Se vieni con me per un sentiero che tu hai passato cento volte, il sentiero ti sembra nuovo (1)
Lanciano, la città delle fiere e delle Feste di Settembre, del compositore Fedele Fenaroli e della Casa Editrice Carabba, una delle più prestigiose case editrici italiane. Prese forma da una macchina a stamperia manuale comprata nel 1878 da un giovane lancianese lungimirante: Rocco Carabba.
Scopriremo Lanciano passeggiando tra i suoi quartieri che ci riveleranno la storia di un’antica casula realizzata con tessuti e ricami preziosi, ritrovata per caso in una torre medievale. Visiteremo il Museo che ospita il rarissimo manufatto, insieme ad altre importanti opere d’arte. Infine andremo a conoscere la storia di una Cattedrale dalla curiosa e originale architettura: è costruita su tre ponti.
Lanciano – foto Leo De Rocco
La Casula medievale
Aprutinium Ultra o Citra flumen Piscarie (a nord o a sud del fiume Pescara) così nel 1273 era diviso l’allora Giustizierato d’Abruzzo sotto la dominazione di Carlo I d’Angiò.
Giustizierato amministrato già sotto il regno degli Hohenstaufen di Manfredi di Sicilia e suo nipote Corradino di Svevia, entrambi sconfitti dal citato d’Angiò, il primo a Benevento e il secondo nella famosa Battaglia di Tagliacozzo, e voluto (Costituzione di Melfi) qualche decennio prima dal padre di Manfredi (e nonno di Corradino), lo “stupor mundi” Federico II, alla reale anagrafe Federico Ruggero Costantino di Hohenstaufen, re di Sicilia, Duca di Svevia, re dei Romani, Imperatore del Sacro Romano Impero e, come se non bastasse, re di Gerusalemme per auto incoronazione.
A Federico II, primo svevo della nobile casa degli Hohenstaufen a regnare in Sicilia e sud Italia, Abruzzo compreso, la strada per riformare il regno gliela aveva già spianata suo nonno Ruggero II, che invece era un normanno degli Altavilla e che nel 1140 visitò l’Abruzzo, in veste di primo re di Sicilia, per conoscere le nuove terre conquistate dai suoi figli. Terre che nell’abruzzo “ultra” arrivavano a lambire il fiume Tronto.
Durante la dominazione angioina con Carlo II d’Angiò – il re che attraversò la Valle Subequana per andare incontro all’eremita Pietro Angelerio, appena eletto papa col nome di Celestino V, e scortarlo fino alla Basilica di Collemaggio a L’Aquila per l’incoronazione – fu celebrata a Lanciano (nel 1304) la prima festa medievale del Mastrogiurato, una figura istituzionale istituita dal re angioino nel Regno di Napoli e rievocata ancora oggi tra la fine di agosto e gli inizi di settembre in quella che a Lanciano è chiamata la “Settimana Medievale“.
Lanciano – Torri Medievali Montanare – foto Leo De Rocco
Lanciano – Torri Medievali Montanare – foto Leo De Rocco
Lanciano – Torri Medievali Montanare – foto Leo De Rocco
Ho fatto questa breve introduzione storica per contestualizzare la storia di una straordinaria scoperta avvenuta qualche anno fa qui a Lanciano, la capitale frentana elevata a titolo di “città” dell’Abruzzo citra proprio dal citato Federico II.
Come un giallo storico medievale, con un po’ di immaginazione la storia sembra evocare un episodio de “Il nome della Rosa”, la scoperta di un antico manufatto tessile avvenne per caso: fu ritrovato misteriosamente nascosto non si sa da quanto tempo in una torre medievale.
Dentro una nicchia della torre fu rinvenuto un prezioso paramento sacro: una casula di puro lino e seta, ricamata con trame e fili d’oro, con una scritta in arabo. Eccezionale testimonianza di manifattura tessile antica datata al XIV secolo, lo stesso periodo del Mastrogiurato.
Come sia arrivato a Lanciano, per giunta nascosto in una nicchia di una torre medievale, questo antico manufatto tessile con ricami che ricordano i preziosi tessuti creati nei Tiraz siciliani durante la dominazione araba e normanna dell’isola, è un mistero. *
Forse fu sottratta dalla Sicilia durante i citati avvicendamenti tra normanni e angioini. Ad ogni modo la scritta in arabo ricamata con fili d’oro sembra confermare la provenienza araba-normanna.
* (sul “mistero” della Casula medievale vedi l’aggiornamento al termine di questo articolo).
Torre medievale di San Giovanni – luogo del ritrovamento – foto Leo De Rocco
Ci accompagna in questa ricerca lo storico lancianese Domenico Maria Del Bello che al momento del ritrovamento, nel gennaio 2014, fu chiamato presso il campanile della chiesa di San Giovanni, luogo dove fu rinvenuto il manufatto. A lui chiedo di raccontare ai lettori come avvenne il ritrovamento .
“Il ritrovamento – racconta Del Bello – è avvenuto durante il restauro del campanile superstite della chiesa di San Giovanni, chiesa andata distrutta durante i bombardamenti dell’ultima guerra mondiale. Dalla torre erano già emersi antichi frammenti di vasellame con decorazioni celesti.
La casula ricomparve da una nicchia nella quale era stata murata in un’epoca non ben definita. Fortunatamente la persona che stava lavorando per conto della Associazione Amici di Lancianovecchia benemerita, finanziatrice dell’opera, ebbe la lungimiranza di custodire quello che apparentemente appariva come uno straccio usato per tamponare una apertura e impedire così l’ingresso ai piccioni.”
Casula di Lanciano – foto copyright per gentile concessione di Francesco Bini @ Wikimedia Commons (cc-by-sa)
“Trovandomela tra le mani, insieme al giovane Simone Cortese* che mi aveva avvisato del ritrovamento – prosegue Del Bello – mi sono trovato di fronte ad un manufatto che non somigliava a nulla di quanto avevo visto in tutti gli anni di studio e catalogazione dei beni culturali diocesani.
L’abito liturgico era costituito da una federa in lino tessuta manualmente a telaio, cucita con punti messi a mano alla parte in seta di un magnifico color celeste intessuta da un filo che evidentemente conteneva elementi dorati.
Il tessuto era arricchito da una sequenza di figure ricamate e intarsi di velluto. Chiarito subito l’uso liturgico del manufatto, è rimasto il problema della sua datazione.”
(*Simone Cortese, laureato in Conservazione di Beni Culturali è impegnato, insieme alla Associazione “Amici di Lancianovecchia” nella valorizzazione della storia e delle tradizioni della città di Lanciano).

Frammento di tessuto, Italia (Lucca?), prima metà o metà del secolo XIV (2, vedi descrizione nelle note)
“L’esperienza maturata già dall’infanzia in una sartoria e gli studi successivi, mi hanno portato ad individuare un frammento di tessuto conservato in un museo fiorentino (vedi foto, e nota nr.2) con caratteristiche esecutive e impianto decorativo secondo me assai vicini a quella della casula lancianese che mi hanno portato a datare da subito la casula al XIV sec.
Una volta individuato con certezza il pregio del manufatto esso venne immediatamente trasferito nel Museo Diocesano di Lanciano. Il restauro condotto sotto la direzione della Soprintendenza competente, ha permesso di individuare altri importanti elementi sul manufatto tra i quali ad esempio l’altezza del tessuto grazie alla presenza della cimosa, la conferma sostanziale della datazione.”

Casula di Lanciano – foto copyright per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni da parte di Francesco Bini @ Wikimedia Commons (cc-by-sa)
“Ciò che è importante rilevare – conclude Del Bello – è l’apparente incongruenza tra l’epoca a cui il reperto risale e il suo stato di conservazione al momento del ritrovamento. L’ipotesi più plausibile allo stato attuale della ricerca è che la casula abbia avuto perlomeno due fasi di uso come testimoniato dalle toppe (originariamente presenti) che coprivano dei buchi, toppe forse ottenute modificando il profilo originario dell’abito.
Rimane comunque difficile restringere i termini della datazione poiché è molto complicato stabilire se si tratti di un tessuto di manifattura lucchese che imitava un tessuto orientale, (vista la presenza tra le decorazioni di un clipeo con il nome di Allah), oppure di un originale sciamito. Così come, a causa della rara documentazione, non è possibile stabilire con certezza per quanto tempo in quell’epoca il tessuto rimanesse in produzione.”
Casula di Lanciano – dettaglio – foto Leo De Rocco copyright
L’importante restauro accennato nel racconto da Del Bello fu eseguito dalla dott.ssa Tiziana Benzi, dello Studio Restauro Conservazione Tessile di Piacenza, sotto la guida dell’allora Soprintendente per l’Abruzzo, la dott.ssa Luciana Arbace.
Un lavoro di recupero molto impegnativo, in quanto trattasi di materiale tessile assemblato circa 700 anni prima dal ritrovamento e, per giunta, conservato non si sa da quanto tempo arrotolato dentro una nicchia.
Grazie al delicato restauro sono tornati alla luce gli antichi colori che a seconda della luce riflessa spaziano dal celeste all’azzurro, dall’indaco al giallo oro, nonché i disegni ricamati:
Cervi impigliati tra rovi e tralci di acanto vengono insidiati da lupi o cani da caccia; un’aquila; busti di santi, apostoli e profeti; un giglio araldico, a conferma dell’alto rango della committenza.
La casula di Lanciano è dunque un pezzo unico nel suo genere e rappresenta una delle più importanti scoperte internazionali degli ultimi anni nel campo delle arti tessili antiche.
(aggiornamento maggio 2022, sulla Casula di Lanciano vedi le novità nell’appendice, al termine di questo dell’articolo)
Casula di Lanciano – dettaglio – foto Leo De Rocco
Casula di Lanciano – dettaglio – foto Leo De Rocco
Il Museo Diocesano di Lanciano
Di bellezze ritrovate o da sempre conservate la nostra città d’arte frentana ne possiede non poche e molte, come a volte accade in Italia, sono poco conosciute.
Basta fare un salto nell’interessante Museo Diocesano – presso il Palazzo Vescovile, vicino alla bella chiesa di Santa Maria Maggiore nel vecchio quartiere “Civitanova”.
Nel ben organizzato percorso museale scopro un altro interessante manufatto tessile, risalente al ‘700, un grande parato in lino e ricami in seta dipinto a tempera con raffigurate dee o muse. E’ una manifattura di ambito napoletano, unica nel suo genere, un tempo parte della collezione dei reali di Napoli.
Passando da una sala all’altra si è rapiti dallo sguardo enigmatico di un Cristo porta croce, un dipinto attribuito al Giorgione che ci introduce nella sala delle oreficerie impreziosita da un pastorale risalente al ‘300 in argento, una testimonianza delle antiche botteghe orafe abruzzesi tra le quali primeggiava la scuola sulmonese. A fianco del pastorale brilla una croce in argento smaltato di Nicola da Guardiagrele.
Chiesa di Santa Maria Maggiore – Lanciano – foto Leo De Rocco
Lanciano, rosone trecentesco sulla facciata della chiesa di Santa Maria Maggiore – Foto Leo De Rocco
Parato in lino, seta, ricamo e dipinto a tempera – dettaglio – ambito napoletano XVIII sec. – Museo Diocesano Lanciano – foto Leo De Rocco
Cristo porta croce – Museo Diocesano Lanciano – Foto Leo De Rocco
Nicola da Guardiagrele, Croce processionale, argento, smalti, rame dorato, 1422 – Chiesa di Santa Maria Maggiore, Lanciano – Foto Leo De Rocco
Dettaglio
Linee gotiche all’interno della Cattedrale di Santa Maria Maggiore – Lanciano – Foto Leo De Rocco
Al grande artista abruzzese Nicola da Guardiagrele (Guardiagrele 1385 – 1462) scultore, orafo, pittore e miniaturista, appartiene un’altra croce in argento e smalti, datata 1422, conservata nella vicina chiesa di Santa Maria Maggiore.
Chiesa con dinamiche forme gotiche, solenni portali e splendidi rosoni che appare quasi all’improvviso, così maestosamente gotica, tra i vicoli stretti del quartiere medievale di Civitanova.
Parato in lino, seta, ricamo e dipinto a tempera – dettaglio – ambito napoletano XVIII sec. – Museo Diocesano Lanciano – foto copyright Leo De Rocco
Parato in lino, seta, ricamo e dipinto a tempera – dettaglio – ambito napoletano XVIII sec. – Museo Diocesano Lanciano – foto Leo De Rocco
Parato in lino, seta, ricamo e dipinto a tempera – dettaglio – ambito napoletano XVIII sec. – Museo Diocesano Lanciano – foto Leo De Rocco
Parato in lino, seta, ricamo e dipinto a tempera – dettaglio – ambito napoletano XVIII sec. – Museo Diocesano Lanciano – foto Leo De Rocco
Parato in lino, seta, ricamo e dipinto a tempera – dettaglio – ambito napoletano XVIII sec. – Museo Diocesano Lanciano – foto Leo De Rocco
Parato settecentesco – dettaglio – Museo Diocesano Lanciano – Foto Leo De Rocco
Tesoro della Madonna del Ponte – foto copyright Gino Di Paolo – per gentile concessione di Adriana Gandolfi ad Abruzzo storie e passioni
Museo Diocesano Lanciano – Foto Leo De Rocco
In questo bel museo ritrovo Mimmo (Domenico De Bello), sempre disponibile e preparato. Mi illustra le sale museali, lascio a lui la parola:
“Il patrimonio del Museo Diocesano di Lanciano che comprende il territorio Lanciano-Ortona, è costituito da oltre 5000 opere custodite in maggioranza in 120 luoghi di culto della provincia di Chieti. Il museo è stato realizzato col preciso intento di non sottrarre opere dalle chiese, ma valorizzando una serie di opere che nel corso di circa due secoli per diverse ragioni erano state rimosse dai luoghi per le quali erano originariamente concepite. ”
“I visitatori troveranno, secondo criteri tematici, ogni sala dedicata ad un aspetto delle tradizioni religiose, con una sala dedicata alla venerazione della patrona di Lanciano, la Madonna del Ponte, che contiene la ricca collezione di gioielli ex-voto: il ferma capelli della marchesa Diana Crognoli di Castel Novo (oggi Castel Frentano); il pendaglio della marchesa d’ogni risalente al 1601 e tanti ori popolari come presentose, sciaquaje e cannatore.
Il percorso – conclude Del Bello – prosegue con le sale dedicate ai santi, al sacrificio di cristo per la Redenzione della Umanità, alle statue vestite, alle reliquie tra le quali quelle di Celestino V, e si conclude davanti al meraviglioso parato ricamato in seta con figure di divinità pagane, realizzato nella prima metà del ‘700, che misura oltre 50 metri quadrati.”
Lanciano – Museo Diocesano, antichi tessuti ricamati a mano – Foto Leo De Rocco
Dettaglio di un paramento sacro settecentesco, in seta e ricami in fili d’oro, Lanciano – Foto Leo De Rocco
Museo Diocesano Lanciano – Foto Leo De Rocco
Museo Diocesano Lanciano – Foto Leo De Rocco
Museo Diocesano Lanciano – Foto Leo De Rocco
Tesoro della Madonna del Ponte – foto copyright Gino Di Paolo – per gentile concessione di Adriana Gandolfi ad Abruzzo storie e passioni
Museo Diocesano Lanciano – Foto Leo De Rocco
I lancianesi sono molto devoti alla patrona della loro città e nel corso dei secoli, come ha accennato Del Bello nella esposizione del percorso museale, hanno donato alla Madonna del Ponte oro, argenti e corallo lavorati.
Gran parte di questi gioielli non sono esposti al pubblico, le foto pubblicate in questo questo articolo sono state concesse in esclusiva.
(per un approfondimento sull’antica oreficeria abruzzese vedi in questo blog l’articolo: “Abruzzo e antichi gioielli, il corallo di Giulianova“).
Nel Museo Diocesano lancianese un’altra opera suscita interesse, è un dipinto che raffigura una Madonna con Bambino tra San Giovanni Evangelista e San Nicola di Bari, opera di un artista nato proprio da queste parti: Polidoro de Renzi da Lanciano (Lanciano, 1515 – Venezia, 1565), conosciuto come Polidoro da Lanciano.
Più o meno ignorato dai suoi contemporanei, il talento di Polidoro da Lanciano fu notato da Giorgio Vasari, il quale alla fine del Cinquecento lo inserì nelle “Vite dei più eccellenti pittori, scultori, architetti”.
Poi sull’artista lancianese ancora oblìo, fino agli inizi del ‘900 quando il celebre critico d’arte Bernard Berenson rivalutò le sue opere e le fece conoscere al grande pubblico.
Grazie a Berenson, dopo Vasari il primo che raccolse un elenco dettagliato delle opere di Polidoro da Lanciano, oggi l’artista frentano trova la sua giusta collocazione nella storia dell’arte.
Le opere di Polidoro da Lanciano sono esposte alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, al Louvre in una sala a due passi dalla Gioconda, a Palazzo Pitti, al Museo napoletano di Capodimonte e in altri musei e fondazioni tra Vienna, Londra e San Francisco. (3)
Polidoro da Lanciano, Venere Dormiente, 1535, (attr. Federico Zeri) – Palazzo Pitti Firenze
Ponte Diocleziano e Cattedrale della Madonna del Ponte – foto Leo De Rocco
La Cattedrale costruita su tre ponti
La Cattedrale della Madonna del Ponte presenta una curiosa peculiarità architettonica: poggia su tre antichi ponti.
L’edificio, che affaccia su una suggestiva piazza detta del Plebiscito – dai lancianesi considerata il loro salotto cittadino, un luogo identitario che apre sul corso principale (Corso Trento e Trieste) elegantemente rivestito con una pavimentazione merlettata che ricorda la Presentosa, tipico gioiello dell’antica arte orafa abruzzese – poggia su due ponti, uno medievale e l’altro rinascimentale, realizzati sulle rovine di un originario ponte romano, ma un terzo ponte affianca gli altri due permettendo il passaggio esterno dei pedoni.
La Piazza Plebiscito è anche il luogo dove si svolge un antico rito religioso e popolare, una processione che inizia proprio da questa piazza, raggiunge una piccola chiesa detta “Iconicella”, nella quale viene celebrata una messa, e ritorna al punto di partenza.
Tutto il percorso viene accompagnato dal rintocco delle campane, da qui il curioso nome: “La Squilla“, una festa che dal ‘600 si tiene ogni anno il 23 dicembre.
Per i lancianesi, che al suono della Squilla si scambiano gli auguri, questa è una festa importante al pari del Natale.
Lanciano – Piazza Plebiscito – Foto Leo De Rocco
Lanciano – statua della Madonna del Ponte – Foto Leo De Rocco
Lanciano – l’interno tardobarocco della Cattedrale della Madonna del Ponte – Foto Leo De Rocco
Lanciano – Cattedrale della Madonna del Ponte, una pregevole Ultima Cena dipinta nel 1601 da Antonio Solaro – Foto Leo De Rocco
All’interno della Cattedrale trovo la statua in terracotta della Madonna del Ponte (1440) non a caso raffigurata su tre ponti, tutti in oro, un’opera firmata dell’orafo lancianese Carabba.
Il manufatto sostituì un precedente basamento, sempre a forma di ponti, ma erano in corallo, a conferma della diffusa lavorazione del corallo in Abruzzo. (vedi il citato articolo in questo blog, “Abruzzo e antichi gioielli il corallo di Giulianova”).
La storia della Cattedrale lancianese, con i suoi ponti che la rendono così originale, è intrigante, per questo una mattina d’estate incontro in Piazza del Plebiscito il sempre disponibile Domenico Maria Del Bello.
“La tradizione – mi racconta Del Bello – fa risalire all’epoca dell’Imperatore Diocleziano la costruzione del primo ponte destinato ad oltrepassare la valle della Pietrosa e i risultati delle indagini archeologiche, che hanno restituito reperti ascrivibili al III secolo d.C. proprio alla testata del ponte, confermerebbero dunque la tradizione, generata dal rinvenimento di un’epigrafe dedicatoria avvenuto nel corso dei restauri alla Cattedrale del 1785 e tramandataci dallo storico Omobono Bocache, che narra dell’esistenza di un ponte romano, costruito per volere del Senato e del Popolo di Anxanum e dedicato alla Divina Maestà dell’Imperatore Diocleziano.
La maestosa struttura che oggi possiamo ammirare – prosegue Del Bello – non ha più nulla di romano ed è il risultato di una complessa serie di interventi iniziati tra il XIII ed il XIV secolo quando il ponte venne totalmente ricostruito.
Su questa struttura andò ad insediarsi la originaria cappella dedicata alla Vergine che dal primitivo spazio costituito da un’immagine della Vergine collocata in un merlo al centro del ponte finì per occupare per successivi ampliamenti, dal 1443, tutto lo spazio disponibile.
La Città decise quindi la costruzione di un secondo ponte, da affiancare al precedente, che venne completato nel 1513 e, nel 1520, coperto da volte permettendo in questo modo, al livello superiore, l’ampliamento della chiesa della Madonna del Ponte.
Nel 1583, sfruttando i contrafforti che, a monte e a valle, rendevano più solida la struttura dei due ponti affiancati, venne aperto il cosiddetto “Corridoio”, un terzo ponte, scoperto e destinato esclusivamente al passaggio pedonale che collega la Piazza al Corso della Bandiera che attraversava il Prato della Fiera.
La chiesa della Madonna del Ponte – conclude Del Bello – era tra i dodici principali santuari mariani del Regno di Napoli e nel 1833, il 15 settembre, ricevette l’omaggio delle Corone d’Oro dal Capitolo vaticano, evento che diede origine alle celebri Feste di Settembre.”
Lanciano – ponte pedonale della Cattedrale della Madonna del Ponte – foto Leo De Rocco
Lanciano – le possenti mura (dettaglio) alla base della Cattedrale dedicata alla Madonna del Ponte – Foto Leo De Rocco
Nicola da Guardiagrele e bottega – Croce argento smaltato, XV sec. – dettaglio – Museo Diocesano Lanciano – foto copyright Leo De Rocco
Lanciano – il Palazzo Vescovile durante un evento culturale promosso da Abruzzo Contemporaneo luoghi d’arte 2018 – Foto Leo De Rocco
Lanciano – Il Palazzo Vescovile presso il Museo Diocesano durante una mostra organizzata da Abruzzo Contemporaneo luoghi d’arte 2018 – Foto Leo De Rocco
Lanciano – Piazza Plebiscito durante un evento culturale organizzato da Abruzzo Contemporaneo luoghi d’arte 2018 – Foto Leo De Rocco
Eccoci al termine di questo viaggio nell’Abruzzo frentano. Lanciano è una delle città d’arte più importanti d’Abruzzo e i lancianesi ne sono ben consapevoli, ma la capitale frentana dell’Abruzzo citra viene spesso ricordata solo per il Miracolo Eucaristico, simbolo cristiano degno di nota che ogni anno richiama qui migliaia di turisti.
Oltretutto la chiesa di San Francesco (sec.XIII) chiamata anche Santuario del Miracolo Eucaristico, fu costruita sulle rovine di un vecchio convento dedicato a Santi Legonziano e Domiziano.
Il nome Legoziano, secondo una leggenda popolare diffusa da tempo immemore qui a Lanciano, deriverebbe da Longino, ossia il soldato romano che secondo i vangeli apocrifi trafisse il costato di Gesù sulla croce.
Secondo il racconto popolare Longino sarebbe originario di Lanciano, da qui il nome della città: Longino-Lancia-Lanciano, e la presenza della lancia nello stemma comunale.
Lanciano va scoperta anche passeggiando tra i suoi quattro quartieri medievali, che rievocano il Mastrogiurato di angioina memoria, alla ricerca dei suoi tesori:
La misteriosa casula color indaco con i cervi, le aquile, e i ricami in lingua araba; il suo prezioso Museo Diocesano; la Cattedrale costruita su tre ponti; le forme gotiche delle sue chiese che maestose spuntano all’improvviso tra i stretti vicoli del centro storico; le preziose croci di Nicola da Guardiagrele…
E non dimenticate di assaggiare i deliziosi dolcetti tradizionali che fanno da queste parti, chiamati “bocconotti“, citati anche nel famoso film di Mario Monicelli “Parenti serpenti”.
Un film del 1992 ambientato a Sulmona ma che ha molto di Lanciano in quanto è diventato un vero cult cinematografico grazie anche al lancianese Carmine Amoroso, il quale curò soggetto e sceneggiatura.
Una scena del film Parenti serpenti
Sulmona – La casa dove fu ambientato il film “Parenti serpenti” – Foto Leo De Rocco
Monicelli assegnò una piccola parte anche all’attore lancianese Alfredo Cohen che nel film interpreta Osvaldo detto “La fendessa”. Alfredo Cohen (Lanciano, 1942 – Tunisi, 2014) è stato anche un cantante, scrisse tra l’altro la canzone “Valery” in collaborazione con Franco Battiato, poi reinterpretata da Milva con il titolo “Alexanderplatz“.
Leo De Rocco
Copyright testo e foto – riproduzione riservata
Aggiornamento, maggio 2022
Le ricerche sulle origini della Casula di Lanciano mi hanno portato in Sicilia. A mio avviso l’origine del medievale manufatto lancianese, ritrovato in una nicchia di una torre, si colloca nell’ambito produttivo delle pregiatissime sartorie diffuse nelle officine reali degli antichi Tiraz siciliani, durante l’epoca dei citati regni normanni (da Ruggero II a Federico II); le toppe aggiunte in epoca successiva sembrano invece suggerire, come evidenzio più avanti, che le stesse siano state prodotte in Germania, probabilmnete nella prima metà del 1300, quando ormai da tempo tutto il tesoro dei normanni di Sicilia, compreso il mantello della incoronazione di Ruggero II, oggi a Vienna, (prodotto nei Tiraz palermitani nel 1134), si trovava in Germania, a seguito della decisione di Enrico VI, padre di Federico II, di far trasportare in Germania tutti i beni normanni presenti in Sicilia.
Tiraz è un termine mutuato dal persiano antico e significa “ricamo”, riferito ad una veste adornata con ricami elaborati, in particolare con scritte, indossata da un sovrano o da una personalità di alto rango. In Sicilia il termine identificò i laboratori nei quali tali abiti venivano realizzati. (4)
Palermo – Tesoro della Cattedrale – Corona di Costanza d’Aragona, prezioso manufatto realizzato negli antichi Tiraz siciliani, XII – XIII sec. – Foto Leo De Rocco
Mantello di Re Ruggero II – oro, perle, smalti e pietre preziose, XII secolo, Tiraz siciliani – Kunsthistoriches Museum Vienna – sul bordo, in caratteri cufici e ricamato in oro, leggiamo: “Questo lavoro è stato fatto nel laboratorio reale di corte e appartiene a colui che ha prosperato con fortuna e onore, con zelo e perfezione, con potere e merito, con la sua approvazione e la sua prosperità, con generosità e maestà, con gloria e bellezza, e realizzazione di desideri e speranze, con giorni e notti felici senza sosta e senza cambiamento, con onore e cura e protezione, con successo e sicurezza, con trionfo e prodezza. Nella capitale della Sicilia nell’anno 528” *
* (l’anno 528 del calendario arabo dell’Egira, corrisponde all’anno 1133-34.
Mantello di re Ruggero II, dettaglio – Kunsthistoriches Museum Vienna – La Palma simboleggia l’albero della vita e nello stesso tempo il casato di Ruggero II, i due leoni ai lati simboleggiano la vittoria e la forza di Ruggero II
Aquila Dalmatika, 1300/1340 – Kunsthistoriches Museum di Vienna – la Dalmatica è un paramento sacro derivante dalle tuniche di epoca romana. Nel medioevo era indossato da un diacono, oppure dal vescovo sotto la casula, in occasione di solenni cerimonie.
Durante una ricerca nella collezione museale del Kunsthistoriches Museum di Vienna, ho visionato nel dettaglio il prezioso mantello di Ruggero II risalente ai primi decenni del secolo XII, e il corredo reale dell’incoronazione utilizzato nelle cerimonie religiose officiate da alti prelati durante l’incoronazione dei re di Sicilia e successivamente degli imperatori del Sacro Romano Impero (epoca XIV).
Tra i capi del corredo reale hanno attirato la mia attenzione alcuni medaglioni ricamati sui bordi (sulla scollatura) di una tunica-dalmatica, chiamata “Aquila dalmatica“, citata per la prima volta nel 1350, oltretutto la stessa epoca della Casula di Lanciano.
Questi ricami a medaglione, all’interno dei quali appaiono i ritratti di regnanti, uomini di alto rango e prelati (foto sotto), sono simili, anzi identici, ai medaglioni ricamati sulla Casula di Lanciano. La loro forma richiama lo stile medievale delle cornici utilizzate dai miniaturisti e dalle antiche botteghe orafe.
Si può dunque ipotizzare che i citati medaglioni aggiunti sulla Casula di Lanciano risalgono alla stessa epoca e bottega della “Aquila dalmatica” oggi a Vienna.
Dio in Gloria, dettaglio di una Croce in argento e rame dorato, XVI sec. Bottega orafa aquilana – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco
La Casula ritrovata a Lanciano è stata dunque realizzata nelle Officine reali normanne “Tiraz” del Regno di Sicilia, in quanto il clipeo recante il nome di “Allah” ricamato con fili d’oro, (chiaro riferimento alla cultura araba integrata da Ruggero II quando prese il potere), sulla Casula lancianese è la stessa iconografia della solenne dedica in arabo (anch’essa in oro) ricamata sul mantello di re Ruggero II.
Successivamente sulla casula furono aggiunte le toppe con i medaglioni in Germania, in quanto il corredo reale, compreso il mantello della incoronazione di Ruggero II, fu utilizzato durante le cerimonie religiose per l’incoronazione degli imperatori del Sacro Romano Impero.
Con le foto che seguono propongo il raffronto tra i dettagli dei ricami a medaglione della Dalmatica di Vienna e della Casula di Lanciano. Si noti che oltre ai ricami con medaglioni e foglie di acanto, presenti sia sulla Dalmatica di Vienna che sulla Casula di Lanciano, sono presenti anche le aquile, ricamate in entrambi i tessuti (nella Casula di Lanciano l’aquila è ricamata vicino al clipeo Allah, foto sotto), oltretutto sono stati utilizzati gli stessi materiali: lino su seta.
Leo De Rocco

Dettaglio del medaglione sulla Dalmatica imperiale, “Aquila Dalmatica” – Germania meridionale , epoca 1330-1340, seta damascata, ricami in oro e piccole pietre di vetro – foto pubblica dal sito del Kunsthistoriches Museum Vienna
Dettaglio dei medaglkioni sulla Casula di Lanciano – foto Leo De Rocco
Copyright © Riproduzione Riservata – Foto e testo – All rights reserved – È vietato, in base alle norme e leggi vigenti, l’uso anche solo parziale e a qualsiasi titolo del testo e delle foto presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta: derocco.leo@gmail.com – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Ringraziamenti: Domenico Maria del Bello, storico; Adriana Gandolfi, etnologa, esperta in antropologia del gioiello; Gino Di Paolo, fotografo; Francesco Bini, fotografo. Si ringrazia inoltre la Direzione del Museo Diocesano di Lanciano – Note: (1) dal “Libro Segreto” di Gabriele d’Annunzio, 1935; (2) Frammento di tessuto con uccelli passanti e leoni passanti, Italia (Lucca?), prima metà o metà del secolo XIV, lampasso lanciato e broccato, fondo in saia, opera in taffetas per le trame di seta e in saia per le trame metalliche, seta blu, bianca, celeste e panna e oro membranaceo (budello animale) filato su accia di seta. Firenze, Museo del Bargello; (3) Su Polidoro da Lanciano: “Polidoro da Lanciano”, di Vincenzo Mancini, Edizione Carabba, 2001 – (4) Da “First Encyclopedia of islam” 1913-36 – Altri testi consultati: “Ruggero II”, di Glauco Maria Cantarella, Salerno Editrice; Articoli sul web: “Trama e Ordito, il blog della moda” – nota* completamente rimosse con l’intervento di restauro – Foto copertina: Casula di Lanciano, per gentile concessione di Francesco Bini @ Wikimedia Commons (cc-by-sa) copyright; foto gioielli Madonna del Ponte, tutte in copyright e per gentile concessione di Adriana Gandolfi e Museo Diocesano Lanciano – Autore/Blogger: Leo De Rocco derocco.leo@gmail.com