. Donata nel 1948 a Giacomo Acerbo – Museo Acerbo delle Ceramiche di Castelli, Loreto Aprutino – Foto Abruzzo storie e passioni

La chiesa di San Donato è la Cappella Sistina della maiolica ‐ Carlo Levi, 1963.

Tra i tesori d’Abruzzo c’è una tradizione antica che ha saputo trasformare l’argilla in arte, portando il nome di Castelli in tutto il mondo. Al centro di questo patrimonio spicca una collezione straordinaria custodita a Loreto Aprutino.

In questo articolo racconteremo la storia di un collezionista appassionato e l’evoluzione della ceramica abruzzese, che testimonia la memoria di un territorio sospeso tra montagna e mare, custode di bellezza e tradizioni senza tempo.

Castelli

La storia della ceramica di Castelli inizia in una piccola chiesa campestre dedicata alla Madonna del Rosario. Tra il 1525 e il 1535 i maestri ceramisti castellani rivestirono il soffitto con mattoni maiolicati, decorati con ritratti di personaggi dell’epoca, scritte religiose, simboli geometrici, motivi floreali e stemmi araldici, tra cui quello del casato di Antonella d’Aquino, contessa di Loreto Aprutino. Nel Seicento, con l’ampliamento della chiesa – nel frattempo intitolata a San Donato –.il soffitto fu sostituito con circa 800 nuove maioliche, datate tra il 1615 e il 1617.

Nella tradizione delle antiche ceramiche, Castelli, piccolo borgo alle pendici del Gran Sasso, è uno dei nomi più importanti. Le sue botteghe si distinsero già nel XVI secolo, grazie alle famiglie di maestri ceramisti che fecero scuola: i Pompei e i Grue, indieme ai Gentili, ai Cappelletti e ai Fuina.

Nacque così un originale stile abruzzese, sviluppatosi soprattutto tra il XVI e il XVII secolo e in seguito diffuso anche in altre botteghe minori della regione, in particolare nei centri di: Rapino, Torre de’ Passeri, Bussi sul Tirino e Anversa degli Abruzzi.

Oggi le maioliche castellane figurano nelle collezioni internazionali: dal Metropolitan Museum di New York al Louvre; da Capodimonte al Victoria & Albert Museum; dal British Museum all’Ermitage. Tuttavia, la collezione più ricca e significativa, per quantità e valore storico-artistico, si trova in Abruzzo.

L’Istituto Grue di Castelli

A Castelli fu fondato nel 1905, per iniziativa dell’allora sindaco Beniamino Olivieri e del primo Direttore generale delle Belle Arti, Felice Barnabei, l’Istituto Artistico della Ceramica, oggi Liceo Artistico per il Design. L’istituto è intitolato a Francesco Antonio Saverio Grue (1686 ‐ 1746), importante esponente della dinastia dei ceramisti castellani, figlio di Carlo Antonio.

Il Liceo Grue è un punto di riferimento internazionale per lo studio e la valorizzazione dell’arte ceramica. Nei suoi locali sono conservati documenti, incisioni, spolveri e disegni degli storici maestri ceramisti di Castelli. Inoltre, dal 1986 ospita la Raccolta Internazionale d’Arte Ceramica Contemporanea, istituita da Vincenzo Di Giosaffatte (Penne, 1935 – 2006), esponente delle nuove generazioni di ceramisti castellani e vincitore di numerosi premi in Italia e all’estero.

Attraverso le opere esposte è possibile ripercorrere le fasi della ricerca artistica tra modelli del passato e innovazione Tra i lavori più importanti si distingue il monumentale Presepe di Castelli, realizzato da studenti e docenti dall’Istituto Grue tra gli anni ’60 e ’70, ed esposto in varie parti del mondo, tra cui Gerusalemme, Betlemme e, nel Natale 2020, Piazza San Pietro. L’opera comprende 54 statue in ceramica a grandezza naturale, le cui forme e colori esprimono un dialogo tra il contemporaneo e l’arte rinascimentale.

Loreto Aprutino

Loreto Aprutino è un paese ricco di storia, arte e tradizioni popolari. In un precedente articolo, dedicato agli affreschi quattrocenteschi della chiesa di Santa Maria in Piano, abbiamo scoperto la rara iconografia del “Ponte del Capello”. Nel centro storico abbiamo poi visitato il Museo dell’Olio, allestito nelle sale di un edificio dalla curiosa architettura neogotica. In un altro approfondimento su Loreto, dedicato all’architetto paesaggista abruzzese Raffaele de Vico, è stata raccontata la storia di un parco-giardino abbandonato, un tempo appartenuto a famiglie notabili loretesi, tornato di recente a nuova vita come bellezza ritrovata.

Siamo tornati a Loreto Aprutino per raccontare la storia della Collezione Acerbo. Il museo che la custodisce si trova nel centro storico del paese, dominato dalla chiesa patronale intitolata a San Pietro Apostolo, ricca di opere d’arte, decorazioni barocche, pale d’altare, reliquiari in argento, statue lignee e una pavimentazione decorata, non a caso, da maioliche castellane.

A pochi passi dal museo si erge il Castello Chiola, un tempo dimora delle nobili famiglie feudatarie che governarono questi territori, tra cui i d’Aquino. Una figura di rilievo di questo casato fu Antonella d’Aquino, contessa di Loreto Aprutino nel Quattrocento, discendente di San Tommaso d’Aquino e moglie di Innico d’Avalos. I due furono i nonni di Vittoria Colonna, poetessa e amica di Michelangelo, marchesa di Pescara e Francavilla al Mare, nonché Signora di Pescocostanzo, località che probabilmente visitò nel 1535.

La collezione lauretana è giunta fino a noi integra, conservando anche l’allestimento originale, che trova spazio in un edificio con interessanti elementi architettonici, realizzato negli anni ’50 del Novecento, secondo la volontà del collezionista Giacomo Acerbo (Loreto Aprutino, 1888 – Roma, 1969). Come nacque questa collezione?

In passato molte famiglie abruzzesi dell’alta borghesia e della nobiltà, possedevano raccolte più o meno ampie di ceramiche castellane. Averle in casa ed esporle nelle grandi occasioni era simbolo di eleganza e prestigio. La passione per il collezionismo nacque in Giacomo Acerbo proprio in questo contesto sociale e famigliare.

Nell’agosto del 1936 il marchese di Penne don Diego de’ Sterlich vendette la sua cospicua raccolta di ceramiche castellane – Collezione Aliprandi-de Sterlich – a Giacomo Acerbo, il quale la incrementò con nuove acquisizioni: sia da privati, come la collezione dei baroni Bonanni di Ortona, sia da importanti aste pubbliche, tra cui quella che mise in vendita il prezioso piatto istoriato firmato da Francesco Grue, raffigurante L’incontro tra Ciro e Lisandro, già appartenuto alla raccolta Philipson-Rothschild.

Nel 1948, uno dei mattoni maiolicati cinquecenteschi che decoravano la chiesa di Castelli, raffigurante il profilo di una gentildonna, fu donato a Giacomo Acerbo, contribuendo così ad arricchire la sua raccolta, destinata a diventare la più grande al mondo.

Il tesoro nascosto ai tedeschi

Durante la Seconda guerra mondiale la collezione era esposta nei saloni della villa di Caprara, una frazione di Spoltore. Si trattava della residenza estiva della famiglia Acerbo, non lontano da Loreto Aprutino.

L’edificio settecentesco, di proprietà della madre di Giacomo Acerbo, la baronessa Mariannina de’ Pasquale, era circondato da un ampio parco-giardino con fontane e piante rare, progettato da Raffaele de Vico (Penne, 1881 – Roma, 1969), il più importante architetto paesaggista italiano, autore di parchi, giardini, edifici e fontane nei luoghi più noti di Roma.

Per evitare il saccheggio o, peggio, la distruzione da parte delle truppe tedesche – che danneggiarono comunque la villa prima di adibirla a ospedale militare – le ceramiche furono nascoste nei terreni circostanti. Fu così che si salvarono.

Nel frattempo il barone Acerbo si diede alla macchia. Ricercato dai nazisti e dai repubblichini per aver votato a favore dell’ordine del giorno “Grandi”, fu protetto e nascosto dai loretesi in diversi casolari sparsi tra le colline.

Ceramiche e macchine da corsa

Giacomo Acerbo, oltre alla passione per le ceramiche, amava anche le auto da corsa. Il suo nome è legato alla Coppa Acerbo, una gara automobilistica internazionale da lui fondata in memoria del fratello Tito, capitano della Brigata Sassari e Medaglia d’oro per il suo eroismo nella battaglia del Piave durante la Prima guerra mondiale.

La gara si disputò nel circuito di Pescara dal 1924 al 1961. Nella competizione del 1950 vinse Juan Manuel Fangio, detto “El Chueco”, un mito dell’automobilismo, i suoi record mondiali furono superati solo quasi cinquant’anni dopo da Michael Schumacher. Fangio aveva origini abruzzesi: suo padre nacque a Castiglione Messer Marino e sua madre a Tornareccio.

Erano gli anni di Tazio Nuvolari, di Enzo Ferrari, delle Mercedes, delle Alfa Romeo e delle Bugatti; grazie alla Coppa Acerbo, il nome di Pescara e dell’Abruzzo comparve per la prima volta nelle cronache sportive della stampa internazionale.

L’architettura del museo

Prima di entrare nel Museo Acerbo e apprezzarne la collezione, che sembra dialogare con le peculiarità strutturali dell’edificio, è utile osservare dall’esterno alcuni elementi architettonici.

Nella metà degli anni ’50 il barone Acerbo affidò i lavori di ristrutturazione dei locali dell’antica foresteria all’architetto e ingegnere Leonardo Palladini, già noto a livello nazionale come amico e stretto collaboratore di Gino Coppedè, autore a Roma del famoso quartiere che porta il suo nome, caratterizzato da edifici in stile eclettico e Liberty.

A Loreto Aprutino Leonardo Palladini coniugò stili classici e moderni, con accenni razionalistici. All’esterno si notano richiami stilistici alla chiesa di San Pietro Apostolo, come le colonnine doriche delle trifore e il portale (i battenti) risalente al 1539, a mio avviso simile (quasi identico) al portale dell’Oratorio di Santa Maria delle Grazie di Alanno, come evidenzio nella galleria fotografica. Per un approfondimento si veda l’articolo: “Pietranico e Alanno. Arte, fede e tradizione”.

All’interno Palladini realizzò un elegante allestimento con vetrine dalle linee essenziali e materiali accuratamente selezionati: il tenue color salvia delle pareti fa risaltare gli smalti e brillantezza delle maioliche e il cotto dei pavimenti, con inserti ceramici colorati, riprende lo stile seicentesco castellano, ricalcando i colori delle ceramiche esposte in ogni sala.

Ai dettagli si aggiungono i pregiati marmi dei camini e delle mensole e una raffinata rosatura dello specchio nella “sala gialla”, che riflette le forme della vicina chiesa di Santa Maria Maria in Piano sul colle adiacente, creando così un vero e proprio tocco di classe.

Lo stile è dunque molto raffinato, del resto, questi locali, dépendance dell’attiguo palazzo baronale, furono pensati dal committente e dal progettista come luogo di intrattenimento e conversazione, dove il barone Acerbo riceveva gli ospiti e mostrava la sua collezione.

La Collezione

Nelle sei sale museali sono esposte 570 ceramiche, databili dalla prima metà del Cinquecento fino ai primi decenni del Novecento. Prevalgono le ceramiche del periodo barocco, tra cui i servizi da parata e da rappresentanza, spezieria e vasellame da farmacia, acquasantiere e piatti istoriati.

Tra questi ultimi, di grandi dimensioni e per questo unici, figurano opere di Francesco Grue e della sua bottega, con scene storiche come: Alessandro che copre il corpo di Dario, e l’Allocuzione di Scipione, create per arredare dimore nobiliari in occasione di grandi eventi o cerimonie solenni.

Tra le opere più importanti si distingue un raro rinfrescatoio istoriato, con delicate lumeggiature in oro zecchino, risalente alla seconda metà del Seicento e realizzato dalla Bottega Grue. Sul manufatto sono rappresentati quattro episodi biblici relativi alla vita di Re David: Il trasporto dell’Arca Santa a Gerusalemme, il Pentimento di David, David entra in Gerusalemme e la morte di Absalom.

Un altro oggetto degno di nota, pezzo unico tra le maioliche castellane del Cinquecento, è un calamaio di grandi dimensioni, datato 1588. I vari scomparti e vani contenevano gli utensili da scrittoio dell’epoca: penne, portainchiostro e sigilli. Sulla parte superiore si trova dipinto lo stemma araldico con le iniziali del proprietario, probabilmente un letterato o comunque una persona colta.

Il mistero della maiolica di Sant’Emidio

Durante la visita al Museo Acerbo, noterete sulla parete sinistra della sala numero 1 una piccola mattonella maiolicata esposta leggermente inclinata (vedi galleria fotografica). Non si tratta di una svista: è una scelta precisa.

Nicoletta, storica segretaria del museo, racconta che ogni mattina, alla riapertura, ritrovava per terra i puntelli applicati il giorno prima per raddrizzarla. Ma la mattonella, raffigurante Sant’Emidio d’Ascoli, protettore dai terremoti, mentre compie il “Miracolo del terremoto”, tornava sempre inclinata, sul lato opposto a quello dell’edificio miracolato. Lo stesso accadde durante una scossa di terremoto avvertita a Loreto Aprutino.

Da allora la mattonella di Sant’Emidio è stata lasciata inclinata, come forse desiderava il collezionista Giacomo Acerbo, che pare l’avesse esposta così sin dell’inaugurazione del museo, nel 1957.

Altre collezioni

Oltre alla collezione del Museo Acerbo, in Abruzzo si possono altre collezioni di ceramiche castellane e di altri centri della regione, ospitate in musei, palazzi e pinacoteche:

▪︎ Museo delle Ceramiche di Castelli

▪︎ Museo della Ceramica di Rapino

▪︎ Museo dell’Artigianato Ceramico Abruzzese di Pianella M.A.C.A.

▪︎ Pinacoteca Barbella di Chieti

▪︎ Museo Paparella Treccia Devlet di Villa Urania a Pescara

▪︎ Collezione Bindi – Museo Capitolare di Atri

Copyright – Riproduzione Riservata ‐  derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica

Galleria fotografica

Castelli ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Vaso biansato, tipologia “Orsini-Colonna”, XVI sec., Pompeo di Brunamonte – Museo della Ceramica di Castelli – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Ceramiche di Castelli esposte al Metropolitan Museum di New York, 1530 circa – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Le “Turchine” di Castelli, Museo di Capodimonte Napoli, 1580 circa, prezioso servizio di antiche ceramiche realizzato per il Cardinale Alessandro Farnese – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Acquasantiera, seconda metà del ‘700, Castelli – Victoria & Albert Museum Londra

Loreto Aprutino, nell’ordine: affreschi del Maestro di Loreto, Santa Maria in Piano; Catello Amorotti, sede del Museo dell’Olio; Castello Chiola; Cappella monumentale di San Tommaso d’Aquino; dettaglio del pavimento maiolicato con mattonelle di Castelli XVI – XVIII secolo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

I due portali a confronto: quello della Chiesa di San Pietro Apostolo, Loreto Aprutino (in alto), e il portale dell’oratorio di Santa Maria delle Grazie ad Alanno, 1506 – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Villa Acerbo di Caprara, frazione di Spoltore – Foto Leo De Rocco – e la locandina della prima edizione della Coppa Acerbo – Collezione privata

Il Museo Acerbo

Ambiente architettonico del Museo, nella prima foto in alto a sinistra si noti il confronto tra la colonna angolare (a sx) del Museo e l’antico loggiato (in alto a dx) della chiesa patronale. Pregevole il rinascimentale portale laterale della Chiesa (quinta foto) – Loreto Aprutino – Foto Abruzzo storie e passioni

Museo Acerbo delle Ceramiche di Castelli, Loreto Aprutino – Foto Abruzzo storie e passioni

Loreto Aprutino, Museo Acerbo delle Ceramiche di Castelli, le sale del museo – Foto e video Abruzzo storie e passioni

Tre grandi piatti da parata istoriati: Incontro tra Ciro e Lisandro, 1650 circa, Francesco Grue, ex Collezione Rothschild, Firenze – Alessandro copre il corpo di Dario con la clamide, 1640 circa, Bottega Grue – Allocuzione di Scipione, 1640-47 circa, – Museo Acerbo ‐ Foto Abruzzo storie e passioni

Rinfrescatoio istoriato, 1670 circa, Bottega Grue – Museo Acerbo delle Ceramiche di Castelli, Loreto Aprutino – Foto Abruzzo storie e passioni

Antico calamaio, 1588, Museo Acerbo delle Ceramiche di Castelli – a destra: Pannello decorativo formato da mattonelle maiolicate, XVIII sec. Raffigurante l’Annunciazione – Foto Abruzzo storie e passioni

Tondi istoriati raffiguranti San Giuseppe e un Santo Vescovo, attribuito a Liborio Grue, XVIII secolo – a destra: Mattonella maiolicata con raffigurato un paesaggio marino e figure orientali, Francesco Antonio Grue, XVIII secolo – Foto Leo De Rocco

Acquasantiera, XVIII sec. – Foto Leo De Rocco – Maiolica a rilievo decorata, ispirata agli altari barocchi abruzzesi realizzati nel ‘700 dalle maestranze lombarde e ticinesi.

Dettaglio di zuppiera in maiolica con ornati in rilievo e decori di fiori e insetti, Gesualdo Fuina (Castelli, 1755 – 1822) – a destra: Vaso biansato con istoriate due scene a soggetto religioso sopra le facciate contrapposte – Faenza, XVIII sec. – Museo Acerbo Loreto Aprutino – Foto Abruzzo storie e passioni

Alzata in maiolica decorata con putti, fiori, insetti, XVIII sec – a destra: Brocca in maiolica decorata con mazzi di fiori, Bottega Gentili, XVIII sec – Foto Leo De Rocco

Piattello con paesaggio agreste e viandanti, Fedele Cappelletti 1847/1920 – a destra: Maiolica settecentesca di Torre de’ Passeri – Museo Acerbo Loreto Aprutino – Foto Abruzzo storie e passioni

Grandi vasi decorati attribuiti a Francesco Saverio Grue, 1720-1755 – Foto Leo De Rocco

Creazione dell’uomo e della donna; tentazione di Eva e Cacciata dal Paradiso – Foto Abruzzo storie e passioni

Bacco e Arianna, Carmine Gentili, 1742 – a destra: Diana al bagno, dettaglio, Carmine Gentili – Tra i più grandi dipinti su tegole maiolicate, sono tra gli esemplari più famosi della Collezione.

L’Arcangelo Michele sottomette il maligno, mattonella istoriata, tratta da un dipinto di Guido Reni, attribuita a Giacomo Gentili o Bernardino Gentili, XVIII secolo.

In alto: Il Ratto di Europa, XVIII sec. – al centro: Nascita di Venere, / Bacco e Arianna, Bottega Gentili, XVIII sec. – in basso: Il Ratto di Europa, Carmine Gentili, XVIII sec.

Spargipolvere da scrittoio, attr. a Gesualdo Fuina, 1755/1822

Fiasca da farmacia in maiolica con decoro a fiori, Gesualdo Fuina, XVIII sec.

Maioliche decorate, a terzo fuoco, di Gesualdo Fuina, 1755/1822

Mattonella maiolicata raffigurante Sant’Emidio d’Ascoli (in alto a dx), protettore dai terremoti, Bottega Gentili, XVIII secolo – Museo Acerbo Loreto Aprutino – Foto Abruzzo storie e passioni

Chieti ‐ Pinacoteca Barbella

Piatto settecentesco in maiolica decorato con scena religiosa: “Noli me tangere” – Bottega di Castelli – Pinacoteca Barbella Chieti – Foto Leo De Rocco

Castelli, Museo della Ceramica e Chiesa di San Donato

Parte dei mattoni maiolicati risalenti alla prima metà del Cinquecento, un tempo parte del soffitto della piccola cona campestre vicino Castelli, successivamente, nel ‘600, usati per la pavimentazione della chiesa (ex cona) dedicata a San Donato. La Madonna con Bambino è attribuita alla Bottega Orazio Pompei – Museo della Ceramica, Castelli – Foto Leo De Rocco

Chiesa di San Donato, Castelli, ricostruzione del secondo soffitto maiolicato seicentesco (1615-17) – Foto Leo De Rocco

“Annunciazione”, Berardino Gentili il Giovane, Museo della Ceramica di Castelli – Foto Leo De Rocco

Museo della Ceramica di Castelli – Foto Leo De Rocco

Versatoio con manico e beccuccio, tipologia “Orsini-Colonna”, Bottega Pompei XVI sec. – Museo della Ceramica di Castelli – a destra: piatto da parata, XVII sec. – Foto Leo De Rocco

Fiasca, decorata a terzo fuoco, XVIII sec. Museo della Ceramica, Castelli – Foto Leo De Rocco

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Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici ‐ Fonti: “Maioliche di Castelli nella Collezione Acerbo” a cura di Vincenzo De Pompeis, Edizione Carsa 2001; “Eximiae Devotionis, arte e devozione nelle chiese lauretane” Ianieri Edizioni 2017; Museo Acerbo delle Ceramiche di Castelli ‐ Ringrazio per l’accoglienza il dott. Pierluigi Evangelista, direttore dei Musei Civici di Loreto Aprutino e la gentile Nicoletta, segretaria del Museo Acerbo.

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