In copertina: statua della Madonna della Vittoria, secondo la tradizione donata a Scurcola Marsicana da Carlo I d’Angiò – Foto Abruzzo storie e passioni

I Piani Palentini dal borgo medievale di Albe – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Il leone artigliò l’aquilotto ad Astura, gli strappò le piume e lo decapitò (1)
Nei precedenti articoli dedicati alla Marsica abbiamo scoperto una parte del suo ricco patrimonio artistico, archeologico e paesaggistico, con le storie narrate a Celano, Pescina, Ortucchio, Luco dei Marsi, Alba Fucens, Albe, Massa d’Albe, Rosciolo dei Marsi, Avezzano, Tagliacozzo, fino a Capistrello, a ridosso del confine con il Lazio.
Continuando il viaggio alla scoperta di questo territorio, oggi Abruzzo storie e passioni vi porta sui Piani Palentini, il cui nome probabilmente deriva da “Pale”, una divinità romana protettrice del bestiame e degli allevatori.
Dopo la fondazione della colonia romana di Alba Fucens, nel 304 a.C., questa pianura venne assoggettata dai romani alla “centuratio”, ossia la realizzazione di reticoli, canali di irrigazione e strade per sostenere le attività dei nuovi coloni, spesso composti da gruppi di ex legionari, nelle loro attività agricole e di allevamento. L’acquedotto fu costruito pochi anni dopo la realizzazione dei cunicoli scavati nel monte Salviano (41 e il 52 d.C.) dall’imperatore Claudio, per il parziale prosciugamento del Lago Fucino.
Ci troviamo nel cuore della Marsica, tra i paesi di Cappelle dei Marsi, Magliano dei Marsi, Sante Marie e Scurcola Marsicana. E proprio tra Scurcola, Albe e Magliano, benché il nome per dantesca memoria rimandi a Tagliacozzo, il 23 agosto 1268 si svolse la Battaglia di Tagliacozzo, una delle più importanti della storia italiana, che vide protagonisti due principi: uno arrivato dalla Baviera, di nome Corrado ma, data la sua giovane età era chiamato Corradino e l’altro, più che giovane superbo, era il figlio del re di Francia Luigi VIII, battezzato col nome di Stefano ma chiamato Carlo per discendenza carolingia. Due casati, gli Hohenstaufen di Svevia, e gli Angioini di Francia, in lotta per il dominio del centro-sud Italia.
Dagli Altavilla agli Hohenstaufen
Come abbiamo visto, negli articoli dedicati al Romanico abruzzese, gran parte dell’Abruzzo dal 1130 entrò a far parte del Regno di Sicilia, sotto il primo re, il normanno Ruggero II d’Altavilla. Sua figlia Costanza, sposata con Enrico VI di Svevia, sarà l’ultima regina siciliana degli Altavilla. Il 27 settembre 1198, dopo tre anni di reggenza, il trono passò a suo figlio Federico II, della dinastia Hohenstaufen.
I rapporti tra lo Stupor Mundi e il papato non fu idilliaco. Il papa considerava il sud Italia un suo feudo, per questo non vedeva di buon occhio l’integrazione pacifica con gli arabi dell’ex emirato siciliano promossa dal normanno Ruggero II. Le cose non cambiarono con la salita al trono, ovviamente senza l’investitura papale, di Manfredi di Sicilia (1258-1266), anche lui scomunicato per le sua idea di unire tutto il territorio italiano sotto un’unica corona, la sua. E così, tra una scomunica e l’altra, Clemente IV intensificò i rapporti con Carlo I d’Angiò, già inizati dal precedente papa Urbano IV, con lo scopo di favorire un intervento armato delle truppe francesi, una vera e propria crociata contro gli Svevi.
I primi risultati furono l’incoronazione nel 1266 in Laterano di Carlo d’Angiò come nuovo re legittimo di Sicilia e la Battaglia di Benevento, combattuta nello stesso anno, che portò alla sconfitta di Manfredi di Sicilia. Il nipote di quest’ultimo, Corradino di Svevia, nella primavera del 1268 decise di riconquistare il Regno perduto.
Ad agosto si stabilì con il suo esercito nei pressi di Scurcola Marsicana, mentre Carlo d’Angiò e le sue truppe arrivarono probabilmente da sud, dalla Puglia, in quanto a Lucera l’angioino era già impegnato a combattere le ultime resistenze islamiche, come da raccomandazioni del papa.
Corradino tradito due volte
La battaglia iniziò la mattina del 23 agosto 1268, nei pressi del fiume Salto. Dopo il primo scontro fu chiara la vittoria di Corradino, ma Carlo d’Angiò, consigliato da Aleard de Valery, un militare reduce dalle Crociate ed esperto di strategie di guerra, mantenne nascosto un reparto di cavalieri e nel momento opportuno – alcune fonti raccontano dopo aver fatto credere che lui stesso era ferito o morto – attaccò a sorpresa i soldati di Corradino, rimasti fino a quel momento convinti della vittoria e per questo rilassati e stanchi, alcuni senza più le pesanti armature addosso.
Corradino fuggì verso il Lazio, giunto nei dintorni delle paludi Pontine pagò un barcaiolo con il suo anello regale, utile per poter attraversare le acque paludose. Il ragazzo era coraggioso e valoroso, ma pur sempre un adolescente, quella ingenuità la pagò molto cara.
Il barcaiolo lo tradì, portò l’anello recante i simboli del casato di Svevia al locale feudatario, tale Giovanni Frangipane, il quale, dopo aver invitato Corradino e il suo seguito nel suo castello di Astura, lo rinchiuse a tradimento in una torre per consegnarlo a Carlo d’Angiò e ricavarne denaro o comunque favori.
Corradino fu quindi condotto a Napoli dove fu sommariamente processato e decapitato il 29 ottobre 1268, insieme ai suoi compagni, aveva 16 anni. Il papa ufficialmente mostrò la sua contrarietà al processo farsa e alla conseguente esecuzione, ma lasciò fare, l’mportante per Sua santità era aver trascinato il Regno di Sicilia nella fazione guelfa.
La battaglia dunque si concluse con la vittoria di Carlo d’Angiò grazie ad una furbizia e la perdita della testa, nel vero senso della parola, del giovane principe per colpa di un traditore.
Quella furbizia fece storia, tanto che Dante Alighieri la ricorda nel XXVIII Canto dell’Inferno, creando, suo malgrado, l’equivoco sul territorio marsicano interessato alla battaglia: tra Scurcola Marsicana e Albe, non a Tagliacozzo: E là da Tagliacozzo, ove senz’armi vinse il vecchio Alardo.
Lasciando intendere che nell’epoca medievale vincere “senz’armi” significava violare il codice d’onore cavalleresco. La citazione dantesca è ricordata sulla facciata della chiesa di Santa Maria del Soccorso a Tagliacozzo.
La distruzione di Albe
Carlo d’Angiò non perdonò agli abitanti di Albe – un borgo medievale sorto sul colle di San Nicola, a ridosso di Alba Fucens – di aver patteggiato per Corradino e per ritorsione bruciò borgo e castello, i cui resti sono oggi visitabili grazie a un attrezzato e panoramico percorso turistico. In compenso, qui ci addentriamo nel campo della tradizione e dei racconti popolari, donò a titolo di “grazia ricevuta” una statua raffigurante la Madonna con Bambino, si narra ricevuta dal fratello, Luigi IX di Francia, detto “il Santo”, che a sua volta l’avrebbe riportata dalla Terra Santa.
Anche se in verità le date non corrispondono alle fattezze stilistiche della statua, in quanto Luigi il Santo tornò dalla Crociata nel 1270 e la statua, secondo alcuni studi, è datata tra la fine XIII e gli inizi del XIV secolo. Resta il significato simbolico dell’opera e i risvolti politici e religiosi sulle vicende storiche dell’epoca.
La statua della Madonna della Vittoria, oggetto di un recente restauro, oggi domina l’altare del Santuario di Santa Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana, ma la tradizione locale afferma che era collocata nell’abbazia omonima, voluta nel 1274 dall’angioino per celebrare la conquista del Regno di Sicilia, in verità durata poco: nel 1282 i Vespri siciliani riportarono, seppur per un breve tempo, una Hohenstaufen sul trono di Sicilia, Costanza II, cugina di Corradino di Svevia e moglie dell’aragonese Pietro I.
Due vittorie e due abbazie
Due furono le battaglie decisive, Benevento e Tagliacozzo, e due saranno le chiese abbaziali cistercensi che il d’Angiò farà costruire per celebrare i baluardi angioini nel centro-sud Italia. Entrambe videro la prima pietra posata nel 1274: l’abbazia di Santa Maria di Realvalle a Scafati, in provincia di Salerno e l’abbazia di Santa Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana, unite allo stesso destino anche quando saranno decadute e abbandonate: dopo il terremoto del 1456.
L’abbazia di Santa Maria della Vittoria è stata l’ultima delle cinque abbazie cistercensi in Abruzzo, dopo Santa Maria Casanova, fondata nel 1191 per volere dei Conti di Loreto Aprutino; Santa Maria Arabona (1208), fondata a Manoppello da un gruppo di monaci seguaci di San Bernardo di Chiaravalle; Santo Spirito d’Ocre (1248); infine San Vito e San Salvo (1255). Come cinque furono le abbazie cistercensi prigenie francesi dopo la prima, quella di Cîteaux (dal latino Cistercium), fondata nel 1098 da Roberto di Molesme tra boschi e cespugli di rose selvatiche (cistels) della Borgogna. La costruzione ebbe inizio nel 1274, i lavori si conclusero nel 1282.
Nel mentre Carlo d’Angiò fremeva, desiderava vedere il prima possibile un pezzo del suo omonimo ducato francese in Italia, e così a lavori non ancora ultimati fece arrivare dalla Francia i primi monaci cistercensi nel 1277. La consacrazione ebbe luogo l’anno dopo, durante il mese mariano. I monaci cistercensi cedettero il posto ai benedettini in concomitanza dell’avvento degli Aragonesi, nel XV secolo.
La Madonna della Vittoria
La nuova chiesa di Santa Maria della Vittoria fu costruita nel 1525 nella parte alta di Scurcola Marsicana. La statua lignea di Santa Maria della Vittoria, creduta scolpita nel legno di ulivo ma, secondo un recente restauro, è invece di pioppo, è datata tra il XIII e il XIV secolo. Lo stile ricorda il gotico francese. Come accennato sopra, la tradizione racconta che la statua fu donata da Carlo d’Angiò in persona e che il re, nel 1278, avrebbe anche presenziato alle solenni celebrazioni per la consacrazione della chiesa.
La statua secondo i racconti popolari sarebbe stata nascosta in concomitanza dell’abbandono da parte dei monaci del cenobio di Scurcola, ma una contadina del luogo o, secondo altre fonti, di Tagliacozzo, dopo un sogno premonitore la ritrovò, nei pressi dei ruderi dell’abbazia, racchiusa in una cassa di legno.
Corradino a Napoli, “ricercato” anche dai nazisti.
Più umile, senza abbazie e sacre statue donate a titolo di ex voto e do gloria, il ricordo lasciato ai posteri da Corradino di Svevia. Sul luogo dove fu decapitato, piazza del Mercato a Napoli, per pietas fu posta una piccola colonna sormontata da una croce. Nel 1351 un artigiano locale fece erigere una cappella in memoria, chiamata Santa Croce,
Le spoglie del giovane principe sono conservate nella chiesa di Santa Maria del Carmine. Soprattutto nell’Ottocento, tra atmosfere pregne di romanticismo, nostalgie per l’amor cortese e galanterie cavalleresche, il ricordo di Corradino diverrà quasi un mito. Non a caso Massimiliano II di Baviera commissionò allo scultore danese Bertel Thorvaldsen, un monumento dedicato a Corradino, realizzato poi dallo scultore Pietro Schoepf.
Nel 1943 i nazisti misero gli occhi proprio su quella statua per cercare i resti del giovane principe Svevo, trafugarli e portarli in Germania su ordine di Hitler. Il tentativo causò non pochi danni alla chiesa, ma i tedeschi andarono via a mani vuote grazie al custode, padre Elia, che con scaltrezza riuscì a far fallire il piano.
Almeno quella volta una furbizia non fu traditrice e così Corradino riposa ancora a Napoli, la capitale del suo bramato regno.
Leo Domenico De Rocco ‐ Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – derocco.leo@gmail.com – Copyright Riproduzione riservata – Note e fonti dopo la galleria fotografica

Corradino di Svevia, 1845, Pietro Schoepf, su modello di Torvalsen Bertel, chiesa del Carmine, Napoli

Carlo d’Angiò, 1277, Arnolfo di Cambio, Musei Capitolini, Roma.

Corona di Costanza d’Altavilla, regina di Sicilia, bisnonna di Corradino di Svevia – Tesoro della Cattedrale di Palermo – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni


La Battaglia di Tagliacozzo tratta dal Chronicon di Carlo VI, Archivio digitale Galica Francia.

Corradino di Svevia e suo cugino Federico I mangravio di Baden, 1300-1340, Codex Manasse, Biblioteca Universitaria di Heidelberg

Corradino di Svevia giustiziato a Napoli, seconda metà del XIII sec. Giovanni Villani, Biblioteca Vaticana

Piani Palentini – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni







Massa d’Albe, borgo medievale di Albe – Foto Abruzzo storie e passioni

Costanza II di Sicilia, 1530, Antonio d’Olanda – British Library















Scurcola Marsicana, Santuario di Santa Maria della Vittoria – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
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Copyright Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici – Note/Fonti: 1) Scritta sulla colonna commemorativa dedicata a Corradino di Svevia, piazza del Mercato, Napoli; “Abbazie e monasteri cistercensi in Abruzzo”, 1995, Luigi Mammarella, Adelmo Polla Editore; “Le chiese di Napoli”, 2004, Vincenzo Regina, Compton editore Napoli.
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