Dalla terra nasce l’acqua, dall’acqua nasce l’anima. Eraclito (1)
Una delle sorgenti di Popoli Terme ‐ video Abruzzo storie e passioni
Introduzione
L’Abruzzo dei Parchi
Con i suoi numerosi parchi nazionali e regionali e le riserve naturali montane e marine, l’Abruzzo è un vero e proprio set fotografico a cielo aperto. Un patrimonio naturalistico che attira fotografi professionisti, appassionati, amanti della natura incontaminata e degli sport all’aria aperta. Tante sono le mete ambite da un turismo “fotografico” proveniente dal resto d’Italia e dall’estero.
Tra queste spiccano i boschi del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, preziosi tesori naturalistici che custodiscono alcuni dei faggi più antichi d’Europa, foreste primordiali recentemente dichiarate Patrimonio UNESCO. Suggestivi anche gli scenari del Bosco di Sant’Antonio, riserva naturale nel cuore del Parco Nazionale della Maiella, meta molto richiesta dai fotografi soprattutto nel periodo del foliage. E come non citare le atmosfere senza tempo di Scanno e dei suoi dintorni, luoghi paesaggistici e sociali amatissimi da fotografi di fama internazionale, primo tra tutti il padre della fotografia moderna: Henri Cartier-Bresson. Non a caso uno degli articoli più letti nel nostro blog, soprattutto dai lettori stranieri, è “L’Abruzzo di Henri Cartier Bresson”.
Accanto a queste mete note, la regione custodisce riserve naturali meno conosciute ma altrettanto affascinanti. Nei precedenti articoli abbiamo visitato il Parco del Lavino nei pressi di Scafa (Pe) e la Riserva Naturale dei Calanchi di Atri. Oggi scopriremo un altro gioiellino: la Riserva Naturale delle Sorgenti del Pescara, alle porte di Popoli. Come vedremo, le limpide sorgenti emergono dopo un lungo percorso sotterraneo che parte dal massiccio del Gran Sasso.
Nella seconda parte dell’articolo saliremo sul tetto degli Appennini, simbolicamente per ripercorrere a ritroso il viaggio delle sorgenti d’Abruzzo. Prima però visiteremo le bellezze artistiche e storiche dell’antica città ducale di Popoli, guidati dal popolese Bruno Di Tommaso, memoria storica di questi luoghi.
Prima parte
La Chiave dei tre Abruzzi
“Benvenuti a Popoli, la città dell’acqua e del vento”, recita un cartello turistico. In effetti da queste parti il vento e l’acqua modellano da sempre il paesaggio. La città è situata in una stretta e ventosa valle segnata dalle gole che portano il suo nome – Gole di Popoli, dette anche Gole dei Tremonti – e da ben cinque corsi d’acqua, tra fiumi e sorgenti: Aterno, Sagittario, San Callisto, Pescara, Giardino.
Il territorio è lambito da due parchi nazionali, Maiella e Gran Sasso-Monti della Laga, e da tre valli: Peligna, Aterno e la parte meridionale del Sagittario. Per la sua posizione strategica Popoli è definita La chiave dei tre Abruzzi. Qui infatti passava il confine tra l’Abruzzo Ultra e l’Abruzzo Citra, rispettivamente oltre e al di qua del fiume Pescara, snodo fondamentale per le vie tratturali e la transumanza, i pilastri dell’economia antica.
Proprio a Popoli il fiume Aterno, che nasce tra i monti di Montereale, nel massiccio dei Monti della Laga, si unisce alle acque del Sagittario (un fiume che vede la luce tra Villalago e il Lago di Scanno), e poi alle sorgenti del Pescara, le cui acque invece provengono dal massiccio del Gran Sasso.
Tra ponti, fontane, cisterne, acquedotti e terme, la città di Popoli è dunque la regina abruzzese delle acque e delle sorgenti. A questo patrimonio naturalistico si aggiunge un centro storico che custodisce piazze, chiese e palazzi di grande interesse, oltre a numerose curiosità.
La Chiesa di San Francesco e il paliotto in maiolica
Il sagrato della chiesa di San Francesco, costruita nel 1480 accanto a un convento francescano del XIII secolo, è custodito da due leoni in pietra che sorreggono gli scudi ducali dei Cantelmo e sorvegliano la bella Piazza della Libertà. Qui si affacciano la settecentesca Torre dell’Orologio e una fontana realizzata nel 1905 dalla Fonderia Pignone di Firenze, decorata con quattro mascheroni simili a satiri da cui sgorga l’acqua cristallina proveniente dalle vicine sorgenti.
La facciata presenta una parte romanica (XIV sec.) e una barocca (restaurata nel 1688), ed è impreziosita da nove statue e da un quattrocentesco rosone, tra i più belli d’Abruzzo, sul quale sono scolpiti i simboli degli evangelisti: l’aquila per Giovanni, il toro per Luca, il leone per Marco e l’angelo per Matteo. Al centro campeggia lo stemma dei duchi Cantelmo, ripreso anche sulla facciata del campanile.
All’interno, la navata unica barocca accoglie nella cappella dedicata a San Francesco un prezioso paliotto in maiolica blu-celeste, ocra e giallo, con motivi floreali che richiamano l’acqua. Fu realizzato dal ceramista Paolo Fraticelli di Torre de’ Passeri (1720 circa), il cui stile riflette la grande tradizione della ceramica di Castelli. Proprio in quell’epoca alcune famiglie castellane si trasferirono a Torre de’ Passeri e diedero vita alla ceramica torrese; così come avvenne anche nella vicina Bussi sul Tirino, un territorio ricco di acqua e argilla.
Nella galleria fotografica troverete altri due rari paliotti abruzzesi: uno in maiolica di Castelli con ventisette santi e riferimenti alla città dell’Aquila, e uno in cuoio inciso, dipinto e dorato dedicato a San Lorenzo. Per il prezioso paliotto di Nicola da Guardiagrele rimando all’articolo “Arte orafa abruzzese. Nicola da Guardiagrele, il corallo di Giulianova e l’oro di Scanno ”; mentre per le ceramiche: “Le antiche Ceramiche di Castelli, il museo Acerbo di Loreto Aprutino“.
Il Palazzo Ducale, le feste del duca e le mummie della cripta.
Maestosa si erge la settecentesca chiesa della Santissima Trinità, posta in cima a una monumentale scalinata. Ai lati della chiesa svettano due campanili gemelli, l’altro appartiene alla chiesa dei Santi Lorenzo e Biagio. La mia guida Bruno racconta che nella cripta della Trinità furono rinvenuti otto corpi mummificati risalenti al XVIII secolo. Il ritrovamento è stato documentato nel 2001 dal National Geographic nella serie televisiva The Mummy Road Show. Su richiesta è possibile visitare la cripta e una delle mummie.
La scalinata termina come in un ideale incontro tra potere religioso e quello civile proprio davanti al Palazzo Ducale dei Cantelmo, costruito nel 1480. L’androne introduce nel cortile d’onore a pianta trapezoidale, con loggia a tre arcate e finestre rinascimentali. Curiosa la botte in pietra addossata a una parete: presenta due fori dai quali, secondo la tradizione, durante le feste rinascimentali volute dal duca Restaino venivano mesciuti acqua e vino.
Bruno racconta di aver rintracciato nell’Archivio di Stato di Napoli I nomi degli invitati a una di quelle feste, e tra i nomi trascritti dal cerimoniere del duca sulla lista figuravano: “Federico duca di Montefeltro e sua moglie Eleonora Gonzaga; i marchesi d’Avalos; Napoleone Orsini, conte di Raimondo; Filippo Colonna, duca di Tagliacozzo; Vittoria Colonna moglie di Ferrante d’Avalos, Signora di Pescocostanzo e marchesa di Pescara”.
Escursione al Castello
Il Castello dei Cantelmo, appartenuto alla famiglia ducale che dal 1269 fu feudataria del paese “dell’acqua e del vento”, si scorge sull’altura che domina Piazza della Libertà. L’antico maniero, oggi restaurato, fu costruito tra il 1000 e il 1015 per volontà del vescovo valvense Tidolfo, sul monte dove già nel IX era documentata una torre di difesa a protezione dell’abbazia di San Clemente a Casauria.
In realtà i Cantelmo non abitarono mai in questo che più che un castello era un fortino, utilizzato come torre di guardia e avvistamento.
Mentre bevo un caffè nel centro storico, osservo le torri e, nonostante il gran caldo, decido di salire fin lassù. Seguendo la segnaletica scopro che la base di partenza si trova vicino la chiesa della Santissima Trinità. Il sentiero è ben tenuto ed è immerso nel verde, tra querce e rovi. Mentre salgo zigzagando, incontro altri turisti e ciclisti in mountain bike un po’ spericolati: scendono per il sentiero roccioso a tutta velocità. Arrivati al castello, la fatica è ripagata dal bellissimo panorama.
La Taverna Ducale, le braghe del duca e la Taverna Nuova.
Le storie medievali evocano atmosfere affascinanti, che qui a Popoli diventano quasi tangibili giungendo alla Taverna Ducale, un prezioso esempio di architettura medievale, unico in Abruzzo.
L’edificio ha conservato l’aspetto architettonico originale del Trecento. Fu costruito dai duchi di Popoli per controllare e gestire il commercio delle merci, esigendo un pedaggio per il transito di persone, animali e mercanzie. Come ricorda un’iscrizione latina posta sulla facciata:
Don Fabrizio Cantelmo, quarto duca di Popoli, signore utile delle terre di Pettorano e di Rocca Valle Scura e titolare della giurisdizione criminale di Pentima e Vittorito, signore dei diritti di questo passaggio, affinché si obbedisca ai decreti della regia Camera e non si esige alcunché oltre il giusto e il solito, fece incidere questa lapide per ordine del principe, di modo che ciascuno sia informato di quanto si debba pagare per le merci e altri beni (2).
Durante la transumanza dagli altipiani aquilani i pastori portavano a valle, in direzione delle pianure pugliesi, milioni di pecore, e la Chiave dei tre Abruzzi era un passaggio obbligato. L’antico e strategico tracciato della Tiburtina Valeria, intrecciandosi con le vie tratturali, attraversava il borgo medievale passando accanto alle chiese della Santissima Trinità, San Lorenzo e San Biagio, quindi in direzione della chiesa di San Rocco.
La Taverna Ducale di Popoli fu costruita tra il 1373 e il 1377 dal duca Giovanni Cantelmo e ampliata nel Seicento dal duca Fabrizio. Sulla facciata, tra bifore e portali gotici, si trovano gli stemmi dei Cantelmo, dei d’Angiò e di altre casate imparentate, intervallati da figure allegoriche: un drago, una cicogna, un fiore con otto petali, una dama musicista e la curiosa figura di un uomo con le braghe calate e i genitali in mostra.
I racconti popolari tramandati oralmente, narrano che l’audace rappresentazione sarebbe lo scherno del duca indirizzato ai cittadini, che non di rado manifestavano malumore nei confronti della famiglia ducale, accusata di essere avida e tirchia. Non a caso nel 1574, proprio a fianco della Taverna Ducale, i cittadini costruirono a nome della universitas (il municipio) una propria taverna, chiamata Taverna Nuova.
Originari della Provenza, i Cantelmo giunsero in Italia al seguito di Carlo d’Angiò, che nel 1269 donò loro il feudo di Popoli. Nel Medioevo i contadini vassalli e i pastori transumanti dovevano recarsi nella Taverna Ducale per sottoporre al controllo obbligatorio i prodotti agricoli, il bestiame e le merci, ma soprattutto per pagare le relative decime: pagavano una decima parte di ciò che producevano e trasportavano.
Anche gli altri viandanti erano soggetti al pedaggio e chi lo desiderava poteva pernottare nella Taverna Ducale, l’edificio fungeva anche da locanda-albergo. La funzione di “dogana” conobbe diverse fasi di gestione. Inizialmente era una casa-bottega per la riscossione delle citate decime, successivamente ai tavernieri fu data la possibilità di panificare e vendere vino, la casa-bottega si trasformò così in taverna-albergo, con la possibilità di pernottare nelle stanze ricavate al piano superiore.
Tra la fine del XVI sec. e gli inizi del successivo, l’allora duca di Popoli don Fabrizio Cantelmo applicò la tassa sul pedaggio anche alle meretrici. Il lapideo sulla facciata infatti ricorda: “Per ciascuna donna meretrice che passasse, grana dieci”.
Chi siete, da dove venite, cosa portate. Un fiorino

Massimo Troisi e Roberto Benigni nella scena della dogana, “un fiorino”, nel film “Non ci resta che piangere”, 1984.
L’atmosfera della dogana di Popoli ricorda una celebre scena del film Non ci resta che piangere (1984), con il doganiere che ripete: “Chi siete? Da dove venite? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!” a Saverio (Roberto Benigni) e Mario (Massimo Troisi).
Queste storie intriganti non lasciarono indifferente nemmeno Gabriele d’Annunzio, che dopo un suo viaggio a Popoli e ispirato dalla storia dei duchi Cantelmo, creò nel romanzo Le Vergini delle Rocce (1895) il personaggio di Claudio Cantelmo, un nobile romano erede e discendente della famiglia ducale di Popoli.
L’inventore dell’elicottero nato a Popoli
Intitolato ad Antonio Gramsci, sul corso principale di Popoli sorgono importanti palazzi, tra cui la casa dove nacque Corradino D’Ascanio (Popoli, 1891 – Pisa, 1981), l’ingegnere inventore del prototipo dell’elicottero, ma anche della iconica Vespa Piaggio, simbolo della creatività italiana nel mondo.
Sulla sua biografia si potrebbe scrivere la trama di un film. Non ancora diciassettenne Corradino progettò un deltaplano, il primo in Abruzzo e uno dei primi in Italia. Lo costruì da solo, utilizzando le lenzuola prese di nascosto dal letto di sua madre. E quel rudimentale deltaplano trasformò in realtà il suo sogno coltivato fin da bambino: volare.
Era il 1906, tre anni prima i fratelli americani Wilbur e Orville Wright montarono il primo motore su un aliante: il “Flyer”, nacque così l’areoplano. Qualche anno dopo D’Ascanio firmò il prototipo del primo elicottero della storia, e nel 1930 fece un volo di prova. Per la storia completa di Corradino D’Ascanio rimando all’articolo a lui dedicato e pubblicato in questo blog
Fu sempre lui ad installare i primi telefoni privati a Popoli. Nel 1917, innamorato di una ragazza del posto di nome Paola, installò due apparecchi per parlare con lei anche di notte, collegandoli all’illuminazione pubblica.
E mentre D’Ascanio progettava la Vespa un altro abruzzese, Luciano Di Lello, calzolaio nato a Villa Santa Maria, nel chietino, confezionò con le sue mani il primo casco protettivo al mondo. Era fatto di cuoio, fu ideato da Luciano per proteggere i ciclisti, dopo aver assistito all’incidente in cui rimase coinvolto suo figlio. La sua invenzione fu documentata nel 1904, alla Esposizione Campionaria Internazionale di Firenze e il progetto comprendeva anche un giubbotto protettivo (gonfiabile, sempre in cuoio). Ricevette la Medaglia d’Oro al Merito. Abruzzo terra di inventori, è il caso di dire.
Sessanta fontane
A due passi dal centro storico ci attende una vera e propria oasi di tranquillità immersa nel verde, ricca di vegetazione ma soprattutto di acqua, come del resto tutta la città, con le sue sessanta fontane, un vero record.
La Riserva Naturale delle Sorgenti del Pescara è una delle più importanti aree sorgive d’Italia, nota anche come Oasi WWF. I popolesi me ne parlano con orgoglio mentre li incontro passeggiare o pedalare lungo i sentieri dell’area protetta.
Numerose risorgive immettono acqua dal basso verso la superficie creando suggestive formazioni naturali chiamate polle: qui se ne contano almeno sessanta. Le acque cristalline, filtrate nelle rocce calcaree, dopo un lungo percorso sotterraneo di circa un mese, raffiorano a Popoli con una portata notevole: ben 7000 litri al secondo, che fanno del Pescara il maggior affluente dell’Adriatico dopo il Po.
Le specie animali censite sono oltre cento, tra cui: l’airone rosso, l’airone cenerino, il martin pescatore, il cormorano e diverse specie di anatre. Inoltre, mi spiega una guida del WWF, sono presenti specie rarissime, come la lampreda di ruscello, presente sull’intero versante adriatico solo in questa riserva, e importanti specie ittiche come il gambero di fiume, la Rovella e lo Spinarello. L’eccezionale trasparenza dell’acqua permette alla fotosintesi di attivarsi fino a cinque metri di profondità, generando una rigogliosa vegetazione sommersa.
Popoli ospita anche un rinomato centro termale, a seguito di un referendum indetto il 7 maggio 2023 ha dato ufficialmente un nuovo nome alla città: Popoli Terme.
Popoli, l’incontro tra il fiume Aterno (a destra) e il fiume Pescara (a sinistra) ‐ video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Seconda parte
L’acqua nell’antichità: sacra e preziosa.

Allegoria dell’acqua, Filippo Comerio, 1780 – Fondazione Cavallini Sgarbi – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Popoli è il regno dell’acqua, ma quale rapporto avevano con questo elemento vitale gli antenati dei popolesi, le antiche popolazioni italiche dei Peligni? In questa seconda parte faremo un breve excursus sulla storia dell’acqua nell’antichità e sulle criticità che affronta la società contemporanea.
Per il filosofo greco Talete di Mileto l’acqua è l’archè, il principio di tutte le cose. Gli antichi Greci la consideravano l’elemento naturale primario, perfetta armonia cielo e terra: la pioggia come parte di un ciclo infinito e sacro. L’acqua era percepita come “quid divinum et arcanum”, mistero divino e origine della vita.
Dal palazzo di Cnosso all’Alhambra di Granada, fino alle ville pompeiane, l’acqua scorreva nei giardini e riempiva vasche decorate da mosaici colorati, grazie a raffinati sistemi di ingegneria idraulica. I romani, in questo, furono insuperabili.
Nell’antichità l’acqua aveva un valore che andava oltre l’utilità pratica: era un bene sacro, da rispettare, celebrare e mitizzare. Emblematico l’esempio dei Marsi, che consideravano sacro il fiume Giovenco, principale immissario del Lago Fucino, un tempo il terzo lago più grande d’Italia. Per approfondire la storia del Fucino rimando all’articolo: “Viaggio nella storia del Fucino, da Pescina a Capistrello”.
Fragilità contemporanee
Nella società moderna l’antico significato di “sacralità” dell’acqua è stato sostituito dal concetto di sfruttamento delle risorse naturali, spesso senza attenzione per la conservazione, la tutela e il rispetto per l’ambiente. Siccità, inquinamento delle falde acquifere, sprechi idrici, riduzione dei ghiacciai, fenomeni meteorologici estremi, sono solo alcune delle preoccupanti conseguenze prodotte da questa mentalità e dalla mancanza di consapevolezza. Si pensi ad esempio al taglio annuale di migliaia di ettari della Foresta Amazzonica.
Una ricerca svolta recentemente dall’Università Statale di Milano ha documentato la drastica riduzione – circa il 30% negli ultimi 50 anni – dell’unico (ormai ex) ghiacciaio dell’Europa meridionale e dell’intero Appennino: il ghiacciaio del Calderone, nel territorio di Pietracamela (Te), tra le guglie del Corno Grande (2912 metri), nel massiccio del Gran Sasso d’Italia. In passato, nel periodo primaverile, il Calderone alimentava un lago proglaciale, il Lago Sofia, completamente sparito tra gli anni ’70 e ’80 durante la costruzione del Traforo del Gran Sasso.
Al posto del ghiacciaio Calderone oggi sopravvive un nevaio perenne, tecnicamente Glacieret (o Glacionevato), ovvero un ghiacciaio di dimensioni ridotte con un limitato, o assente, movimento verso valle.
La prima scalata della storia dell’alpinismo e il ghiacciaio sparito
Sono lontani i tempi in cui l’ingegnere militare e appassionato alpinista Francesco De Marchi (Bologna, 1504 – L’Aquila, 1576) scalò per la prima volta nella storia il Gran Sasso, alla non più giovanissima età di 69 anni, lasciando sul suo diario una descrizione sorprendente delle condizioni del Calderone:
Qui è dove vi è sempre la neve, alta quindici o venti piedi, e più di ogni altro luogo qui neve e ghiaccio stanno perpetuamente. E quest’è una quantità d’un grosso miglio di lunghezza e di larghezza più di mezzo miglio.
Quella di De Marchi fu un’impresa storica, compiuta due secoli prima della nascita dell’alpinismo come disciplina sportiva e turistica, tradizionalmente datata all’agosto 1786, con la conquista della vetta del Monte Bianco.
E il giorno successivo, il 20 agosto 1573, l’infaticabile De Marchi segnò un altro primato calandosi nella grotta carsica “Grotta a Male”, sempre nel massiccio del Gran Sasso; nacque così in Italia la Speleologia.
Sulla cima più alta del Gran Sasso, De Marchi alzò la sua bandiera il 19 agosto 1573, un tempo per noi lontanissimo, ma non per la scienza, che ha registrato la riduzione del ghiacciaio abruzzese fin dell’Ottocento, ma in maniera molto lenta. Quello che oggi sorprende gli scienziati è la velocità dell’arretramento del Calderone, inusuale negli ultimi decenni.
Ritrovare il giusto equilibrio con la Natura
Dovremmo recuperare la consapevolezza di essere parte dell’universo, non al di sopra di esso. I nostri antenati, come le popolazioni italiche peligne che abitavano le valli di Popoli, consideravano sacri e inviolabili gli elementi naturali, vere e proprie divinità garanti della vita sul pianeta. Così come tutti gli antichi popoli del mondo, come gli egizi, che leggevano le stagioni in base allo scorrere del Nilo. Nel Medioevo San Francesco celebra la Natura come espressione del Creato e Amore universale: acqua, sole, luna, stelle, fiori sono nostri “fratelli e sorelle”.
Nell’epoca contemporanea, il messaggio francescano è ancora attuale: abbiamo il dovere di riconciliarci con la Natura, rispettarla e valorizzarla. L’Abruzzo con i suoi parchi e riserve è sulla buona strada. Popoli Terme con le sue sorgenti limpide immerse in boschi e sentieri, ideali per piacevoli passeggiate, trekking, cicloturismo ed escursioni a cavallo, è un esempio virtuoso.
L’acqua, da sempre sorgente di vita e simbolo di rinascita, continua a raccontarci la storia dell’Abruzzo e della sua gente. Oggi come ieri Popoli custodisce questo patrimonio prezioso, fatto di montagne che nascondono viaggi sotterranei millenari e di una natura che chiede rispetto e ascolto. Camminando tra i suoi sentieri riscopriamo il valore autentico del rapporto con l’ambiente: un equilibrio fragile che necessita della nostra protezione. L’Abruzzo dei parchi è questo: un invito ad amare, proteggere e vivere la natura con gratitudine, come facevano gli Antichi.
Leo Domenico De Rocco – Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ derocco.leo@gmail.com ‐ Copyright – Riproduzione riservata – Note e fonti dopo la galleria fotografica



Popoli, nell’ordine: Riserva Naturale Sorgenti del Pescara; confluenza dei tre fiumi: Aterno, Pescara e San Callisto; fontana dei mascheroni, in ghisa, realizzata nel 1905 dalla Fonderia Pignone Firenze – Foto e video Abruzzo storie e passioni

Popoli – Foto Abruzzo storie e passioni

Popoli, la sorgente del fiume Giardino attraversa il paese – Foto Abruzzo storie e passioni

Popoli, piazza della Libertà – Foto Abruzzo storie e passioni






Popoli, piazza della Libertà, Torre dell’Orologio, Chiesa di San Francesco – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni




Popoli – Chiesa di San Francesco, paliotto d’altare con maioliche di Torre de’ Passeri -– Foto Abruzzo storie e passioni





L’Aquila – Oratorio di Sant’Antonio dei Cavalieri de’ Nardis, paliotto maiolicato – in basso: Paliotto di San Lorenzo – Foto Leo De Rocco







Popoli – Chiesa della Santissima Trinità, “Macchina Sacra”, scultura barocca attribuita a Giacomo Colombo; Palazzo Ducale Cantelmo e cortile d’onore con la botte in pietra da dove anticamente si mesceva acqua e vino durante le feste dei duchi – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni


Popoli, il castello in lontananza visto dal colle delle terme – Foto Abruzzo storie e passioni





Popoli, Castello Cantelmo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni


A sinistra il portale della Taverna Ducale, a destra quello della Taverna Nuova che reca lo stemma del Comune e la scritta “Universitas populi transeuntium commoditati 1574” (la Taverna a beneficio dei passanti 1574) – Foto Abruzzo storie e passioni





Taverna Ducale e Taverna Nuova – Foto Abruzzo storie e passioni















Taverna Ducale di Popoli, dettaglio – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Le regole scolpite sulla lapide posta sulla facciata della Taverna Ducale di Popoli – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni – Il manufatto, ritrovato nel 1920 presso l’abitazione della famiglia Formiti, fu ricollocato dove lo vediamo oggi.

Andrea Cantelmo (Pettorano sul Gizio, 1598 – Alcubierre, 1645) in una incisione del fiammingo Paulao Pontius, 1647





Popoli – Torre campanaria della chiesa di San Francesco, in basso l’ingresso al chiostro dell’ex convento francescano; stemma dell’Ordine francescano; dettagli del centro storico con l’insegna, datata 1574, di un calzolaio – Foto Abruzzo storie e passioni

Popoli Terme – Corso Gramsci, sulla destra la casa natale di Corradino D’Ascanio – Foto Leo De Rocco



Il deltaplano di Corradino D’Ascanio, 1906, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dall’ing. Ezio D’Amato – Foto Abruzzo storie e passioni



Popoli, casa natale di Corradino D’Ascanio – Foto Leo De Rocco – a destra: L’elicottero a una sola elica progettato da Corradino D’Ascanio nel 1949 – Corradino D’Ascanio davanti al suo elicottero presso le Officine pescaresi Camplone, 1926
Galleria fotografica relativa alla seconda parte

Popoli Terme – confluenza tra il fiume Aterno (a destra) e il fiume Pescara (a sinistra) – Foto Leo De Rocco



Popoli – Lavatoio pubblico, Fontana Cantelmo, distrutti dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale. Il lavatoio è stato ricostruito nel dopoguerra – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni





















Popoli – Riserva Naturale Sorgenti del Pescara – Foto Leo De Rocco




L’Aquila – Fontana delle 99 cannelle e Fontana Luminosa, opera di Nicola D’Antino, 1934 – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Pescina, il fiume “sacro” dei Marsi: il Giovenco – video Leo De Rocco




Gran Sasso d’Italia – Foto e video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Il capitano alpinista Francesco De Marchi, il primo uomo a scalare il Monte Corno, la vetta più alta del Gran Sasso d’Italia e dell’Appennino
Valle dell’Orfento – video Leo De Rocco
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Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni culturali ed Ecclesiastici ‐ Articolo aggiornato a gennaio 2024 – Ringrazio Bruno Di Tommaso, servizio di guida turistica, anche per scuole, tel. 339.6925690 ‐ Ringrazio inoltre Andrea Di Pasquale della Bike For Fun Popoli.
Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Foto e video (compreso copertina) Leo De Rocco: Riserva Naturale delle Sorgenti del Pescara, Popoli, settembre e novembre 2015, giugno 2022; L’Aquila e Pescina giugno 2015 e ottobre 2022. Tutte le foto sono protette da copyright – Note: 1) Eraclito, Frammenti, Mondadori editore 1980; (2) Traduzione a cura del Museo della Taverna Ducale – Fonti: W.W.F. info/itinerario presso Riserva Naturale Sorgenti del Pescara – Pierre Aube, “Ruggero II di Sicilia, un normanno nel Mediterraneo” Edizione Payot 2001; “Bussi, il paese che aspetta la bonifica che non c’è, e il telo sopra i veleni” Dacia Maraini, Corriere della Sera 23 settembre 2019.
For the English version, please refer to the end of this page.
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English Version
Popoli, the Springs of Abruzzo
The Earth gives birth to the water; the water gives birth to the soul. (1)

Natural Reserve of the springs of the Pescara River – Popoli, November 2015
The Natural Reserve of the springs of the Pescara River is a natural oasis of rare beauty, one of the historical reserves of Abruzzo and one of the most important spring areas of Italy.
In the Reserve, which is also a WWF Oasis, there are several springs of water, which bring water from the bottom to the surface, thus giving rise to spectacular natural formations: the pools (le polle). In this area, one can count at least 60 of them.

Natural Reserve of Springs of the Pescara River – Popoli, November 2015 – Ph Leo De Rocco
The crystal clear waters of this Natural Reserve, located on the outskirts of Popoli (province of Pescara), originate mainly from the highest mountain range of Abruzzo and of the Apennines, the Gran Sasso of Italy.
These waters permeate the limestone cliffs and move underground from the Gran Sasso through a lengthy journey of as many as 30 days to arrive at Popoli, where they emerge in a naturalistic context which is -to say the least- fascinating, with a remarkable span of seven thousand litres per second! So great is the scale, that in summertime the Pescara River is the largest tributary of the Adriatic Sea, only after the river Po.
The animal species counted here are more than 100; amongst them, the following can be found: the purple heron, the grey heron, the kingfisher, the Cormorant and many species of ducks. There are also rare species, such as the brook lamprey (only in this Reserve within the entire span of the Adriatic Sea) and other important species such as crayfish, the South European roach (Rovella) and the three-spined stickleback.
The exceptional water clarity causes the photo-synthetic process to develop up to five meters deep, thus creating a flourishing underwater vegetation.

Dukes of Cantelmo’s Residence – Popoli, September 2015 – ph Leo De Rocco
Almost all cities in the world have their parks and public gardens, but very few can boast of having a park with the springs of a river. The beautiful town of Popoli has indeed this privilege. The park/reserve is located just outside this town of Abruzzo and its inhabitants, the “Popolesi” (i.e. the citizens of Popoli), rightly talk about it with pride, as we meet them wandering (on foot or by bike) in the naturalistic oasis located just a few minutes away from the city centre.

Fountain of the 99 Spouts, sec XIII-XV – L’Aquila, June 2015 – Ph Leo De Rocco
For the Greek philosopher Thales of Miletus, water was the principle of all things. The ancient Greeks considered it as the primary natural element, the greatest harmony between heaven and earth: the rain was seen as part of an infinite life cycle.
For the ancients the water had a significance of sacredness, something divine and mysterious (quid divinum et arcanum). From the Palace of Knossos to Alhambra in Granada, the water adorned gardens and filled precious tanks, thanks to sophisticated systems of hydraulic engineering.
In ancient times, the water was considered to be a natural resource so precious that it overcame the mere material meaning: the water was also a sacred element that had to be preserved and respected, as a form of respect for nature and life itself.
A natural element to celebrate and mythicise. In modern societies, the old sense of the sacredness of the water has been replaced by the modern and cool concept of resource exploitation, with little attention to conservation and the environment. Global warming, climate change, drought, pollution of aquifers, glaciers depletion, extreme weather: the modern concepts of development that put the indiscriminate exploitation and profit before the respect for the environment and nature have led to these harmful consequences.
The State University of Milan has recently issued a warning for the drastic reduction (of approximately 30% over the past 50 years) of the only glacier in southern Europe and in the Apennines: the Calderone glacier of Abruzzo, on the Gran Sasso.
These troubling scenarios should make us all think that we live in a fast-paced society, where we are often dragged into something like a perverse vortex.
We should stop and try to regain our primal essence, the awareness of being part of the Universe and not above it. We should reconcile with nature, before it is too late, as our ancestors did, who considered the natural elements of the earth as sacred and inviolable.
Leo De Rocco
derocco.leo@gmail.com
Copyright – All rights reserved – This article and the pictures shown on this website are private. It is thus prohibited to retransmit, disseminate or otherwise use any part of this article without written authorisation. – Photos (including cover): Natural Reserve of the Pescara River Springs, Popoli, November and September 2015; L’Aquila, June 2015 – Footnotes: 1) Heraclitus, Fragments, Mondadori editore 1980 – Sources: W.W.F. info/itinerary for the Natural Reserve of the Pescara River Springs –
