San Vito Chietino. Mare, trabocchi e amanti.

25 Marzo. San Vito è la mia Mecca, la mia città santa a cui vanno le più alte aspirazioni dell’essere. Che gran soffio salutare! San Vito è il paradiso! (1)

Prima parte

Mare e Trabocchi

La Costa dei Trabocchi è uno dei tratti marini più suggestivi del litorale abruzzese. Il paesaggio, per fortuna rimasto finora indenne dagli agguati di palazzinari e imprenditori senza scrupoli, è prevalentemente collinare, con frutteti, uliveti e vigneti che arrivano a lambire il mare e una chilometrica ciclopedonale, chiamata la Via Verde, che da Ortona arriva, più o meno senza interruzioni, fino a Vasto.

Oggi il nostro blog di storie e passioni vi porta a scoprire San Vito Chietino, un piccolo paese che si affaccia su questo tratto del litorale. Uno dei trabocchi più antichi si trova sul mare sanvitese, è il “Turchino”, prende il nome dal vicino promontorio Capo del Turchino. In realtà deriva dal soprannome dato da Gabriele d’Annunzio a un pescatore sanvitese, chiamato così dal poeta per via della pelle dell’uomo, sempre abbronzata per le tante ore trascorse a pescare utilizzando le reti che i traboccanti calavano in mare.

Lo scrittore pescarese descrive il trabocco come “una strana macchina da pesca, tutta composta da tavole e travi, simile a un ragno colossale” mentre dalla piccola spiaggetta di ciottoli colorati e levigati dalle onde del mare lo osservava anche di notte, quando il “Turchino” e gli altri pescatori sanvitesi usavano catturare i pesci aiutandosi con le fiaccole.

Ai tempi di d’Annunzio il trabocco era il regno del contadino–pescatore. L’ingegnosa macchina da pesca costruita su palafitte garantiva il sostentamento della famiglia del pescatore, composta da gente umile dedita anche all’agricoltura. Negli ultimi decenni i trabocchi si sono trasformati in originali ristoranti sospesi sul mare. Una trasformazione che da un lato favorisce il turismo, mentre dall’altro rischia di svilire la storia dei trabocchi e a cancellare la memoria storica di questi luoghi. Per questo alcuni “traboccanti”, così sono chiamati i proprietari e gestori dei trabocchi, organizzano iniziative culturali volte alla diffusione della storia legata al territorio.

In particolare qui a San Vito è possibile visitare il Trabocco Turchino, vincolato dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio in quanto “Sito di interesse culturale” ed eletto “luogo del cuore” dal  FAI. Le visite sono gestite da una società locale, la Pallenium Tourism, che organizza visite guidate per turisti e gruppi di studenti, incontri musicali, degustazione di vini e prodotti locali, letture di poesie, presentazione di libri.

Vicino al “ragno colossale” descritto da d’Annunzio, fatto di cordami, argani, palafitte, pedane e ponti in pino d’Aleppo, quercia, robinia pseudoacacia e materiali ferrosi provenienti dalla Ferrovia Adriatica ormai dismessa, c’era una torre difensiva a guardia dell’antico castello sanvitese, soprattutto per proteggere il castrum dalle scorribande dei pirati turchi.

La torre fu eretta in epoca medievale, alla fine del Trecento, poi ricostruita dall’imperatore Carlo V d’Asburgo padre di Margherita d’Austria (Oudenaarde, 1522 – Ortona, 1586), la governatrice dei Paesi Bassi e granduchessa consorte di Firenze nonché di Parma e Piacenza, che si fece costruire dall’architetto Giacomo della Porta, allievo di Michelangelo, una dimora vista mare sul belvedere della vicina Ortona: il Palazzo Farnese.

Torre e castello oggi non ci sono più, ma i resti delle possenti mura castellane le ritrovo sulla via detta “Orientale” che dal panoramico paese di San Vito domina il mare dei trabocchi e regala, insieme al vicino belvedere, uno splendido panorama marino, ma anche montano, a ovest si vede molto vicino il massiccio montuoso della Maiella e più in là sua maestà il Gran Sasso. Ma il blu intenso del mare sanvitese prevale.

Il Belvedere Guglielmo Marconi si trova nel vecchio quartiere un tempo abitato da marinai e pescatori, i sanvitesi lo chiamano “il Colle”. Qui si trova una chiesa dedicata a San Francesco di Paola, protettore dei naviganti, dei bagnini e della gente di mare. La piccola chiesa, in stile tardo barocco, era la cappella privata dei marchesi Lucà-Dazio, una nobile famiglia giunta in Abruzzo dalle Fiandre nel XVI secolo, ma la sua storia è legata anche a una leggenda.

Si racconta che un vascello con a bordo i pirati turchi mentre si dirigeva sulla costa sanvitese per depredarla fu sorpreso da una tempesta. L’imbarcazione stava per affondare, ma un marinaio turco implorò l’aiuto del Cristo Salvatore invocando il suo nome. Improvvisamente tornò il sereno. Per grazia ricevuta i pirati risparmiarono San Vito e fecero costruire questa piccola chiesa sul punto più alto del promontorio.

La torre difensiva invece la ritroviamo documentata su una rara pergamena opera sempre di un pirata, ma questa volta pentito, diventato un eccellente navigatore, un bravo ammiraglio, nonché uno dei più grandi cartografi e geografi mai esistiti: Piri Reis (1465 – 1553), un turco conosciuto per la Mappa dei sette mari e il Libro della Marina, un tempo conservati, insieme alla pergamena, nella Sala del Tesoro del meraviglioso Palazzo Topkapi a Istanbul, lo storico e lussuoso buen retiro dei sultani ottomani nel quale quel simpaticone di Gabriele d’Annunzio avrebbe fatto carte false per passarvi almeno una notte su mille insieme a una delle sue “regine di Cipro”. E proprio a un sultano, Süleyman I detto “Il Magnifico”, appartenne la pergamena che contiene le architetture medievali di San Vito Chietino. Oggi fa parte della collezione dei manoscritti e libri rari del The Walters Museum a Baltimora.

Galleria fotografica

San Vito Chietino – Belvedere Marconi, Chiesa di San Francesco da Paola, centro storico, Chiesa della Immacolata Concezione, San Vito tra Matteo e Marco, pala d’altare di Leonzio Compassino, XVI sec., resti del castello, torrione sud-est, XIV sec. – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Costa dei Trabocchi – San Vito Chietino, la ciclopedonale della Via Verde in prossimità dell’Eremo Dannunziano e la spiaggia con i trabocchi sul molo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

San Vito Chietino – il Trabocco Turchino e la ciclopedonale Via Verde vista dall’Eremo Dannunziano – Foto e video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Antica pergamena con la mappa di Lanciano, il suo circondario e le cittadine-fortezze sulla costa, tra esse San Vito Chietino, XV sec., Piri Reìs -The Walters Art Museum Baltimora

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Palazzo Topkapi Istanbul – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Sul Trabocco Turchino – video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Barbara Leoni, in una foto scattata nel periodo della sua fuga amorosa a San Vito Chietino e Gabriele d’Annunzio, qui all’età di 26 anni, l’epoca del primo incontro con Barbara.

Seconda parte

Amanti

Mi trovo a San Vito Chietino non per trascorrere, seppur tentato, una giornata di relax al mare, ma per visitare e farvi conoscere una villetta arroccata sul promontorio che domina la marina e il citato Trabocco del Turchino. Questa casa e questi luoghi furono testimoni di una storia intrigante, che vide protagonisti, in un’epoca attraversata dagli ultimi barlumi del Romanticismo, uno scrittore carismatico e affascinante, ma sempre squattrinato, e la sua amante, una bella e intelligente ragazza di Roma. Questa storia costituì insieme al paese di San Vito Chietino e ad altre cittadine della Costa dei Trabocchi, in particolare Casalbordino e Ortona, oltre a Guardiagrele, nell’entroterra, la fonte di ispirazione per un celebre romanzo ottocentesco.

In una estate ormai molto lontana i due amanti trovarono in questa villetta un rifugio solitario dove trascorrere il loro tempo d’amore, di passione e di poesia. I due erano l’allora ventiseienne Gabriele d’Annunzio e “gli occhi più belli di Roma”, la “Barbarella regina di Cipro”, lei, Barbara Leoni, al secolo Elvira Natalia Fraternali, di un anno più grande. Entrambi reduci da matrimoni in crisi.

Avrete sicuramente indovinato il titolo del romanzo: “Il Trionfo della Morte”, ultimo della trilogia dei “Romanzi della Rosa” iniziata da d’Annunzio con “Il Piacere” e “L’Innocente”. Il romanzo racconta la storia dell’esteta Giorgio Aurispa, un nobile di Guardiagrele e della sua amante Ippolita Sanzio, una romana anch’essa sposata.

Per rendere la narrazione più consona al clima di quella lontana estate di passione consumata tra le onde del mare sanvitese, citerò stralci di questo romanzo e alcune lettere che i due amanti, quelli veri, Gabriele e Barbara, si scambiarono durante quel periodo. Spero così di rendere piacevole la lettura, suscitare curiosità e magari il desiderio di visitare questi luoghi.

Lo scambio epistolare tra Gabriele e Barbara è costituito da oltre mille lettere, molte delle quali inedite e sparse in collezioni private, ma tutte riunite, sistematizzate e commentate in un corposo e prezioso libro, un pilastro fondamentale per gli studi dannunziani: “Lettere a Barbara Leoni” (Casa Editrice Carabba Lanciano) a cura dello scrittore abruzzese Vito Salierno, uno dei più importanti studiosi di Gabriele d’Annunzio. Per Benedetto Croce quello tra d’Annunzio e Barbara fu “il più meraviglioso epistolario d’amore”.

Il primo incontro

Gabriele e Barbara si incontrarono la prima volta a Roma in occasione di un concerto organizzato al Circolo degli Artisti, nella celebre Via Margutta, il rione romano “delle arti”, inaugurato come tale dal pittore caravaggesco Orazio Gentileschi nei primi del ‘600, ma già abitato da artigiani e artisti nel Medioevo. Il Circolo fu fondato nel 1858 dal marchese Francesco Patrizi.

In verità d’Annnunzio aveva già adocchiato Barbara alcuni giorni prima mentre, passeggiando baldanzoso in Via del Babuino, notò la “bella romana” curiosare dentro una libreria. In quella occasione si consumò soltanto un fugace scambio di sguardi, ma il birbante pescarese aveva già deciso di andare oltre.

Al Circolo frequentato dal giovane d’Annunzio c’erano tutti vip dell’epoca, musicisti, artisti, intellettuali: Giacomo Puccini, Pietro Mascagni, Emile Zola, Franz Liszt… Ma in quella serata musicale e friccicarella il ventisettenne d’Annunzio pensava ad altro.

”Amore vedessi com’è bello il cielo a Via Margutta questa sera…” cantava il cantautore romano Luca Barbarossa nel 1987. Dev’essere proprio quello che pensò Gabriele d’Annunzio un secolo prima, in quella magica serata primaverile del 1887, quando, come in un dolce sogno, gli apparve in Via Margutta l’affascinante ragazza notata giorni prima in libreria, anche lei invitata a quel concerto.

Lei, intelligente, colta, bella ed elegante, di buona famiglia borghese ma non nobile, amante dell’arte e della letteratura, brava pianista, studiò al Conservatorio di Milano, reduce da un matrimonio ormai da tempo in crisi con un conte che aveva sposato cinque anni prima, il bolognese Ercole Leoni, dal quale oltre a prendere il cognome e il titolo di contessa, giusto quello perché il “conte” era uno squattrinato peggio di d’Annunzio e probabilmente non era nemmeno nobile, prese pure una malattia venerea che la rese sterile e infelice. A Barbara non rimase che lasciare il tetto coniugale bolognese e ritirarsi nella casa di famiglia a Roma.

Lui, un ambizioso e brillante giovane pescarese arrivato dalla provincia a Roma dove, per sbarcare il lunario, faceva saltuariamente il cronista mondano per il quotidiano “La Tribuna”, fondato nel 1883 dal principe Matteo Barberini Colonna di Sciarra, ma si era già fatto notare nei salotti romani e negli ambienti intellettuali per il suo talento letterario, che in verità non ancora gli aveva portato il grande successo di pubblico, bisognerà aspettare la pubblicazione del fortunato romanzo “Il Piacere”, e per l’irresistibile e magnetico fascino, ma anche per un chiacchierato matrimonio riparatore (lei era incinta del primo figlio di d’Annunzio, Mario) avuto a venti anni con una duchessa, la ricchissima Maria Hardouin di Gallese, la quale a sua volta, si vociferava, era l’amante del citato principe Matteo.

Maria Hardouin

Ormai mi ha vinta, conquistata e sottratta mi ha il mio cuore – Maria Hardouin

Entrambi ventenni, Gabriele d’Annunzio e Maria Hardouin si conobbero nell’inverno del 1883 durante una festa da ballo organizzata nel salotto romano della madre di Maria, la duchessa Natalia Lezzani. Dopo una tentata fuga in treno finita in un hotel di Firenze, nel quale i due fuggiaschi innamorati pernotteranno per due notti, si sposarono contro il volere del padre di lei e sotto i riflettori della stampa gossip dell’epoca nella chiesa privata di uno dei più sfarzosi palazzi di Roma, il rinascimentale Palazzo Altemps, costruito nel XV per volontà di Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV e marito di Caterina Sforza, il cui bisnonno, Muzio Attendolo, morì nel 1424 affogato a Pescara mentre attraversava a cavallo l’omonimo fiume che bagna la città. Si racconta che il capostipite degli Sforza cercò di salvare un suo paggetto caduto nel Pescara, la pesante armatura gli fu fatale. Girolamo Riario e suo zio papa Sisto IV furono tra gli organizzatori dell’attentato a Lorenzo de Medici, in cui perse la vita il fratello del Magnifico, Giuliano, durante la famosa Congiura dei Pazzi del 1478. L’edificio dopo alcuni avvicendamenti fu comprato nel 1568 dal cardinale Marco Sittico Altemps, da qui il nome del palazzo romano.

Le nozze riparatrici tra d’Annunzio e Maria Hardouin del Gallese, discendente dal ramo romano degli Altemps, furono celebrate il 28 luglio 1883. Testimone della coppia il sempre presente Francesco Paolo Michetti e tra i pochissimi invitati all’evento più chiacchierato dell’epoca c’erano pure Matilde Serao e suo marito Edoardo Scarfoglio, la coppia che da lì a qualche anno (nel 1892) fonderà “Il Mattino” di Napoli, con la Serao prima donna direttrice di un giornale.

Ma alle nozze riparatrici non c’era il padre di lei, né i genitori di lui, rimasti in Corso Manthonè a Pescara, dove, in una casa borghese, nacque venti anni prima d’Annunzio. Donna Natalia, la madre della sposa, invece assistette alla cerimonia di nascosto.

Il padre di Maria, il duca Giulio del Gallese, fu inflessibie. Troppo scandalosa quella relazione per quei tempi, la permanenza a palazzo di sua figlia incinta di un giovane poeta arrivato da Pescara era giudicata imbarazzante. Il duca serrò il portafoglio, nessuna dote per la figlia, nemmeno un centesimo. Nei salotti romani si raccontava che un giorno incontrando la figlia per strada il duca fece finta di non conoscerla.

I due giovani sposi, dopo un primo soggiorno a Porto San Giorgio, ospiti in un piccolo appartamento di proprietà del poeta Carmelo Errico, amico di Gabriele d’Annunzio, andranno a vivere per circa un anno nelle campagne vicino Pescara, in località Villa del Fuoco, all’epoca in provincia di Chieti. Qui la famiglia d’Annunzio possedeva alcuni terreni adibiti a vigneto e una casa nella quale nascerà nel 1884 Mario, il primo dei tre figli avuti con la Hardouin.

Dopo Mario, nacque nel 1886 Gabriele Maria d’Annunzio, detto Gabrielino, ma all’inizio d’Annunzio non lo riconosce,  diceva che era figlio di “un cocchiere”. Il terzo figlio Ugo Veniero, arriverà nello stesso anno, il 1887, in cui d’Annunzio conobbe Barbara Leoni.

La quarta figlia, Renata chiamata affettuosamente “Cicciuzza”, d’Annunzio l’avrà nel 1893 con l’amante, l’ennesima, Maria Gravina Cruyllas, sposata pure lei a un conte, con la quale prenderà in affitto per un paio d’anni il villino Mammarella vicino al Palazzo Sirena di Francavilla al Mare, non prima di essere denunciati per adulterio dal marito di lei, il conte Guido Anguissola di San Damiano. Il primo incontro tra d’Annunzio e la Cruyllas avvenne a Napoli nel 1892, fu un colpo di fulmine che segnerà la fine della relazione con Barbara Leoni.

Ora mi diverto discretamente: faccio cavalcate di tre ore quasi ogni sera, nuoto, vado in barca al chiaro di luna, ballo il mercoledì e il sabato, scrivo versi, faccio la corte alle signore belle, alle quali sono assai simpatico; forse perché son poeta e ho una selva di capelli ricci e due occhi da spiritato. Son curiose le donne! – Da una lettera di Gabriele d’Annunzio a un suo amico, scritta all’età di 17 anni a Francavilla al Mare.

Una crociera per rincorrere Barbara, da Ortona a Venezia.

Prima della Hardouin il giovanissimo e precoce d’Annunzio non ancora diciassettenne già correva dietro a una nobildonna teramana, la bella e colta Vinca Delfico, di due anni più grande, discendente del filosofo abruzzese Melchiorre Delfico (Montorio al Vomano, 1744 – Teramo, 1835). Ma invano. Donna Vinca fece girare la testa a molti uomini i quali arrivarono a sfoggiare un fiore di pervinca sulla giacca durante le feste mondane nelle quali era ospite la nobildonna teramana, ma il cuore di Vinca batteva innamorato solo per suo marito Simone Sorge, proprietario terriero a Nereto, nel teramano.

La “bella selvaggia” come la chiamava Michetti, che la ritrae tra fiori, raso e coralli, non cedette mai, nemmeno all’irresistibile d’Annunzio, il quale cercherà di sedurla per anni. Quando lui senza più giri di parole si dichiarerà, lei gli fa pervenire una cassetta di vellutate e rosee pesche. Ma era solo una nobile gentilezza o un messaggio subliminale, il sì non arriverà mai.

Ma torniamo agli amanti di San Vito. Dopo il colpo di fulmine nella libreria romana di Via Babuino e il primo bacio al concerto di Via Margutta, d’Annunzio farà di nuovo il pendolare tra Roma, Pescara e Francavilla al Mare, facilitato negli spostamenti dalla linea ferroviaria Pescara-Sulmona-Roma, finalmente inaugurata in quel periodo. Non mancano i viaggi, numerosi, tra i paesi abruzzesi, intrapresi insieme al “divino fratello Ciccillo” (Michetti), con il quale già anni prima, appena diciassettenne, era stato a Miglianico per assistere alla festa di San Pantaleone, rimanendo impressionato dai devoti miglianichesi che strisciavano a terra leccando il pavimento in segno di ex voto* per raggiungere e baciare il busto argenteo di San Pantaleone. Scene di un Abruzzo arcaico intriso di fede e tradizioni che porteranno Michetti a dipingere “Il Voto” e il giovane d’Annunzio a scrivere “Gli Idolatri”.

Tra i viaggi il Vate non si fa mancare nemmeno una crociera. Nell’agosto 1887, invitato dal suo amico Adolfo de Bosis, si avventura in una crociera sull’Adriatico, da Ortona a Venezia, a bordo della barca “Lady Clara”. Lo scrittore scroccone desiderava visitare Venezia, ma “tutto compreso”, tanto pagava de Bosis, nello stesso tempo non voleva perdere di vista la bella Barbara, anche lei partita per un viaggio, tra Rimini e la romantica città dei gonfolieri. Lo yacht Lady Clara attraccò a Venezia il 9 settembre 1887, ma d’Annunzio, de Bosis e altri due amici, decisero di proseguire in direzione di Istra e Dalmazia, trovandosi però fuori rotta desistettero. Il gruppo trovò alloggio a Riva degli Schiavoni, nell’hotel Beau Rivage, dove d’Annunzio incontrò finalmente la sua amata Barbara.

Il ritorno in Abruzzo e l’estate di passione sul mare sanvitese

Nel luglio 1889 d’Annunzio si licenzia dalla redazione della “Tribuna” e lascia Roma per rifugiarsi, ancora una volta, in quel nido che gli dava sempre sicurezza e gli suscitava ispirazioni letterarie, il Convento quattrocentesco di Francesco Paolo Michetti a Francavilla al Mare, acquistato dal pittore nel 1883 grazie alla vendita allo Stato italiano della grande tela “Il Voto”, oggi esposta alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma. Per un approfondimento rimando all’articolo: “Miglianico, d’Annunzio, Michetti e San Pantaleone”, in questo blog.

Verresti tu a passare l’estate con me, qui in Abruzzo, in una casa solitaria sul mare, lontana da Francavilla? (2)

Lo scrittore si divideva tra la sua casa natale sul corso Manthonè a Pescara, il conventino francavillese sulla collina e uno studio-atelier in spiaggia, quel cubo di tufo che Michetti costruì quasi in riva al mare e che ai francavillesi dell’epoca appariva come una stranezza d’artista. In quel periodo d’Annunzio stava riscuotendo sempre più successo grazie alla pubblicazione del romanzo”Il Piacere”, avvenuta in maggio, il primo romanzo della citata “Trilogia della Rosa” scritto a Francavilla al Mare. Ma al “Duca Minimo” sdraiato su uno dei suoi tappeti arabeggianti che si fece spedire da Roma, allestiti in stile Palazzo Topkapi sul pavimento in mattoni dell’atelier marino francavillese, all’ombra, come ci informa lui stesso, di “grandi tende verdi” che svolazzando al vento svelavano “il mare azzurro popolato di vele rosse”, che contrastavano piacevolmente con la “biancheggiante Francavilla simile ad una città moresca”, mancava la sua Barbarella.

Desiderava far conoscere l’Abruzzo alla sua amante e passare con lei l’estate. Chiese pertanto a Michetti di trovargli una casa sul mare, un luogo tranquillo, “lontano da Francavilla”, all’epoca una delle spiagge italiane più alla moda, grazie anche al viavai di pittori, scultori, poeti, giornalisti, cantanti, attrici, compositori, politici, fotografi, modelle e modelli ospitati nel celebre Cenacolo michettiano. Un posto così affollato non era certo il luogo ideale per due amanti.

Gabriele d’Annunzio cercava anche un luogo di passione, di un estetismo volto al culto delle bellezze naturali, artistiche e culturali della sua “amata terra”. Un luogo prettamente dannunziano dunque. Il primo, precursore di altre originali dimore che faranno da sigillo a una personalità e a uno stile inimitabile e “immaginifico”, come la Capponcina, ma soprattutto il Vittoriale. Fu proprio il suo caro amico Francesco Paolo Michetti a trovargli il buen retiro sul promontorio marino di San Vito Chietino. E il passionale d’Annunzio corre subito alla stazione, ma perde il treno.

Sono già a Francavilla. Volevo andare oggi stesso a San Vito, ma ho perduto il treno. Andrò con Ciccillo domattina per tempo. Ti riscriverò, narrandoti. Che fai tu, in quest’ora? E’ un tramonto lentissimo, di una calma quasi estatica. Chi sa se i tuoi pensieri viaggiano verso il Convento! Domattina salirò sul Promontorio dei sogni. Amami, quando verrai. (3)

Il promontorio dei sogni e delle passioni

Gabriele e Barbara arrivarono a San Vito Chietino, “il paese delle ginestre” come recita qui uno slogan turistico, il 23 luglio del 1889 e vi rimasero fino alla fine di settembre dello stesso anno. Prima dell’arrivo dell’amante romana d’Annunzio farà alcuni sopralluoghi a San Vito, a volte accompagnato dall’inseparabile Michetti.

Ogni comodo della vita mancherà su quell’inaccessibile Promontorio coperto di aranci e di olivi. Figurati una piccola casa rurale composta di due piccole stanze al primo piano e di una stanza al piano terreno e di un portichetto. E innanzi uno spiazzo ombreggiato di una quercia secolare; e, accanto, un grande orto di aranci e d’altri alberi fruttiferi; e sotto il mare, gli scogli, una vista interminabile di coste e di monti marini e, sopra tutto, una immensa libertà. Amami e sognami e desiderami sempre. (4)

All’epoca qui a San Vito non c’erano strade asfaltate e nemmeno automobili, i due una volta scesi dal treno raggiunsero la casa-eremo, adagiata sul promontorio di Capo Turchino, in località “Portelle”, frazione di San Vito Chietino, salendo a piedi per una stradina panoramica costellata da ginestre e aranceti.

Sono tanto, tanto, tanto stanco! Sono andato su e giù tutt’oggi. In quella casa manca ogni cosa. Povera Barbarella! Vieni con scarpe larghe e forti, troverai molti sassi e grandi massi. A giovedì amica e amante. L’indirizzo è San Vito Lanciano.   Ti adoro e ti desidero, violentemente. (5)

Nel romanzo invece è il protagonista Giorgio Aurispa ad aspettare nella casa-eremo la sua Ippolita, allestendo per il suo arrivo un tappeto di fiori di ginestra: “bisogna cospargere tutta la via, dal Trabocco alla casa”.

In un pianoro dove le ginestre fiorivano con tal densità da formare alla vista un sol manto giallo, d’un colore sulfureo, splendidissimo. (6)

In questo passo del romanzo d’Annunzio descrive l’incontro tra Giorgio Aurispa e alcune ragazze di San Vito Chietino, realmente incontrate dallo scrittore durante una passeggiata. Le ragazze sanvitesi erano intente a raccogliere le ginestre in un pianoro e nel farlo cantavano il ritornello di una canzone popolare abruzzese “Tutte le fontanelle”

Siamo ospiti di due contadini vecchissimi

La bellezza e la tranquillità di San Vito Chietino, l’incantevole mare della Costa dei Trabocchi, le scogliere, le spiagge nascoste e le isolette di scogli, i pianori di ginestre, i tramonti tra i promontori marini e i silenzi. Tutto questo fu il primo eremo ideale di Gabriele d’Annunzio, embrione di quella vita inimitabile che nel d’Annunzio maturo, passando prima per il citato villino Mammarella a Francavilla al Mare, prima vera dimora prettamente dannunziana, raggiungerà poi l’apice in quell’incredibile vortice di lusso ed estetismo decadente nel quale è immerso il Vittoriale, ultimo eremo, tra “dolci giardini e terrazze in declivio.” In questo senso un sottile fil rouge unisce il mare di San Vito al lago di Gardone Riviera.

Il pianoro della casa-eremo di San Vito era molto più ampio rispetto a come appare oggi e lambiva una scogliera a picco sul mare che si trova nelle vicinanze. Scogliera che come vedremo avrà un ruolo importante in questa storia. Come accennato l’attuale strada statale 16 Adriatica, in Abruzzo chiamata “la Nazionale”, che attraversa la Costa dei Trabocchi, all’epoca non esisteva, o meglio, non era asfaltata come la vediamo oggi, l’unica via di comunicazione tra la casa-eremo e la stazione ferroviaria di San Vito marina era una mulattiera che si arrampicava sui promontori della costa.

I proprietari della casa, Liberatuccia (Liberata Panata) e Vituccio (Vito Annecchini), contattati da Francesco Paolo Michetti per conto dell’amico, erano contadini del luogo che durante l’estate affittavano alcune camere ai forestieri, un po’ come quelle attività che oggi chiamiamo con un inglesismo bed and breakfast. Alla sua amante il giovane d’Annunzio non prospetta ristoranti e piatti lussuosi ma la semplicità, che poi è il vero lusso, della cucina popolare e marinara abruzzese incorniciata in un paesaggio incantevole.

Siamo ospiti di due contadini, vecchissimi, che hanno fama di saper cuocere le mujelle come nessuno al mondo: buoni, cortesi e patriarcali. (7)

Nella parte anteriore della casa-eremo, in un casetta rurale, abitava il sanvitese Luigi di Cintio “la persona sottile, rustica e rapace”, così lo descriveva d’Annunzio. Ed è proprio Luigi il famoso “Turchino”, chiamato affettuosamente così perché come abbiamo visto era “ner com’ nu turc” (traduzione: scuro come un turco) –antico detto diffuso nelle campagne a ridosso della costa abruzzese, a mio avviso derivante dalle antiche incursioni turche sulla costa – ma anche perché era piccolo di statura. In quel caseggiato insieme a Luigi-Turchino ci viveva pure suo figlio Florindo, vi abiterà fino al 1963. A tutti questi sanvitesi d’Annunzio assegnerà una parte nel romanzo.

Quel fanciullo seminudo, agile come un gatto, bruno come un bronzo ricco d’oro e con i suoi occhi acuti d’uccel di rapina. (8)

Nella casa degli amanti

19 Agosto. Che notte, quella già scorsa! E stanotte è il plenilunio d’agosto, quello che i grilli di San Vito rigavano stridendo come un diamante su un cristallo puro. Ti ricordi? E ti ricordi in quelle notti divine il biancheggiare dello scheletro enorme su la scogliera? Ti ricordi del trabocco, e del profumo emanato dalla bassa marea, e della luna rossa che ti faceva paura, e delle farfalle a cui tu crudele davi la caccia, e dei miei sonni dormiti sul velluto della tua rosa? Ti ricordi? (9)

Entrando nella casa degli amanti di San Vito si ha la sensazione che il tempo si sia fermato a quella lontana estate di fine Ottocento. L’atmosfera è resa piacevole dalla vista del mare che da quassù appare in tutta la sua struggente bellezza e dall’incantato giardino, che ricorda un dipinto di Monet. Mi affaccio da una finestra della casa, con un po’ di immaginazione sembra di intravedere la figura evanescente di Barbara Leoni mentre passeggia in giardino, tra ulivi, aranceti e cespugli di rosmarino, con il suo abito rosa antico, l’ombrellino per ripararsi dal sole e in mano un libro di poesie, sulle cui pagine annota i suoi pensieri più segreti. In un certo senso Barbara è ancora qui, perché subito dopo scopro che i suoi resti riposano proprio in questo giardino.

All’Eremo Dannunziano di San Vito realtà e immaginazione si confondono come in un sogno dal sapore retrò. Chissà se sul cancello d’ingresso c’è ancora l’incisione lasciata da Barbarella: “31 Luglio 1889 Gravis dum suavis”, ovvero “triste ma allo stesso tempo dolce”, in compenso sulla cassetta delle lettere ci sono i nomi dei villeggianti-amanti, Gabriele e Barbara. Una sottile abilità turistica che nell’insieme crea il suo effetto, ma non è la sola.

Quanti strani spettacoli quel damasco ha goduti! E’ pieno di suggestioni. (10)

Sul letto degli amanti, “Il talamo dei talami”, c’è un copriletto giallo, come il colore delle ginestre e della “gran coperta nuziale di damasco” sulla quale si consumarono le ardenti passioni di Giorgio e Ippolita, alias Gabriele e Barbara. Sopra è poggiato l’abito rosa antico regalato (dicono qui) a Barbarella dal suo Gabriele. Non so se è lo stesso abito, ma è un capo autentico dell’epoca e fa pendant con un ombrellino parasole poggiato su una sedia di vimini posta ai piedi del letto. Pare che un abito simile lo indossò pure Eleonora Duse, altra celebre protagonista nell’affollato harem dannunziano tra attrici, duchesse, eccentriche contesse e celebri artiste.

Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto perché ho amato.

Annotò la Duse nel suo diario. Ma d’Annunzio maturo si pentì dei suoi errori giovanili. Insieme ai ricordi marini sanvitesi della “bella romana” porterà al Vittoriale una foto della “divina”, ponendola accanto alla foto di sua madre, la ortonese donna Luisa de Benedictis. Poco distante dal giardino incantato della casa degli amanti i resti di Barbara Leoni, scomparsa povera e dimenticata da tutti il 7 aprile 1949 a Roma, riposano sotto una lapide bianca. Nel 2009 grazie all’interessamento del notaio pescarese Fernando De Rosa, la cui famiglia è l’attuale proprietaria della villetta, i resti della “regina di Cipro ” furono traslati dal Verano (Roma) a San Vito Chietino.

Barbarella tornò così nel suo amato eremo marino. La lapide si trova tra la casa e la terrazza che guarda il mare e le scogliere. Da una di queste scogliere, quella in “Contrada delle Portelle”, citata così nel romanzo e nella realtà scoperta da d’Annunzio durante una passeggiata romantica al chiaro di luna in compagnia di Barbara, Giorgio Aurispa deciderà di rendere immortale quell’amore impossibile e tormentato, trascinando nel vuoto la sua Ippolita.

La casa ideale s’è ricoperta di neve

Non aver paura, egli disse con la voce roca, avvicinati. Vieni! Vieni a vedere i pescatori che pescano fra gli scogli con le fiaccole…

– No, no. Ho paura della vertigine.

– Vieni, ti reggo io forte.

– No, no…

– Ma vieni!

Ed egli le si appressò con le mani tese. Rapidamente l’afferrò per i polsi, la trascinò per un piccolo tratto; poi la strinse tra le braccia, con un balzo, tentando di piegarla verso l’abisso.- Ti amo!

Perdonami! Perdonami! (11)

Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio, i protagonisti del romanzo, sono dunque l’alter ego di Gabriele d’Annunzio e di Barbara Leoni. Ma i nostri amanti non porranno fine alla loro storia. Il loro amore segreto, realmente vissuto in questa romantica villetta di campagna sul promontorio marino di San Vito Chietino, tra mare, ginestre e trabocchi, fu l’amore più vero, autentico e passionale che i due vissero nelle loro movimentate vite.

Andrò a San Vito. Se tu sapessi come sono ansioso! Ansioso come se dovessi ritrovare laggiù qualche parte di te! Non posso tornare a Roma senza aver riveduto i luoghi cari, i luoghi della felicità, i Promontori dei sogni, la terra e il mare che sono stati benigni ai nostri amori. Chissà se troverò in fiore le ginestre. Oh, i ricordi innumerevoli. Pare che mi scoppi il cuore. Come ero felice! Mai, mai nella vita, mai sono stato tanto felice. (12)

La casa ideale, nel luogo che sai, s’è ricoperta di neve. E il tuo viso s’è affacciato ai vetri, sorridendo. (13)

Per tutta la vita Gabriele d’Annunzio ricorderà quella estate di passione trascorsa a San Vito Chietino. La nostalgia sarà così intensa che lo scrittore tornerà più volte, anche in inverno, a visitare quella piccola casa solitaria, da solo o in compagnia dell’amico Francesco Paolo Michetti al quale dedicherà, dopo “Il Piacere”, anche l’ultimo “Romanzo della Rosa”.

Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica

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Roma, Palazzo Altemps, Loggia degli Imperatori – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Maria Hardouin dei duchi del Gallese

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Spiaggia di Francavilla al Mare, 1895 circa, d’Annunzio a cavallo, in compagnia di Maria Gravina Cruyllas e la loro figlia Renata – collezione privata

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Vinca Delfico, 1882, Francesco Paolo Michetti, Archivio De Filippis-Delfico Biblioteca-archivio web – Fiori di pervinca in un vaso delle antiche ceramiche di Castelli, anni Venti del ‘900, foto Diego Troiano per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni

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Gabriele d’Annunzio ritratto da Romaine Broke nell’estate 1912 – Musée d’Art Moderne Grand Duc-Jane, Luxemburg – Foto Leo De Rocco – Altri tempi ed altri amori per il Vate, in quel periodo intrecciò un triangolo amoroso con Romaine Broke e la ballerina Ida Rubinstein.

Gabriele d’Annunzio ai tempi del Liceo

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Il Voto”, 1881-1883Francesco Paolo Michetti – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Francesco Paolo Michetti, autoritratto, 1877 – Palazzo Zevallos, Napoli – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Gabriele d’Annunzio nella sua casa di Francavilla al Mare – Archivio storico Iacone – Gardone Riviera, ingresso al Vittoriale – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

La vecchia stazione ferroviaria (oggi dismessa) di San Vito Chietino. Qui arrivò Gabriele d’Annunzio accompagnato dall’amante Barbara Leoni – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

San Vito Chietino, Eremo Dannunziano e tramonto sul trabocco – Foto Leo De Rocco

Eremo Dannunziano, San Vito Chietino, la Casa degli amanti – Foto Leo De Rocco

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Costa dei Trabocchi, le dune fiorite di Casalbordino – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

San Vito Chietino – la casa di vacanza, rifugio d’amore di Gabriele d’Annunzio e Barbara Leoni, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Eremo Dannunziano, San Vito Marina, lapide Barbara Leoni

San Vito Chietino, la casa di Gabriele d’Annunzio e Barbara Leoni – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

San Vito Chietino, Eremo Dannunziano, il precipizio della scogliera degli amanti – video Leo De Rocco

La scogliera in località “Portelle” citata nel romanzo – San Vito Chietino – Foto Leo De Rocco

Un trabocco di San Vito Chietino a fine estate – video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Una spiaggia vicino San Vito Chietino durante una copiosa nevicata – Foto Leo De Rocco

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Copyright Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici ‐ Ringrazio la famiglia De Rosa, proprietaria della casa-eremo di San Vito Chietino, per l’ospitalità. Il libro sulla biografia di Gabriele d’Annunzio donatomi dall’autore, Fernando De Rosa, è stato una preziosa fonte durante le mie ricerche bibliografiche per il presente articolo. Ringrazio inoltre: il gentile Pietro Cupido, storico di San Vito Chietino e grande conoscitore della Costa dei Trabocchi; l’attore, autore e regista teatrale Alessandro Quasimodo. Grazie alla sig.ra Mancini, funzionaria del Comune di San Vito Chietino e alla cooperativa Pallenium Tourism, nella persona di Claudio Colaizzo, per la disponibilità nella organizzazione della visita sul Trabocco Turchino insieme alla gentile Smeralda.

Appendice

Alessandro Quasimodo, Eremo Dannunziano, San Vito Chietino, luglio 2015 – Foto Leo De Rocco

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Pietro Cupido, Eremo Dannunziano, luglio 2015Foto Leo De Rocco

Durante uno dei miei sopralluoghi all’Eremo Dannunziano di San Vito Chietino ho avuto il piacere di conoscere Pietro Cupido, autore del libro Trabocchi, traboccanti e briganti (14), e l’attore, scrittore e regista Alessandro Quasimodo, il quale ha improvvisato un piacevole e interessante dibattito sui temi dannunziani.

Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel Salvatore Quasimodo e della danzatrice e attrice Maria Cumani (recitò per Fellini, Pasolini e Rossellini) nel corso della sua intensa e brillante carriera ha portato in scena alcune opere di Gabriele d’Annunzio.

Note al testo: da 1 a 13: dal carteggio di d’Annunzio con Barbara Leoni, in “Luoghi Dannunziani” di Fernando De Rosa, nonché “Lettere a Barbara Leoni” di Vito Salierno; inoltre alcune note si riferiscono al citato romanzo; 14) “Trabocchi Traboccanti e Briganti” di Pietro Cupido, Menabò 2003 – Fonti: “Lettere a Barbara Leoni” a cura di Vito Salierno, Casa Editrice Carabba Lanciano, 2008 – “Pescara e i Luoghi Dannunziani”, di Fernando De Rosa, Edizioni Tracce, 1996 – Fondazione Il Vittoriale degli Italiani – Archivio De Filippis-Delfico – Franco Di Tizio “Francesco Paolo Michetti” 1980; Enciclopedia Dannunziana, Comitato Nazionale per l’Enciclopedia Digitale Dannunziana.

Abruzzo storie e passioni,  le leggi tutelano il rispetto del copyright, è vietato qualsiasi uso anche solo parziale del testo, delle foto e dei video presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta. Articolo aggiornato ad agosto 2023.

Articoli correlati, in questo blog:

– English version –

Lovers, Trabocchi and brooms.

March 25. San Vito is my Makkah, my holy city, where the highest aspirations of being do exist (1).


Trabocchi coast, San Vito Marina, July 2015 – ph Leo De Rocco


Two young lovers found refuge in one of the most charming sea sides in the coast of Abruzzo, where they spent their time of love, passion and poetry. Those two young lovers were the twenty-six-year-old Gabriele d’Annunzio from Pescara and the “beautiful Roman” Elvira Natalia Fraternali, also known as Barbarella, who was a year older. In a summer long gone, the two lovers lived in a house high on a headland near San Vito Chietino.

To make the narrative more in keeping with the climate of that distant summer of passion consumed here in San Vito Chietino, I will quote some excerpts from d’Annunzio’s novel and I will let you read some letters, taken from the book “Lettere d’amore” by the writer Dacia Maraini, that the two lovers, the real ones Gabriele and Barbara, exchanged in that period. In this way I hope to make reading pleasant and arouse curiosity in you, and perhaps the desire to visit these places.


Francavilla al Mare – Michetti Convent, May 2015 – ph Leo De Rocco


D’Annunzio, who at the time attended the famous Convent of Michetti in Francavilla al Mare, was looking for a quiet place “away from Francavilla”, which could be a source of inspiration, passion and an aesthetism aimed to the worship of natural beauty. Thus, this was a place purely suitable for him. It was his dear friend Francesco Paolo Michetti who found for him a Buen Retiro in San Vito.

Would you come to spend the summer with me here in Abruzzo in a lonely and safe house on the sea, away from Francavilla? It is a small rural house consisting of two rooms on the first floor, of a small room on the ground floor and a portico; and next to it there is a large garden of orange and other fruit trees, and underneath the sea, the cliffs, an endless view of coastline and sea mounts, and above all, a great freedom just like a Buen Retiro… (2)


Barbara Leoni


Gabriele and Barbara arrived in San Vito Chietino, the village of brooms, on July 23, 1889 and remained there until the end of September of the same year. At the time, there were no asphalt roads and the two lovers, once they got off the train they reached the house-hermitage perched on the promontory of Capo Turchino, going on foot on a bristled street, amongst brooms and orange groves. The young couple had met two years before in one springtime evening in Rome, during a concert of the Circle of Artists of Via Margutta.

She was beautiful and educated and was recovering from a failed marriage with a Count that she married in 1884. He was an ambitious and brilliant young man from Pescara, who was a columnist for the Rome daily newspaper La Tribuna in order to make ends meet. However, he was already noted in intellectual circles for his literary talent and the irresistible charm, as well as for a shotgun wedding he had at the age of twenty with a countess (Maria Hardouin di Gallese).


San Vito Chietino, Trabocco, May 2015 – ph Leo De Rocco


The beauty and the calm of San Vito Chietino, the sea with the trabocchi (massive wooden constructions used in the past as fishing machines in the regions of Abruzzo and Molise) and cliffs, the hidden beaches and the rocky islets, the plateaus of brooms, the sunsets and the surrounding silence; this was the first ideal hermitage of d’Annunzio, embryo of that “inimitable life”, which in the adult d’Annunzio will reach its peak with the decadent aestheticism expressed in Vittoriale, another hermitage located between “sweet gardens and sloping terraces”. In this sense, a subtle leitmotif symbolically unites the sea of San Vito and the lake of Gardone Riviera.

The “plateau” of the house-hermitage of San Vito was much larger than it is today and it was on the verge of the cliff overlooking the sea. The current road “Adriatica”, which runs through the famous coast of the Trabocchi, did not exist at the time and the only way of communication between the house-hermitage and the train station of San Vito Chietino was a trail that climbed on the headlands coast of San Vito. The owners of the villa-hermitage were Liberatuccia (Liberata Panatta) and Vituccio (Vito Annecchini), who Francesco Paolo Michetti contacted on behalf of his friend d’Annunzio. These were farmers that in summertime rented some rooms to foreigners. At the front, “the thin, rustic and rapacious person “, Luigi di Cintio of San Vito lived in a countryside house: he was the Turchino who gave his name to the trabocco; Florindo, his son “that semi-naked boy, agile as a cat, brown as a rich golden bronze … with his keen eyes of a bird of prey.” (5) d’Annunzio will then assign a part to all these personalities from San Vito in the novel “The Triumph of Death” (Il Trionfo della Morte), a novel largely written whilst he was staying at the Hermitage.


Romaine Brooks – Gabriele d’Annunzio, 1912 – Casati exhibition – Venice – October 2014 – ph Leo De Rocco


August 19th. What a night, the one already past! Moreover, tonight is the full moon of August, the one that the crickets of San Vito rolled down chirping like a diamond on a pure crystal. Do you remember? Do you remember the divine whiteness of the huge skeleton of the reef of those nights? Do you remember the trabocco and the smell emanating from the low tide, the red moon that made you feel afraid, the butterflies that you were hunting cruelly, and my dreams made on the velvet of your rose? Do you remember? (3)


San Vito Chietino – D’Annunzio Hermitage, July 2015 – ph Leo De Rocco


As one enters the house of the lovers of San Vito, they have the feeling that time has stopped in that distant summer of the late nineteenth century. They can breathe a strange and pleasant atmosphere in the air: will it be the view of the sea of San Vito, which appears in all its striking beauty seen from the Hermitage; or will it be the enchanted garden, reminiscent of a Monet painting? Whilst looking out from a window of the house, it seems to glimpse the figure of Barbara Leoni strolling into the garden of olive and orange groves and of rosemary bushes, wearing her old pink dress and holding her parasol to keep her in shade. At the Hermitage of d’Annunzio in San Vito Marina, reality and fantasy merge in a dream with a retro twist. There are still the names of the tenants of the house on the mailbox, Gabriele and Barbara, a subtle touristic trick that on the whole creates its own effect. Furthermore, on the bed of the lovers one can still see the old pink dress donated to Barbara by the Bard – probably one of the few remaining genuine things of the house – it seems that a similar one was also worn by Eleonora Duse, another famous flame of the crowded harem of d’Annunzio consisting of duchesses, countesses, marchionesses and famous female artists.

Not far from the garden, the remains of Barbara Leoni rest under a white plaque. In 2009, thanks to the efforts of the notary from Pescara, Fernando De Rosa, the current owner of the house, the remains of Barbara Leoni were transferred from Verano (cemetery of Rome) to San Vito. Barbarella thus returned to her beloved Hermitage. The plaque is located between the house and the terrace overlooking the sea and the cliffs. Giorgio and Ippolita jumped from one of those cliffs, thus making their ultimate act and sealing their love forever.


Portelle cliff, San Vito Chietino, July 2015 – ph Leo De Rocco


The alter egos of Gabriele and Barbara, Giorgio Aurispa and Ippolita Sanzio, are the protagonists of the Triumph of Death, the novel designed and mostly written during the stay of d’Annunzio in San Vito. The scene is set on a cliff, situated in the locality of Portelle, which the Bard discovered during his walks together with his beloved one. This was thus a love partially autobiographical, that the Bard and Barbarella lived intensely between passion, poetry and natural beauty.

Perhaps, this love in the romantic villa nestled between the cliffs of the charming sea of Abruzzo, amongst brooms, orange groves and trabocchi, was the most authentic one that both of them lived in their bustling lives.


Appendix.

Alessandro Quasimodo, San Vito Marina, July 2015 – ph Leo De Rocco


Whilst visiting the Hermitage of d’Annunzio, accompanied by one of the historians of Abruzzo, Pietro Cupido, author of the book “Trabocchi, traboccanti e briganti” (4), we had the opportunity to meet the actor, writer and director Alessandro Quasimodo, who led a pleasant and interesting discussion on issues regarding d’Annunzio. Alessandro Quasimodo, son of the Nobel Prize-winner, Salvatore Quasimodo, and of the dancer and actress, Maria Cumani, has taken on stage several works of Gabriele d’Annunzio during his extensive career.

Copyright –All rights reserved – This article and the pictures shown on this website are private. It is thus prohibited to retransmit, disseminate or otherwise use any part of this article without written authorization. Photos: including cover, San Vito Chietino: January, May and July 2015; Francavilla al Mare, May 2015 – Acknowledgements: Pietro Cupido, a historian from Abruzzo; Family De Rosa, Pescara; Municipality of San Vito Chietino (Mrs Mancini) – Footnotes: 1-2-3) Correspondence between d’Annunzio and Barbara Leoni, in Lettere d’amore by Dacia Maraini, Ianieri Editore, 2010; 4) Trabocchi, Traboccanti e Briganti, by Pietro Cupido, Menabò 2003; Sources: 5) Pescara e i Luoghi Dannunziani, by Fernando De Rosa, Edizioni Tracce, 1996 – Blogger: Leo De Rocco – derocco.leo@gmail.com

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