Tanto ardo, che ne mar ne fiumi spegner potrian quel foco; ma non mi spiace, perché il mio ardor tanto di ben mi fece, che ardendo ogni ora più d’arder me consumi – Raffaello (1)
Introduzione
Nel cuore del Rinascimento, tra le complesse dinamiche della corte pontificia e le vicende personali che coinvolgono artisti e committenti, prende forma una storia affascinante che lega Raffaello Sanzio all’Abruzzo.
È la storia della Visitazione, un’opera realizzata per l’aquilano Giovanni Battista Branconio, l’amico più caro, e che il destino trasformò in protagonista di un lungo peregrinare tra saccheggi, pretese diplomatiche e alleanze di potere.
Un viaggio che, da L’Aquila a Madrid passando per Parigi, racconta le sorti di un’opera d’arte, ma anche il fragile equilibrio tra devozione, prestigio e dominio nell’Europa del Cinquecento.

Visitazione, 1517, Raffaello Sanzio, Museo del Prado, Madrid.

Raffaello, autoritratto insieme a Giovanni Battista Branconio, 1519 – Parigi, Museo del Louvre.
Un’amicizia di ferro
Gli aquilani conoscono bene la vicenda del dipinto che il divin pittore Raffaello realizzò per la famiglia Branconio e che nel 1655 gli spagnoli trafugarono dalla Chiesa di San Silvestro a L’Aquila.
Tra i personaggi storici abruzzesi Giovanni Battista Branconio (L’Aquila, 1473 – Roma, 1522) è certamente uno dei più affascinanti. Nato dai nobili Marino ed Elisabetta, intraprese da giovanissimo la carriera di orafo, ma il suo carisma e la sua lungimiranza lo condussero presto a divenire una figura di spicco nella Roma del Cinquecento, scintillante e mondana come un principato più che come il centro della cristianità.
Consigliere presso le corti papali, committente e mecenate, fu soprattutto intimo amico di uno degli artisti più celebri del Rinascimento: Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520). Di questa amicizia la storiografia parla solo di sfuggita, il nostro blog di storie e passioni d’Abruzzo accende allora i riflettori su un legame che fu talmente profondo da spingere Raffaello a nominare Giovanni Battista suo esecutore testamentario, dopo averlo effigiato in un celebre autoritratto oggi al Louvre: al suo fianco, con la mano affettuosamente poggiata sulla sua spalla,
Un dipinto misterioso
Alcuni studiosi ipotizzano la presenza nell’opera di un terzo personaggio, indicato da Branconio con la mano destra mentre, con l’altra mano, regge una spada.
A mio avviso, invece, nella stanza erano presenti solo Raffaello e il suo amico: il gesto della mano, rivolto verso Raffaello che sta dipingendo sé stesso, sembra alludere a uno sguardo complice e affettuoso, è come il gioco degli specchi, un rimando amichevole tra pittore e modello.
Originariamente, gli abiti dei due erano vivacemente colorati: blu violaceo per Raffaello, verde per Giovanni Battista Branconio. Inoltre, la differenza di età tra i due – circa 10 anni – ha indotto qualcuno a ipotizzare che l’uomo al fianco di Raffaello non sia Branconio, bensì un altro personaggio del suo entourage: il suo maestro di scherma, Pontormo, Giulio Romano, Pietro Aretino, Antonio da Sangallo e Lorenzo de’ Medici il giovane.
In questa lettura, Branconio sarebbe il presunto “terzo” personaggio invisibile. Si tratta, è bene ricordarlo, di semplici ipotesi non documentate.
Le dimore dei Branconio, la chiesa di San Silvestro e il ritratto del rampollo a Dublino
La famiglia di Giovanni Battista fu una delle più influenti dell’Abruzzo fra Medioevo e Rinascimento. Le testimonianze del loro prestigio le troviamo a L’Aquila, in quelle che un tempo furono le loro residenze:
▪︎ Palazzo Branconio, progettato nei primi del Cinquecento in stile rinascimentale da Francesco Contini, architetto romano seguace dI Borromini;
▪︎ Palazzo Farinosi-Branconio, fatto costruire alla fine del Cinquecento da Girolamo Branconio, pronipote di Giovanni Battista.
Nella stessa piazza si affaccia la chiesa di San Silvestro, che custodisce la cappella privata della famiglia. L’edificio è tra i monumenti più importanti dell’Aquila. Fondata nel XIII secolo dagli abitanti di Collebrincioni – territorio un tempo feudo della famiglia Branconio – la chiesa originaria, databile tra il 1265 e il 1285, fu ampliata e completata nel secolo successivo, assumendo l’aspetto imponente che ancora oggi la contraddistingue.
Oltre alla Cappella Branconio, che conserva la copia storica della Visitazione di Raffaello e il busto di Giovanni Battista Branconio, la chiesa custodisce importanti testimonianze pittoriche del Trecento e del Quattrocento. Particolarmente rilevanti sono gli affreschi del Maestro di Beffi, che dominano l’abside maggiore, e quelli di Francesco da Montereale, autore di una raffinata rappresentazione di Santa Maria degli Angeli tra San Rocco e San Sebastiano.
La Cappella Branconio è interamente affrescata da Giulio Cesare Bedeschini (L’Aquila, 1582 – 1640), discendente di una famiglia di artisti giunti a L’Aquila nel 1572 al seguito di Margherita d’Austria. L’artista fu molto legato ai Branconio, oltre agli affreschi realizzò anche il Ritratto di un giovane Branconio.
Questo dipinto, giunto misteriosamente da L’Aquila a Dublino, entrò nella collezione privata di una certa Aileen Pluncket (nata Guinness), una delle famose “Guinness golden girls”. Un cognome che molti ricorderanno stampato accanto al disegno dell’arpa: marca di una nota birra.
Aileen era una delle tre eccentriche e ricchissime figlie del magnate irlandese Ernest Guinness, discendente di Arturo Guinness, il fondatore dell’impero della birra irlandese. Il dipinto fino al 1983 si trovava nel Castello di Luttrellstown, vicino Dublino, regalo di nozze ricevuto da Aileen da suo padre.
A seguito dello stile vita troppo costoso, costellato da giri del mondo in yacht, collezioni di preziosi gioielli e lussuose feste, alle quali parteciparono tutti i vip dell’epoca, compreso il Duca di Windsor e Wallis Simpson, il castello e la collezione di opere d’arte finirono all’asta.
E così nel 1988 il Giovane Branconio se lo aggiudicò in un’asta Christie’s la National Gallery of Ireland, che ha concesso al nostro blog la pubblicazione della foto del dipinto (vedi galleria fotografica). Nel quadro è ritratto anche lo stemma di famiglia che, come vedremo più avanti, lo ritroveremo nelle abbazie di San Clemente a Casauria e di San Clemente al Vomano.
Alla conquista di Roma
Ambizioso e determinato, Giovanni Battista si trasferì giovanissimo a Roma per perfezionarsi nel’arte orafa in una rinomata bottega nei pressi di San Pietro in Vincoli, frequentata dal cardinale Galeotto della Rovere, nipote del potente Giulio II, il papa che commissionò a Michelangelo gli affreschi sulla volta della Cappella Sistina,
Fu un incontro decisivo. Come accadrà più tardi per Ascanio de Mari, altro celebre orafo abruzzese allievo prediletto di Benvenuto Cellini, anche Giovanni Battista seppe guadagnarsi le grazie del cardinale Frangiotti diventandone il suo protègè.
Giovanni Battista Branconio, braccio destro di Leone X.
Acuto e scaltro, il giovane Branconio comprese che l’arte orafa apriva le porte ai circoli di potere della Roma papale. Alla morte di Giulio II, accompagnò il cardinale della Rovere al conclave per sostenere la candidatura di Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico.
Il cardinale e il suo giovane beniamino furono lungimiranti: il 9 marzo 1513 Giovanni de Medici fu eletto papa con il nome di Leone X e, secondo il sempre attuale principio del do ut des, il nuovo papa ricompensò la fedeltà nei suoi confronti da parte dei suoi sostenitori: al giovane aquilano, ormai ex orafo, affidò il ruolo di “cameriere segreto”, facendone il suo più stretto collaboratore.
L’amico Raffaello immortalò poi il pontefice nel celebre ritratto conservato agli Uffizi: Leone X è affiancato dai cugini: a sinistra Giulio de’ Medici (futuro Clemente VII) figlio di Giuliano, il fratello di Lorenzo de’ Medici assassinato in Santa Maria del Fiore nel 1478; e a destra Luigi de’ Rossi, figlio di Maria de’ Medici.
Sul tavolo, rivestito di velluto rosso, una Bibbia miniata aperta sul Vangelo di Giovanni, una campanella cesellata in oro e argento e una lente di ingrandimento arricchiscono la scena. Una copia di Andrea del Sarto è conservata al Museo di Capodimonte. Si narra che, subito dopo l’elezione, Leone X abbia esclamato: Poiché Dio ci ha dato il papato, godiamocelo.
Fu in quel clima di splendore che Giovanni Battista Branconio iniziò a esercitare il suo potere nella Roma del Cinquecento. Uno dei primi conferimenti ricevuti fu l’amministrazione dell’abbazia di San Clemente a Casauria ed i suoi possedimenti.
Visitando oggi l’abbazia, sulla parete esterna che guarda il giardino, si può ancora vedere lo stemma cinquecentesco dei Branconio, voluto da Giovanni Battista o dal suo pronipote Girolamo.
Sono scolpiti i tre colli Brincioni (dal toponimo Collebrincioni, lungo d’origine della famiglia), le foglie di rovere, un omaggio al casato del cardinale della Rovere, e le tre palle medicee, simbolo dell’alleanza con la famiglia Medici.
Devotissimi a San Clemente papa, i Branconio lo elessero a patrono della casata (3). Dopo Giovanni Battista anche il il pronipote Girolamo ne seguì le orme, divenendo abate commendatario dell’abbazia di Casauria e di quella di San Clemente al Vomano.
Giovan Battista Branconio “manager” degli artisti alla corte del Papa
Grazie alla posizione privilegiata che gli derivava dal ruolo di consigliere artistico e “cameriere segreto” di Leone X, Giovanni Battista Branconio potè entrare in contatto con i maggiori artisti del del suo tempo: Michelangelo, ma soprattutto Raffaello, impegnato in quel periodo nella decorazione delle Stanze del Palazzo Apostolico, destinate in origine a papa Giulio II e divenute celebri come “Stanze di Raffaello”.
Oltre al citato autoritratto che li ritrae fianco a fianco, Raffaello – pittore e architetto – progettò per l’amico abruzzese uno dei più straordinari edifici del primo Cinquecento: Palazzo Branconio dell’Aquila, dove egli stesso soggiornò come ospite di Giovanni Battista.
La facciata, come testimonia un’antica stampa, era un raffinato esempio di integrazione tra scultura e architettura. Al centro spiccava lo stemma scelto da Branconio in accordo con l’amico: il blasone di colui che ai suoi occhi era l’Optimus Princeps, papa Leone X.
Branconio, Raffaello e Pompeo Cesura
L’influenza di Branconio negli ambienti artistici romani fu tale che anche Sebastiano del Piombo (Venezia, 1485 – Roma, 1547) si rivolse a lui indirettamente per orientare i lavori negli appartamenti vaticani. In una lettera inviata nell’ottobre del 1520 a Michelangelo (lo stesso anno in cui terminarono i lavori della costruzione di Palazzo Branconio) il pittore veneziano osservava che: Il papa vuole far eseguire alla lettera tutte le indicazioni fornitegli al riguardo dal fidato Giovanni Branconio.
In questi vivaci contesti culturali Branconio presentò a Raffaello un artista concittadino: Pompeo Cesura (L’Aquila, 1510 – Roma, 1571). Pittore, scultore e incisore, Cesura fu a lungo sottovalutato dalla storiografia, nonostante l’eleganza del suo stile, chiaramente influenzato da Raffaello. Tra le sue opere più significative spicca Cristo alla Colonna, scultura lignea a grandezza naturale datata 1566.
Quando la Visitazione di Raffaello giunse a a L’Aquila per essere collocata nella Cappella Branconio, Cesura aveva appena diciassettenne anni e si trovava a Roma per la sua formazione presso Daniele da Volterra (Volterra, 1509 – Roma, 1566), allievo diretto di Michelangelo.
Leone X, Branconio, Raffaello e l’elefantino bianco.
Nel 1514 giunse in Vaticano un elefantino albino inviato da Manuele I del Portogallo, detto “O Venturoso”, desideroso di omaggiare il neo-eletto pontefice Giovanni de Medici. L’animale, simbolo delle esplorazioni e delle nuove conquiste lusitane, era stato addestrato prima della partenza ed entrò rapidamente nelle grazie di un compiaciuto Leone X, che lo ribattezzò Annone. O Venturoso glielo spedì via mare, insieme al nuovo ambasciatore portoghese presso la Santa Sede: Tristao da Cunha.
L’anno seguente il re portoghese fece arrivare anche una voliera di uccelli esotici e, nientemeno, un rinoceronte. Ma l’animale non sopravvisse al viaggio a causa di un naufragio davanti a Porto Venere. Recuperato nelle acque della Costa Azzurra fu poi imbalsamato. Leone X se lo tenne esposto in Vaticano, dove rimase fino al Sacco di Roma del 1527, all’epoca di papa Clemente VII, suo cugino.
La celebre xilografia di Albrecht Durer, che lo rappresenta come un animale fantastico, ha contribuito a rendere iconico il rinoceronte del papa, tanto che Alessandro de’ Medici, duca di Firenze e di Penne (figlio illegittimo di Clemente VII) lo scelse come emblema, accompagnandolo con il motto: Non ritorno senza vincere!
Annone, invece, divenne l’animale preferito di Leone X e dell’inseparabile Branconio, che il pontefice nominò sovrintendente alla custodia nei Giardini Vaticani, mentre Raffaello, sempre vicino ai due, ne realizzò un disegno preparatorio e, secondo alcune fonti, lo dipinse sulla parete di una torre all’ingresso degli appartamenti vaticani, struttura oggi perduta.
Quando Annone morì nel 1516, si racconta a seguito di un trattamento lassativo a base di oro, Branconio e il papa ne celebrarono la memoria con un epitaffio posto accanto all’immagine dipinta da Raffaello sul luogo della sepoltura, nel Cortile del Belvedere progettato da Bramante. L’iscrizione recitava:
Giovanni Battista Branconio Aquilano, cameriere pontificio, preposto alla custodia dell’elefante, pose l’8 giugno 1516. Quel che la natura ci tolse, Raffaello con l’arte ci restituì.
Il dipinto raffaellesco è oggi perduto, ma l’immagine di Annone sopravvive tra le decorazioni della Cappella Branconio nella chiesa di San Silvestro all’Aquila.
Un trafugamento “diplomatico”
Nel 1517 Giovanni Battista Branconio commissionò a Raffaello, per conto del padre Marino, una grande tavola raffigurante la Visitazione, l’incontro tra Maria ed Elisabetta dopo l’Annuncio dell’arcangelo Gabriele.
L’opera, ricca di riferimenti alla famiglia Branconio, era particolarmente significativa. Elisabetta era il nome della madre di Giovanni Battista, e il figlio di Elisabetta, moglie di Zaccaria, portava lo stesso nome del committente, Giovanni, detto il Battista. Un dipinto intimo, concepito come testimonia tangibile del profondo legame tra Raffaello e il suo amico aquilano.
Donata da Giovanni Battista a suo padre, la tavola fu collocata nella Cappella di famiglia presso la chiesa di San Silvestro all’Aquila. Alla base compaiono due iscrizioni: Raphael Urbinas fecit (“Raffaello fece”) e, subito dopo: Marinus Branconius fecit fieri (“Marino Branconio fece fare”). Secondo alcune ipotesi Giulio Romano e Gian Francesco Penni aiutarono Raffaello a realizzare l’opera, pratica consueta nelle botteghe dei grandi maestri.
La Visitazione rimase a L’Aquila per un secolo e mezzo. Sottratta nel 1655 dalle truppe spagnole occupanti, l’opera fu trasportata in Spagna, nel Palazzo dell’Escorial, residenza di Filippo IV. Le proteste degli aquilani furono vane: le cronache riferiscono che giunsero persino a murare le porte della chiesa per impedire il furto. Dopo il trafugamento fu eseguita una copia.
Il rapporto tra la città e il dominio spagnolo era da tempo conflittuale. Già nel 1527, cinque anni dopo la morte di Giovanni Battista Branconio e sette anni dopo quella del suo caro amico Raffaello, gli aquilani si erano ribellati per la perdita dell’autonomia cittadina e della “età dell’oro”, subendo una dura repressione che sarà ricordata sul portale del Forte Spagnolo: Ad reprimendam aquilanorum audaciam (“Per reprimere l’audacia degli aquilani).
A confermare la natura “diplomatica” del trafugamento fu lo stesso papa Alessandro VII, che lo definì: “Libero dono in omaggio alla Maestà Cattolica Spagnola, tanto benemerita della Santa Sede”.
L’alleanza tra il papato e la cattolicissima Spagna di Filippo IV era ben salda e dietro la formula ufficiale potrebbe essersi celata una cessione mascherata, organizzata alle spalle degli aquilani. Non si esclude che il papa abbia ricevuto donazioni e favori in cambio di un tacito consenso, forse con la complicità di un discendente dei Branconio. Non a caso Filippo IV, grande ammiratore di Raffaello, alcuni anni prima si era procurato la Madonna del Pesce, dipinta nel 1514 per la chiesa napoletana di San Domenico.
Curiosamente lo stesso Alessandro VII, qualche anno dopo il “libero dono”, ordinò la demolizione del palazzo romano di Giovanni Battista Branconio, progettato da Raffaello, per far posto al futuro Colonnato di San Pietro, che Gian Lorenzo Bernini realizzerà chiamando nel suo cantiere anche il marsicano Giovanni Artusi Canale (Pescina, 1610 – 1676).
Le peregrinazioni della Visitazione aquilana
La storia della pala d’altare di Raffaello non si concluse in Spagna. Durante l’occupazione napoleonica fu sottratta ancora una volta e trasferita al Louvre nel 1814. Solo a metà Ottocento tornò nuovamente in Spagna, custodita al Prado, sua sede attuale. La descrizione ufficiale del museo madrileno recita:
El cuadro fue encargado por Giovanni Branconio, protonotario apostólico, en representación de su padre, Marino Branconio, para la capilla familiar en la iglesia de San Silvestre de Aquila. Adquirida en 1655 por Felipe IV (1605-1665), quien la depositó en el Monasterio de El Escorial. Ingresó en el Museo del Prado en 1837.
Traduzione: “Il quadro fu commissionato da Giovanni Branconio, protonotario apostolico, in onore di suo padre Marino Branconio, per la cappella di famiglia nella chiesa di San Silvestro a L’Aquila. Acquistato nel 1655 da Filippo IV, che lo depositò nel Monastero dell’Escorial, fu poi trasferito al Museo del Prado nel 1837.”
Una mostra all’Aquila?
La Visitazione di Raffaello rimane oggi al Prado. Tuttavia, si potrebbe chiedere in prestito per organizzare una mostra a L’Aquila, e celebrare così un – seppur momentaneo – ritorno nella città dell’amico più caro del divin pittore. La collaborazione potrebbe coinvolgere il capoluogo abruzzese, il Prado e la National Gallery of Ireland, per vedere all’Aquila anche Il giovane Branconio, di Giulio Cesare Bedeschini.
Del resto, dopo quattro secoli è tornata eccezionalmente a Napoli – grazie alla collaborazione tra il Prado e il Museo di Capodimonte – la pala d’altare della Madonna del Pesce, in occasione della mostra Gli spagnoli a Napoli. Il Rinascimento meridionale (2023) e, nello stesso anno, in occasione della mostra Il meglio maestro d’Italia, è tornata a Perugia per la prima volta dopo oltre 200 anni lo Sposalizio della Vergine, trafugata da Napoleone nel 1798, dipinta dal Perugino, maestro dell’abruzzese Francesco da Montereale e dello stesso Raffaello.
Anche la Visitazione potrebbe tornare a L’Aquila, dopo secoli di lontananza, rinnovando simbolicamente il legame che unisce la città, Raffaello e Giovanni Battista Branconio.
La storia della Visitazione della chiesa di San Silvestro costituisce un caso emblematico di come le opere d’arte, nel passaggio tra committenza privata, devozione religiosa e ragioni politiche, possano trasformarsi in oggetti di negoziazione, contesa e appropriazione.
Ciò che nacque come gesto affettivo e come testimonianza dell’intenso rapporto tra Raffaello e Giovanni Battista Branconio divenne un simbolo di potere, ambito da sovrani e papi. Ripercorrerne il cammino significa approfonditre e comprendere una pagina importante della storia dell’Aquila.
Leo Domenico De Rocco – Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – derocco.leo@gmail.com – Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica




Urbino – Casa Museo Raffaello Sanzio – Raffaello da giovane, busto in bronzo, 1877, Leopoldo Costoli – “Madonna di Casa Santi”, 1498, il primo dipinto (affresco) di Raffaello eseguito, probabilmente con l’aiuto di suo padre, nella stanza dove nacque – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

L’Aquila, Palazzo Branconio, fatto costruire agli inizi del ‘500 da Giovanni Battista Branconio (foto Lasacrasillaba). A sx si intravede, puntellato dopo il sisma del 2009, il secondo Palazzo Branconio (in seguito denominato Palazzo Farinosi-Branconi)





L’Aquila – Affreschi relativi alle decorazioni di Palazzo Branconio (prime due foto) e del Casino Branconio, villa delle delizie. Le foto sono d’archivio e tratte dal web in quanto gli edifici sono in restauro dopo il sisma del 2009

Madonna del Rosario, 1612, Giulio Cesare Bedeschini, MuNDA L’Aquila – Foto Abruzzo storie e passioni


Aileen Sibell Mary Guinness con il suo cane, 1931, foto Sasha/Getty Images – Castello di Luttrellstown nella periferia di Dublino

Ritratto di giovane della famiglia Branconio, 1610, Giulio Cesare Badeschini, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dalla National Gallery of Ireland

Ritratto di Leone X, 1525, Andrea del Sarto, copia da Raffaello Sanzio, Napoli, Museo di Capodimonte – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Il cardinale Galeotto Franciotti della Rovere ritratto in abiti cardinalizi, Bottega lucchese.


Castiglione a Casauria, facciata dell’abbazia di San Clemente a Casauria e stemma della famiglia Branconio – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Roma, Palazzo Branconio dell’Aquila in una stampa del ‘600





Resurrezione, Pompeo Cesura, Palazzo Sacchetti Roma, foto per gentile concessione Sailko/Francesco Bini – Cristo alla colonna, 1566, Pompeo Cesura – MuNDA L’Aquila – Madonna di Loreto tra i Santi Giovanni e Massimo, 1571, ultima e incompiuta opera di Pompeo Cesura – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Albrecht Durer, Rhinocerus, 1515 – British Museum Londra

L’elefante Annone in un disegno di Raffaello, 1514, Collezione Ashmoleam Oxford

Annone ritratto nella Cappella Branconio, Chiesa di San Silvestro, L’Aquila, foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
















L’Aquila – Chiesa di San Silvestro – Cappella Branconio, busto di Giovanni Battista Branconio; copia della Visitazione di Raffaello; dettaglio degli affreschi di Giulio Cesare Bedeschini commissionati da Girolamo Branconio, nipote di Giovanni Battista Branconio – Foto Abruzzo storie e passioni

L’Aquila – Forte Spagnolo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Papa Alessandro VII sostenuto dai sediari pontifici – G.M.Morandi, 1667 – Nancy, Musée des Beaux Arts


A sinistra, Filippo IV di Spagna ritratto da Diego Velàzquez, 1623, Meadows Museum Dallas – a destra, Madonna del Pesce, Raffaello Sanzio, 1513, Museo del Prado Madrid


A sinistra Napoleone Bonaparte ritratto da Antoine-Jean Gros – A destra, Sposalizio della Vergine, Pietro Vannucci detto Perugino, 1501-1504 – Museo delle Belle Arti, Caen, Francia – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
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Copyright – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com ‐ Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Fonti: L’Aquila, Alessandro Clementi e Elio Piroddi, edizioni Laterza; San Clemente a Casauria, Adriano Ghisetti Giavarina, appendice di Antonio Alfredo Varrasso, Edizioni Carsa; Branconio e Raffaello, Amici nella vita e per l’arte, Antonio Gasbarrini, edizione 2005, Edigrafital ‐ Note/Fonti: 1) brano tratto da: Raffaello Sanzio, tutti gli scritti – Rizzoli 1956; 2) vedi in questo blog l’articolo “Saturnino Gatti, il Rinascimento abruzzese”; 3) L’edificio, insieme alla Chiesa di San Silvestro, un tempo cappella privata della storica famiglia aquilana, sono stati gravemente danneggiati dal sisma che colpì L’Aquila nel 2009, non è stato possibile effettuare sopralluoghi fotografici; le foto della chiesa di San Silvestro sono state scattate dopo il restauro, avvenuto nel 2019; Appendice: un’altra copia della Visitazione si trova nella chiesa di San Francesco a Città Sant’Angelo. L’autore è ufficialmente ignoto, presumo sia lo stesso della Visitazione aquilana, ovvero Baldassarre Nardis: “La sorella Virginia riceve […] l’originale della Visitazione di Raffaello […] che tiene il padre Baldassarre de Nardis dopo che haverrà finito di copiarlo” cit. da Gli aquilani di antico regime 1535/1780, autore Raffaele Colapietra, Edizioni Storia e Letteratura, Roma 1986.

Visitazione, autore ignoto, chiesa di San Francesco, Città Sant’Angelo, gennaio 2016 – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
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English version
The stolen Raphael
I burn so that no sea and no river can extinguish me, but I do not mind that because this fire is good for me, the more it burns the more it consumes me. – Raffaello Sanzio (1)
The citizens of L’Aquila know well the history of the precious painting that Raphael carried out on behalf of his friend from Abruzzo, Giovanni Battista Branconio, and that the Spaniards stole it from the Church of San Silvestro of L’Aquila. Giovanni Battista Branconio is amongst the most fascinating historical figures of the Abruzzo region. He was born in L’Aquila in 1473 by the nobles Marino and Elizabeth, he was a goldsmith and above all, he was a prominent character in the powerful sixteenth-century Rome: an influential adviser for the Papal courts, an art patron and a close friend of one of the greatest artists of the Italian Renaissance, Raffaello Sanzio of Urbino (Raphael). The friendship with the goldsmith from Abruzzo was so important that Raphael appointed him as his executor.
Giovanni Battista Branconio was born in Abruzzo at the time of Silvestro dell’Aquila, Saturnino Gatti, Andrea De Lithium, Nicola da Guardiagrele: in the same Abruzzo that contributed to the prestige of the Italian Renaissance art, which has been “rediscovered” only in recent years by the scholars (2). Giovanni Battista was sensitive to the artistic beauty; he thus moved to Rome at a very young age to learn the art of gold at the “San Pietro in Vincoli” workshop. The latter held some of the highest-quality jewellery and had the cardinal Galeotto della Rovere as its main customer. The cardinal was the nephew of the powerful Pope Julius the 2nd, the “terrible Pope”, as he was called in the Roman neighbourhoods. Our young Giovanni Battista managed to enter into the good graces of the cardinal, who favoured his entry at the Papal court; this was the start of a highly successful career.
When Julius the 2nd died, Giovanni Battista Branconio personally accompanied the Cardinal in the conclave to support with him the election of Giovanni de’ Medici, son of Lorenzo de’ Medici. Once he became Pope under the name of Leo the 10th, it did not take long for Giovanni de’ Medici to repay the goodwill to the goldsmith from Abruzzo, so much as to nominate him as a “Papal chamberlain”, which was a very important position that corresponded to the direct trustee of the Pope.
This was an enormous power that Giovanni Branconio handled along with other “sacred” duties, with which he managed the ecclesiastical property in churches and parishes between Padua and Piacenza and of course in his own region of Abruzzo. The latter was in the Abbey of St Clement of Casauria (near the village of Castiglione a Casauria), where he had the family emblem installed on the wall, which is still visible today. The three Ligurian hills are depicted on the coat of arms to show the origins of a branch of the Branconio family; the oak leaves, a symbol of the noble house and the three balls of the Medici family are a clear reference to the binding of the two families (the Branconio with the Medici of Florence).
The ancient emblem of the Branconios is positioned on an exterior sidewall of the St Clement’s Abbey of Casauria. However, given its historical significance, a more suitable place should be found; for instance, it could be sheltered inside the museum of the Abbey. The Branconio family was historically devoted to St Clement: there is a series of frescoes dedicated to the life of the Saint at the Farinosi-Branconi building in L’Aquila (once called the Branconio building), which was the official residence of the family. The building is still undergoing restoration ever since the 2009 earthquake. (3)
Thanks to this powerful position, Giovanni Branconio was able to get in touch with the artistic circles of the sixteenth-century Rome and to become the friend of Raffaello Sanzio. The artist of Urbino planned for his friend from Abruzzo one of the most interesting buildings in the sixteenth-century Rome: the Branconio dell’Aquila building, where Raphael himself stayed as a guest during his stay in Rome. The building was demolished in 1660 to allow the construction of the St. Peter’s colonnade. The strong bond of friendship between the two is also sealed by the beautiful self-portrait, which is nowadays in the Louvre Museum and depicts Raphael with his friend of Abruzzo.
The influence of Giovanni Branconio in the Rome’s sixteenth-century artistic life was important; one just needs to remember a letter that the Venetian painter Sebastiano del Piombo wrote in October 1520 to his friend Michelangelo to ask for a piece of advice on the frescoes that he had to perform in the Vatican apartments of Borgia, by order of Leo the 10th. The Pope writes to Piombo that he wants to execute to the letter all the instructions provided in this regard by the trustworthy Giovanni Branconio. In this way, the goldsmith from Abruzzo enters fully into the history of art. Giovanni Battista Branconio is also remembered for having to supervise the custody of Hanno, the famous white elephant kept in the Vatican gardens. The elephant was donated to Pope Leo the 10th by the king of Portugal Emanuele in 1514. The elephant is depicted in one of the Vatican rooms, decorated with the frescoes of Raphael and it is accompanied by the inscription: Giovanni Battista Branconio Aquilano, Papal chamberlain, responsible for the safekeeping of the elephant, placed on June 8th, 1516. What the nature took away from us, Raphael has returned to us by art.
The order made by Giovanni Branconio to his friend Raphael about the execution of a large panel depicting the “Visitation” dates back to 1517. In this artistic transposition one can see the visit of Mary to her cousin Elizabeth, after the “announcement” that she would be the one to become the mother of Jesus. In the artistic choice made by Giovanni Branconio one may encounter many autobiographical references: Elizabeth was the name of his mother and the name of the son was Giovanni Battista (i.e., John the Baptist) as himself; furthermore, the choice of Raphael to be the author of so “familiar” a painting is proof of the deep bond of friendship between the two men. Indeed, the painting was later donated by Giovanni Branconio to his father, Marino. Behind the canvas it is engraved: “Raphael Urbinas fecit, Marinus Branconius fecit fieri”. According to some historians, Raphael had the help of his students Giulio Romano and Gian Francesco Penni during the realisation of the painting. The painting remained for a century and a half in the family’s chapel of Branconio in L’Aquila at the Church of San Silvestro. This was until 1655, when it was taken away by force by the Spanish occupying forces and transported to Spain at the court of Philip the 4th. The opposition of the citizens of L’Aquila to the Spanish theft was pointless: the citizens managed to wall up the entrance doors of the church of San Silvestro, but it was useless. The citizens of L’Aquila were very fond of the Raphael’s painting and, after the theft, they replaced the original with a copy.
It was the Pope himself, Alexander the 7th at the time, to “bless” the theft of the Raphael’s painting declaring: Free gift in homage to the Catholic Majesty, so deserving of the Holy See. In this regard, some scholars have suggested that the Pope sold the painting to King Philip the 4th of Spain, and the theft that took place in L’Aquila was a fake one organized at the expense of the unsuspected citizens. Pope Alexander the 7th, as a strange coincidence, was the same Pope who, just a few years after the “free gift”, ordered the demolition of the Roman building of the Branconio family, which was designed by Raphael. The masterpiece of Raphael was in the middle of some curious events in Spain, as well: it was transferred from the Escorial royal palace in 1814 to the Louvre and back again in Spain, at the Prado museum, in the mid-nineteenth century. The description that accompanies the painting, exhibited at the Prado in Madrid is somehow interesting: El cuadro fue encargado por Giovanni Branconio, protonotario apostólico, en representación de su padre, Marino Branconio, para la capilla familiar en la iglesia de San Silvestre de Aquila. Adquirida (acquistata n.d.r.) en 1655 por Felipe IV (1605-1665), quien la depositó en el Monasterio de El Escorial. Ingresó en el Museo del Prado en 1837.
After the earthquake that struck L’Aquila in 2009, the copy of the Raphael’s “Visitation” was temporarily relocated to Giulianova (in the province of Teramo), at the Museum della Madonna dello Splendore “Our Lady of Splendour”. Nowadays, it seems to be almost impossible for the Spanish authorities to return the original painting to the city of Abruzzo, but it might be interesting to borrow it in order to organise an art and history exhibition in L’Aquila and thus celebrate an even momentary return of the Raphael’s “Visitation” in its natural home, the church of the family of his close friend Giovanni Battista Branconio.
Leo De Rocco
derocco.leo@gmail.com
Appendix – January 2016
In addition to the copy of Raphael’s Visitation from the Museum of L’Aquila, which is temporarily stored in Giulianova, there is another copy of it at the church of San Francesco in Città Sant’Angelo (province of Pescara). The painter is officially unknown, but I guess it is the same as the one of the “Visitation” in L’Aquila, i.e., Baldassarre Nardis. 4) – see footnotes/comments within this article –
Copyright © All rights reserved – This article and the pictures shown on this website are private. It is thus prohibited to retransmit, disseminate or otherwise use any part of this article without any written authorisation. Footnotes: 1) excerpt from: Raffaello Sanzio, tutti gli scritti – Rizzoli 1956; 2) please see on this blog the article titled “Il Genio Abruzzese”; 3) The building, along with the Church of San Silvestro, which used to be the private chapel of the historic family from L’Aquila, were badly damaged by the earthquake that struck L’Aquila in 2009; it was therefore not possible to carry out photographic surveys; 4) “sister Virginia receives (…) the original of the Raphael’s Visitation (…) that the father Baldassare de Nardis will hold as soon as he will finish copying it” from the “Gli aquilani di antico regime 1535/1780″ by the author Raffaele Colapietra, Edizioni Storia e Letteratura Publishing, Rome 1986– Photos, Giulianova, September 2015; Castiglione a Casauria, October 2015; cover: Raffaello Sanzio, Visitazione, 1517, Prado Museum, Madrid – Acknowledgements: Ioannis Arzoumanidis, research fellow, for translating this article into English.


La copia conservata a San Silvestro (e ora, provvisoriamente a Giulianova) è di Baldassarre Nardis, religioso aquilano e discreto pittore. Egli era amico fraterno di un nipote del Branconio di Raffaello, e ottenne di farsi prestare il dipinto per farne una copia per devozione personale. Dopo la sottrazione del dipinto da parte di Filippo IV, la famiglia di Baldassarre donò alla chiesa il dipinto, in sostituzione.
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