
Martirio di San Tommaso Becket, 1424, Maestro Francke, collezione Kunsthalle Amburgo, Germania.

Caramanico Terme, chiesa di San Tommaso Becket – Foto Roberto Furlone/Instagram, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni blog
Da quel momento la sua natura cambiò, e divenne uomo perfetto, sottoponendo il suo corpo al tormento del cilicio e del digiuno
Jacopo da Verrazze, Tommaso Becket, Legenda Aurea.
Sacrilegio nella Cattedrale
Canterbury, cattedrale di Nostro Signore Gesù Cristo, 29 dicembre 1170, sera. Gli ultimi raggi del sole svaniti sulle vetrate del cleristorio avevano da poco ceduto il posto alle tremolanti e pallide luci delle candele. Sulla navata già aleggiavano le prime litanie dei vespri crepuscolari, quella sera presenziati dall’arcivescovo di Canterbury Tommaso Becket. Era appena iniziata la preghiera del Cantico di Maria quando nella sacra aula irruppero Reginald FizUrse, Richard le Breton, Guglielmo di Tracy e Ugo di Morville. Chi o cosa cercavano i quattro cavalieri di Sua maestà Enrico II re d’Inghilterra?
Tra lo stupore dei presenti, tranne dell’arcivescovo Becket che invece appariva calmo e per nulla sorpreso, come se si fosse avverato un suo presentimento, i cavalieri comunicarono senza tanti convenevoli che l’arcivescovo di Canterbury era un traditore della Corona d’Inghilterra e per questo doveva comparire davanti a Sua Maestà.
A quel punto alcuni monaci ancora scossi e increduli trovarono il coraggio di frapporsi tra l’arcivescovo e i cavalieri reali, i quali inaspettatamente decisero di abbandonare la scena, ma per poco. Al loro ritorno trovarono le porte della cattedrale sbarrate, ma Tommaso Becket ordinò di aprirle dicendo che la chiesa “non chiude le porte a chi desidera entrare nella casa del Signore, chiunque esso sia”. Furono le sue ultime parole, appena entrati i cavalieri lo uccisero trafiggendolo a colpi di spada.
Andò più o meno così la storia dell’assassinio di Tommaso Becket (Londra, 1118 – Canterbury, 1170), l’arcivescovo osò remare contro la riduzione dei poteri ecclesiastici decisa dal padre di Riccardo Cuor di Leone, Enrico II d’Inghilterra. “Sono stato frainteso dai miei cavalieri”, disse di fronte al clamoroso omicidio, ma fu lui il mandante.
Da Canterbury a Caramanico
Ma cosa c’entra, vi starete chiedendo, un blog di storie e passioni dedicato all’Abruzzo con il martirio di San Tommaso Becket a Canterbury?
C’entra eccome, sul portale di una chiesa immersa nel Parco nazionale della Maiella, davanti alle cime del massiccio del Morrone, la montagna aspra e selvaggia nelle cui grotte, celate da fitti boschi, secoli fa cercarono l’ascesi eremiti, monaci, santi e persino un papa, il famoso Celestino V, al secolo fra Pietro Angelerio da Morrone, c’è una piccola figura scolpita non molto tempo dopo il famoso assassinio nella cattedrale, e quella figura pacioccona con tanto di mitra, stola e pastorale rappresenta proprio l’arcivescovo di Canterbury Tommaso Becket, che accoglie, insieme al Cristo benedicente e ai dodici apostoli, scolpiti tutti in fila sull’architrave, fedeli e visitatori nella chiesa a lui intitolata. Ci troviamo a Caramanico Terme.
L’abate Leonate
In verità in terra d’Abruzzo l’arcivescovo di Canterbury lo abbiamo già incrociato, seppur per un breve cenno, quando visitammo l’abbazia di San Clemente a Casauria. Nel 1170 il clamoroso assassinio avvenuto all’interno di una cattedrale sconvolse il mondo religioso e politico. La notizia si diffuse rapidamente in tutta Europa e ovviamente giunse anche a Casauria, sede, scrissero sulle pergamene del Chronicon Casauriense, oggi custodito Parigi, i monaci amanuensi Johannes e maestro Rusticus, di una potente abbazia “imperiale”, costruita sopra un’isola del fiume Pescara, “con tanti pesci, e fiori, e aquile”, il “Paradisi floridus ortus” di “Insula piscaria”. In quel freddo dicembre del 1170 lo scettro abbaziale casauriense compiva quindici anni in mano all’abate Leonate, il più illustre tra gli abati di Casauria, e lo terrà stretto fino al 1192. Scettro che l’imperatore Ludovico II in persona consegnò al primo abate di Casauria, Romano, così come scolpito sul marmoreo architrave del portale della “Basilica divina”. Sulla storia completa dell’abbazia vedi in questo blog: “Abbazia di San Clemente a Casauria”.
Dopo la santificazione dell’arcivescovo di Canterbury proclamata da papa Alessandro III tre anni dopo l’atto sacrilego, ovvero nel 1173, Leonate, scrivono gli amanuensi, dedicò il costruendo oratorio dell’abbazia casauriense a Saint Thomas of Canterbury. Questo indizio ci porta a ipotizzare che il bassorilievo che si trova sulla facciata della chiesa abbaziale di Caramanico, provenga dall’abbazia di San Clemente a Casauria. Non a caso vicino al bassorilievo c’è un fiore della vita, simile ad uno dei tanti che decorano il portale e l’ambone dell’abbazia casauriense. Un vero e proprio marchio di fabbrica, che in Abruzzo ritroveremo a Pianella, sull’ambone del Maestro Acuto e a Serramonacesca, sul pulpito romanico voluto dall’abate Teobaldo.
Una facciata misteriosa
I lavori qui a Caramanico furono finanziati da un certo Rinaldo Trogisio, il quale dona ai monaci anche un mulino e fa costruire una strada per accedere alla chiesa. Ma per motivi ignoti i lavori di completamento della facciata e della realizzazione degli arredi sacri non furono mai completati. I resti di quello che doveva essere un ciborio si trovano depositati all’interno della cripta e due dei romanici quattro leoni, che probabilmente dovevano sostenere le colonne di un ambone destinato alla navata centrale, sono diventati due porta vasi. Oppure, sempre per ipotesi, il ciborio e l’ambone furono distrutti da un terremoto.
Come abbiamo visto in altre chiese e abbazie, ad esempio al cospetto del Portale della Luna dell’abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia, anche la facciata, ma soprattutto il portale di Caramanico, in passato non presentava lo schema compositivo così come lo vediamo oggi. Troppe tutte queste misteriose pietre scolpite nella forma di fiori, abati, persino serpenti, sparse qua e là sulla facciata come tessere di un puzzle gettato al vento.
A cominciare proprio dal rilievo che raffigura l’arcivescovo di Canterbury, che probabilmente doveva affiancare l’architrave, progettato per un portale di dimensioni maggiori. O forse non era lì dove lo vediamo oggi, ma si trovava all’interno della chiesa abbaziale o del monastero soppresso nel 1656, i cui resti, ancora visibili al fianco della chiesa, sul lato che guarda le cime del Morrone, rendono affascinante l’area laterale del tempio e quella posteriore absidale, dalla cui monofora, noto mentre effettuo il sopralluogo per questo articolo, che qualcuno trafugò le statue dell’arcangelo Gabriele e di Maria, letteralmente scavando l’abside e lasciando due vuoti mattonati che sconvolgono la vista. Mi attivo subito per rintracciare il parroco.
Per fortuna, mi informa il gentile don Federico, le statue sono state ritrovate, “si trovano ora in un luogo sicuro”, mi dice. Non andò altrettanto bene a una statua medievale raffigurante la Madonna delle Grazie in preghiera, un gioiellino di un metro di altezza, in argento brunito, cesellato, con un manto damascato e cinto da una delicata coroncina adornata con pietre preziose. Una statua molto cara ai caramanichesi, trafugata nel 1950 non in questa chiesa, ma a Santa Maria Maggiore, nel cuore di Caramanico. La chiesa di Santa Maria Maggiore, a cui dedicheremo un articolo, già abbazia benedettina, presenta stili gotici e barocchi. Attualmente è chiusa per lavori, dopo il crollo del tetto avvenuto qualche anno fa a causa della neve.
Sogni rivelatori
Se l’abbazia di San Pietro ad Oratorium tra i boschi di Capestrano ci sembrò magica, con il quadrato del Sator e i sogni da interpretare scolpiti sulla facciata, a Caramanico la chiesa di San Tommaso Becket ci appare decisamente piena di misteri. Anche qui un sogno accompagna la costruzione primaria dell’edificio. Secondo la tradizione, il racconto onirico riportato sulla finissima pergamena fu custodito dai monaci nell’antico monastero, oggi ormai diruto,
Mentre osservo le colonne della navata centrale intravedo un foglio affisso su una colonna. È il testo del sogno rivelatore. Come per dire: certo, questo sogno è una leggenda, ma fa parte della nostra storia e come in ogni leggenda c’è qualcosa di vero, firmato “Parrocchia di San Tommaso Apostolo”. Già, l’apostolo Tommaso, qui inizia un altro mistero, ovvero: questa chiesa è intitolata a San Tommaso Becket oppure a San Tommaso Apostolo?
Il rimando all’apostolo dubbioso, dicono le fonti prevalenti, deriva dal fatto che in passato tra queste terre non si diffuse facilmente il culto per il santo inglese, quindi si preferì fare riferimento al più popolare Tommaso, discepolo di Gesù che, oltretutto, senza nulla togliere al vescovo di Canterbury assassinato nella cattedrale, probabilmente era lui il titolare primario, in quanto la chiesa inizialmente era intitolata a San Tommaso in Paterno, dove Paterno (o Verano) era una località rientrante nelle proprietà casauriensi già nel 878 sotto il primo abate Romano, colui che appare scolpito sul portale imperiale dell’abbazia di Casauria, raffigurato mentre dona il modellino del cenobio casauriense a San Clemente papa.
Insieme agli altri apostoli Tommaso lo troviamo scolpito sull’architrave del portale, con al centro il Cristo in trono. Ma in terra d’Abruzzo il legame con l’apostolo dubbioso è molto forte, tanto che le sue sacre ossa sono custodite a Ortona, nella Cattedrale di San Tommaso, riportate nel 1258 via mare, scortate da tre galee comandate dall’ammiraglio Leone il quale le trafugò sull’isola greca di Chios.
Antimo Antiocheno
La storia del sogno di Caramanico, racconta di un certo Antimo Antiocheno, battezzato nel 45 d.C. addirittura “da San Pietro Apostolo”. Dopo l’apparizione degli arcangeli Michele e Gabriele, Antimo fu trasportato “per i capelli” – come Abacuc e l’angelo che abbiamo visti scolpiti sul Portale della Luna dell’abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia – “dall’angelo del Signore” in questo luogo, all’epoca un “villaggio chiamato Rusticano”.
La missione di Antimo era quella di “diffondere la parola del Signore” e costruire una chiesa. “Chiunque con devozione verrà qui e farà penitenza sarà assolto dai suoi peccati. E colui che avrà voluto contraddire questo privilegio verrà scomunicato. Così sia.” Tiene a farci sapere Antimo Antiocheno sulla lettera-manifesto affissa sulla colonna. Questa é la leggenda, nei fatti una iscrizione in latino scolpita sull’architrave di uno dei due portali minori parla di un committente, tale padre Berardo, e un anno di riferimento, il 1202, probabilmente riferito all’ampliamento dell’edificio primario.
Gli archivi dell’abbazia di Montecassino
Oltre alle iscrizioni in latino scolpite, proviamo a fare alcuni riscontri consultando i registri d’archivio dell’abbazia di Montecassino.(da “I Regesti dell’Archivio”, 1966, a cura di Tommaso Leccisotti, Fondo Santo Spirito del Morrone, volume III). Senza dilungarci troppo in noiosi elenchi di atti notarili a noi interessa che la chiesa di San Tommaso Becket fu costruita, o ampliata, agli inizi del XIII secolo e che il luogo era denominato “San Tommaso di Verana”
In effetti all’anno 1201, tre decenni dopo l’assassinio di Canterbury, in merito al territorio di Caramanico dove oggi sorge la chiesa leggiamo: “Rainaldo Trogisio concede vicennam nostran de Verana per la costruzione della chiesa di San Tommaso martire, che dichiara libera nei riguardi suoi e dei suoi successori: aggiunge la donazione di un posto nel molino che ha sul fiume Orta e di una via di accesso alla chiesa.”
Poi, nel 1210: “Riccardo e Simone Trogisio, con la madre Giuliana, ratificano e confermano il privilegio rilasciato dal padre loro Rainaldo alla chiesa di S.Tommaso di Verana, donando anche una foresta”.
Infine nel 1268: “Raimondo da S.Giorgio vende a fra Pietro da Caramanico, oblato della chiesa di San Tommaso di Verana che acquista per conto della chiesa di Santa Maria di Paterno ed è autorizzato da frà Tommaso, priore di San Tommaso di cui la chiesa è grancia, una pezza di terra posta in territorio di S.Giorgio, pel prezzo di dodici tarì.”
Un portale affollato
Guardando, è proprio il caso di dire, negli occhi dei dodici seriosi e austeri apostoli di Gesù scolpiti sull’architrave del portale della chiesa di San Tommaso Becket, risalta l’apostolo che afferra il polso al suo compagno, cosa rappresenta?
Ma è proprio lui! l’apostolo dubbioso Tommaso. Quando apparse Gesù risorto, Didimo, così veniva chiamato, non era presente. Gli altri discepoli incontrandolo gli dissero: “Abbiamo visto il Signore!”, ma Didimo, alias, Tommaso rispose: “se non metto la mia mano nel suo costato non crederò!” L’autore di questo portale e il suo committente, l’abate del vicino monastero oggi diruto o l’abate del cenobio di San Clemente a Casauria ci dicono invece: “non abbiate dubbi voi che entrate nella casa del Signore.”
L’interno
Entrando nella chiesa colpisce l’imponenza delle navate e la profondità dell’aula, che dall’esterno, complice il gioco di prospettive (l’edificio si trova su un piano rialzato rispetto alla strada sottostante), non rende. La stessa percezione l’abbiamo riscontrata entrando nello straordinario oratorio di San Pellegrino a Bominaco, laddove sulla controfacciata campeggia un gigantesco San Cristoforo, che ritroviamo anche qui a Caramanico su una colonna della navata centrale.
Altri interessanti affreschi si trovano sulla terza colonna di destra, raffigurano tre scene tratte dalle storie della Passione di Gesù, Deposizione, Sepoltura e Discesa al Limbo; anche in questo caso lo stile ricorda Bominaco. Gli affreschi del presbiterio e dell’abside incece sono andati persi.
La Colonna Santa portata dagli angeli
Tra le colonne della navata spicca la cosiddetta Colonna Santa, così chiamata in quanto ritenuta miracolosa dai fedeli. La tradizione popolare locale racconta che questa colonna, dalle singolari forme stilistiche, evidenti in particolare nel capitello, “fu trasportata sin qui dagll angeli”. Gli abitanti di Caramanico, ma anche i pellegrini, i pastori transumanti e i viandanti, usavano toccare la base della Colonna Santa per chiedere un miracolo o per grazia ricevuta. Probabilmente questa colonna così originale faceva parte di un tempio pagano e, come le colonne di Apollo che abbiamo visto nella chiesa di San Pietro in Alba Fucens, fu riutilizzata. Ma perché solo una, e per giunta piazzata in un posto che non è il suo, tant’è che in passato si rese necessario realizzare un arco per allegerire il peso di scarico. Mistero.
La cripta
All’interno della piccola cripta si trova un pozzo con acqua di sorgente, probabilmente realizzato in epoca pre-cristiana per celebrare riti pagani. Ipotesi suffragata dal ritrovamento in zona di statuette votive. Se così fosse il pozzo rappresenta uno straordinario documento sulla storia dei culti Italici. È dunque probabile che la costruzione della chiesa sia avvenuta sui resti di un tempio pagano dedicato a Ercole.
La chiesa abbaziale di San Tommaso Becket è una delle chiese più affascinanti della regione. Posizionata in un’area di grande interesse naturalistico e paesaggistico costituisce, insieme al paese di Caramanico, una delle tappe più importanti per gli amanti dell’arte e della natura in terra d’Abruzzo.
Seconda parte
Caramanico e Valle dell’Orfento, tra storia e natura.
Istituita nel 1971 la Riserva della Valle dell’Orfento è gestita e protetta dai Carabinieri Forestali. Prezioso scrigno di biodiversità, i sentieri che la attraversano sono attrezzati con appositi pannelli distribuiti lungo il percorso e informano gli escursionisti sull’importanza del patrimonio naturalistico del territorio, ma anche sulla storia.
Durante la Seconda guerra mondiale in questa valle ricca di boschi e acque trovarono rifugio nelle grotte, le stesse che secoli prima ospitarono eremiti, santi e briganti, alcuni soldati alleati fuggiti dai campi di detenzione dell’esercito tedesco. Aiutati dai cittadini di Caramanico il caporale maggiore neozelandese John Evelyn Broad e due suoi commilitoni vissero alcuni mesi nascosti tra le grotte e i ripari della Valle dell’Orfento, in cerca di cibo, riparo e assistenza. La testimonianza è documentata nel libro “Povera gente, poveri noi” scritto da John Evelyn Broad sulla base dei suoi diari, di seguito propongo alcuni stralci:
“Mercoledì, 16 febbraio 1944. Il nostro nuovo santuario, chiamato il Grottone, situato sotto il buco di Cialone a mezza costa sul precipizio del burrone, circa 1500 piedi sopra l’Orfento, era asciutto, ma questo era tutto quello che si poteva dirne di buono. Il luogo era molto esposto, avremmo potuto morire di freddo. Non c’era legna per accendere il fuoco. Completamente bagnati, con i piedi congelati e senza niente da mangiare: il nostro sconforto era insostenibile […]
Alle nove di sera udimmo un rumore ovattato di passi. Attendemmo nervosamente, mentre si facevano più vicini. Erano Antonio Cialone ed Erminio Sanelli […] mi diedero circa 25 libbre di pane. Doveva essere la nostra provvista per i successivi otto giorni, e sarebbe stata sufficiente per tenerci in vita finché non fossero tornati, il ventiquattro febbraio.
Gli sarebbe stato impossibile venire più spesso perché gli Alpini tedeschi avrebbero potuto seguire le loro tracce sulla neve. Ogni secondo che rimanevano con noi, i due uomini mettevano a repentaglio la loro vita […]
Il mattino seguente alla prima luce mi resi conto che l’interno del Grottone poteva essere visto dai tedeschi che passavano avanti e indietro per Decontra, lungo il sentiero che saliva sul precipizio dell’altra parte della gola. Utilizzando delle pietre sparse nella grotta feci perciò costruire da Bert e Ted un muretto a circa dieci piedi dall’entrata, dietro cui avremmo potuto dormire riparati tenendo fuori il vento e il nevischio. Mi arrampicai su un’altra grotta dove trovai un po di paglia. Ora stavamo un po’ più al caldo”.
“Domenica 2 aprile 1944. Rimasi un po’ nella grotta di Sant’Angelo per sistemare un chiodo della mia scarpa e per contare gli aerei che passavano di tanto in tanto in formazioni da bombardamento verso Manoppello. La parte più dura della salita già davanti a me e non ebbi più inconvenienti fino a quando non raggiunsi la sommità. Qui si aprì una vista superba sugli Appennini. Scorgevo il declivio lungo e ondulato del Monte Amaro, una zona perfetta per lo sci. Prima della guerra il principe Umberto veniva sempre a Monte Amaro in questo periodo per sciare. Molto più in basso l’Orfento al sole appariva come d’argento.”
Il viaggio continua
Lasciata la bella Caramanico torniamo a percorrere la Tiburtina in direzione di Chieti e Pescara, dopo alcuni chilometri, deviando in direzione di Serramonacesca, ci aspetta un’altra badia benedettina incantevole e misteriosa: l’abbazia di San Liberatore a Maiella.
Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica



Portale della chiesa di San Tommaso Becket, Caramanico ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Caramanico Terme, chiesa di San Tommaso Becket, dettaglio del portale ‐ Foto Leo De Rocco













Dettagli della facciata – Foto Leo De Rocco




Caramanico Terme, chiesa di San Tommaso Becket, abside e torre campanaria – Foto Leo De Rocco




Caramanico, località San Tommaso, i resti del monastero annesso alla chiesa abbaziale di San Tommaso Becket






Caramanico, chiesa di San Tommaso Becket, controfacciata ‐ Foto Leo De Rocco



Colonna Santa ‐ Foto Leo De Rocco



Navata centrale e area presbiterale ‐ Foto Leo De Rocco







Scene della Passione di Gesù ‐ Foto Leo De Rocco



Caramanico, chiesa di San Tommaso Becket, dettaglio del San Cristoforo – Foto Leo De Rocco







Caramanico, massiccio del Morrone e Parco nazionale della Maiella – Foto e video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni




Caramanico, Valle dell’Orfento – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
























Caramanico Terme – Foto e video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
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Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici – Ringrazio don Federico, parroco della chiesa di San Tommaso Becket ‐ Fonti: Annali degli Abruzzi, Anton Ludovico Antinori; Elenco degli edifizi Monumentali in Italia, 1902, Ministero della Pubblica Istruzione; per la Valle dell’Orfento ho raccolto informazioni presso il Centro visite e Museo Naturalistico e Archeologico P.Barrasso di Caramanico, inoltre altre info le ho attinte dai pannelli informativi esposti lungo i sentieri escursionistici della Valle dell’Orfento.
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