Tagliacozzo. Ascanio de’ Mari e Benvenuto Cellini

Sotto: Tagliacozzo, Piazza Obelisco ‐ In copertina: ritratto di giovane, Pietro Vannucci detto Perugino, 1495, Firenze, Galleria degli Uffizi – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Tra le vie tranquille di Tagliacozzo, incastonata tra i rilievi dell’Appennino abruzzese, nacque una delle storie più sorprendenti e meno conosciute della regione durante il Rinascimento. È la vicenda di Ascanio de’ Mari, un adolescente dotato di un talento precoce nell’arte orafa, destinato a incrociare il cammino di uno dei protagonisti più complessi e geniali del Cinquecento: Benvenuto Cellini.

Il loro incontro, avvenuto della Roma sfarzosa dei papi, darà inizio a un legame profondo e tempestoso. In questo articolo, tra arte, storia, fughe, conflitti e colpì di scena, seguiremo le orme del giovane abruzzese che dal suo borgo montano seppe raggiungere le alte vette dell’arte orafa.

…gl’nparava l’arte meravigliosamente, ed io gli posi un amore grandissimo.

Prima parte

La Porta dei Marsi

Tagliacozzo si presenta come un affascinante intreccio di vicoli che si arrampicano sulle pendici del Monte Civita, dove un tempo svettava il castello, a quasi mille metri di altitudine. Il borgo è immerso nel verde, punto di partenza ideale per escursioni e lunghe passeggiate nel circondario: tra antiche mulattiere, maneggi, faggete secolari, piste da sci e grotte carsiche. Accanto al patrimonio naturalistico, l’antica capitale della Marsica rivela un ricco mosaico di storia e arte.

La medievale Porta dei Marsi (XII secolo), una delle cinque porte di accesso alla città, introduce il visitatore in una elegante piazza rinascimentale: Piazza Obelisco, salotto urbano circondato da storici palazzi. Al centro svetta una fontana ottocentesca in marmo di Carrara, dalle linee barocche e suggestioni berniniane, dominata da un obelisco alto quindici metri, che emerge da uno scoglio, tra conchiglie zampillanti. Il monumento fu dedicato al patrono Sant’Antonio da Padova, celebrato a fine agosto per il miracolo del 1647, quando – secondo la tradizione – la sua intercessione salvò Tagliacozzo dall’esercito spagnolo.

Il nome della Porta, detta anche Porta da Piedi, evoca storiche contese, come quelle tra Roma e la Marsica, durante la Guerra Sociale, quando i romani dovettero riconoscere che: Non si può vincere né senza i Marsi né contro di essi. (Appiano d’Alessandria).

E a proposito di contese, proprio queste terre furono protagoniste di una delle pagine più celebri della storia medievale italiana: la Battaglia di Tagliacozzo (23 agosto 1268), disputata sui vicini Piani Palentini, tra Massa d’Albe, Cappelle dei Marsi, Magliano dei Marsi, Sante Marie e Scurcola Marsicana. Lo scontro tra Carlo d’Angiò e il giovanissimo Corradino di Svevia, decisivo per il controllo del Regno di Napoli, si concluse con la vittoria angioina ottenuta grazie a uno stratagemma, e con la perdita della testa, nel vero senso della parola, del giovane principe svevo per colpa di un traditore. Quella furbizia fece storia, tanto che Dante la ricorda nel XXVIII Canto dell’Inferno:

E là da Tagliacozzo, ove senz’armi vinse il vecchio Alardo

Lasciando intendere, forse, che nell’epoca medievale vincere “senz’armi” significava violare il codice d’onore cavalleresco. La citazione campeggia ancora oggi sulla facciata della chiesa di Santa Maria del Soccorso, una delle più antiche della città.

Ancora onore e cavalieri protagonisti qui a Tagliacozzo, con la Disfida di Barletta (1503), celebre duello, nato da un’offesa, tra tredici cavalieri francesi e altrettanti italiani, tra questi ultimi vi fu anche il tagliacozzano Giovanni, detto “il Capoccio”, ricordato da una targa sulla sua casa natale. “Il suo valoroso intervento fu determinante per la vittoria dei cavalieri italiani”, dicono qui con un pizzico di orgoglio.

Figura di rilievo legata alla storia culturale del borgo è anche la poetessa Petronilla Paolini Massimi (Tagliacozzo, 1663 – Roma, 1726), condiderata una delle prime voci femministe italiane. Promessa sposa a dieci anni al nobile romano Francesco Massimi, quarantenne, e segnata dalla tragica morte del padre, assassinato per rubare il patrimonio di famiglia. Petronilla denuncerà nei suoi scritti la difficile condizione femminile e le ingiustizie sociali.

L’antico nome della città, Talus-Cotium, significa “taglio nella roccia” e descrive la particolare conformazione del Monte Arunzo, sulle cui pendici sorge 850 metri la chiesa di Santa Maria del Soccorso (XII secolo). Un posto incantevole, sospeso tra fede e natura, scelto dal regista Roberto Rossellini per alcune scene di Desiderio (1946), in cui lavorò anche il sulmonese Vincenzo Seratrice, operatore di ripresa e direttore della fotografia.

Passeggiare tra le strette vie di Tagliacozzo è come fare un viaggio nel tempo: palazzi medievali e rinascimentale, e antichi conventi, come quello delle Clarisse, attiguo alla chiesa di San Francesco. All’interno sono custodite le spoglie del beato Tommaso da Celano, primo biografo di Francesco d’Assisi e – secondo molti studiosi – autore del Dies irae, considerata la più importante composizione medievale in lingua latina, poi da Mozart, Verdi e da altri grandi compositori. Per un approfondimento sul francescanesimo in Abruzzo rimando all’articolo: “Sulle tracce di San Francesco. Castelvecchio Subequo e la Valle Subequana”.

Tagliacozzo è oggi frequentata più dai turisti romani che dagli stessi abruzzesi. In effetti la capitale è dietro l’angolo, entrando in un bar si sente più l’accento romano che quello abruzzese. Qui il critico d’arte Federico Zeri trascorse tutte le sue estati giovanili. Fu proprio in questo borgo, come raccontò in una intervista Rai, che imparò a leggere l’architettura, l’arte e la storia silenziosa nascosta dietro ogni dettaglio:

Dal 1926 al 1940 sono venuto a Tagliacozzo, però per me non è stato soltanto un luogo di villeggiatura. Questo è il luogo in cui io mi sono formato, qui ho imparato una quantità enorme di cose. Ho imparato le differenze sociali, la miseria di una parte degli abitanti e l’ostentazione dell’alta borghesia romana, che qui veniva a villeggiare. Qui ho imparato l’amore, ma ho imparato soprattutto a leggere l’ambiente che mi circonda. Ho imparato a leggere gli edifici, gli intonaci, le sovrastrutture, le linee originali, a datare e a leggere certi piccoli dettagli, come i ferri battuti, che qui appartengono ancora all’epoca antica.

Seconda parte

Ascanio de’ Mari e Benvenuto Cellini

Quando il povero dona al ricco, il diavolo se ne ride (1)

Abruzzo Storie e Passioni si trova a Tagliacozzo per raccontarne non solo la storia, il paesaggio e l’arte, ma anche la vita avventurosa di un giovane tagliacozzano che, nel pieno Rinascimento, ospitò nella sua casa nientemeno che Benvenuto Cellini. Quel giovane si chiamava Ascanio de’ Mari, ed era destinato a una brillante carriera nelle più prestigiose corti europee.

Oggi Ascanio qui a Tagliacozzo e nella Marsica è conosciuto pure dai bambini, popolarissimo grazie anche alla rievocazione storica che ogni estate, a metà luglio, anima le strade del borgo, con sfilate in costume, tra re e regine, dame e cavalieri, banchetti, sbandieratori e giocolieri.

Eppure, nel resto dell’Abruzzo, il suo nome è quasi sconosciuto e ignorato anche dalla storia dell’arte orafa regionale, in cui seppure non creò Presentose, Sciacquajje e croci processionali, ma gioielli e argenterie per re, regine e cardinali, meriterebbe quantomeno una citazione. Per un approfondimento sul tema rimando all’articolo: “Arte orafa abruzzese, il Corallo di Giulianova e l’Oro di Scanno”, in questo blog.

Ascanio a Roma come apprendista orafo

Mentre passeggio piacevolmente tra le antiche viuzze di Tagliacozzo, cercando di immaginare in quale casa nacque Ascanio, vi racconto la sua straordinaria vita, in gran parte condivisa com il suo celebre amico e maestro. La sua storia sembra la trama di un film, per la narrazione ho portato con me una guida preziosa: Benvenuto Cellini!

Ovviamente non lui in carne ed ossa, ma la sua avvincente autobiografia dal titolo La Vita, scritta tra il 1558 e il 1563. Un’opera così dettagliata e coinvolgente che sembra raccontata dal maestro in persona.

Ascanio nacque a Tagliacozzo nel 1524, circa vent’anni dopo l’impresa del “Capoccio”, in una famiglia umile, ma il suo talento nella lavorazione dei preziosi lo porterà lontano: divenne maestro orafo presso le corti francesi di Francesco I ed Enrico II, e lavorò per potenti prelati, come Ippolito II d’Este, figlio di Lucrezia Borgia e Alfonso I d’Este.

Poco più che tredicenne, il giovane tagliacozzano si era già fatto notare nel suo paese per l’abilità nella lavorazione dei metalli preziosi. Un talento precoce che lo avrebbe portato a incontrare uno dei personaggi più affascinanti e controversi del Cinquecento: Benvenuto Cellini (1500 – 1571), celebre scultore e orafo manierista, protagonista di una vita segnata da passioni impetuose, processi, fughe rocambolesche, duelli degni e colpi di scena degni di un romanzo. Un destino che, in parte, riecheggerà qualche decennio più tardi nell’esperienza di Caravaggio.

Voglio andare da un bravissimo fiorentino argentiere

L’incontro tra Ascanio e Cellini avvenne nella bottega romana dell’artista fiorentino. Fu il padre a condurre Ascanio a Roma: prima presso un orafo spagnolo, Francesco da Valencia, al servizio del papa; poi, su insistenza dello stesso ragazzo – che aveva sentito parlare di “un fiorentino bravissimo argentiere” – direttamente da Cellini. Da quel momento il destino del giovane fu segnato.

Ecco come Cellini ci presenta Ascanio:

Stava con me un giovanetto il quale si domandava Ascanio. Questo giovane era di età molto tenera ed era il più mirabil servitore che fussi mai al mondo; e quando io lo presi s’era partito da un suo maestro che si domandava Francesco (Si tratta di Francesco di Valencia, un orafo al servizio del Papa) Io per non far dispiacere al detto orefice spagnuiolo dissi a questo giovanetto: non ti voglio! ma detto fanciulletto si fece scrivere una polizza dal suo maestro affinché, libero, io lo pigliassi. Era così magro e smunto che sembrava un vecchino, ma ristoratosi divenne il più bel giovine di Roma. Vedutosi restaurato il giovane andava spesso a ringraziare il suo maestro spagnuiolo per averlo liberato, la bella moglie di detto maestro gli diceva…

Una trasformazione talmente evidente che perfino madonna Francesca, la moglie dell’orafo spagnolo, vedendolo tornare in bottega a salutarli, lo interrogò stupita e maliziosa: Surgetto che hai tu fatto per diventare così bello? E Ascanio, con ingenua fierezza, rispose: É stato il mio maestro Benvenuto che m’ha fatto così bello e molto più buono.

Ma la reazione di Cellini non fu mai semplice. L’artista racconta che sin da questa prima fase scoppiò una lite furibonda: Ascanio frequentava troppo spesso, e con troppa passione, la bella madonna Francesca, che a detta del fiorentino:

Dava al ragazzetto qualche carezza più in là che l’uso di onestà.

Cellini vietò quelle visite, ma Ascanio si ribellò. Ne seguì una scena violenta:

Gli detti di pugna e calci le più aspre bussa che lui sentisse mai, tanto che lui piangendo fuggì senza cappa e berretta.

Il ragazzo sparì da Roma per alcuni giorni, ma non fece perdere le tracce: era ritornato a Tagliacozzo, dalla famiglia. Fu proprio il padre a riportarlo dal maestro, come racconta l’orgoglioso Cellini:

Venne a Roma da Tagliacozzo suo padre. Ascanio mi disse: Maestro mio perdonatemi, io son qui per fare tutto quello che mi comanderete. Ma io gli risposi: Solo per amor di tuo padre ti ripiglio!

Una frase di circostanza in realtà il fiorentino desiderava sinceramente che Ascanio lavorasse con lui e non nascondeva una simpatia, che poi diventerà reciproca, per il giovane talentuoso. Da quel momento Ascanio divenne l’ombra di Cellini, seguendolo per più di dieci anni. Fu al suo fianco durante la prigionia a Castel Sant’Angelo e lo accompagnò nei due avventurosi viaggi in Francia.

Ascanio: dalla Saliera di Francesco I ai romanzi di Dumas

Una parabola straordinaria: un ragazzino appena tredicenne, originario di un piccolo borgo appenninico che diventa l’assistente più fidato di uno dei più grandi artisti dell’epoca, frequentando re, regine, papi e cardinali.

La vita di Ascanio ispirò Alexandre Dumas. L’autore de Il Conte di Montecristo scrisse anche un romanzo intitolato Ascanio: un’opera avventurosa di carattere cavalleresco, nota in Francia, ma pressoché ignorata in Italia. E non è l’unico legame marsicano nella produzione di Dumas: nella trilogia dei Tre Moschettieri appare il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino, nato a Pescina nel 1602.

Non tutti sanno che durante il soggiorno in Francia, Ascanio contribuì alla realizzazione della più celebre opera di oreficeria del Rinascimento: la Saliera di Francesco I, oggi conservata a Vienna. Inizialmente destinata al cardinale Ippolito d’Este – che la rifiutò per il prezzo ritenuto troppo alto – la Saliera suscitò nel re un entusiasmo incontenibile, puntualmente annotato da Cellini nel suo diario:

Il re emise un forte grido di stupore e non potè saziare i suoi occhi guardandola

Donata più tardi da Carlo IX di Francia all’arciduca d’Austria Ferdinando d’Asburgo, la Saliera è considerata, insieme al Perseo della Loggia dei Lanzi, il capolavoro di Cellini. Realizzata manufatto in oro e smalti, ebano nero e avorio, raffigura l’incontro tra la Terra (Cerere) e il Mare (Nettuno), dall’unione sinbolica nascono il sale, raccolto su una nave, e il pepe, posto in un tempietto.

Sotto al Mare e alla Terra, in oro ed ebano nero, compaiono altre figure incastonate, i quattro venti e le quattro fasi del tempo: notte, giorno, crepuscolo e aurora. Proprio questa la parte della Saliera, complessa e ricca di figure minori, è quella lavorata dal nostro Ascanio, come lo stesso Cellini lascia intuire:

Per essere la saliera lavorata da più persone, che io non avevo tanto di comodità.

Prima di presentarla al Francesco I, Cellini racconta un episodio vivace: la Saliera venne testata durante un’allegra cena con Ascanio e altri:

Mettemmo la saliera in mezzo alla tavola; e fummo i primi a ‘doperarla.

Il carcere e il vestito azzurro

Il fondamentale ruolo di Ascanio nella vita dell’artista fiorentino emerge con chiarezza dalle pagine della Vita. I capitoli a lui dedicati sono numerosi e dettagliati. Tra questi spicca il racconto del periodo a Castel Sant’Angelo.

La vita irrequieta e l’indole impetuosa di Benevento Cellini lo condussero più volte nelle carceri romane, ma Ascanio non lo abbandonerà mai. Anche durante la detenzione a Castel Sant’Angelo il giovane continuò a fargli visita anche due volte al giorno, portandogli, scrive Cellini, conforto e alcune cose da lavorare.

Tra questi anche una stoffa destinata a innescare l’ennesimo litigio. Ascanio desiderava che il maestro gli cucisse – scopriamo così un inedito ruolo sartoriale di Cellini – un vestito di raso azzurro. Ma davanti al rifiuto il ragazzo reagì male, come racconta Cellini con la consueta vividezza:

Accadde un giorno che Ascanio, il quale ogni dì veniva due volte da me, mi chiese che io gli facessi una certa vestetta d’una mia vesta azzurra di raso, la quale io non portavo mai. Il giovane ebbe tanto per male che io non gli detti quella meschina vesta, che lui mi disse che se ne voleva andare a Tagliacozze a casa sua e aggiunse: io me ne vo, e addio per sempre!! A questo io dissi: e per sempre voglio che sia! E alle guardie dissi che non lasciassino più passare questo villanello. Il ditto giovane andò via lacrimando.

Ferito nell’orgoglio, Ascanio lasciò davvero Roma e ancora una volta fece ritorno a Tagliacozzo. In realtà non solo per il vestito mancato. Uscito molto contrariato da Castel Sant’Angelo, fu affrontato da due malintenzionati che, vedendolo piangere, lo schernirono. Ascanio reagì e, complice la rabbia, ferì con la sua stortetta (piccolo pugnale con la punta ricurva) uno dei due, tagliandogli tre dita.

L’episodio fece scalpore in città, papa Clemente VII si infuriò e intimò Ascanio di costituirsi entro due giorni. Ma il ragazzo fuggì in Abruzzo, all’epoca fuori dalla giurisdizione pontificia.

Benvenuto Cellini a Tagliacozzo

Sarà proprio Cellini, nel frattempo evaso da Castel Sant’Angelo, a toglierlo dai guai, forte del rapporto di fiducia che lo legava al papa e del ruolo avuto nella difesa di Castel Sant’Angelo durante il Sacco di Roma. Ma in questa storia non mancano i colpi di scena: anche Cellini dovette improvvisamente lasciare Roma, in seguito alle accuse riguardanti il tesoro pontificio: fu sospettato di aver sottratto preziosi al papa. Cellini, lasciando Roma, ma non mancò di recarsi a Tagliacozzo per recuperare Ascanio, non senza enfatizzare, con orgoglio tipicamente celliniano:

Stava il giovane in casa chiedendomi mille volte perdonanza. Uscito da Roma me ne andai alla volta di Tagliacozze, pensando di trovarvi Ascanio mio sopraditto. Trovai Ascanio insieme con suo padre e fratelli e sorelle e matrigna. Da loro per giorni fui carezzato che impossibile saria il dirlo. Partimmo per la volta di Roma e per la strada cominciammo a ragionar dell’arte.

L’artista sottolinea anche la gentilezza e l’accoglienza calorosa durante il soggiorno tagliacozzano, una ideale anticipazione di quel “forte e gentile” che, secoli dopo, lo scrittore Primo Levi (1853 – 1917), avrebbe attribuito al popolo abruzzese.

Il legame artistico e personale tra maestro e allievo non passò inosservato ai contemporanei, suscitando invidie e maldicenze. Emblematico il libello satirico affisso a Firenze sulla porta dell’Accademia delle Arti, dove in tono pungente e in pieno vernacolo fiorentino si alludeva con ironia alla confidenza tra Cellini e il suo “marsico”. Lo stesso Cellini lo definì: un libello infamante.

Sovra e dedentro a li rapporti entro el mastro de’ Cellini et suo sottopanza lo marsico […] Cellin de sodomia n’è temuto in terra de franciosi […] Così l’orafo magno va in trastullo aprofitando del timido Ascanio squizzando orsù nel marsicano cullo.

Ascanio alla corte di Francia

Le tracce di Ascanio si fanno via via più rare dopo il ritorno di Cellini in Italia (1545), accolto con tutti gli onori alla corte dei Medici. Ascanio, ormai ventenne e orafo affermato, sposò Costanza, figlia dello scultore fiorentino Girolamo della Robbia, e abitò nel castello di Nesle, sulla riva sinistra della Senna, a pochi passi dal dal Louvre, dono del suo caro maestro e amico.

L’abilità di Ascanio nella lavorazione dei preziosi fu riconosciuta dallo stesso Cellini, un tipo che difficilmente rilasciava lodi. Nei libri dei conti (ne ho consultato uno, di seguito riporto uno stralcio) del cardinale Ippolito d’Este, sono elencati i lavori del tagliacozzano: “Quattro candelieri a triangoli, un vaso grande per credenza, un piede di croce d’altare lavorata a fogliami con una lanterna in mezzo, una coppa dorata, quattro saliere d’argento…”

Questa è la storia di Ascanio de’ Mari da Tagliacozzo, mi sembra però giusto concludere il racconto lasciando la parola alla mia eccezionale guida turistica qui a Tagliacozzo, Benvenuto Cellini:

Costui in quei pochi mesi messe persona, e ristoratosi dallo istento divenne il piú bel giovane di Roma, e sí per essere quel buon servitor che io ho detto, e perché gl’imparava l’arte maravigliosamente, io gli posi uno amore grandissimo.

Copyright © – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica

Tagliacozzo, Porta dei Marsi e Piazza Obelisco- Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Nell’ordine: I Piani Palentini visti dal borgo medievale di Albe; La Battaglia di Tagliacozzo tratta dal Chronicon di Carlo VI, Archivio digitale Galica Francia; Scurcola Marsicana, Torre del Castello Orsini; Chiesa di Santa Maria della Vittoria e l’antica statua della Madonna della Vittoria “donata da Carlo d’Angiò” – Foto Abruzzo storie e passioni

Ritratto di Petronilla Paolini Massimi, Foto Museo di Roma, Palazzo Braschi.

Tagliacozzo, chiesa di Santa Maria del Soccorso; casa natale di Giovanni Capoccio  – Foto Leo De Rocco – scena del film “Desiderio” di Roberto Rossellini, 1946 – Foto da “Location verificate Il Davinotti”

Tagliacozzo – Centro storico, Porta dei Marsi, Piazza Obelisco, Palazzo Ducale, Teatro Talia, Convento e chiostro di San Francesco, Spoglie del Beato Tommaso da Celano, Convento Santi Cosma e Damiano – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Benvenuto Cellini – a destra ritratto di giovane, Pietro Vannucci detto Perugino, 1495 – Firenze, Galleria degli Uffizi – Foto Leo De Rocco

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Autoritratto di Benvenuto Cellini, 1555-1565 – Sparito per oltre 450 anni il dipinto è stato ritrovato nel 2005 in una collezione privata a Parigi, proveniente da un’asta di antiquariato, è valutato oltre 100 milioni di euro.

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Ferdinando II Arciduca d’Austria, ritratto da Francesco Terzi nel 1557c. – Kunsthistorisches Museum Vienna

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Saliera di Francesco I, dettaglio della piccola nave per il sale – Vienna, Kunsthistorisches Museum

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Giovane con medaglione d’oro raffigurante Cosimo de’ Medici, 1475, Sandro Botticelli – National Gallery Londra

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Copyright © – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note: 1) Citazione tratta da Vita, di Benvenuto Cellini, libro I, capitolo XX; Fonti: “La vita di Benvenuto Cellini” di Giuseppe Campori, Milano 1873; “Ascanio” di Alexandre Dumas, Sellerio Editore Palermo, 2015; “La chiesa di Santa Maria del Soccorso in Tagliacozzo”, a cura di Gaetano Blasetti, Confraternita di S.Antonio, edizione fuori commercio, per gentile concessione della dott.ssa Fabiola Scarcella.

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