Il Maestro di Campo di Giove. Un capolavoro ritrovato.

In copertina: dettaglio del tabernacolo di Sant’Eustachio, 1370, Maestro di Campo di Giove ‐ Foto Abruzzo storie e passioni

Il Ponte del Capello, dettaglio degli affreschi del Maestro di Loreto nella chiesa di Santa Maria in Piano a Loreto Aprutino – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Tra Pacentro e Campo di Giove – Parco nazionale della Maiella ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Dal Maestro di Loreto al Maestro di Campo di Giove

Nell’arte abruzzese capita spesso di imbattersi in opere di autori ignoti. Nell’articolo dedicato agli affreschi nella chiesa di Santa Maria in Piano a Loreto Aprutino, che contiene la rara iconografia del Ponte del Capello, abbiamo conosciuto lo stile e le tecniche pittoriche del Maestro di Loreto.

Spostandoci dalle colline pescaresi ai monti del massiccio del Morrone, non lontano da Pacentro – da dove abbiamo raccontato la storia della secolare Corsa degli Zingari – a Campo di Giove ci aspetta un altro artista anonimo, che tra queste montagne lasciò una preziosa testimonianza legata alla devozione popolare: il Maestro di Campo Giove.

In realtà questo artista è meno ignoto del suo collega lauretano, poiché, secondo alcune fonti, si tratterebbe di Nicola Olivieri da Pietransieri, originario da una frazione della nota località sciistica di Roccaraso. Tuttavia di lui si hanno pochissime notizie.

In questa storia narrata tra le montagne abruzzesi, dove la natura si intreccia con la fede e l’arte, possiamo solo ipotizzare che sia lui l’autore di una serie di tavole dipinte nella seconda metà del Trecento, che decoravano una custodia contenente la statua di Sant’Eustachio. posta sopra un altare cinquecentesco della chiesa parrocchiale di Campo di Giove.

Gli sportelli della custodia devozionale erano composti da alcune tavole dipinte con sedici episodi dedicati alla vita di Sant’Eustachio, un ex generale romano di nome Placido, convertito al cristianesimo dopo un’apparizione miracolosa in un bosco. Trovandoci nel Parco nazionale della Maiella, non poteva essere altrimenti: il simbolo iconografico del Santo è infatti uno degli animali più rappresentativi della montagna, il cervo.

Il furto del 1902

La vicenda che accompagna il misterioso artista di Campo di Giove è resa ancora più intrigante da un clamoroso furto, nel quale, nel lontano 1902, furono coinvolti l’allora parroco e il sagrestano. L’episodio interessò la custodia di Sant’Eustachio, come vedremo in parte ricomposta dopo 120 anni. Per una curiosa coincidenza, lo stesso anno furono trafugate anche alcune formelle bronzee del portale dell’abbazia di San Clemente a Casauria, finite poi in un museo americano (sull’argomento si veda l’articolo “Abbazia di San Clemente a Casauria”, su questo blog).

Dopo il furto, gli sportelli della custodia furono smembrati in sedici tavolette, alle quali vennero aggiunti elementi lignei, in particolare cornici in stile gotico. L’intento dei ladri era probabilmente quello di rendere l’opera più accattivante sul mercato dell’antiquariato e di celarne la provenienza illecita.

Dopo aver ammirato le tavolette oggi esposte al Museo Nazionale d’Abruzzo, (MuNDA) a L’Aquila, non resta che raggiungere Campo di Giove per cercare le tracce di questa storia nel borgo, meta del turismo montano, e ovviamente visitare la chiesa di Sant’Eustachio, da dove tutto ebbe inizio.

Campus Jovis

Campo di Giove si trova nel cuore del Parco nazionale della Maiella, in località Passo di San Leonardo, base di partenza per la scalata al Monte Amaro (2793 m), la seconda vetta più alta dell’Appennino dopo il Monte Corno, nel massiccio del Gran Sasso d’Italia (2912 m).

Tipico borgo di montagna, attrae i visitatori sia d’inverno, con i suggestivi paesaggi innevati e i mercatini di Natale; sia d’estate, grazie al clima fresco e alla possibilità di praticare sport all’aria aperta, come equitazione, mountain bike e trekking, tra boschi e aree naturalistiche, tra cui il Parco degli Alpini e il Lago Tescino.

Il toponimo deriva da Campus Jovis, che corrispondeva a un tempio dedicato al dio della giustizia eretto nel IV secolo a.C. e trasformato in chiesa cristiana nel XII secolo. Nel suo peregrinare tra gli eremi e le grotte della Maiella, da queste parti passò pure frate Pietro Angelerio da Morrone, il futuro papa Celestino V. Non a caso i principali simboli del movimento celestiniano si trovano sul versante del Morrone che si apre sulla Valle Peligna, non lontano da Campo di Giove.

L’abbazia di Santo Spirito al Morrone, in località Badia, nei pressi di Sulmona, fu per secoli il più importante insediamento della Congregazione dei Celestini, nonché il centro della vita culturale, religiosa e civile di un vasto territorio. Oggi questi luoghi fanno parte del Cammino di Celestino, un percorso a piedi tra abbazie, eremi, siti archeologici e borghi di montagna.

La chiesa di Sant’Eustachio

La chiesa di Sant’Eustachio, costruita, come abbiamo visto, sui resti di un tempio pagano, presenta all’esterno una facciata in stile lombardo realizzata in pietra bianca della Maiella, e un campanile a pianta quadrata, in parte edificato con materiali di recupero, probabilmente provenienti dall’antico tempio.

“Campanone, mezzana e romanella”, sono i nomi delle tre campane in lega bronzea che alloggiano nella torre campanaria. Una di esse fu rifusa nella celebre fonderia di Agnone (1792), mentre le altre due furono realizzate nel 1805 dai fratelli Camarchioli, sempre agnonesi ma residenti a Campo di Giove. L’orologio a numeri romani è opera dei maestri orologiai sulmonesi (1788), gli stessi che realizzarono l’orologio della settecentesca torre borrominiana dell’abbazia di Santo Spirito al Morrone.

L’interno, a tre navate con pianta a croce latina, presenta affreschi nella navata centrale, tra cui l’immancabile cervo, dipinto sulla volta insieme a scorci montani, opere novecentesche di Vincenzo Alicardi (Sulmona, 1871 – Torino, 1955), pittore, grafico e cartellonista, allievo di Domenico Morelli e amico, nonché collaboratore, di Basilio Cascella (Pescara, 1870 – Roma, 1950).

Sulla parete di destra si trova la Madonna del Rosario, una tela del 1578 di autore ignoto. Di particolare interesse nell’area presbiteriale il coro ligneo seicentesco, un’opera che unisce fede, maestria artigiana e cultura montana. Composto da tredici sedili finemente scolpiti, il coro è attribuito a Palmerio Grasso (Rivisondoli, 1596 – 1656), formatosi nella scuola di intagliatori e marmorari di Pescocostanzo, fucina di straordinari maestri del legno e della pietra.

La chiesa è circondata dal Parco della Rimembranza, dedicato ai campogiovesi vittime della Prima guerra mondiale.

La mostra

Il Maestro di Campo di Giove. Ricomporre un capolavoro, è il titolo della recente mostra allestita nella Sala Francescana del MuNDA a L’Aquila (2). L’esposizione ripercorre la storia del tabernacolo di Sant’Eustachio.

Grazie a vecchie foto scattate nel 1890, il capolavoro del Maestro di Campo di Giove è stato ricomposto come appariva ai fedeli prima del furto, comprendendo anche l’antica statua del santo, prestata per l’occasione dalla Curia di Sulmona.

Delle sedici tavolette rubate, tredici sono state rintracciate nel corso degli anni grazie alla collaborazione tra Comando dei Carabinieri, Tutela del Patrimonio Culturale, e storici dell’arte, come Federico Zeri. Questa lunga ricerca ha permesso allo Stato italiano di riacquistare quattro tavolette sul mercato dell’antiquariato (ritrovate in una casa d’aste di Colonia, in Germania), che si sono aggiunte alle quattro già presenti nella collezione permanente del MuNDA. Altre cinque tavolette appartengono alla Collezione Saibene di Milano, per l’occasione prestate per la mostra. Le restanti tre risultano ancora disperse.

La Scuola senese

Composizione, colori, forme e stile delle tavolette ricordano alcune opere trecentesche della scuola senese, probabile fonte di ispirazione (o di formazione) dell’ignoto Maestro di Campo di Giove.

A titolo esemplificativo nella galleria fotografica si evidenzia un’opera di Pietro Lorenzetti (Siena, 1280-1348 circa). Oltretutto reminiscenze dell’arte senese erano già emerse in questo blog in alcuni articoli: in quello dedicato alle tracce di San Francesco in Abruzzo, in particolare nel ciclo di affreschi della Cappella dei Conti di Celano, nella chiesa di San Francesco a Castelvecchio Subequo; e nell’articolo sulla storia della contessa Covella di Celano, tra gli affreschi della navata di destra della chiesa di San Giovanni Battista.

Placido e il Cervo

Secondo la tradizione, Eustachio era un generale di nome Placido, vissuto sotto l’imperatore Traiano. Durante una battuta di caccia nei pressi di Tivoli, vide un cervo con un crocefisso splendente tra le corna. In quello stesso momento udì una voce che gli profetizzò il martirio in nome di Cristo. L’evento lo condusse alla conversione: si fece battezzare con il nome di Eustachio, e con lui anche la moglie Theopista e i figli Agapius e Theopisto.

A seguito della conversione, Eustachio perse tutti i suoi beni; le guardie imperiali gli portarono via anche la moglie e i figli.l, inoltre quando decise di rientrare nell’esercito, fu accusato di tradimento e, rifiutandosi di venerare nuovamente déi pagani, venne condannato al martirio insieme alla famiglia, rinchiuso nel ventre di un toro di ottone e bruciato vivo. La sua storia divenne, nei secoli, un potente simbolo di fede e sacrificio, ispirando numerose opere nell’ambito del romanticismo medievale.

La memoria condivisa di un capolavoro ritrovato

Tra le vette dei monti abruzzesi si respira ancora l’aria di atmosfere antiche, dove arte, fede e natura diventano memoria condivisa. Le tavolette del Maestro di Campo di Giove non raccontano solo la storia di un furto, ma quella più profonda di una comunità che per secoli ha custodito un simbolo identitario, capace di rinascere dalle ombre della storia come un cervo che riemerge dal bosco, fiero e luminoso.

Copyright – Riproduzione riservata – Abruzzo storie e passioni 2023 – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica

La chiesa di Sant’Eustachio a Campo di Giove – Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni

Raffronto tra la Pala della Beata Umiltà di Pietro Lorenzetti e il Tabernacolo di Sant’Eustachio del Maestro di Campo di Giove

Pala della beata Umiltà, 1341, Pietro Lorenzetti – Galleria degli Uffizi Firenze

Ricostruzione digitale del tabernacolo di Campo di Giove (1) – Foto Leo De Rocco – Nell’ordine: il tabernacolo di Sant’Eustachio come si presentava prima del furto; nel secondo fotogramma vengono evidenziati i pannelli ancora mancanti.

Statua lignea di Sant’Eustachio, Diocesi di Sulmona – Foto Abruzzo storie e passioni

Conversione di Placido

Battesimo di Eustachio

Viaggio in nave verso l’Egitto

Eustachio e la sua famiglia abbandonano la casa colpita dalla peste

Eustachio diviso dalla moglie

I messi dell’imperatore Traiano ritrovano Eustachio

Antioco e Acacio conducono Eustachio da Traiano

Traiano nomina Eustachio comandante dell’esercito

Ricongiungimento della famiglia di Eustachio

Eustachio rifiuta di sacrificare agli idoli

Eustachio in battaglia

Eustachio ritrova la moglie

Martirio di Eustachio e della sua famiglia

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Copyright – Riproduzione riservata – Abruzzo storie e passioni 2023 – derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo – Note al testo: (1) Video digitale realizzato da Simone Rasetti Accademia di Belle Arti L’Aquila; (2) A cura di Federica Zalabra e Cristiana Pasqualetti – Fonti: Museo Nazionale d’Abruzzo MuNDA L’Aquila; inoltre ho attinto dagli appunti presi durante la conferenza di presentazione della mostra “Il Maestro di Campo di Giove. Ricomporre un capolavoro”. Agiografia di Sant’Eustachio tratta da Enciclopedia Britannica.

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