Vasto: mare, arte e cultura. La storia dei Rossetti e i Preraffaelliti.

Tra le pagine meno esplorate della storia culturale abruzzese emerge una famiglia che seppe incidere in profondità il paesaggio artistico e letterario dell’Inghilterra vittoriana.

Sono i Rossetti: patrioti, scrittori, poeti e pittori capaci di trasformare il legame con la propria terra in una sorgente inesauribile di ispirazione che da Vasto, città di mare e di antiche culture, raggiunse i vivaci salotti intellettuali di Londra.

Ripercorrere le loro vicende significa attraversare due sponde dell’Europa ottocentesca, sospese tra rivoluzioni politiche e fermenti culturali, tra tensioni creative e inquietudini personali.

Prima parte

I mille colori di Vasto

Vasto è una città di luce e di mare, la sua storica vocazione turistica inizia dalle acque cristalline del Golfo d’Oro, con le spiagge sabbiose della centralissima Marina e quelle più decentrate e selvagge di San Nicola, Punta Aderci e Punta Penna, dominata dal maestoso faro di Pennaluce, il più alto dell’Adriatico.

Eppure, non c’è solo la Vasto estiva e marinara, che racconta gli antichi trabocchi, il Brodetto alla Vastese e la Sirenetta, graziosa scultura bronzea realizzata da Aldo D’Adamo nel 1979 che da uno scoglio ci parla della stagione dei grandi concerti, del parco acquatico e delle vacanze spensierate, destinate a svanire con l’arrivo dell’autunno. L’antica Histonium, rappresentata dal mosaico del Nettuno che decorava le terme romane più grandi dell’Adriatico centro-meridionale, ci ricorda che Vasto è una città d’arte tra le più importanti d’Abruzzo, ricca di storia e cultura

È la città dei Caldora e dei d’Avalos, condottieri e personaggi storici che qui edificarono il quattrocentesco Castello Caldoresco (1439) e una dimora nobiliare, sede della Magistratura cittadina e oggi sede dei Musei Civici: l’imponente Palazzo d’Avalos, che domina il golfo dorato con il suo affascinante giardino, il vecchio pozzo incorniciato da muretti maiolicati e il pergolato che in primavera si accende con i colori delle fioriture e i profumi delle piante aromatiche. Atmosfere che evocano gli antichi splendori di Casa d’Avalos e dei successivi padroni di casa, i Lante della Rovere. Nel Settecento il giardino era attraversato da vialetti in cotto, fontane, giochi d’acqua e persino un ninfeo ornato di conchiglie e madreperla: ultimi bagliori della reggia vastese prima dell’arrivo, nel 1799, dei francesi, che trasformarono il Palazzo in alloggi militari. Qualche anno più tardi, nel 1806, sarà abolita la feudalità.

Non solo famiglie blasonate, Vasto è la terra di artisti. Come i Palizzi, protagonisti della prestigiosa Scuola Napoletana. Lo stesso Domenico Morelli (Napoli, 1823 ‐ 1901) uno dei più grandi pittori italiani del secondo Ottocento, ricorda l’amico Filippo Palizzi  (Vasto, 1818 – Napoli, 1899) nella sua fondamentale opera Ricordi della scuola napoletana di pittura dopo il ’40 e Filippo Palizzi. La raffinata Pinacoteca, voluta nel 1849 dallo stesso Palizzi, occupa oggi un intero piano del Palazzo d’Avalos. Nello stesso anno Luigi Marchesani (Vasto, 1802-1870) fondò il Gabinetto Archeologico di Cose Patrie, primo museo archeologico d’Abruzzo e tra i primi in Italia, arricchito successivamente da importanti reperti rinvenuti tra gli anni Settanta e Novanta. Accanto ai Palizzi, merita menzione Gabriele Smargiassi (Vasto, 1798 – Napoli, 1882), figura di rilievo della Scuola di Posillipo.

Ancora una famiglia originaria di Vasto che lascerà un segno profondo anche nella cultura europea: i Rossetti. Spesso ricordati e conosciuti più all’estero, soprattutto in Inghilterra; la loro eredità storica e culturale oggi rivive grazie al Centro Europeo di Studi Rossettiani, con sede nella casa natale del capostipite Gabriele Rossetti (Vasto, 1783 ‐ Londra, 1854), affacciata su uno dei panorami più suggestivi dell’Adriatico. Il Centro dialoga con istituzioni e università internazionali e promuove importanti iniziative culturali.

Vasto è dunque bella in ogni stagione, con le sue piazze dal sapore mediterraneo e le sue chiese, autentici scrigni di tesori. L’antica Santa Maria Maggiore – forse sorta sui resti di un tempio paleocristiano dedicato a Sant’Eleuterio – custodisce opere del Veronese e della scuola del Tiziano, oltre a un importante simbolo devozionale: la Sacra Spina, proveniente dalla corona custodita a Notre-Dame per volontà di San Luigi.

La reliquia giunse a Vasto nel Cinquecento grazie a Don Alfonso Felice d’Avalos, cavaliere del Toson d’Oro e discendente per parte materna dei Gonzaga. Sarà proprio sua madre, Isabella Gonzaga – figlia del duca di Mantova e vedova di Francesco Ferdinando d’Avalos – a far restaurare Palazzo d’Avalos dopo le distruzioni causate dalle incursioni saracene del 1566.

L’importante ordine cavalleresco del Toson d’Oro tornerà ad essere protagonista a Vasto nel 1723, quando Cesare Michelangelo d’Avalos, incaricato dall’imperatore Carlo VI, consegnò la prestigiosa collana al principe Fabrizio I Colonna con una grande festa nel Palazzo. Evento oggi rievocato da un corteo in costumi d’epoca che anima il centro cittadino nel mese di agosto.

Altra figura centrale della devozione popolare è San Cesario, le cui reliquie sono custodite nella cripta restaurata di Santa Maria Maggiore. Furono donate alla città nel 1695 dal marchese Cesare Michelangelo d’Avalos. Il Santo è considerato protettore contro i terremoti: i  vastesi raccontano che un suo eventuale movimento, “come se stesse per alzarsi”, non sia di buon auspicio, per questo si spera che resti immobile, custode silenzioso della città.

Tra gli scorci più sorprendenti spicca la Cattedrale di San Giuseppe: la facciata romanica dialoga con le architetture di un edificio dalle reminescenze veneziane, mentre l’interno neogotico richiama certe piccole chiese londinesi. E proprio a Londra, nel quartiere di Chelsea, una targa ricorda la casa in cui visse uno dei figli più celebri di Gabriele Rossetti: Dante Gabriel, il fondatore dei Preraffaelliti.

I D’Avalos e la Corte di Vasto

“Siede lungo la spiaggia de’ Frentani, è il sonetto con cui Gabriele Rossetti volle celebrare la sua città. I suoi versi, oggi incisi sulla scalinata nei pressi della sua casa natale, accolgono il visitatore all’inizio della panoramica Loggia Amblingh.

“Amblingh” non suona proprio abruzzese, infatti il belvedere prende il nome da un certo Guglielmo Amblingh, militare austriaco che nel Settecento si stabilì a Vasto, feudo dei d’Avalos, in quel periodo rappresentati da Cesare Michelangelo d’Avalos, marchese del Vasto e devoto, seppur con qualche ambiguità, agli Asburgo: prima a Carlo II di Spagna, poi a Leopoldo I, il nipote per parte materna di Margherita d’Austria, governatrice dell’Aquila. Il marchese finì però per attirarsi le ire di Filippo V di Spagna, che nel 1701 lo privò del feudo nominando Antonio Lante Montefeltro della Rovere nuovo marchese della Signoria di Vasto. Don Cesare rimase in esilio per 12 anni, nel 1713 fece ritorno a Vasto grazie a Carlo VI d’Asburgo.

Oltre allo storica dimora familiare, Cesare Michelangelo trasformò il Palazzo Aragona – costruito nel 1522 sul sito dell’attuale villa comunale e dedicato alla marchesa del Vasto Maria d’Aragona – in una residenza principesca, ricca di opere d’arte. Nel 1897, proprio in questo edificio, nacque Elena Sangro, una delle prime attrici del nascente cinema italiano.

Il mecenatismo di Cesare Michelangelo affonda le sue radici nell’antica passione artistica dei d’Avalos, già vivissima nel Cinquecento. In quegli anni Costanza d’Avalos, duchessa di Francavilla al Mare, figlia di Innico I d’Avalos e della contessa di Loreto Aprutino Antonella d’Aquino (Si veda l’articolo “Loreto Aprutino e il Ponte del Capello”), trasformò la residenza familiare sull’isola di Ischia in un vivace cenacolo culturale. In questo ambiente crebbe il nipote di Costanza, Don Alfonso III d’Avalos, marchese del Vasto, poeta e per quarant’anni amico e sostentore di Ludovico Ariosto, che ricambiò la benevolenza citando le sue gesta – e quelle del padre Innico II d’Avalos – nell’Orlando Furioso“. Uno dei figli di Don Alfonso, Carlo d’Avalos, principe di Montesarchio, diverrà invece amico e protettore di Torquato Tasso.

Accanto alla poesia Alfonso III d’Avalos fu uomo d’armi,si distinse come brillante condottiero degli imperiali di Carlo V, in particolare nella Battaglia di Pavia (1525), combattuta insieme al cugino Ferdinando Francesco d’Avalos, detto Ferrante, quinto marchese di Pescara e marito della celebre Vittoria Colonna. Quest’ultima, affascinante poetessa e intima amica di Michelangelo Buonarroti – un amore spirituale e platonico, il maestro nutriva un sentimento idealizzato per Tommaso de Cavalieri – fu protagonista della vita culturale promossa dalla zia Costanza nel Castello Aragonese di Ischia. A Vittoria si deve anche l’assetto rinascimentale di Pescocostanzo: nel 1535, con una lungimirante commissione, invitò a costruire il borgo abruzzese secondo un ordinato impianto urbanistico.

Le due nobildonne appaiono ritratte nel polittico della Madonna delle Grazie (1512-15), conservato nella sagrestia del Convento di Sant’Antonio da Padova a Ischia. Fu la stessa Costanza a commissionare l’opera, come ringraziamento per la liberazione di Ferrante, fatto prigioniero nella “crudelissima” Battaglia di Ravenna del 1512.

I d’Avalos non furono soltanto grandi condottieri, furono anche signori eruditi, amanti del bello. Nelle loro dimore custodivano una ricca biblioteca e una preziosa quadreria con opere di van Dyck, Carracci, Barocci, Reni, Ribera, Dürer, Giordano, Rubens, Tiziano e molti altri.

Secondo un inventario del 1706, tra le opere di Tiziano appartenute a Cesare Michelangelo figurava anche la celebre Venere allo specchio. Le raccolte impreziosivano anche il palazzo vastese, la cui costruzione primaria risale alla fine del Duecento, quando Carlo d’Angiò donò l’edificio agli Agostiniani (nel 1300). Ampliato nel 1427 dal condottiero Jacopo Caldora e nuovamente nel 1587, come abbiamo visto grazie a Isabella Gonzaga, marchesa di Pescara e Vasto.

Forse proprio nel Palazzo di Vasto si potevano ammirare i sette celebri arazzi fiamminghi realizzati in lana, seta, ricami d’oro e d’argento, da Willem e Jan Dermoyen, su disegno di Bernard Van Orley; donati nel 1531 a Carlo V, e da lui regalati ai d’Avalos, vincitori e protagonisti indiscussi della Battaglia di Pavia.

Ambitissimi, gli arazzi hanno una storia complessa e ancora oggi oggetto di studio. Nel Settecento sono attestati presso una famiglia aristocratica di Venezia, ma un inventario del 1742 li indica nel Palazzo d’Avalos a Vasto, all’epoca del marchese Giovan Battista d’Avalos, nipote e successore di Cesare Michelangelo. Oggi una fedele riproduzione fotografica su vetro permette di rivedere gli arazzi nel Palazzo vastese, in particolare le scene della famosa battaglia. Si trova nella Sala delle selle da parata.

Gli arazzi autentici, i cui i cartoni preparatori sono custoditi al Louvre, fanno oggi parte delle collezioni del Museo di Capodimonte a Napoli, insieme a parte della quadreria dei d’Avalos, grazie al lascito del 1862 di Don Alfonso V d’Avalos. Molte opere della originaria raccolta erano però già state alienate, soprattutto per sanare le difficoltà economiche di Cesare Michelangelo. La collezione ottocentesca includeva dunque numerose copie e i famosi arazzi, anch’essi venduti, fecero ritorno nella collezione d’Avalos grazie a Tommaso I d’Avalos, ultimo marchese del Vasto.

A Vasto le riproduzioni degli arazzi introducono quattro magnifiche selle del Cinquecento e Seicento, che accoglievano le nobili terga dei d’Avalos nelle occasioni importanti: cerimonie e parate. Sono ricamate in seta e fili d’oro e motivi floreali, ritrovate quasi per caso nei sotterranei del Palazzo d’Avalos, anno fa, impolverati e irriconoscibili. Oggi, restaurate, sono esposte in un allestimento che sembra invitare il visitatore a individuare tra i cavalieri di Pavia i due d’Avalos in sella ai loro destrieri.

Curioso, infine, il cadeau in argento che la granduchessa di Russia Olga Romanov, sorella dello zar Nicola II, donò al pittore Filippo Palizzi, suo maestro di pittura. La granduchessa, autrice di oltre duemila dipinti dal gusto floreale, tra giardini e luminosi terrazzi, fu imprigionata dai bolscevichi nel 1918; morì a Toronto nel 1960.

Il legame tra Palizzi e i Romanov è testimoniato anche dal celebre pavimento “a petali di rosa” di Villa Florio a Palermo, commissionato nel 1892 dal principe Costchacov, e acquistato da Donna Franca Florio. Il pavimento, composto da maioliche dipinte da Filippo Palizzi (foto Sicilianitudone, Rosaria Acquario) incantò una delle donne più belle e affascinanti dell’epoca, ritratta a Palermo nella lussuosa Villa Igea.

Jacopo Caldora

Proseguiamo il viaggio alla scoperta della bella Vasto leggendo un’altra rima del sonetto di Gabriele Rossetti sulla coloratissima scalinata del belvedere Amblingh: Istonio anticamente e Vasto adesso.

La citazione rimanda a Histon e Histonium, l’antica Vasto abitata dai Frentani, stanziata nel V secolo a.C. anche in una città della zona, citata dalle fonti antiche ma mai identificata con certezza: Buca, un villaggio sorto probabilmente sul promontorio di Punta Penna, a pochi chilometri dall’attuale centro storico.

Il nome Histonium fu coniato dopo la conquista di Roma. Secondo alcune interpretazioni, in precedenza la città si chiamava Histon, dal greco “telaio”, forse in riferimento alla lavorazione della lana, fiorente nel territorio abruzzese per secoli, grazie ai tratturi e alla Transumanza, probabile impulso ad attività commerciali tra i frentani e le colonie greche dell’Italia meridionale.

Dopo la Guerra Greco Gotica e l’arrivo in Abruzzo dei Bizantini, i Longobardi inclusero Vasto nella gastaldia di Benevento. Da qui deriverebbe il nome Guasto, a cui si ricollega l’odierno toponimo Vasto.

Nell’802 la città fu distrutta dai Franchi e il feudo passò al conte Aymone di Dordona, detto “Guasto d’Aymone. Ancora oggi i due grandi quartieri cittadini si chiamano Guasto d’Aymone e Guasto Gisone. In un documento del 1195, inoltre la parrocchiale di Vasto è citata come Santa Maria in Guasto Aimone, confermandone l’antica pertinenza amministrativa – insieme alle altre chiese vastesi – all’abbazia di San Giovanni in Venere, secondo la donazione feudale del 973 del conte di Chieti Trasmondo I.

La ricostruzione storica dell’antica Histonium è oggi documentata da numerosi reperti archeologici rinvenuti sia nel centro cittadino sia nel mare vastese: statue, bronzetti, vetri, lapidi, vasi ed altri reperti che attestano la ricchezza urbanistica e monumentale di Histonium.

La collezione è esposta nel Museo Archeologico, al piano terra di Palazzo d’Avalos, e nel vicino Parco Archeologico delle Terme di Histonium, dove sono visibili i mosaici con la figura del dio Nettuno. Le esposizioni raccontano le varie fasi storiche: dall’età del Ferro al periodo frentano (IX secolo – III secolo a.C.), quindi da Histonium fino all’Altomedioevo. Alla marina di Vasto, infine, nel Parco Archeologico Sommerso si osservano i resti di colonne, murature e opere in laterizio pertinenti l’antico porto.

Nella piazza principale, non lontano dalla Loggia Amblingh, sorgeva un anfiteatro romano. In epoca medievale, sulla stessa area, si tenevano le fiere contadine. Nel 1439 fu costruito il Castello Caldoresco, il cui scantinato costituiva uno degli accessi all’antico anfiteatro, situato a diversi metri sotto l’attuale livello della piazza. Dopo l’abbandono, dell’anfiteatro fu riempito con materiali lapidei di scarto e dai detriti trasportati da un corso d’acqua che scorreva ad ovest, più o meno presso l’attuale Corso Garibaldi.

Il Castello Caldoresco prende il nome dal condottiero Jacopo Caldora, marchese di Vasto prima dei d’Avalos, Duca di Bari e signore di numerosi feudi. Se i d’Avalos furono i protagonisti della Battaglia di Pavia, Jacopo Caldora non fu da meno: è ricordato soprattutto per la vittoria nella Battaglia dell’Aquila (1424), in cui sconfisse Braccio da Montone (Andrea Fortebraccio). Fu proprio grazie a quella vittoria che gli fu conferito il marchesato di Vasto. Il titolo poi passò nel 1439 al figlio Antonio, ma nel 1444 fu ampliato da Alfonso V d’Aragona che cosituì un vero e proprio marchesato con Vasto “capitale”, comprendente diversi territori dell’Abruzzo Citeriore: da Lanciano a Casalbordino, da Pescara a Francavilla al Mare e altri feudi. Antonio Caldora tentò insieme agli angioini di riprendersi Vasto, ma fu definitivamente sconfitto da Ferrante d’Avalos. Su questo tema rimando all’articolo: “Punta Penna e il Faro di Pennaluce”.

Uomo d’armi e di lettere, ritratto da Leonardo da Vinci in un famoso disegno, Jacopo Caldora non amava ostentare titoli e preferiva farsi chiamare semplicemente “Jacopo” (1). Nel 1439 affidò il progetto del Castello Caldoresco a uno dei più importanti architetti e ingegneri del Quattrocento: il toscano Mariano di Jacopo, che a Vasto progettò la Torre di Bassano, una delle cinque torri che con la cinta muraria completavano il complesso fortificato. Tra le mogli di Jacopo spicca la contessa di Celano Covella, figura affascinante della storia abruzzese tra Medioevo e Rinascimento. Sulla storia della Contea di Celano rimando all’articolo: “Celano, tra storia e leggenda. Covella, l’ultima contessa”.

Alle spalle del Castello Caldoresco si apre oggi una piazza luminosa che evoca atmosfere mediterranee: si ha l’impressione che il sud Italia inizi qui. Dalla vicina Loggia Amblingh, nelle giornate più terse, si può scorgere il profilo del Gargano e quello delle Isole Tremiti, che Gabriele d’Annunzio amava chiamare “Isole Diomedèe”, dal mito greco Diomede che – secondo la leggenda – avrebbe insegnato ai vastesi l’arte della pesca e diffuso la civiltà lungo l’Adriatico.

Dell’Ottocento la piazza è dedicata a Gabriele Rossetti e ai suoi figli. Vi si affaccia la chiesa di San Francesco di Paola, nota ai vastesi come chiesa della Madonna dell’Addolorata, al cui interno – si racconta in forma anonima e per sua volontà – riposa Don Cesare Michelangelo d’Avalos, il “magnifico” marchese del Vasto.

Galleria fotografica relativa alla prima parte

Vasto, nell’ordine: Punta Penna, spiaggia di San Nicola, tramonto su Punta Aderci, trabocco di Punta Aderci; Loggia Amblingh, Palazzo d’Avalos – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Veduta di Vasto, 1831, Gabriele Smargiassi, dipinto donato a Gabriele Rossetti nel 1838, oggi alla Pinacoteca Palizzi, Palazzo d’Avalos, Vasto. ‐ Sotto: la targa che ricorda Gabriele Rossetti a Londra

Vasto, nell’ordine: il Duomo di San Giuseppe; la chiesa di Santa Maria Maggiore e la scalinata dedicata a Gabriele Rossetti – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Vasto, Museo Palazzo d’Avalos, dettaglio arazzi, Battaglia di Pavia, Ferrante d’Avalos marchese di Pescara; a destra: Alfonso III d’Avalos marchese del Vasto. In basso: le selle da parata dei d’Avalos – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Allocuzione di Alfonso III d’Avalos, 1540, Tiziano Vecellio, Museo del Prado Madrid

Le due nobildonne Costanza d’Avalos e Vittoria Colonna (a dx) raffigurate nel polittico Madonna delle Grazie (negli altri pannelli i santi: Francesco, Ludovico da Tolosa, Giovanni Battista e Tommaso d’Aquino), 1512 – Ischia, Sagrestia del Convento dei frati minori di Sant’Antonio da Padova.

Vasto, alcune immagini del Palazzo d’Avalos. Tra i dipinti, l’autoritratto di Filippo Palizzi e “Il cieco di Gerico”, 1883, di Francesco Paolo Palizzi. Alcuni reperti si trovano nel giardino “alla napoletana”, altri reperti archeologici sono allestiti al piano terra ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Vasto, Palazzo d’Avalos, foto in alto: il regalo di Olga Romanov a Filippo Palizzi; il pavimento con maioliche dipinte da Filippo Palizzi (foto Rosaria Acquario); donna Franca Florio e le pareti di Villa Igea, a Palermo, dipinte in stile Liberty – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

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Vasto, Castello Caldora – foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Piazza Rossetti, Vasto, dettaglio della Torre di Bassano e il monumento dedicato alla famiglia Rossetti, sui medaglioni sono scolpiti i volti dei quattro figli di Gabriele Rossetti – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Seconda parte

La famiglia Rossetti

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Londra, da sinistra: Dante Gabriel Rossetti, sua sorella Cristina Rossetti, sua madre Frances Mary Lavinia Rossetti, e suo fratello William Michael Rossetti – 1863, Foto di Lewis Carroll – National Portrait Gallery Londra

Gabriele Rossetti esule a Londra

Nella primavera del 1863, negli stessi giorni in cui dalle finestre socchiuse di una casa borghese di Via Manthonè a Pescara si udivano i vagiti di un neonato destinato a diventare celebre, Gabriele d’Annunzio, a Londra Charles Lutwidge Dodgson, meglio conosciuto come Lewis Carrol, l’autore di Alice nel paese delle meraviglie, scattava alcune foto a una famiglia originaria di Vasto che lascerà un segno profondo nella cultura inglese e nella storia dell’arte: i Rossetti. Una famiglia di letterati e artisti:

▪︎ Gabriele Rossetti (Vasto, 1783 – Londra, 1854), poeta e critico letterario;

▪︎ Dante Gabriel (1828 – 1882), pittore e poeta, fondatore del movimento dei Preraffaelliti; 

▪︎ Maria Francesca (1827 – 1876), scrittrice e critica letteraria;

▪︎ William Michael (1829 – 1919), poeta e critico letterario;

▪︎ Christina, (1830 – 1894), critica letteraria, considerata tra le più importanti poetesse inglesi.

La famiglia di origine si chiamava in realtà “Della Guardia”, ma diversi membri avevano i capelli rossi e furono soprannominati dai vastesi “li ruscett” (i rossetti). Erano di umili origini, ma il padre di Gabriele – un fabbro descritto come “burbero e severo” – fece di tutto per garantire ai suoi figli un’istruzione accurata suscitando la passione per l’arte e la poesia, un fatto non comune tra le classi popolari dell’epoca.

Gli sforzi paterni diedero i loro frutti, soprattutto nella formazione dei figli Domenico, che divenne poeta, filosofo e archeologo e Gabriele, anch’egli dedito agli studi letterari e dotato di sensibilità musicale che lo portò a diventare librettista al Teatro San Carlo di Napoli. Proprio in quegli ambienti strinse amicizia con importanti musicisti, tra cui Gioacchino Rossini.

A Napoli Gabriele Rossetti completò gli studi grazie a Tommaso I d’Avalos (Napoli, 1752 – Palermo, 1806), diplomatico del Regno di Napoli, come abbiamo visto ultimo marchese del Vasto, nonché presidente della Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere, figlio di Diego II d’Avalos e di Eleonora d’Acquaviva dei Duchi di Atri.

Oltre all’incarico al San Carlo, Rossetti ricoprì ruoli prestigiosi, diventando Sovrintendente del Museo Archeologico di Napoli, incarico che mantenne anche dopo l’invasione francese e l’arrivo di Gioacchino Murat.

Con lo scoppiò dei moti liberali 1820–1821, Rossetti sostenne i rivoluzionari e partecipò alla Battaglia di Rieti, considerata una delle prime battaglie del Risorgimento. La scelta gli costò molto cara: condannato dai Borboni e privato di ogni incarico, fu costretto a fuggire. Si imbarcò sulla nave inglese Rochfort, diretta a Malta e nel 1824 si trasferi definitivamente a Londra, dove per oltre vent’anni insegnò lingua e letteratura italiana al King’s College.

Durante l’esilio conpose anche poemi satirici contro la monarchia borbonica. In uno di essi, La Culeide ‐ Il Cul di Carolina,  bersaglio della satira è la regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, sorella di Maria Antonietta, com’è noto finita sotto la lama della ghigliottina, e regina consorte del Regno di Napoli in quanto moglie di Ferdinando I di Borbone delle Due Sicilie, nonché grande amica di Emma Hamilton, al secolo Emily Lyon, l’avventuriera inglese moglie dell’ambasciatore nel Regno di Napoli William Hamilton ma anche amante dell’ammiraglio Nelson. Su questo argomento rimando all’articolo: “Atri, tra Adriano e Andrea de Litio”, in questo blog.

Rossetti, con tono scherzoso esalta il “lato B” della regina, parodiando lo stile epico: Non canterò di favolosi Numi gli oracoli bugiardi; o di feroci mentiti eroi le gesta, ed i costumi; le gloriose colpe, o i casi atroci: Gli orrori, o i sogni d’una età ferina Non vo’ cantar; ma il cul di Carolina […] Culo non v’è; né fuvvi mai nel Mondo fra quanti più bei culi unqua fioriro, più tornito, più vago, e più giocondo. Né fra le statue del Museo rimiro, scavate là in Pompei, Stabia, e Resina, simile un cul a quel di Carolina […] Armida, Bradamante, Olimpia, Alzira, Laura, Leonora, Angelica, Virginia, Tamiri, Semiramide, Zaira, Ersilia, Clitennestra, Argene, Erminia, Giulia, Marzia, Aristea, Fulvia, Agrippina, Non ebbero il bel cul di Carolina […] Quando il fulgor d’un sì bel cul t’irradia, senti fuggir la noia, il duol, l’inedia.

Il panorama che si ammira sul Golfo d’Oro, visibile dalle finestre della sua casa natale, rimase per sempre impresso nella memoria di Rossetti che, esule a Londra, poesie e rime nostalgiche alla sua terra d’origine, un omaggio che ripeteranno anche i suoi figli.

Antico Municipio de’ Romani […] Tu che ornando la spiaggia dei Frentani hai l’Adria a fronte e lieti colli intorno […] Bei campi ove offre il dì che sorge e cade quasi smeraldi e perle, erbe e rugiade coronato di nubi alto Appennino ai cui fianchi pascean torme lanose […] Colline apriche ove scherzai bambino,. Addio per sempre!

I fantasmi di Villa Diodati

A Londra Gabriele sposò Frances Mary Lavinia Polidori, figlia dell’esule italiano Gaetano Polidori, già segretario del drammaturgo e poeta Vittorio Alfieri, e sorella di John William Polidori, autore del famoso romanzo Il Vampiro, in assoluto il primo racconto della letteratura moderna sul tema.

Polidori, oltre che scrittore, era medico e amico di Lord Byron. Laureatosi in Medicina a Edimburgo con una tesi sul sonnambulismo, nel 1816 divenne medico personale del poeta. Il 10 giugno di quell’anno i due affittarono Villa Diodati, a Cologny, vicino al Lago di Ginevra, per trascorrere un periodo di vacanza tra gite in barca e lunghe passeggiate.

Furono poi raggiunti dalla giovane scrittrice Mary Godwin Shelley, dal marito Percy Shelley – il poeta ammirato da d’Annunzio, che lo citerà nel Piacere, e uno degli idoli letterari di Dante Gabriel Rossetti – e dalla vivace Claire Clairmont, sorellastra della Shelley e amante di Lord Byron, a sua volta reduce da una relazione con il giovane greco Nicolò Giraud, conosciuto da Byron ad Atene sei anni prima.

Le continue piogge e le anomalie climatiche di quella estate, probabilmente dovute all’eruzione del vulcano Tambora dell’anno precedente, costrinse il gruppo a trascorrere molte giornate al chiuso al chiuso. Per passare il tempo lessero racconti fantastici, tra cui l’antologia Fantasmagoriana, storie di fantasmi.

Fu durante una di quelle notti che decisero, quasi per gioco, di lanciarsi una sfida: ciascuno avrebbe scritto una storia sul tema del terrore. Da quella serata nacquero due capolavori: Frankenstein , di Mary Shelley, pubblicato nel 1818, e The Vampyre, di Polidori, pubblicato nel 1819. Due opere che posero le basi al genere Ghotic horror, ispirando, anni dopo, la narrativa e il cinema internazionale.

Cristina Rossetti

Non particolarmente conosciuta in Italia, Christina Rossetti è invece una figura letteraria di primo piano in Inghilterra, dove è ricordata persino nel calendario della Chiesa d’Inghilterra il 27 aprile. Alcune sue poesie sono diventate canti natalizi molto popolari tra gli inglesi. Come il padre, anche Christina dedicò versi nostalgici a Vasto, che definiva “il paese per metà mio”.

Il suo fu un talento precoce, prima ancora di imparare a leggere dettò alla madre il suo primo racconto. Come i fratelli, fu invoraggiata dal padre allo studio dei classici, soprattutto Dante e Petrarca.

Esordì nel 1848 sulle pagine della rivista britannica “The Athenaeum” con una serie di poesie dal tono decadente e due anni dopo, con lo pseudonimo di Ellen Alleyne, pubblicò scritti su “The Germ”, periodico della Confraternita dei Preraffaelliti.

Il successo arrivò nel 1862 con Goblin Market, racconto dalla suggestione fiabesca, che narra le vicende di due sorelle, Laura e Lizzie, alle prese con le tentazioni della frutta golosa e zuccherosa, dei goblin (folletti). Un testo che dietro l’apparente innocenza, mostra allusioni erotiche e affronta le prime tematiche femministe.

Dante Gabriel Rossetti

Tra i figli di Gabriele Rossetti, Dante Gabriel è la personalità più nota e influente. Nato a Londra nel 1828, pittore, poeta, scrittore e illustratore, il suo nome di battesimo era un omaggio al sommo Dante Alighieri. I Rossetti vivevano immersi nei classici, non a caso appena sedicenne Dante Gabriel iniziò a leggere l’opera dantesca e, negli anni successivi, tradusse per il pubblico inglese La Vita Nova (1845) e la Divina Commedia (1865), e altri autori italiani, poi pubblicati nella raccolta The early Italian poets (1861).

La sua svolta arrivò nel 1848, quando, insieme ai suoi coetanei ventenni John Everett Millais e William Holman Hunt, fondò la “Confraternita dei Preraffaelliti”. Il movimento, nato come reazione alla rigida estetica accademica vittoriana, influenzò profondamente l’arte e la letteratura moderne. Dalla sua opera trassero ispirazione figure centrali come William Morris ed Edward Burne-Jones.

La nuova corrente contribuì alla nascita dell’Estetismo (Aesthetic Movement, nato in Inghilterra nel 1860 grazie a un gruppo di artisti e designer) sostenuto da Oscar Wilde, influenzò i Simbolisti europei, come Klimt, e alimentò quel clima culturale che più tardi avrebbe favorito il Decadentismo, tanto caro a Gabriele d’Annunzio. Ma l’eco dei Preraffaelliti arrivò fino al Novecento, ispirando anche la cultura musicale pop e rock: nel 1970 David Bowie scelse la copertina dell’album The Man Who Sold the World (foto di Keith McMillan) ispirata al movimento di Rossetti.

Ma se la sua vita artistica fu straordinaria, quella sentimentale fu segnata dal dolore. Il suo amore per Elizabeth Siddal – Lizzie – modella preraffaellita e sua moglie, lo segnò profondamente. Alla sua morte, avvenuta a poco più di trent’anni, Dante Gabriel fece seppellire con lei anche il manoscritto delle sue poesie a lei dedicate. Qualche anno dopo, convinto da due suoi amici, decise di recuperarlo e pubblicarlo, ma ormai le sue condizioni fisiche erano compromesse dalla crescente fragilità fisica e psicologica, aggravata dell’abuso di whisky e cloralio.

La tragica vicenda di Elizabeth Siddal, consumata dall’uso del laudano assunto per lenire i postumi di una polmonite – contratta mentre posava nell’acqua gelida per Ophelia di Millas – divenne uno degli episodi più noti legati alle muse preraffaellite. Vicende più o meno analoghe, tra amori tormentati, slanci creativi, passioni spesso pericolose, atrraversano da sempre la storia dell’arte: dal rapporto tra Rembrandt e la modella Saskia, un intreccio tra gioielli, eredità e manicomi alle storie delle modelle e dei modelli di Caravaggio, dal legame tormentato tra Benvenuto Cellini e il suo giovane allievo abruzzese Ascanio de Mari, fino a Modigliani e ai legami complessi tra Dalì, Gala e la modella Amanda Lear.

Il Centro Europeo di Studi Rossettiani

La casa natale dei Rossetti, a Vasto, ospita oggi il Centro Europeo di Studi Rossettiani, un archivio di rilievo internazionale che raccoglie libri, documenti, fotografie microfilms e materiali digitalizzati dedicati alla celebre famiglia e al loro contesto storico-culturale. La struttura collabora con numerose istituzioni accademiche, dall’Università “G. D’Annunzio” a quella di Napoli “Federico II”, fino a Oxford, Birmingham e Yale.

Una mattina d’estate, mentre le spiagge del Golfo d’Oro brulicano di bagnanti e il centro storico si anima di turisti, tra gelati e passeggiate, incontro il fondatore e direttore del Centro Studi, il professore Gianni Oliva, filologo e storico della letteratura.

Docente a Perugia, alla Sapienza e nel suo Abruzzo, il professore Oliva è autore di una vasta bibliografia dedicata in larga parte ai Rossetti. Mi accoglie con gentilezza nella casa dove nacque Gabriele Rossetti, parlando con entusiasmo del suo lavoro e perfino dei suoi hobby, la musica, e della carriera del figlio Nicola, musicista per artisti importanti, come Pausini, Vanoni, Branduardi, e tanti altri.

“Ho fondato il Centro di Studi Rossettiani nel dicembre del 2008 – racconta – coinvolgendo il Comune di Vasto e diverse università italiane e straniere, con l’obiettivo di creare un archivio scientifico, organizzare convegni, seminari e mostre. In questi anni abbiamo raccolto migliaia di documenti e volumi, che sono stati da me catalogati e in parte digitalizzati, provenienti anche da un importante fondo donato da Christina Rossetti a Vancouver”

Alla domanda sul presente dell’istituzione, il professore risponde: “Attraversiamo una fase di riorganizzazione. Siamo in contatto con l’assessorato alla Cultura del Comune di Vasto per rilasciare le attività già a settembre, o comunque in autunno, con un nuovo calendario di eventi e il coinvolgimento delle scuole in iniziative culturali e formative.”

Il Centro Europeo di Studi Rossettiani rappresenta un presidio culturale di primaria importanza, non solo per Vasto, ma per tutto l’Abruzzo. Un prezioso valore aggiunto che affianca e nobilita la vocazione balneare della città, offrendo a residenti e visitatori uno sguardo profondo sulla storia, la letteratura e l’eredità di una famiglia che ha lasciato un segno indelebile nella cultura europea.

Il filo ideale che unisce l’Adriatico al Tamigi non si esaurisce qui. Lo ritroveremo nel prossimo articolo, dedicato alla storia di Sir Francesco Paolo Tosti, anch’egli partito nell’Ottocento da una città affacciata sul mare abruzzese, Ortona, per diventare a Londra uno dei compositori più celebrati e amati del suo tempo.

Leo Domenico De Rocco ‐ Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – derocco.leo@gmail.com – Copyright ‐ Riproduzione riservata – Note e Fonti dopo la galleria fotografica

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William Rossetti ritratto dal fratello Dante Gabriel, 1848, matita su carta – Centro Studi Rossettiani Vasto – The Rossetti Archive – in basso: Dante Gabriel Rossetti, autoritratto, 1847, e il ritratto di sua sorella Christina Georgina.

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Copertina di “The Vampyre”, in una illustrazione d’epoca – Washington University – John Polidori, F.G.Gainsford 1816, National Portrait Gallery, Londra – Villa Diodati – Lago di Ginevra

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Gabriele Rossetti in una stampa d’epoca,  Centro Studi Rossettiani Vasto; e il “Golfo d’oro” visto dalla Loggia Amblingh – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Dante Gabriel Rossetti in un ritratto di William Holman Hunt – 1882 – Archivio Centro Studi Rossettiani Vasto

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La copertina dell’album “The Man Who Sold the World” di David Bowie, 1970 – Atmosfere: Atmosfere preraffaellite nell’arte di Gustav Klimt con “Le tre età della donna”, 1905, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e “La speranza”, 1908, al Museum of Art di New York – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Ophelia, 1852, John Everett Millais, modella Elizabeth Siddal – Tate Britain National Gallery Londra – L’opera, manifesto dei Preraffaelliti, rappresenta un passo Shakespeariano del famoso “Amleto”: l’amore negato a Ofelia la porta al suicidio mentre raccoglie fiori vicino ad un ruscello.

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La modella Elizabeth Siddal, Lizzy, ritratta da Dante Gabriel Rossetti in Beata Beatrix, 1872 – Tate Britain Gallery London – Opera ispirata a Dante e Beatrice e al loro amore tragico. Prima di diventare musa dei Preraffaelliti e moglie di Rossetti, Lizzie Siddal faceva la modista in un negozio di cappelli a Londra.

Dante Gabriel Rossetti, Regina Cordium, 1866 – Kelvingrove Art Gallery and Museum – La modella è Alexa Wilding ritratta come “Regina di Cuori” davanti ad un pergolato di ciliegie e rose su fondo oro. Dante Gabriel regalò un diadema ad Alexa che lei stessa indossò mentre posava, ma a seguito di un pentimento l’artista lo rimosse.

Elizabeth Siddal, avvolta da una lunga collana in corallo rosso come i suoi capelli con un ciondolo a forma di cuore, ritratta da Dante Gabriel Rossetti come (sua) Regina di Cuori, 1860 – Johannesburg Art Gallery – Di questo dipinto furono eseguite diverse copie.

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Christina Rossetti in un disegno del fratello Dante Gabriel Rossetti – Illustrazione di Dante Gabriel Rossetti per Goblin Market and Other Poems” di Christina Rossetti, 1862 – Vasto, dediche di Cristina Rossetti sul belvedere della Loggia Amblingh – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Illustrazione di Dante Gabriel Rossetti per Goblin Market di Christina Rossetti

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Market – Frank Craig, 1911 – Museum of New Zeland

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The Goblin Market – Hilda Koe, Collezione privata

Centro Studi Rossettiani, Vasto ‐ Foto Leo De Rocco – Il Prof Gianni Oliva mostra la biblioteca e alcuni suoi testi sui Rossetti con la foto dei Rossetti scattata da Lewis Carroll, autore del romanzo “Alice nel Paese delle Meraviglie”

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English version

“Siede lungo la spiaggia de’ Frentani…” (Sitting along the beach of Frentani) is the title of a sonnet by Gabriele Rossetti, who dedicated it to his city, Vasto (Province of Chieti, Italy). The sonnet is reported on the stairway adjacent to his native house. I chose this stairway as an initial picture of this article. (The photo was taken in March 2015).

Gabriele Rossetti of Abruzzo, born in Vasto in 1783, was a poet and a literary critic. His sons and daughters were also famous artists and literary authors, who marked the English culture: Dante Gabriel, a painter and poet, founder of the English artistic movement (brotherhood) of the Pre-Raphaelites; Maria Francesca, a literary critic; William Michael, a poet and literary critic; Christina, a poet and literary critic, considered as one of the most important English poets.


Vasto, maggio 2015

The images of the four children of Gabriele Rossetti are portrayed in the bronze medallions of the monument, which is dedicated to this distinguished family and is located in the square of this town of Abruzzo (see last picture).

The name of his family of origin (the ancestors of Rossetti) was actually Della Guardia, but since many in the family had red hair, they were nicknamed by the citizens of Vasto as “Rossetti”, meaning “lipsticks” understood as “red hair” (about four generations before Gabriele was born). The Rossetti family was of humble origins, but his father, who was a grumpy and severe blacksmith, desired for his children to be educated, a fact not common in those days. He thus educated them especially to the cult of art and poetry.

During his period in Italy, Gabriele Rossetti was the librettist of the San Carlo Opera in Naples and he had a decent tenor voice, as well. This artistic route of his brought him to befriend several Italian musicians throughout the years, in particular one of the greatest opera composers of the music history: Gioacchino Rossini.

After the liberal movements of 1820, Rossetti was forced to leave Italy. At first he went to Malta and then to London, where he married Frances Mary Lavinia Polidori, sister of John Polidori. The latter was not only a writer (he wrote The Vampyre, the first modern literature narrative on the subject), but also a doctor and personal secretary of George Byron. (The attached photo shows Lord Byron as the author of The Vampyre. In fact, the narrative was erroneously attributed to Byron, but this anecdote will not be discussed here, as it is not the subject of this article).

Gabriele Rossetti was also the author of light and humorous verses. In one of these, for example, he targets the Queen Maria Carolina, wife of Ferdinand of Bourbon of the Kingdom of the Two Sicilies. The poem is entitled: La Culeide (il cul di Carolina), meaning “the bottom of Carolina”.


Vasto, maggio 2015

which could be seen from the windows of his birth house, remained forever imprinted in the mind of Gabriele Rossetti, who, even when exiled in London, dedicated several poems and songs to his city and his land of Abruzzo.

The picture that shows the Gulf of Vasto, which was so dear to Gabriele Rossetti, was taken in May 2015, just in front of his birth house: it is the same view that Rossetti enjoyed from his window.

Leo De Rocco

derocco.leo@gmail.com


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