▪︎ Copertina: dettaglio della Casula di Lanciano – Foto di Francesco Bini, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni
▪︎ Sotto: Una parte del centro storico di Lanciano – Foto Abruzzo storie e passioni

Se vieni con me per un sentiero che tu hai passato cento volte, il sentiero ti sembra nuovo (1)
Introduzione
Lanciano, la città delle Fiere e delle Feste di Settembre, del compositore Fedele Fenaroli e della Casa Editrice Carabba, una delle più prestigiose case editrici italiane. Prese forma da una macchina a stamperia manuale comprata nel 1878 da un giovane e lungimirante lancianese: Rocco Carabba. Una città ricca di cultura, monumenti e antiche tradizioni, come la Squilla e la Processione degli Incappucciati.
In questo articolo scopriremo la capitale dei Frentani passeggiando tra i suoi antichi quartieri, rivelatrici di storie misteriose. Come quella che accompagna il ritrovamento di una casula trecentesca, recante una scritta in arabo, ritrovata per caso in una torre medievale. Visiteremo il Museo Diocesano che ospita il prezioso manufatto insieme ad altre interessanti opere d’arte. Infine andremo a conoscere la storia di una cattedrale dalla curiosa architettura: poggia su tre ponti.
Prima parte
L’Abruzzo medievale
Aprutinium Ultra o Citra flumen Piscarie, a Nord o a Sud del fiume Pescara, così nel 1273 era diviso l’allora Giustizierato d’Abruzzo sotto la dominazione di Carlo I d’Angiò. Un territorio sottratto agli Hohenstaufen: Manfredi di Sicilia e suo nipote Corradino di Svevia, entrambi sconfitti dal d’Angiò, il primo a Benevento e il secondo nella famosa Battaglia di Tagliacozzo. In realtà l’organizzazione amministrativa della regione era stata già ideata qualche decennio prima dal padre di Manfredi, Federico II. E allo Stupor Mundi la strada per riformare il regno l’aveva già spianata suo nonno Ruggero II, che invece era un normanno degli Altavilla. Il Normanno nel 1140 visitò l’Abruzzo in veste di primo re di Sicilia, per affermare la sua autorità sulle nuove terre conquistate a nord, che arrivavano a lambire il fiume Tronto, tra l’Abruzzo e le Marche.
Durante la dominazione angioina con Carlo II d’Angiò – il re che insieme a suo figlio Carlo Martello attraversò la Valle Subequana per andare incontro all’eremita frate Pietro Angelerio, appena eletto papa col nome di Celestino V, e scortarlo fino alla Basilica di Collemaggio a L’Aquila – fu celebrata a Lanciano la prima festa medievale del Mastrogiurato (1304), una figura istituzionale ispirata dalla vocazione mercantile della città frentana e rievocata ancora oggi in estate, durante quella che a Lanciano è chiamata la Settimana Medievale.
Una casula medievale riapparsa (quasi) dal nulla
Questo breve excursus storico introduce una storia legata a una straordinaria scoperta, avvenuta qualche anno fa in un quartiere medievale della nostra capitale frentana, elevata a titolo di “città” dell’Abruzzo citra proprio dal citato Federico II. I dettagli del ritrovamento di una casula medievale sembrano appartenere a un giallo storico o a un episodio de Il nome della Rosa, il celebre romanzo di Umberto Eco.
L’antico paramento sacro fu ritrovato per caso nel 2014, era nascosto in una torre medievale. Negli stessi giorni in cui a Lanciano si organizzava l’edizione numero 710 del Mastrogiurato, tra dame e cavalieri, sbandieratori e giocolieri, la casula fu rinvenuta murata in una nicchia della torre di San Giovanni. Agli occhi increduli degli operai, in quel momento impegnati in lavori di restauro della torre, apparve una casula tessuta in puro lino e seta, ricamata con trame e fili d’oro e recante una scritta in arabo.
L’origine e l’esatta datazione della cosiddetta Casula di Lanciano è ancora oggetto di studio. Come spiegherò più avanti, a mio avviso i ricami presenti sul manufatto ricordano i tessuti realizzati nei Tiraz siciliani durante le dominazioni normanne e sveve. È probabile che questa casula fu sottratta dalla Sicilia durante i citati avvicendamenti storici tra svevi angioini. La scritta in arabo, a mio parere, conferma tale provenienza. Sullo stesso tema rimando all’articolo “I libri d di pietra di Ncodemo, Roberto e Ruggero” in questo blog.
I dettagli del ritrovamento
Ci racconta i dettagli della scoperta lo storico lancianese Domenico Maria Del Bello, che al momento del ritrovamento (gennaio 2014), fu chiamato presso la torre campanaria della chiesa di San Giovanni da un gruppo di operai.
“Il ritrovamento è avvenuto durante il restauro del campanile superstite della chiesa di San Giovanni, chiesa andata distrutta durante i bombardamenti dell’ultima guerra mondiale. Dalla torre erano già emersi antichi frammenti di vasellame con decorazioni celesti. La casula ricomparve da una nicchia nella quale era stata murata in un’epoca non ben definita. Fortunatamente la persona che stava lavorando per conto della Associazione Amici di Lancianovecchia benemerita, finanziatrice dell’opera, ebbe la lungimiranza di custodire quello che apparentemente appariva come uno straccio usato per tamponare una apertura e impedire così l’ingresso ai piccioni.”
“Trovandomela tra le mani, insieme al giovane Simone Cortese che mi aveva avvisato del ritrovamento” – prosegue Del Bello – “mi sono trovato di fronte ad un manufatto che non somigliava a nulla di quanto avevo visto in tutti gli anni di studio e catalogazione dei beni culturali diocesani. L’abito liturgico era costituito da una federa in lino tessuta manualmente a telaio, cucita con punti messi a mano alla parte in seta di un magnifico color celeste intessuta da un filo che evidentemente conteneva elementi dorati. Il tessuto era arricchito da una sequenza di figure ricamate e intarsi di velluto. Chiarito subito l’uso liturgico del manufatto, è rimasto il problema della sua datazione.”
“L’esperienza maturata già dall’infanzia in una sartoria e gli studi successivi, mi hanno portato ad individuare un frammento di tessuto conservato in un museo fiorentino (vedi foto, e nota nr.2) con caratteristiche esecutive e impianto decorativo secondo me assai vicini a quella della casula lancianese che mi hanno portato a datare da subito la casula al XIV sec. Una volta individuato con certezza il pregio del manufatto esso venne immediatamente trasferito nel Museo Diocesano di Lanciano. Il restauro condotto sotto la direzione della Soprintendenza competente, ha permesso di individuare altri importanti elementi sul manufatto tra i quali ad esempio l’altezza del tessuto grazie alla presenza della cimosa, la conferma sostanziale della datazione.”
“Ciò che è importante rilevare” – conclude Del Bello – “è l’apparente incongruenza tra l’epoca a cui il reperto risale e il suo stato di conservazione al momento del ritrovamento. L’ipotesi più plausibile allo stato attuale della ricerca è che la casula abbia avuto perlomeno due fasi di uso come testimoniato dalle toppe (originariamente presenti) che coprivano dei buchi, toppe forse ottenute modificando il profilo originario dell’abito. Rimane comunque difficile restringere i termini della datazione poiché è molto complicato stabilire se si tratti di un tessuto di manifattura lucchese che imitava un tessuto orientale (vista la presenza tra le decorazioni di un clipeo con il nome di Allah), oppure di un originale sciamito. Così come, a causa della rara documentazione, non è possibile stabilire con certezza per quanto tempo in quell’epoca il tessuto rimanesse in produzione.”
Abruzzo storie e passioni alla corte dei Normanni di Sicilia
Così termina la testimonianza di Del Bello. Ovviamente nel nostro blog di storie e passioni d’Abruzzo non può mancare un approfondimento, che una storia così intrigante decisamente merita. Le ricerche mi hanno portato in Sicilia e a Vienna, ma prima di illustrarle incominciamo a definire i personaggi coinvolti in questa singolare scoperta.
Il citato Simone Cortese, laureato in Conservazione di Beni Culturali, è impegnato insieme all’Associazione Amici di Lancianovecchia nella valorizzazione della storia e delle tradizioni della città di Lanciano. L’importante restauro del manufatto fu eseguito dalla dott.ssa Tiziana Benzi dello Studio Restauro Conservazione Tessile di Piacenza, sotto la guida dell’allora Soprintendente per l’Abruzzo, la dott.ssa Luciana Arbace. Un lavoro di recupero molto impegnativo in quanto trattasi di materiale tessile assemblato diversi secoli prima del ritrovamento e, per giunta, conservato non si sa da quanto tempo arrotolato dentro una nicchia esposta alle intemperie.
Grazie a questo restauro sono tornati alla luce i colori originali, che a seconda della luce riflessa spaziano dal celeste all’azzurro, dall’indaco al giallo oro. I ricami richiamano temi romanici: cervi impigliati tra rovi e foglie di acanto, insidiati da lupi; un’aquila; busti di santi, apostoli, profeti, nobili o dignitari di corte; infine un giglio araldico, a conferma dell’alto rango della committenza. La Casula di Lanciano è dunque un pezzo unico nel suo genere e rappresenta una delle più importanti scoperte internazionali avvenute negli ultimi anni nel campo delle arti tessili antiche.
La Casula di Lanciano, ipotesi di attribuzione.
Le ricerche sulle origini della casula lancianese mi hanno portato in Sicilia, in quanto ritengo probabile che il paramento sacro provenga da un laboratorio sartoriale ispirato alle officine reali dei Tiraz siciliani, durante l’epoca normanna e sveva (1130 – 1266). Pertanto la datazione del manufatto andrebbe spostata al XIII secolo. Due sono gli elementi che avvalorano questa ipotesi:
1. il clipeo con la scritta Allah
2. l’aquila, emblema degli Svevi.
Tiraz è un termine mutuato dal persiano antico, significa “ricamo”, riferito a una veste adornata con ricami elaborati, in particolare con scritte, indossata da un sovrano o da una personalità di alto rango. In Sicilia il termine identificò i laboratori sartoriali nei quali tali indumenti venivano realizzati (4).
In questa ricerca, seguendo le vicende storiche del casato degli Altavilla e degli Hohenstaufen, dalla Sicilia bisogna poi spostarsi in Austria, in quanto il tesoro della Corona Normanna di Sicilia è oggi custodito a Vienna.
Nella collezione museale del Kunsthistoriches Museum di Vienna ho visionato nel dettaglio il mantello della incoronazione di Ruggero II (XII sec.) – tessuto in oro, perle, smalti e pietre preziose e ricami in arabo, dai maestri dei Tiraz siciliani – e il corredo utilizzato da alti prelati durante la cerimonia religiosa dell’incoronazione dei sovrani di Sicilia e, successivamente, degli imperatori del Sacro Romano Impero.
Tra i capi del corredo reale hanno attirato la mia attenzione i medaglioni ricamati sui bordi (sulla scollatura) di una tunica-dalmatica, chiamata Aquila dalmatica (foto sotto), citata per la prima volta nel 1350. Questi ricami a medaglione, all’interno dei quali appaiono i ritratti di regnanti, uomini di alto rango e prelati, sono molto simili, quasi identici, ai medaglioni ricamati sulla Casula di Lanciano. La loro forma richiama lo stile medievale delle cornici utilizzate dai miniaturisti e dalle antiche botteghe orafe, soprattutto nella produzione di croci processionali nell’ambito dello stile Gotico Internazionale.
È dunque possibile ipotizzare che i medaglioni aggiunti sulla Casula di Lanciano risalgono alla stessa epoca dell’Aquila Dalmatica e furono realizzati dagli stessi laboratori sartoriali. Pertanto ci troviamo di fronte a due fasi di lavorazione:
1. la prima è quella della tessitura e del ricamo della Casula di Lanciano, realizzati in un Tiraz siciliano nel XIII secolo, o successivamente, in una officina sartoriale della stessa scuola.
2. La seconda fase della lavorazione è relativa all’aggiunta dei medaglioni, cuciti sulla casula il secolo successivo. Successivamente sulla nostra casula furono aggiunte le toppe con i citati medaglioni.
È plausibile che questo secondo intervento sartoriale sia stato realizzato in Germania, probabilmente nella prima metà del Trecento quando, ormai da tempo, il tesoro dei Normanni di Sicilia – compreso il mantello della incoronazione di Ruggero II – si trovava in Germania, a seguito della decisione di Enrico VI (padre di Federico II) di far trasportare oltralpe tutti i beni normanni presenti in Sicilia. Il corredo reale fu riutilizzato durante le cerimonie religiose per l’incoronazione degli imperatori del Sacro Romano Impero.
Infine, ad avvalorare l’ipotesi della provenienza del manufatto custodito a Lanciano dalla capitale del Regno di Sicilia, oltretutto comprendente dal 1130 anche l’Abruzzo, è la presenza sulla casula del clipeo recante il nome di Allah, chiaro riferimento alla cultura araba dell’ex emirato, integrata da Ruggero II quando conquistò la Sicilia. Il clipeo “lancianese”, a mio avviso, richiama la stessa iconografia della solenne dedica in arabo ricamata sul mantello di Ruggero II: entrambi simbolo di incontro tra due diverse culture e religioni.
Nella seguente galleria fotografica evidenzio i dettagli dei ricami a medaglione sulla Dalmatica di Vienna e quelli sulla Casula di Lanciano. Si noti che oltre ai ricami con medaglioni e foglie di acanto, presenti su entrambi i manufatti, sono riconoscibili anche le aquile, emblema di Manfredi di Sicilia e, in seguito, del Sacro Romano Impero nel periodo altomedievale. Successivamente l’aquila diventerà bicefala. In particolare sulla Casula di Lanciano l’aquila è ricamata vicino al clipeo Allah. Inoltre sono stati utilizzati gli stessi materiali: lino e seta.
Galleria fotografica





Lanciano – Torri Medievali Montanare e la torre di San Giovanni, luogo del ritrovamento della Casula – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Casula di Lanciano, foto copyright per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni da Francesco Bini @ Wikicommons (cc-by-sa)

Frammento di tessuto, Italia (Lucca?), prima metà o metà del secolo XIV (2)


Mantello di Re Ruggero II – Kunsthistoriches Museum Vienna


Palermo – Tesoro della Cattedrale, Corona di Costanza d’Aragona, manufatto opera dei tiraz siciliani – Foto Leo De Rocco



Casula di Lanciano, dettagli delle toppe aggiunte – Foto Leo De Rocco

Dettaglio della Casula di Lanciano – Foto per gentile concessione di Francesco Bini/Sailko



Dettaglio del medaglione sulla Dalmatica imperiale, “Aquila Dalmatica”, Germania meridionale, epoca 1330-1340, seta damascata, ricami in oro e piccole pietre di vetro, Kunsthistoriches Museum Vienna e dettaglio dei medaglioni sulla Casula di Lanciano – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Seconda parte
Lanciano da scoprire
Imiziamo questa seconda parte del nostro viaggio a Lanciano visitando il Museo Diocesano, dove ritrovo Domenico del Bello che ci illustra brevemente la storia della collezione:
“Il patrimonio del Museo Diocesano di Lanciano che comprende il territorio Lanciano-Ortona, è costituito da oltre 5000 opere custodite in maggioranza in 120 luoghi di culto della provincia di Chieti. Il museo è stato realizzato col preciso intento di non sottrarre opere dalle chiese, ma valorizzando una serie di opere che nel corso di circa due secoli per diverse ragioni erano state rimosse dai luoghi per le quali erano originariamente concepite.”
“I visitatori troveranno, secondo criteri tematici, ogni sala dedicata ad un aspetto delle tradizioni religiose, con una sala dedicata alla venerazione della patrona di Lanciano, la Madonna del Ponte, che contiene la ricca collezione di gioielli ex-voto: il ferma capelli della marchesa Diana Crognoli di Castel Novo (oggi Castel Frentano); il pendaglio della marchesa d’Ugni risalente al 1601 e tanti ori popolari come presentose, sciaquaje e cannatore.”
“Il percorso” – conclude Del Bello – “prosegue con le sale dedicate ai santi, al sacrificio di cristo per la Redenzione della Umanità, alle statue vestite, alle reliquie tra le quali quelle di Celestino V, e si conclude davanti al meraviglioso parato ricamato in seta con figure di divinità pagane, realizzato nella prima metà del ‘700, che misura oltre 50 metri quadrati.”
Il quartiere Civitanova e le opere del Museo Diocesano
Di bellezze ritrovate o da sempre custodite, la nostra città d’arte frentana ne possiede non poche e molte, come a volte accade in Abruzzo, sono poco conosciute, soprattutto agli stessi abruzzesi.
Il Museo Diocesano, allestito nel Palazzo Vescovile, si trova nel cuore del quartiere medievale di Civitanova, non lontano dalla bella chiesa di Santa Maria Maggiore, un importante edificio di culto che incanta il visitatore con le sue svettanti forme gotiche, i solenni portali e gli splendidi rosoni. Questa chiesa, risalente al XIII secolo, appare quasi all’improvviso, maestosa, tra i vicoli stretti del quartiere.
La straordinaria facciata gotica è opera del lancianese Francesco Perrini, un architetto vissuto nel Trecento. All’interno è custodita una preziosa croce processionale in argento e smalti, realizzata nel 1422 dal magister Nicola da Guardiagrele.
Nel Museo Diocesano scopriamo un altro manufatto tessile, questa volta risalente al Settecento. Si tratta di un grande parato in lino con ricami in seta, dipinto a tempera con raffigurazioni di dee e muse. La manifattura, unica nel suo genere, è di ambito napoletano: faceva parte della collezione dei Reali di Napoli.
Attraversando le sale del museo si è rapiti dallo sguardo enigmatico di un Cristo Porta Croce, un dipinto attribuito al Giorgione che ricorda, come vedremo più avanti, la figura del Cireneo, protagonista di una tradizione religiosa lancianese.
La sala delle oreficerie è impreziosita da un pastorale in argento lavorato, risalente al Trecento, eloquente testimonianza delle antiche botteghe orafe abruzzesi, in particolare quelle della Scuola sulmonese. Al suo fianco brilla un’opera del citato maestro Nicola da Guardiagrele (Guardiagrele 1385 – 1462), una croce in argento smaltato.
I lancianesi sono molto devoti alla patrona della loro città, tanto che nel corso dei secoli, come ha accennato Del Bello nella esposizione del percorso museale, hanno donato alla Madonna del Ponte oro, argenti e corallo lavorati. Gran parte di questi gioielli non sono esposti al pubblico, le foto pubblicate in questo questo articolo sono state concesse in esclusiva.
Per un approfondimento sull’antica arte orafa abruzzese rimando al mio articolo: “Arte orafa abruzzese, Nicola da Guardiagrele, corallo di Giulianova e l’oro di Scanno”, in questo blog.
Polidoro da Lanciano
Concludiamo la visita al Museo Diocesano con un bel dipinto che raffigura la Madonna con Bambino tra San Giovanni Evangelista e San Nicola di Bari. L’autore è un artista nato proprio da queste parti: Polidoro de Renzi da Lanciano (Lanciano, 1515 – Venezia, 1565), conosciuto come Polidoro da Lanciano. Più o meno ignorato dai suoi contemporanei, il talento di Polidoro fu notato da Giorgio Vasari, il quale alla fine del Cinquecento inserì il suo nome nelle celeberrime Vite dei più eccellenti pittori, scultori, architetti.
Da quel momento, però, sull’artista lancianese scese l’oblìo, almeno fino agli inizi del Novecento, quando il celebre critico d’arte Bernard Berenson rivalutò le sue opere e le fece conoscere al grande pubblico. Grazie a Berenson, dopo Vasari il primo che raccolse un elenco dettagliato delle opere di Polidoro, oggi l’artista frentano trova la sua giusta collocazione nella storia dell’arte. Le sue opere sono esposte alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, al Louvre, in una sala a due passi dalla Gioconda, a Palazzo Pitti, al Museo napoletano di Capodimonte e in altri musei e fondazioni tra Vienna, Londra e San Francisco (3).
I quartieri storici di Lanciano regalano scrigni di tesori dell’arte e scorci suggestivi, ma raccontano anche vicende che segnarono la città.
Nel quartiere di Lancianovecchia nacque Trentino La Barba (Lanciano, 1915 – 1943) uno dei Martiri ottobrini di Lanciano, il gruppo di partigiani che tra il 5 e il 6 ottobre del 1943 cercarono coraggiosamente di reagire ai soprusi e alle violenze dell’esercito tedesco.
La Cattedrale costruita su tre ponti
La Cattedrale della Madonna del Ponte presenta una curiosa peculiarità architettonica. L’edificio di culto affaccia su una suggestiva piazza detta del Plebiscito, considerata dai lancianesi il lsalotto cittadino, un luogo identitario che apre sul corso principale, Corso Trento e Trieste, elegantemente rivestito con una pavimentazione merlettata che ricorda la Presentosa, gioiello iconico dell’arte orafa artigiana abruzzese.
La particolarità architettonica della cattedrale è la sua posizione: poggia su tre ponti di diversa datazione, uno medievale e l’altro rinascimentale, realizzati sulle rovine di un originario ponte romano; un terzo ponte affianca gli altri due per permettere il passaggio esterno dei pedoni.
All’interno della cattedrale, sull’altare maggiore, si trova la statua in terracotta policroma della Madonna del Ponte (1440) raffigurata, non a caso, su tre ponti, tutti in oro, un’opera firmata dell’orafo lancianese Carabba. Il prezioso manufatto sostituì un precedente basamento, sempre a forma di tre ponti, ma lavorati in corallo, a conferma della diffusa lavorazione del corallo in Abruzzo. sull’argomento rimando al citato articolo sull’arte orafa abruzzese.
Domenico Maria Del Bello ci racconta nel dettaglio la storia della Cattedrale:
“La tradizione fa risalire all’epoca dell’imperatore Diocleziano la costruzione del primo ponte destinato ad oltrepassare la valle della Pietrosa e i risultati delle indagini archeologiche, che hanno restituito reperti ascrivibili al III secolo d.C. proprio alla testata del ponte, confermerebbero dunque la tradizione, generata dal rinvenimento di un’epigrafe dedicatoria avvenuto nel corso dei restauri alla Cattedrale del 1785 e tramandataci dallo storico Omobono Bocache, che narra dell’esistenza di un ponte romano, costruito per volere del Senato e del Popolo di Anxanum e dedicato alla Divina Maestà dell’Imperatore Diocleziano. La maestosa struttura che oggi possiamo ammirare non ha più nulla di romano ed è il risultato di una complessa serie di interventi iniziati tra il XIII ed il XIV secolo quando il ponte venne totalmente ricostruito. Su questa struttura andò ad insediarsi la originaria cappella dedicata alla Vergine che dal primitivo spazio costituito da un’immagine della Vergine collocata in un merlo al centro del ponte finì per occupare per successivi ampliamenti, dal 1443, tutto lo spazio disponibile. La Città decise quindi la costruzione di un secondo ponte, da affiancare al precedente, che venne completato nel 1513 e, nel 1520, coperto da volte permettendo in questo modo, al livello superiore, l’ampliamento della chiesa della Madonna del Ponte. Nel 1583, sfruttando i contrafforti che, a monte e a valle, rendevano più solida la struttura dei due ponti affiancati, venne aperto il cosiddetto “Corridoio”, un terzo ponte, scoperto e destinato esclusivamente al passaggio pedonale che collega la Piazza al Corso della Bandiera che attraversava il Prato della Fiera. La chiesa della Madonna del Ponte era tra i dodici principali santuari mariani del Regno di Napoli e nel 1833, il 15 settembre, ricevette l’omaggio delle Corone d’Oro dal Capitolo vaticano, evento che diede origine alle celebri Feste di Settembre.”
La Squilla e il Cireneo
La Piazza del Plebiscito è anche il luogo dove si svolge un antico rito religioso e popolare, una processione che inizia proprio da questa piazza, raggiunge una piccola chiesa detta Iconicella, dove viene celebrata una messa, e ritorna al punto di partenza. Tutto il percorso è accompagnato dal rintocco delle campane, da qui il curioso nome: La Squilla, una festa che dal Seicento si tiene ogni anno il 23 dicembre. Per i lancianesi, che al suono della Squilla si scambiano gli auguri, questa è una festa importante al pari del Natale. Come vedremo più avanti La Squilla è perfino citata in un famoso film.
Un altro rito religioso molto sentito dai lancianesi è la secolare Processione degli Incappucciati, che ha luogo la sera del Giovedì Santo partendo dalla chiesa di Santa Chiara. Si tratta di un rito unico in Abruzzo: il protagonista della processione – resa particolarmente suggestiva dalle strette vie del centro storico illuminate solo da fiaccole – è il Cireneo, riferito a Simone di Cireneo, l’uomo che aiutò Gesù sofferente a trasportare la croce.
Pochi minuti prima dell’inizio della processione il priore dell’Arciconfraternita Morte e Orazione San Filippo Neri assegna il compito di trasportare la croce a un suo confratello, la cui identità è nota solo al priore e a nessun altro.
Il Cireneo, a piedi scalzi e con sulle spalle una croce lignea pesante circa 25 kg, dovrà percorrere le vie del centro storico, scortato da centinaia di confratelli incappucciati disposti su due file.
Il Miracolo Eucaristico
Eccoci al termine di questo viaggio nella terra frentana. Lanciano è una delle città d’arte più importanti della regione e i lancianesi ne sono ben consapevoli, ma la capitale dell’Abruzzo citra viene spesso ricordata solo per il Miracolo Eucaristico, simbolo cristiano degno di nota che ogni anno richiama qui migliaia di turisti. Oltretutto la chiesa di San Francesco (sec.XIII), chiamata anche Santuario del Miracolo Eucaristico, fu costruita sulle rovine di un vecchio convento dedicato a Santi Legonziano e Domiziano.
Secondo una leggenda diffusa tra i lancianesi da tempo immemorabile, il nome Legoziano deriverebbe da Longino, ovvero il soldato romano che stando ai vangeli apocrifi trafisse il costato di Gesù sulla Croce. Longino sarebbe originario di Lanciano, da qui il nome della città che sembra un gioco di parole tra Longino, Lancia e Lanciano. Non a caso il simbolo della lancia si trova nello stemma comunale.
Lanciano è una città da scoprire passeggiando tra i suoi quattro quartieri medievali: Borgo, Civitanova, Lancianovecchia e Sacca, che rievocano il Mastrogiurato di angioina memoria, e ci rivelano i suoi tesori: la misteriosa casula color indaco con i cervi, le aquile e i ricami in lingua araba; il ricco Museo Diocesano; le straordinarie croci processionali di Nicola da Guardiagrele; la cattedrale costruita su tre ponti; le forme gotiche delle chiese che maestose spuntano all’improvviso tra i stretti vicoli di uno dei più grandi centri storici della regione; gli antichi riti religiosi, le feste e le tradizioni popolari.
E non dimenticate di assaggiare i deliziosi dolcetti tradizionali che fanno da queste parti, chiamati Bocconotti, citati anche nel famoso film di Mario Monicelli Parenti serpenti. Un film del 1992 ambientato a Sulmona, ma ispirato anche a tradizioni di Lanciano, diventato un vero cult cinematografico grazie anche al lancianese Carmine Amoroso, che curò soggetto e sceneggiatura, omaggiando la sua città in una scena del film: la processione pre-natalizia della Squilla.
Monicelli assegnò una piccola parte anche all’attore lancianese Alfredo Cohen, che nel film interpreta Osvaldo detto “La fendessa”. Cohen (Lanciano, 1942 – Tunisi, 2014) è stato anche cantante e autore, scrisse la canzone Valery in collaborazione con Franco Battiato, poi reinterpretata da Milva con il titolo Alexanderplatz.
Leo Domenico De Rocco – Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – derocco.leo@gmail.com – Copyright © Riproduzione Riservata – Note e fonti dopo la galleria fotografica





Chiesa di Santa Maria Maggiore – Lanciano – Foto Abruzzo storie e passioni- il rosone è del ‘300; la navata è in stile gotico; la Croce processionale è datata 1422, opera di Nicola da Guardiagrele, è in argento dorato e smalti.







Parato in lino, seta, ricamo e dipinto a tempera – dettaglio – ambito napoletano XVIII sec. – Museo Diocesano Lanciano – foto Abruzzo storie e passioni


Cristo porta croce – Museo Diocesano Lanciano – a destra: Croce processionalw – Foto Leo De Rocco



Tesoro della Madonna del Ponte – Foto Gino Di Paolo – per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni – Gioielli esposti nel Museo Diocesano Tesoro della Madonna del Ponte – Foto Abruzzo storie e passioni





Lanciano – Museo Diocesano, antichi tessuti in seta ricamati a mano con fili d’oro. Il paramento sacro è settecentesco

Polidoro da Lanciano, Venere Dormiente, 1535, (attr. Federico Zeri) – Palazzo Pitti Firenze



Ponte Diocleziano e Cattedrale della Madonna del Ponte: ponte pedonale; dettaglio delle possenti mura del ponte alla base della Cattedrale – Foto Leo De Rocco


Lanciano, Processione degli Incappucciati – Foto Olivier Jules

Lanciano, Corso Trento e Trieste – Foto Leo De Rocco




Lanciano, piazza Plebiscito, Monumento ai Caduti, 1926, Amleto Cataldi – Foto Leo De Rocco – il gruppo scultoreo raffigura la vittoria, nelle vesti di Atena che, sollevando una corona d’alloro in bronzo, sostiene un soldato morente rappresentato con i tratti ispirati all’ideale classico dell’eroe.


Lanciano – Piazza Plebiscito – Foto Leo De Rocco



Lanciano – l’interno tardobarocco della Cattedrale della Madonna del Ponte; la statua della Madonna del Ponte; una pregevole Ultima Cena dipinta nel 1601 da Antonio Solaro – Foto Leo De Rocco


Lanciano – il Palazzo Vescovile durante un evento culturale promosso da Abruzzo Contemporaneo luoghi d’arte 2018 – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Lanciano – Piazza Plebiscito durante un evento culturale organizzato da Abruzzo Contemporaneo luoghi d’arte 2018 – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni





Lanciano, chiesa di San Francesco, Santuario del Miracolo Eucaristico. L’ostensorio e il calice di cristallo sono opera di argentieri napoletani, 1713 – Foto Leo De Rocco

Lanciano, il campanile rinascimentale della chiesa di San Francesco – Foto Leo De Rocco


Una scena del film “Parenti serpenti” (foto tratta dal web) – Foto sotto: Sulmona, il palazzo in cui fu ambientato il film – Foto Leo De Rocco

Dal film “Parenti Serpenti”, la scena con la processione della “Squilla”
Copyright © Riproduzione Riservata – All rights reserved. derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation ‐ Ringrazio: Domenico Maria del Bello, storico; Adriana Gandolfi, esperta in antropologia del gioiello; Gino Di Paolo, fotografo; Francesco Bini, fotografo. Ringrazio inoltre la Direzione del Museo Diocesano di Lanciano – Fonti e Note: (1) dal “Libro Segreto” di Gabriele d’Annunzio, 1935; (2) Frammento di tessuto con uccelli passanti e leoni passanti, Italia (Lucca?), prima metà o metà del secolo XIV, lampasso lanciato e broccato, fondo in saia, opera in taffetas per le trame di seta e in saia per le trame metalliche, seta blu, bianca, celeste e panna e oro membranaceo (budello animale) filato su accia di seta. Firenze, Museo del Bargello; (3) Su Polidoro da Lanciano: “Polidoro da Lanciano”, di Vincenzo Mancini, Edizione Carabba, 2001 – (4) Da “First Encyclopedia of islam” 1913-36 – Altri testi consultati: “Ruggero II”, di Glauco Maria Cantarella, Salerno Editrice; Articoli sul web: “Trama e Ordito, il blog della moda” – nota* completamente rimosse con l’intervento di restauro – Foto Casula di Lanciano, per gentile concessione di Francesco Bini @ Wikimedia Commons (cc-by-sa) copyright; foto gioielli Madonna del Ponte, tutte in copyright e per gentile concessione di Adriana Gandolfi e Museo Diocesano Lanciano.
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