In copertina: giardino del Palazzo d’Avalos, Vasto – Foto Abruzzo storie e passioni

Il giardiniere, 1889, Vincent van Gogh, Roma, Galleria nazionale d’arte Moderna e Contemporanea – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Una regina egizia dona un fiore al faraone. Rilievo proveniente dal sito archeologico di Amarna – Neues Museum Berlino
In mezzo all’erba, sotto gli alberi, nei vasi grigi delle nicchie, si scorgevano pennellate bianche, d’oro, di porpora; sopra la sua testa gli alberi erano rosa e bianchi, e ovunque si udivano battiti d’ali, suoni flautati, ronzii, dolci profumi. (1)
Prima parte
In Abruzzo, ma non solo.
In questo articolo il nostro blog di storie e passioni d’Abruzzo esce dai confini regionali per fare un viaggio alla ricerca delle impressioni d’occhio e di cuore tra parchi e giardini in Italia e all’estero. In particolare visiteremo il parco-giardino di Ecclestone Square Garden a Londra, in passato appartenuto a famiglie aristocratiche, negli ultimi anni tornato all’antico splendore dopo un periodo di abbandono. Una storia simile la racconteremo da un parco-giardino che si trova a Loreto Aprutino, tra le colline pescaresi. Nella seconda parte dell’articolo scopriremo la storia dell’abruzzese Raffaele de Vico, considerato il più importante architetto paesaggista italiano. Sono molti i giardini che scopriremo in questo articolo, altrettanto ricca è la galleria fotografica. Durante i miei viaggi, nell’elenco “cose da vedere”, non può mancare la visita a parchi e giardini, storici o realizzati in tempi recenti. Immergersi nella natura, tra verdi architetture, arte e storia, aiuta a connettersi meglio con il luogo visitato, cogliendo la sua vera essenza.
I fiori nell’arte
Nella collezione museale di arte antica del Museo Neues di Berlino spicca un rilievo in pietra in cui è rappresentata una regina egizia mentre dona un fiore al faraone. Uno dei più antichi omaggi d’amore consiste in un gesto semplice. Che sia colto spontaneamente in un giardino o in un campo, oppure comprato, regalare un fiore esprime un sentimento, una passione, un legame d’amore o di amicizia.
Nell’antica Roma i cittadini si recavano nella basilica “Floscellaria” per vendere o comprare fiori da regalare, per decorare la casa, oppure da donare e consacrare agli déi. Gli innamorati romani esprimevano i loro sentimenti scambiandosi ghirlande di fiori, usate anche nell’antica Grecia per adornare il capo degli atleti vittoriosi alle Olimpiadi.
Antinoo, il favorito dell’imperatore Adriano, i cui avi erano “abruzzesi”, originari di Hatria Picenum, l’odierna Atri (articolo “Atri, tra Adriano e Andrea de Litio”, in questo blog), veniva rappresentato con un fiore di loto sul capo, simbolo di rinascita dopo la sua misteriosa scomparsa nelle acque del Nilo avvenuta nell’ottobre del 130 d.C.
Il fiore è il simbolo del giardino, insieme a piante, alberi e acqua, elementi primari della natura che accompagnano da sempre la storia dell’uomo. Si pensi ad esempio ai fiori nella storia dell’arte, con le delicate fioriture primaverili di Botticelli; i girasoli, gli iris e i fiori di mandorlo di Van Gogh; fino ai giardini incantati di Monet. Il pittore fiammingo Hieronymus Bosch rappresenta la storia dell’umanità in un giardino, quello delle “delizie”.
Nella religione rose e roseti sono presenti nella iconografia legata alla rappresentazione della Madre di Gesù. Alfonso il Saggio, re di Castiglia e Léon e re dei Romani, sovrano ma anche poeta, nel XIII secolo celebrava la Vergine Maria con un riferimento ai fiori: “Rosa delle rose, fiore dei fiori”. Prima del culto mariano i racconti biblici ricordano l’inizio della Creazione narrando la storia del Giardino dell’Eden: il “Paradisus voluptatis” (Paradiso delle delizie), con l’Albero della vita e l’Albero della conoscenza del Bene e del Male, l’Eden perduto di Adamo ed Eva.
L’Hortus conclusus
Nel Medioevo prenderà forma l’Hortus conclusus, il “giardino recintato”, riferito ai chiostri di monasteri, conventi e abbazie. Angeli e arcangeli raffigurati nei monumentali cicli di affreschi di Saturnino Gatti a Villagrande di Tornimparte tra le montagne aquilane e del Maestro di Loreto in Santa Maria in Piano a Loreto Aprutino tra le colline pescaresi, cospargono gli astanti con petali di rose, simbolo dello Spirito Santo.
Nella letteratura i fiori sono protagonisti di romanzi e poesie. Gabriele d’Annunzio nelle Novelle della Pescara racconta di “uomini e fanciulli, coronati di rose e bacche rosee” in onore della Madonna delle Rose di Torricella Peligna. Per l’arrivo a San Vito Chietino della sua amante romana, la bella, colta e intelligente Barbara Leoni, il Vate cospargerà la via di casa, ornata di “aranceti”, con petali di ginestre “d’un colore sulfureo splendidissimo”.
Anche nelle favole i fiori sono spesso protagonisti. I pastori abruzzesi narravano la storia di due innamorati alle prese con “un fiore d’argento” che sbocciava in primavera tra i boschi della Majella, ma poteva essere visto solo da chi possiede un animo amorevole, nobile e buono. Una delle sette meraviglie del mondo antico furono un insieme di giardini, quelli pensili di Babilonia, realizzati vicino a Baghdad per volere di re Nabucodonosor II quale omaggio d’amore per la giovane moglie, la regina di origine persiana Amiti. Si narra che in quei mitici giardini profumatissime rose, le più belle al mondo, erano in fiore tutto l’anno. Al re babilonese si ispirò il librettista Temistocle Solera per scrivere la famosa opera lirica il “Nabucco ”, musicata da Giuseppe Verdi.
I giardini orientali, in particolare quelli cinesi, esprimono, oltre all’estetica decorativa, anche l’armonia e l’equilibrio tra l’uomo e la natura. Temi presenti nelle culture orientali da migliaia di anni. Egizi, persiani, greci, etruschi, romani, da Oriente a Occidente, tutti i popoli in ogni epoca hanno creato verdi oasi di pace, frutto di raffinate architetture paesaggistiche e ingegneria idraulica.
Per gli antichi romani il giardino, in principio “hortus”, era il luogo della domus deputato all’otium (tempo libero). Meravigliosi giardini abbellivano le ville degli imperatori, una su tutte Villa Adriana a Tivoli, fatta edificare dal citato Adriano. Le ville pompeiane, quelle abitate dalle famiglie patrizie e, in generale, le ville romane diffuse nell’impero, erano circondate da cortili (peristilio) all’interno dei quali vi erano statue, giochi d’acqua, fontane, fiori e piante rampicanti. Iniziamo questo viaggio “floreale” dal giardino di Livia Drusilla.
Il giardino affrescato di Livia Drusilla
Tra gli affreschi che rappresentano il giardino della Villa di Livia Drusilla, la terza moglie dell’imperatore Augusto, appaiono fiori, frutteti, uccelli e voliere. Una straordinaria fotografia dei giardini romani risalente al 30 a.C. che ritroviamo, molto simile, nella Casa del bracciale d’oro (I sec.d.C), una delle più ricche e lussuose ville di Pompei e che, come vedremo, sarà fonte di ispirazione anche per i moderni architetti del paesaggio. Gli affreschi con giardini e statue si trovavano nel piano basso dell’edificio, in prossimità di un ninfeo decorato a mosaico con giochi d’acqua. La ricchezza dell’acqua, che contribuì alla diffusione dei giardini nelle ville pompeiane, era garantita dall’acquedotto augusteo del Serino, costruito nel 10 d.C.
Il ciclo di affreschi di Villa Livia è distribuito su quattro pareti dell’antica villa imperiale a Prima Porta, un luogo panoramico sulla Valle del Tevere, in quel tempo ricoperto di boschi rigogliosi e un ricco giardino, poi riprodotto sulle pareti del seminterrato della villa. Al suo interno la coppia imperiale riceveva gli ospiti tra feste e banchetti, ma avvenivano anche incontri politici con ospiti importanti.
Tra gli affreschi del viridarium di Livia, cosi come nei giardini affrescati nella Casa del bracciale d’oro a Pompei, si riconoscono decine di specie arboree, floreali e avicole: dalla palma all’abete, dal papavero alla rosa, dal passero al pettirosso. Un’arte “verista” che si sviluppò in concomitanza della diffusione dell’ars topiaria”, ovvero l’arte del potare le piante per fini ornamentali, per creare forme e volumi e adeguarli alle geometrie e agli spazi di viali alberati, piccoli boschi e luoghi di sosta e riposo circondati da piante odorose.
Questa arte del giardino era diffusa sia nelle ville patrizie, e sia in aree verdi pubbliche, come teatri, templi, terme e palestre. Dopo il mondo classico anche re, regine, papi, cardinali e la nobilità in generale, continueranno ad arricchire le loro residenze con aree verdi pensate e disegnate da esperti architetti paesaggisti. Nacquero così i Giardini Vaticani, quelli di Versailles e della Reggia di Caserta, i giardini dei sultani e quelli ”d’inverno” della Russia zarista. Nella galleria fotografica propongo una serie di immagini relative a parchi e giardini che ho avuto modo di visitare, tra essi segnalo il giardino di Villa Ludovisi a Roma, in quanto esempio emblematico della storia e della successiva trasformazione dei citati “hortus” romani.
Villa Ludovisi
Villa Ludovisi, fatta edificare nel ‘600 dal cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di papa Gregorio XV, comprendeva un esteso parco-giardino progettato nella prima metà del ‘600 dal paesaggista André La Notre, lo stesso architetto della Reggia di Versailles. L’importanza di questo giardino deriva dal fatto che le sue attuali pertinenze rappresentano ciò che rimane dei vasti Giardini di Sallustio, gli Horti Sallustiani, i giardini che il senatore romano Gaio Sallustio Crispo, nato nell’86 a.C. ad Amiternum, antica città vicino L’Aquila (San Vittorino), fece costruire attorno alla sua lussuosa villa, edificata tra il Pincio e il Quirinale, seguendo la moda, promossa da Lucullo circa trent’anni prima, di circondare con spazi verdi curati, statue greche e fontane le proprie lussuose dimore.
Gli Horti Sallustiani, intesi come estese aree verdi pertinenti alla seicentesca Villa Ludovisi, subirono una radicale trasformazione dopo l’Unità d’Italia. La conseguente urbanizzazione della nuova capitale comportò la lottizzazione dell’area, sottoscritta dall’allora sindaco Leopoldo Torlonia, nipote di Alessandro Torlonia, che abbiamo conosciuto in questo blog in occasione dell’articolo sulla storia del Lago Fucino (“Da Pescina a Capistrello. Viaggio nella storia del Lago Fucino).
Da quella operazione, in buona parte fondata sulla speculazione edilizia, nacque l’attuale Via Veneto. Querce secolari, pini, e giardini decantanti da viaggiatori e scrittori di ogni epoca, furono abbattuti. Non venne risparmiata nemmeno buona parte delle aree verdi della sontuosa Villa Ludovisi. Tra coloro che protestarono contro le demolizioni ottocentesche emerse un giovane pescarese giunto da pochi anni a Roma per lavorare come cronista mondano nella redazione della “Tribuna”, ma si era già fatto notare negli ambienti letterari e nei salotti della nobiltà romana: Gabriele d’Annunzio. Lo scrittore definirà quella Roma di fine Ottocento come la “città delle demolizioni” contrapponendo la bellezza del mondo antico alla “volgarità” della imperante “febbre edilizia”. Un tema questo che quasi un secolo dopo sarà ripreso da Pier Paolo Pasolini.
La nascita dei parchi pubblici
Come abbiamo visto già nell’epoca classica i romani, così come i greci, crearono spazi verdi per il popolo, in quanto in tali aree vi erano templi dedicati agli dèi, ma solo in epoca moderna parchi e giardini iniziarono, non solo in Italia, a rivestire la connotazione di “pubblica utilità”, ovvero aree verdi dedicate alla fruizione di tutti i cittadini, non più privilegio riservato a una ristretta élite o legati ad un uso religioso. Fu così che molti giardini appartenuti a ville, palazzi nobiliari e residenze reali, ad antiche riserve di caccia ad uso esclusivo dei regnanti e delle corti aristocratiche, fino ai chiostri dei monasteri e delle antiche abbazie, si trasformarono gradualmente in aree verdi pubbliche. Alcune di queste aree oltre a trasformarsi in spazi dedicati al relax e al tempo ibero, alle attività all’aria aperta e alla semplice contemplazione, diventarono anche luoghi di aggregazione politica.
Il Regulamentation Act emanato in Inghilterra nel 1872, è una legge che stabiliva la libertà di incontro e di espressione del pensiero all’interno dei parchi, in questo caso in Hyde Park a Londra. Nacque così la tradizione anglosassone dello “Speakers Corner” nei parchi pubblici: un oratore saliva su uno sgabello e rivolto alla folla teneva un discorso. Marx, Lenin, Orwell furono tra i personaggi più famosi saliti su quei pacchetti improvvisati nel parco.
La Villa Comunale di Chieti
La Villa Comunale di Chieti, tipico esempio di parco urbano in stile ottocentesco, nacque da quello che fu il parco-giardino privato del barone Ferrante Frigerj, il cui palazzo, costruito in stile neoclassico nel primo ‘800, è dal 1959 sede del prestigioso Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo. Alle proprietà del barone Frigerj si aggiunsero quelle dei Nolli, altra notabile famiglia teatina. Stessa sorte per il Real Bosco di Capodimonte a Napoli, in passato riserva di caccia di re Carlo III di Spagna, poi dei Borbone, quindi dei regnanti francesi, infine dei Savoia, diventato un parco cittadino inaugurato nel 1743 ed oggi parte integrante dei Musei di Capodimonte.
L’antico palazzo Frigerj è un simbolo della villa comunale teatina, come lo è la fontana in stile neo-classico acquistata nel 1889 dall’allora municipio di Chieti a Parigi, in occasione della Esposizione Universale, per abbellire il neonato parco pubblico. Nella stessa Esposizione, nel corso della quale fu inaugurata la Torre Eiffel, nel padiglione italiano era esposta un’opera in stile Liberty eseguita dai maestri intagliatori romani: si trattava di un Casino da Caccia, che il Principe del Fucino, il citato Alessandro Torlonia, farà poi installare (nel 1891) al centro dei giardini di Villa Torlonia ad Avezzano.
Villa Torlonia ad Avezzano
I giardini di Villa Torlonia sono ricchi di specie arboree inserite nella tipologia del “giardino all’italiana” di ispirazione rinascimentale. Nell’area furono costruiti granai per la conservazione dei primi prodotti agricoli coltivati nella fertile Piana del Fucino appena prosciugata. Come potete vedere nella galleria fotografica, sui prati sono esposte le prime macchine agricole che solcarono il Fucino. Come un imperatore romano Torlonia si fece costruire anche la “Ghiacciaia del Principe, ricavata in una piccola grotta nella quale venivano ammassati cumuli di neve prelevata dal monte Velino, trasportata a Villa Torlonia in casse isolate con la paglia. Così come facevano gli antichi romani per conservare i prodotti alimentari e godere della freschezza di una bevanda anche in piena estate. Lo sapevano già gli arabi, i quali, durante la loro dominazione in Sicilia, con le nevi raccolte sulle Madonie e sull’Etna usavano preparare lo “shebert”, una bevanda a base di ghiaccio e frutta, precursore della nota granita siciliana, che tanto piaceva ai re normanni.
Chissà se anche re Guglielmo d’Altavilla, la cui immagine è scolpita sui battenti in bronzo del portale di una delle abbazie più belle d’Abruzzo, San Clemente a Casauria, gustava lo shebert all’ombra delle palme che ornano il chiostro del Duomo di Monreale dove, raccontano le cronache dell’epoca, il sovrano amava rinfrescarsi durante la calura estiva sostando vicino alla fontana scolpita a forma di palma, dalla cui cima sgorga l’acqua attraverso le fauci di 12 leoni.
Alcuni giardini abruzzesi, ancora oggi rigogliosi e visitabili, derivano non solo da architetture barocche e neoclassiche inserite nelle aree verdi di palazzi nobiliari, ma anche dai chiostri di monasteri e abbazie. In quest’ultimo caso i giardini non avevano una funzione decorativa, ma erano fonte di sostentamento per il monastero con la coltivazione di orti e campicelli. La stessa funzione originaria dei citati “hortus” romani. Inoltre i monaci grazie ai chiostri rifornivano la loro spezieria, antesignana delle moderne farmacie.
Il giardino di Palazzo d’Avalos a Vasto
Un tipico giardino di epoca barocca, detto “giardino alla napoletana”, è quello che circonda Palazzo d’Avalos a Vasto. Il giardino domina il “Golfo d’Oro” e un tempo era impreziosito da fontane con zampilli e giochi d’acqua e un ninfeo rivestito di conchiglie e madreperla. La funzione del barocco del resto era suscitare stupore.
L’eccesso che contraddistinse il barocco in ogni suo ambito, giardini compresi, sarà sostituito da forme più lineari e armoniose. I romantici giardini ottocenteschi, in particolare quelli detti “alla inglese”, esprimono questi nuovi requisiti. Nella galleria fotografica insieme alle immagini relative a parchi e giardini abruzzesi, propongo alcune foto che scattai tempo fa in un parco di Londra e al Central Park di New York, in quanto trovo interessante, per capire al meglio l’evoluzione dei giardini pubblici, italiani ed europei, la nascita di un parco-giardino di cui mi accingo a narrarne la storia: Ecclestone Square, ubicato nella zona residenziale in stile “regency” di Pimlico, a Westminster.
Oltretutto l’idea di un’architettura del giardino, nell’ambito di estesi agglomerati urbani, trovo sia affine al progetto denominato “città giardino”, ideato dell’architetto Antonino Liberi (Spoltore, 1855 – Roma, 1933) e attuato (in parte) tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, nella zona sud di Pescara, nei pressi del Parco d’Avalos, dove ancora oggi si possono ammirare eleganti villette in stile Liberty all’ombra di boschi di pini marittimi. Come vedremo dai neonati giardini pubblici europei troveranno ispirazione i primi architetti paesaggisti americani ideatori dell’iconico Central Park.
Eccleston Park a Londra
L’interessante parco-giardino di Eccleston, ricco di piante rare, collezioni di peonie, camelie e rose rampicanti, nacque per un uso esclusivo, destinato ai proprietari degli appartamenti di lusso che circondano la piazza, abitati nel tempo da personalità della politica e della cultura inglese, come Winston Churchill e il direttore d’orchestra di origine italiana Michael Costa. Considerato il cuore verde di Westminster, Eccleston Square porta la firma dell’architetto londinese Thomas Cubitt il quale creò l’area green intorno al 1830, grazie a un sistema di “affitto” concesso dalla famiglia proprietaria: i Grosvenor.
Nella lettera di accordo, sottoscritta con l’allora secondo marchese di Westminster Richard Grosvenor, un ricco proprietario terriero che durante i viaggi dei “Grand Tour” visitò anche l’Abruzzo, si impegnava a costruire una serie di quattro “giardini quadrati”, gestiti successivamente da un comitato di residenti. In origine nei quattro acri venivano coltivati prodotti ortofrutticoli che garantivano quattro raccolti ogni anno. I prodotti orticoli venivano trasportati in cestini realizzati con le canne dei salici piangenti che crescevano rigogliosi grazie ai terreni alluvionati dal Tamigi.
Dopo gli anni ‘50 del secolo scorso una potente società immobiliare progettò di cementificare Eccleston Square Garden per realizzarvi un mega parcheggio a pagamento, questo pericolo fu scongiurato grazie alla opposizione dei residenti riuniti in un comitato. Nel 1981 diventò direttore di Ecclestone Square Garden il giardiniere, fotografo e artista Roger Howard Phillips. Fu lui a riportare all’antico splendore l’area verde che, trascurata, era diventata un “deserto urbano”, come ebbe modo di affermare lui stesso. Phillips conservò il design originario ideato da Thomas Cubitt del 1830 creando però nuovi percorsi con aiuole e piante che garantiscono colori e profumi tutto l’anno. La fruizione dell’Eccleston Square Garden è gratuita per i residenti, mentre per i turisti previa richiesta e il pagamento di un biglietto.
Furono i parchi inglesi, in particolare il citato Hyde Park, ad ispirare la nascita del famoso Central Park di Manhattan. Già prima della sua realizzazione, avvenuta dopo la seconda metà dell’800 ad opera degli architetti paesaggisti Frederik Law Olmsted e Calvert Vaux. La necessità di un parco pubblico nel centro di New York fu sollecitata dal primo architetto paesaggista, orticoltore e scrittore americano: Andrew Jackson Dowing, nel 1844.
Villa Vizcaya a Miami e il Parco delle Belle Arti di San Francisco
Degno di nota, restando negli Stati Uniti, il parco giardino di Villa Vizcaya a Miami, ideato dal paesaggista colombiano Diego Suarez negli anni 20 del ‘900, nel solco della “American Renaissance”. Suarez si ispirò ai giardini rinascimentali italiani con richiami al barocco. La villa e il parco appartenevano ad un ricco industriale americano, James Deering, il quale insieme al suo compagno, il designer Paul Chalfin, viaggiò molto in Europa, in particolare in Italia, dove i due acquistarono una cospicua collezione di opere d’arte, oggi esposte nella sua villa-museo.
Interessanti anche il Palazzo e il Parco delle Belle Arti di San Francisco, una struttura monumentale situata nel quartiere “Marina District”. Il complesso fu costruito nel 1915 in occasione della Esposizione Internazionale Panama-Pacifico. L’edificio ricostruito negli anni 60-70 del secolo scorso è circondato da una laguna e da colonnati che ricordano i fasti dell’antica Roma e della Grecia classica. Il Tempio di Minerva Medica a Roma e il dipinto simbolista, dal sapore onirico, di Arnold Broklin “L’isola dei morti” sono stati presi come modelli dagli architetti William Gladstone e Bernard Forseck.
Seconda parte
Raffaele de Vico l’architetto abruzzese del paesaggio
Per la progettazione e la realizzazione di parchi e giardini, antichi o moderni, un ruolo fondamentale è quello svolto dall’architetto paesaggista. Come abbiamo visto l’Arte Topiaria o Opus Topiarum, era una vera e propria arte del giardino, testimoniata ad esempio dagli affreschi di Villa Livia, nei quali abbiamo ammirato oltre al rigoglioso giardino anche statue, siepi curate, recinzioni e staccionate di canne vegetali.
Nella storia italiana del giardino pubblico l’abruzzese Raffaele de’ Vico (Penne, 1881 – Roma, 1969) è stato l’architetto del paesaggio più importante. I parchi e i giardini più iconici di Roma, come Villa Borghese, i giardini dell’area dei Fori Imperiali, il Parco di Colle Oppio, il giardino Caffarelli dei Musei Capitolini, la fontana giardino e le aree verdi di Viale Mazzini e dell’Eur, fino al Serbatoio idrico e alle esedre arboree di Piazza Venezia, furono progettati e ideati da Raffaele de Vico dagli inizi del ‘900 in poi.
Le sue opere hanno fatto scuola nella storia italiana e internazionale dell’architettura del paesaggio. Raffaele de Vico, descritto dai suoi familiari come un tipo ironico, caparbio e solitario, studiò da autodidatta la storia dell’architettura romana, trovando affinità e ispirazione con il pensiero dello scrittore inglese John Ruskin (Londra, 1819 – Brantwood, 1900), secondo cui l’arte e la natura circostante sono profondamente connessi grazie all’etica.
Da questo assunto l’opera di Raffaele de Vico si basa sulla conservazione e sulla “originale armonia” da realizzare anche studiando “dagli antichi”, come ad esempio l’analisi delle specie vegetali ritratti nei citati affreschi di Villa Livia o le descrizioni di spazi verdi nei testi della storiografia antica, da quella classica, come gli Horti Sallustiani, al Rinascimento con i giardini “all’italiana”.
Anche la storia che mi accingo a raccontare, su un parco-giardino abruzzese, posizionato a Loreto Aprutino tra le colline pescaresi, si basa su un intervento di recupero e conservazione. Oltretutto Raffaele de Vico realizzò il parco giardino della residenza di campagna del barone Giacomo Acerbo, loretese, noto collezionista delle antiche ceramiche di Castelli, oggi raccolte nel locale Museo Acerbo (articolo: “Il Museo Acerbo e le antiche ceramiche di Castelli”, in questo blog).
Il Parco Lauternum
Loreto Aprutino è una cittadina ricca di arte e storia. E’ il paese del Museo Acerbo delle antiche Ceramiche di Castelli, la collezione più grande al mondo; del Museo dell’Olio e del ciclo di affreschi trecenteschi nella chiesa di Santa Maria in Piano, che comprende la rara rappresentazione del “Ponte del Capello”. Non mancano le tradizioni, come la suggestiva festa popolare dedicata a San Zopito. (1)
A Loreto Aprutino scopriamo una storia di recupero e riqualificazione che ha interessato un vecchio parco-giardino ormai abbandonato al degrado. Il “Lauternum” e un parco paesaggistico non ancora molto conosciuto, nonostante sia menzionato tra i giardini più belli d’Italia nel “Parco più bello”, una guida online di parchi e giardini italiani patrocinato dal Ministero dei Beni Culturali. Mi aspetta al cancello di ingresso al parco Alberto Colazilli, paeaggista giardiniere.
Il parco-giardino leretese, mi racconta Alberto, prese forma tra l’800 e i primi del ‘900 su iniziativa di alcune famiglie aristocratiche locali che si avvicendarono nella proprietà: i Valentini e i Corsi. All’epoca il parco era molto più esteso, comprendeva un bosco di cedri e di cipressi; un ponticello attraversava un piccolo corso d’acqua di sorgente e conduceva ad un grande orto. Alberto racconta quando da bambino, passeggiando con la bici, imboccava la strada che porta alla ex Villa Corsi:
Rimanevo incantato ad ammirare l’incredibile viale di quella casa, fiancheggiato da cipressi secolari, dove i ligustri, gli allori e i bossi si erano talmente intrecciati nel corso dei decenni da creare una straordinaria galleria verde che sembrava uscita da una favola. Quando nell’estate del 1999 varcai il cancello del viale ed entrai in quel regno inesplorato, per me fu come entrare in un sogno.
In quella estate del 1999 Alberto inizia una lunga avventura non senza ostacoli e problemi burocratici, ma passione e professionalità riporteranno l’abbandonata Villa Corsi al suo antico splendore e al servizio della comunità. Si realizzerà così negli anni il suo sogno inseguito fin da ragazzino, far rivivere la bellezza del parco:
Sono stati anni di duro lavoro, tra estati roventi e inverni rigidi e nevosi, il clima da queste parti non è quello della costiera Amalfitana o quello della Costa Ligure.
E proprio il gelo causò danni irreparabili al bellissimo bosco di mimose, l’abbondante nevicata che seguì provocò il crollo di alcuni alberi di olmo, insieme ad altre piante. Ma con pazienza la bellezza è stata ripristinata. Entrare in questo parco-giardino è come entrare in un’altra dimensione: un’oasi di tranquillità immersa nel verde con i profumi e i colori di circa trecento specie di piante, tra fiori, boschi, siepi, piccoli palmeti e altri tipi di vegetazione mediterranea.
Il lungo viale di alberi centenari conduce in un giardino ammantato di bellezza e mistero: labirinti, archetti, piccole gallerie, statue, stagni, fontane. Come in un museo, il Parco Lauternum accoglie il visitatore con saloni-giardino sempre in trasformazione in base alla luce e alle stagioni, alle sapienti potature e alle infiorescenze. Ed ecco il giardino delle farfalle e quello delle delle rose, il giardino delle palme e il giardino acquatico, il giardino delle Yucche fino ai buxus sempervirens.
Il vecchio sambuco coricato è un po’ il simbolo di questo parco. Abbattuto da una abbondante nevicata, miracolosamente riprese a vivere. Il tronco, caduto a terra sotto il peso della neve non fu rimosso e così nuovi germogli ripresero vita. Ci sono voluti più di dieci anni di lavoro per ritrovare l’antica bellezza del parco abbandonato.
I parchi e i giardini, come il Lauternum (in passato chiamato Parco dei Ligustri) sono luoghi in cui è piacevole passeggiare per ritemprare la mente e lo spirito, tra luci, colori e profumi. Templi della natura dove rifugiarsi e ritrovare quel legame ancestrale con la Madre Terra, purtroppo sempre più offuscato dal caotico e frenetico mondo contemporaneo.
Dedico questo articolo all’amico Wayne Hatford
Nel prossimo articolo dalle colline di Loreto Aprutino ci sposteremo tra le dune di San Salvo Marina, sulla Costa dei Trabocchi. Ci aspetta un’altra storia che parla di recupero e valorizzazione di un’area abbandonata, destinata in passato a parcheggio e deposito di rifiuti edili, ma diventato nel tempo, grazie all’opera di un appassionato guardiniere, il Giardino Botanico Mediterraneo, il più grande giardino botanico dunale d’Abruzzo e l’unico presente sull’intera costa adriatica.
Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica
Galleria fotografica relativa alla prima parte


Ricostruzione ipotetica dei Giardini pensili di Babilonia – a destra: Giardino dell’Eden, Lucas Cranach il Vecchio, 1520, Kunsthistorisches Museum Vienna

La Madonna del Roseto (esempio di “hortus conclusus”), Stefano da Verona, 1420c, Museo di Castelvecchio, Verona





Il Giardino dell’Eden, ciclo di affreschi nella chiesa di Santa Maria in Piano a Loreto Aprutino – Foto Leo De Rocco


Gli angeli di Saturnino Gatti, dettagli del ciclo di affreschi nella chiesa di San Panfilo in Tornimparte – Foto Leo De Rocco








Pittura da giardino dalla Villa di Livia, arte augustea, I sec.d.C. – Palazzo Massimo Roma – Foto Leo De Rocco


Dettaglio degli affreschi della Casa del bracciale d’oro di Pompei – a destra: Flora, affresco proveniente da Villa Arianna – Museo Archeologico Nazionale di Napoli – Foto Leo De Rocco

Roma, Giardini Vaticani – Foto Leo De Rocco




Giardini di Castel Gandolfo, residenza estiva dei papi – Foto Leo De Rocco






Giardini di Villa Boncompagni-Ludovisi, Roma – Foto Leo De Rocco – Gli affreschi nel Casino della villa sono del Guercino (l’Aurora e la Fama) e di Caravaggio (Giove, Nettuno e Plutone. Pittura a muro)

Parco giardino del Palazzo dei Normanni a Palermo – Foto Leo De Rocco


Napoli, parco giardino di Capodimonte – a destra: Venezia, giardini di Palazzo Venier dei Leoni – Foto Leo De Rocco

”Interni del piccolo eremo. Il giardino d’inverno” acquerello ottocentesco, Edoardo Hau, 1865 – Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo





Chiostro dell’abbazia di San Giovanni in Venere, Fossacesia – Foto Leo De Rocco



Chiostro del Monastero di San Francesco, Celano – Foto Leo De Rocco




Chiostro e vigneto dell’Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco



Chiostro del Duomo di Monreale – Foto Leo De Rocco







Vasto – Giardini barocchi del Palazzo d’Avalos – Foto Leo De Rocco



Giardini del lungomare di Reggio Calabria – Foto Leo De Rocco


Istanbul, giardini del Palazzo Topkapi, residenza dei sultani ottomani – Foto Leo De Rocco – Nel dettaglio: decorazioni di fiori dipinti su maioliche, tra essi i tulipani, fiore che per “noi“ occidentali rappresenta l’Olanda, ma gli olandesi importarono per la prima volta bulbi di tulipani dalla Turchia, nella seconda metà del ‘500.





Avezzano, il Casino di Caccia del principe Torlonia – Foto Leo De Rocco


La volta decorata con 8 spicchi di cielo con foglie rampicanti di vite e uccelli (a sx) – Foto Marica Massaro – A dx, volta decorata con vite rampicante in un salone del Palazzo Topkapi a Istanbul – Foto Leo De Rocco












Avezzano – Villa Torlonia, il parco e la Ghiacciaia del Principe – Foto Leo De Rocco


Avezzano – Villa Torlonia – Opera bifacciale in cemento armato dell’artista avezzanese Pasquale Di Fabio, seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso. L’opera funge da architrave dell’attuale Palazzo Torlonia, sede dell’Archivio di Stato di Avezzano – Foto Leo De Rocco












Chieti – Villa Comunale, Monumento ai Caduti della Grande Guerra, Palazzo Frigerij, sede del Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo – Foto e video Leo De Rocco






San Salvo, Giardino Botanico Mediterraneo ‐ Foto Leo De Rocco





Giardini del Vittoriale, Gardone Riviera – Foto Leo De Rocco












Londra, il giardino di Eccleston Square – Foto Leo De Rocco

Inghilterra, Richmond Park – Foto Leo De Rocco

Londra, Hyde Park – Foto Leo De Rocco



















Miami – Villa Vizcaya – Foto Leo De Rocco






San Francisco – Palace of Fine Arts – Foto Leo De Rocco









New York, Central Park – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni – nel parco sono installate alcune opere, come “Alice in Wonderland”, gruppo scultoreo di Jose de Creeft, 1959
Galleria fotografica relativa alla seconda parte

Raffaele de Vico ‐ Foto Archivio personale di Raffaele de Vico Roma


Villa Acerbo, Caprara frazione di Spoltore, giardini di Raffaele de Vico – Foto Leo De Rocco

Loreto Aprutino – Foto Leo De Rocco









Loreto Aprutino – Parco paesaggistico Lauternum – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
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Copyright – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note: 1) Brano tratto da “Il Giardino Segreto”, 1910, di Frances Hodgson Burnett – 2)Su Loreto Aprutino in questo blog: “Le ceramiche di Castelli il Museo Acerbo” e “Gli affreschi di Santa Maria in Piano e il Museo dell’Olio” – Fonti: “Raffaele Vico, I giardini e le architetture romane dal 1908 al 1962”, Ulrike Gawlik, Casa Editrice Leo S.Olschkj 2017; “Il Parco Torlonia, una storia nel verde” Gabriele Altobelli, Carsa Editore, 2003 – Ecclestone Square Garden sito ufficiale – Ringrazio per la collaborazione Gabriele Altobelli, scultore e scrittore e Wayne Hatford, scrittore e professore di storia dell’arte a San Francisco.
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Molto bello e coinvolgente, si può visitare?
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Bellissimo articolo
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Grazie!!
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