Ascanio da Tagliacozzo: da allievo preferito di Benvenuto Cellini a orafo alla corte dei re di Francia.

Foto copertina: Piazza Obelisco, Tagliacozzo – Leo De Rocco


Quando il povero dona al ricco, il diavol se ne ride – Benvenuto Cellini (1)


Tagliacozzo è un dedalo di viuzze che si arrampicano sulla montagna aquilana come in una ragnatela e regalano al visitatore scorci e panorami meravigliosi. Un paesaggio immerso nel verde, l’ideale per lunghe passeggiate ed escursioni.

Antica capitale della Marsica, citata dal sommo poeta Dante, Tagliacozzo è un paese ricco di arte e storia. Qui vicino, sui Piani Palentini, si svolse nell’agosto 1268 una delle battaglie più importanti della storia italiana: la “Battaglia di Tagliacozzo”, che vide contrapporsi Carlo I d’Angiò e il giovanissimo Corradino di Svevia, con la vittoria del primo, grazie ad una furbizia, e la perdita della testa, nel vero senso della parola, del secondo, grazie ad un traditore. (2)


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Piani Palentini, Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


L’antico nome di Tagliacozzo era Talus-Cotium, che significa “taglio nella roccia”. Il curioso nome deriva dalla conformazione geologica della montagna Arunzo sulla cui sommità fu costruita nel XII la chiesa di Santa Maria del Soccorso voluta, racconta la tradizione popolare, da Carlo d’Angiò, ma non vi sono prove che lo documenti.

Un posto incantevole tra fede, storia e natura, non a caso fu scelto dal grande regista Roberto Rossellini per ambientarvi alcune scene di “Desiderio”, un film girato nel 1946, l’anno dopo ”Roma città aperta”.


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Tagliacozzo, la chiesa di Santa Maria del Soccorso in una scena del film “Desiderio” di Roberto Rossellini, 1946 – Foto da “Location verificate Il Davinotti”


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La Chiesa di Santa Maria del Soccorso di Tagliacozzo in una cartolina d’epoca – Collezione privata


Passeggiare tra le vie di Tagliacozzo è come viaggiare nel tempo: storici palazzi in stile medievale e rinascimentale, chiese e antichi conventi. Come quello delle Clarisse che conserva, nell’attigua chiesa dedicata a San Francesco, le spoglie di Tommaso da Celano.


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Chiesa di San Francesco, spoglie del beato Tommaso da Celano – Foto Leo De Rocco


Tommaso da Celano oltre ad essere stato il primo agiografobiografo, amico e discepolo, di San Francesco d’Assisi, il frate rivoluzionario che viaggiò in Abruzzo in più occasioni tra il 1215 e il 1220, è anche l’autore del Dies irae, la più importante composizione medievale in lingua latina, musicata da tutti i più grandi musicisti e compositori della storia, da Mozart a Verdi, da Liszt a Rachmaninov.

La presenza di Tommaso da Celano e della chiesa di San Francesco sono solo alcune delle tante testimonianze, presenti anche nell’arte, lasciate dal famoso frate di Assisi durante i suoi viaggi in Abruzzo.

(Per un approfondimento: “Sulle tracce di San Francesco”, in questo Blog).


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Monastero dei Santi Cosma e Damiano – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


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Tagliacozzo – Foto Leo De Rocco


Tagliacozzo è conosciuta più dai turisti romani che dagli abruzzesi. In effetti Roma è dietro l’angolo, entrando in un bar si sente più l’accento romano che quello abruzzese-marsicano.

Qui veniva ogni anno in vacanza il famoso critico d’arte Federico Zeri. Arrivava appunto dalla vicina Roma e proprio a Tagliacozzo mosse “i primi passi nel mondo dell’arte”, come lui stesso ebbe modo di raccontare in una intervista rilasciata anni fa alla Rai.

Sono venuto a visitare la bella Tagliacozzo anche per scoprire il luogo dove, in pieno Rinascimento, un certo Benvenuto Cellini, che non ha bisogno di presentazioni, fu ospitato in casa da un ragazzo tagliacozzano di nome Ascanio.

Un giovane che farà molta strada nel mondo dell’arte orafa. Mentre passeggio piacevolmente tra le antiche vie di Tagliacozzo, cercando di immaginare in quale casa nacque Ascanio, vi racconto la sua avventurosa vita, in gran parte condivisa col suo celebre amico e maestro.


Ascanio de’ Mari, nacque a Tagliacozzo nel 1524. Allievo prediletto del celebre Benvenuto Cellini diventerà anche lui un orafo affermato, così bravo che lavorerà alla corte di ben due re di Francia: Francesco I ed Enrico II, ma anche per il potente cardinale Ippolito d’Este, figlio di Lucrezia Borgia e di Alfonso I d’Este.

Ascanio qui a Tagliacozzo lo conoscono pure i bambini, anche grazie ad una locale festa in stile rinascimentale a lui dedicata che si tiene in estate, ma nel resto della regione è ingiustamente trascurato e talvolta persino ignorato anche dalla storia dell’arte e dell’oreficeria abruzzese.*

Per ricordarlo e scoprire questi luoghi storici porto con me una guida preziosa per la narrazione: Benvenuto Cellini!

Ovviamente non lui in carne ed ossa, ma un bel libro, la sua autobiografia dal titolo “La Vita“, scritta dall’artista fiorentino tra il 1558 e il 1563. Un’opera così dettagliata e coinvolgente che sembra raccontata di persona…

* (Per un approfondimento: “Abruzzo e antichi gioielli, il corallo di Giulianova”, in questo Blog).


Ascanio, la storia.

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Benvenuto Cellini


Ascanio De Mari, poco più che tredicenne si era già fatto notare nell’arte orafa del suo paese di origine. Un precoce talento che lo portò ad incontrare uno dei personaggi più illustri e affascinanti del Cinquecento.

Un artista celebre grazie alla sua arte manierista, ma anche per la sua vita avventurosa e trasgressiva, un po’ come sarà anni dopo la vita di Caravaggio, segnata da passioni, processi, fughe, delitti e colpi di scena: Benvenuto Cellini.


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Ritratto di un giovane, Sandro Botticelli, 1483 – National Gallery Londra


L’incontro tra Ascanio da Tagliacozzo e Benvenuto Cellini avvenne nella bottega romana dell’artista fiorentino. Fu il padre ad accompagnare a Roma il giovane Ascanio, prima da un orefice spagnolo e, su sollecitazione dello stesso Ascanio, il quale aveva sentito parlare di un fiorentino “bravissimo argentiere”, pochi mesi dopo da Cellini. Questo incontro segnerà profondamente il destino e la carriera del giovane.

Vediamo cosa scrive Benvenuto Cellini nella sua prima citazione che fa del nostro Ascanio:


Stava con me un giovanetto il quale si domandava Ascanio. Questo giovane era di età molto tenera ed era il più mirabil servitore che fussi mai al mondo; e quando io lo presi s’era partito da un suo maestro che si domandava Francesco – (si tratta di Francesco di Valencia, un orafo al servizio del Papa). –

Io per non far dispiacere al detto orefice spagnuiolo dissi a questo giovanetto: non ti voglio! ma detto fanciulletto si fece scrivere una polizza dal suo maestro affinché, libero, io lo pigliassi. Era così magro e smunto che sembrava un vecchino, ma ristoratosi divenne il più bel giovine di Roma.

Vedutosi restaurato il giovane andava spesso a ringraziare il suo maestro spagnuiolo per averlo liberato, la bella moglie di detto maestro gli diceva: surgetto – (secchino, era il nomignolo che gli aveva dato l’ex maestro) – che hai tu fatto per diventare così bello? E Ascanio rispose: madonna Francesca, è stato il mio maestro Benvenuto che m’ha fatto così bello e molto più buono.


Già in questa prima fase della loro conoscenza scoppiò una lite tra i due, una delle tante. Il motivo? Le continue visite di Ascanio a madonna Francesca che a detta di Cellini “dava al ragazzetto qualche carezza più in là che l’uso di onestà”.

Il Cellini vietò quelle visite di piacere ma Ascanio gli tenne testa. A quel punto, racconta Cellini:

Gli detti di pugna e calci le più aspre bussa (botte) che lui sentisse mai, tanto che lui piangendo fuggì senza cappa e berretta.

Infatti Ascanio sparí da Roma per alcuni giorni, ma evidentemente rimase in contatto col padre perché Cellini puntualmente ci informa: “venne a Roma da Tagliacozzo suo padre”.

E sarà appunto il padre a riportare Ascanio dal suo maestro: “Maestro mio perdonatemi, io son qui per fare tutto quello che mi comanderete” disse il ragazzino pentito.

Cellini, che com’è noto era molto orgoglioso, rispose: “solo per amor di tuo padre ti ripiglio”.

Una frase di circostanza perché il celebre orafo effettivamente desiderava che Ascanio lavorasse per lui, inoltre aveva una simpatia (che poi diventerà reciproca) per il giovane talentuoso.

Da quel momento Ascanio de’ Mari sarà l’ombra di Cellini. Sempre al suo fianco, sarà lui che lo aiuterà durante la prigionia a Castel Sant’Angelo e sempre lui lo seguirà nei due avventurosi viaggi in Francia.

Dunque una carriera che vede un ragazzino appena tredicenne, originario di un piccolo paese della montagna abruzzese, raggiungere in poco tempo un successo straordinario nelle fastose corti cinquecentesche italiane e francesi.

Pochi sanno che la storia di Ascanio ispirò Alexandre Dumas, l’autore de “Il Conte di Montecristo” e “I Tre Moschettieri”, il quale scrisse un romanzo avventuroso intitolato, appunto, “Ascanio”, romanzo cavalleresco conosciuto più in Francia che qui in Italia.


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Saliera di Francesco I, Benvenuto Cellini e aiuti, 1540 – Vienna, Kunsthistorisches Museum


Proprio durante il soggiorno in Francia Ascanio da Tagliacozzo collaborò con il suo maestro nella realizzazione dell’opera di oreficeria più famosa e ammirata al mondo: la saliera di Francesco I, oggi conservata a Vienna nel Kunsthistorisches Museum. La saliera d’oro e il Perseo in bronzo che domina la Loggia dei Lanzi su Piazza della Signoria a Firenze, sono considerati i capolavori di Benvenuto Cellini.

La preziosa saliera, in oro e smalti, ebano nero e avorio, rappresenta l’incontro tra la dea Terra (Cerere) e il dio del Mare (Nettuno).

Da questo incontro erotico, i corpi sono nudi con le gambe intrecciate sopra i continenti, nascono il sale, raccolto su una nave tenuta in mano da Nettuno e il pepe, raccolto su un tempietto tenuto in mano dalla dea Terra.

Sotto al Mare e alla Terra appaiono altre figure, incastonate in una base di ebano nero: i quattro Venti e le quattro fasi del tempo: notte, giorno, crepuscolo, aurora. E’ probabile che questa parte della saliera fu quella lavorata dal nostro Ascanio. Infatti Benvenuto Cellini ci fa sapere:

Per essere la saliera lavorata da più persone, che io non avevo tanto di comodità.


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Saliera di Francesco I, dettaglio della piccola nave per il sale – Vienna, Kunsthistorisches Museum – L’opera inizialmente era destinata al cardinale Ippolito d’Este, grande collezionista di opere d’arte, ma il cardinale rifiutò per il prezzo ritenuto troppo alto chiesto da Cellini.


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Saliera di Francesco I – dettaglio – Vienna, Kunsthistorisches Museum


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Saliera di Francesco I, dettaglio della parte inferiore, quella presumibilmente lavorata da Ascanio. Si noti l’influenza michelangiolesca – Vienna, Kunsthistorisches Museum – Quando la Saliera fu presentata a Francesco I Cellini racconta che il re “emise un forte grido di stupore e non potè saziare i suoi occhi guardandola”. La Saliera finì a Vienna in quanto Carlo IX di Francia, nipote di Francesco I, la regalò all’arciduca d’Austria Ferdinando d’Asburgo.

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Ferdinando II Arciduca d’Austria, ritratto da Francesco Terzi nel 1557c. – Kunsthistorisches Museum Vienna


Prima di portarla al re Francesco I, la preziosa saliera fu “provata” dallo stesso Cellini insieme ad Ascanio e altri amici durante una allegra cena:

Mettemmo la saliera in mezzo alla tavola; e fummo i primi a ‘doperarla.

Oltre per la Saliera di Cellini, Francesco I è ricordato anche per aver comprato da Leonardo Da Vinci la famosa Gioconda pagandola quattro mila ducati d’oro, oggi notoriamente esposta al Louvre, e per essere stato sconfitto durante la “Battaglia di Pavia” dai cugini d’Avalos: Alfonso, marchese del Vasto, proprietario del Palazzo d’Avalos a Vasto, e Ferrante, marchese di Pescara. (“Vasto: mare, arte e cultura. La storia dei Rossetti”, in questo Blog.)

La Saliera di Francesco I fu clamorosamente rubata l’11 maggio del 2003 durante alcuni lavori che in quel periodo interessarono il museo viennese, all’epoca coperto da impalcature. Quando i ladri prelevarono la Saliera scattò l’allarme, ma fu ignorato in quanto ritenuto causato dai lavori in corso.

L’opera fu ritrovata il 21 gennaio del 2006 in circostanze misteriose in un bosco a 100 km da Vienna dopo che i ladri fecero recapitare alla polizia, come prova di possesso, il tridente d’oro strappato dalla mano di Nettuno. La scultura risulta assicurata per circa 70 milioni di dollari (cifra riferita al 2012).


L’importanza del giovane abruzzese nella vita di Benvenuto Cellini è come detto evidenziata nella Vita”, in questa opera i capitoli che Cellini dedica ad Ascanio sono numerosi e dettagliati. Vi propongo il curioso racconto dedicato al carcere di Castel Sant’Angelo.

La vita avventurosa porterà Benvenuto Cellini in carcere, ma il suo allievo prediletto non lo abbandonerà mai. Ascanio si recherà a far visita al suo maestro d’arte almeno due volte al giorno per portare “conforto e alcune cose da lavorare” tra queste una stoffa per un vestito che, come vedremo, fu motivo di lite.

In effetti, come ho già accennato sopra, le liti tra i due furono numerose. Sia Benvenuto che Ascanio avevano due caratteri predominanti. La lite a Castel Sant’Angelo, come ci racconta lo stesso Cellini, fu causata dalla richiesta del giovane Ascanio di farsi cucire (da Cellini, che qui scopriamo anche sarto) un abito con un tessuto di raso azzurro:


Accadde un giorno che Ascanio, il quale ogni dì veniva due volte da me, mi chiese che io gli facessi una certa vestetta d’una mia vesta azzurra di raso, la quale io non portavo mai.

Il giovane ebbe tanto per male che io non gli detti quella meschina vesta, che lui mi disse che se ne voleva andare a Tagliacozze a casa sua e aggiunse: io me ne vo, e addio per sempre!! A questo io dissi: e per sempre voglio che sia!

E alle guardie dissi che non lasciassino più passare questo villanello. Il ditto giovane andò via lacrimando.


Ascanio se ne tornò di nuovo a Tagliacozzo, in realtà non solo perché offeso per non aver ricevuto il desiderato vestito di raso azzurro, ma anche perché uscendo da Castel Sant’Angelo si imbattè con due ceffi i quali vedendolo piangere lo presero in giro.

Reagendo alle offese Ascanio, già arrabbiato con Cellini, tirò fuori una stortetta (un piccolo pugnale con la punta ricurva, che il giovane portava sempre con sé) e nella rissa tagliò tre dita di una mano a uno dei due ribaldi.

Il fatto fece arrabbiare il papa, all’epoca Clemente VII – ossia Giulio de’Medici, l’unico figlio di Giuliano fratello di Lorenzo il Magnifico, assassinato il giorno di Pasqua durante la famosa Congiura dei Pazzi nella Cattedrale di Firenze – il quale diede due giorni di tempo ad Ascanio per costituirsi, ma il giovane non ci pensò due volte e scappò a Tagliacozzo.

Sarà Cellini a toglierlo dai guai. Dopo la sua rocambolesca evasione da Castel Sant’Angelo e un nuovo arresto, andò in soggiorno a Tagliacozzo per riprendere con sé Ascanio. Ma lo fece, tiene a precisare l’orgoglioso Cellini, perché stava il giovane in casa “chiedendomi mille volte perdonanza.”


Uscito da Roma me ne andai alla volta di Tagliacozze, pensando di trovarvi Ascanio mio sopraditto. Trovai Ascanio insieme con suo padre e fratelli e sorelle e matrigna.

Da loro per giorni fui carezzato – (trattato bene, con gentilezza) – che impossibile saria il dirlo. Partimmo per la volta di Roma e per la strada cominciammo a ragionar dell’arte.


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Autoritratto di Benvenuto Cellini, 1555-1565 – Sparito per oltre 450 anni il dipinto è stato ritrovato nel 2005 in una collezione privata a Parigi, proveniente da un’asta di antiquariato, è valutato oltre 100 milioni di euro.


All’epoca questo legame artistico e personale fu oggetto di invidie, invettive e scherno. Ne è un esempio il documento che segue, un “libello infamante” come lo definì Cellini, tagliente e ironico, tipico del vernacolo fiorentino, affisso a Firenze sul portone dell’Accademia delle Arti, fondata da Cosimo I dè Medici (1563 circa), ecco alcuni stralci:

Sovra e dedentro a li rapporti entro el mastro de’ Cellini et suo sottopanza lo marsico (…) Cellin de sodomia n’è temuto in terra de franciosi (…) Così l’orafo magno va in trastullo aprofitando del timido Ascanio squizzando orsù nel marsicano cullo.


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Giovane con medaglione d’oro raffigurante Cosimo de’ Medici, Sandro Botticelli, 1475 – National Gallery Londra


Le ultime notizie su Ascanio da Tagliacozzo si perdono in Francia. Si sa che a Parigi sposò Costanza, la figlia di uno dei celebri fratelli scultori fiorentini dei della Robbia (Girolamo) e che abitò nel castello parigino chiamato “Nesle”, un tempo (oggi risulta demolito) posizionato sulla riva sinistra della Senna, a pochi passi dal Louvre. Castello che Ascanio ricevette in dono del suo caro maestro e amico Benvenuto Cellini.

La sua abilità nell’arte orafa è riconosciuta sia da Cellini, un tipo che difficilmente rilasciava lodi, che dai documenti storici.

Nei “libri dei conti”  (ne ho consultato uno, di seguito cito alcuni stralci) conservati in Francia sono elencati anche tutti i lavori che Ascanio eseguì per conto del Cardinale d’Este:

“Quattro candelieri a triangoli, un vaso grande per credenza, un piede di croce d’altare lavorata a fogliami con una lanterna in mezzo, una coppa dorata, quattro saliere d’argento…”

Questa è la storia di Ascanio de’ Mari da Tagliacozzo, mi sembra però giusto concludere il racconto con le parole di Benvenuto Cellini.

Costui in quei pochi mesi messe persona, e ristoratosi dallo istento divenne il piú bel giovane di Roma, e sí per essere quel buon servitor che io ho detto, e perché gl’imparava l’arte maravigliosamente, io gli posi uno amore grandissimo.


Leo De Rocco

Copyright © testo e foto – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com


Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note: 1) Citazione tratta da Vita, di Benvenuto Cellini, libro I, capitolo XX; 2) Corradino di Svevia decise nella primavera del 1268 di riconquistare il regno di Napoli, assegnato nel 1266 da papa Clemente IV a Carlo d’Angiò dopo la “Battaglia di Benevento”. Ad agosto del 1268 Corradino si stabilì con il suo esercito nei pressi di Scurcola Marsicana, mentre Carlo d’Angiò e le sue truppe arrivavano dall’Aquila. La battaglia tra i due eserciti iniziò la mattina del 23 agosto 1268 nei pressi del fiume Salto. Dopo il primo scontro fu chiara la vittoria di Corradino, ma Carlo d’Angiò. consigliato da Aleard de Valery, un soldato reduce delle Crociate in Terra Santa ed esperto di strategie di guerra, mantenne nascosti 700 cavalieri i quali accerchiarono, sorprendendoli, i soldati di Corradino i quali convinti della vittoria si erano liberati dalle pesanti armature, anche a causa del caldo e della stanchezza. Corradino fuggì verso Roma e il Lazio, giunto alle paludi Pontine barattò il suo prezioso anello regale ad un barcaiolo per poter attraversare le acque paludose, ma il barcaiolo portò l’anello, con i simboli del casato di Corradino, al feudatario Frangipane il quale fece arrestare Corradino e lo rinchiuse in una torre ad Anzio, per consegnarlo a Carlo d’Angiò e ricavarne denaro, così accadde. Corradino fu quindi  condotto a Napoli dove fu processato e decapitato insieme ai suoi compagni, aveva 16 anni. Fonti: “La vita di Benvenuto Cellini” di Giuseppe Campori, Milano 1873; “Ascanio” di Alexandre Dumas, Sellerio Editore Palermo, 2015; “La chiesa di Santa Maria del Soccorso in Tagliacozzo”, a cura di Gaetano Blasetti, Confraternita di S.Antonio, edizione fuori commercio, per gentile concessione della dott.ssa Fabiola Scarcella.


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