Copertina: dettaglio del pavimento medievale dell’abbazia di San Liberatore a Maiella, Serramonacesca – Foto Abruzzo storie e passioni

Serramonacesca, abbazia di San Liberatore a Maiella ‐ Foto Abruzzo storie e passioni
La regione delle abbazie
L’Abruzzo è terra di splendide abbazie, alcune imponenti dominano luminosi paesaggi marini, come l’abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia, altre a guardia di gole e vallate impreziosiscono scenari montani, come la chiesa abbaziale di San Tommaso Becket, incastonata tra il massiccio del Morrone e le falde della Maiella, nel territorio di Caramanico. E che dire della regina delle abbazie abruzzesi, San Clemente a Casauria, la “Basilica divina”, posizionata sul Centurelle – Montesecco, il millenario tratturo che scende dall’altopiano di Navelli e incrocia la Tiburtina Valeria.
Altre ancora sembrano custodire misteri e segreti che non vogliono svelare e per questo si nascondono tra alture coperte da fitte boscaglie, nei pressi di sorgenti dalle acque limpide e fredde sulle cui sponde i monaci costruirono mulini e ponticelli, in passato attraversati da viandanti, pastori e pellegrini, oggi fotografati dai turisti e dagli amanti delle escursioni montane. È il caso della chiesa abbaziale di San Pietro ad Oratorium, celata tra i boschi capestranesi attraversati dalle cristalline sorgenti del Tirino e dell’abbazia benedettina meta del nostro odierno viaggio tra le impressioni d’occhio e di cuore d’Abruzzo: San Liberatore a Maiella.
Serra e monaci
Serra e monaci, da qui il toponimo del vicino paese, che appunto si chiama Serramonacesca, ovvero monte dei monaci. Così come “Monacesca”, ricordava già nel Settecento lo storico Anton Ludovico Antinori nei suoi “Annali degli Abruzzi”, appare scolpito sul portale bronzeo dell’abbazia di Montecassino, a sottolineare la storica pertinenza cassinese del cenobio abruzzese e dei relativi feudi amministrati dai monaci serresi, tutti ricompresi nella vasto territorio della Terra Sancti Benedicti. Il portale dell’abbazia di Montecassino fu voluto nel 1065 dall’abate Desiderio, dopo lo stupore da lui stesso provato al cospetto dei meravigliosi battenti bronzei arrivati da Bisanzio per il Duomo di Amalfi. Qualche anno dopo, come vedremo, l’abate esteta farà la sua parte anche a Serramonacesca.
Costruita a ridosso delle sorgenti del fiume Alento, in un contesto paesaggistico unico, San Liberatore a Maiella è una di quelle abbazie medievali dove non è difficile immaginare di intravedere in lontananza l’arrivo di frate Guglielmo da Baskerville insieme al giovane novizio Adso da Melk. Ma il fascino che sprigiona ancora oggi l’abbazia di Serramonacesca non è paragonabile al suo antico splendore.
Immerso tra i boschi di una vallata della Maiella, il complesso comprendeva giardini, fontane, serre per la coltivazione di agrumi e fragole, una cantina in cui venivano custoditi i vini prodotti dai monaci con le uve provenienti dai vitigni sparsi nella vallata, “vini bianchi e rossi”, precisa il memoratorium, l’immancabile mulino, un frantoio, un forno, una ricca biblioteca, una foresteria per gli ospiti… Insomma, la badia serrese sembrava un piccolo paradiso terrestre. Non a caso l’abbazia “madre” di Montecassino prescriveva ai propri monaci malandati periodi di remise en forme da trascorrere nel complesso abbaziale abruzzese.
Tutti i monaci infermi, deboli, o impotenti a fare l’operanza a Montecassino, siano mandati a San Liberatore per recuperare le forze
Lasciata la Tiburtina Valeria, più o meno all’altezza di Manoppello, il paese del Volto Santo e dell’abbazia cistercense di Santa Maria in Arabona, dopo aver percorso le ultime curve di una stradina che attraversa la serra pedemontana sul versante settentrionale della Maiella, le pietre bianche della facciata, del campanile e delle antiche mura di cinta dell’abbazia di San Liberatore a Maiella appaiono all’improvviso, accarezzate dai raggi di un tiepido sole primaverile.
È più o meno la stessa strada percorsa a piedi o al dorso dei muli dai monaci benedettini, al seguito del preposto Poterico, che nell’856, su ordine dell’abate di Montecassino Bertario, martirizzato durante una delle tante invasioni saracene circa trenta anni dopo, inaugurarono la costruzione primaria del cenobio di Serramonacesca, che la leggenda vuole edificato per volere di Carlo Magno in persona, sullo stesso luogo teatro della battaglia decisiva tra il suo esercito e quello dei Longobardi. I Carolingi ebbero la meglio, correva l’anno 781.
Leggenda a parte, è il nome di Bertario che appare nella prima documentazione attestante l’esistenza dell’abbazia di Serramonacesca, citata nel memoratorium dell’abate e trascritta sul chronicon dell’abbazia di Montecassino da Leone Marsicano, appunto quale pertinenza cassinese nell’anno 884 (1), ovvero l’anno del citato “martirio” dell’abate. Le cronache dell’epoca raccontano che i Saraceni gli tagliarono la testa sopra l’altare, mentre l’abbazia era stata data alle fiamme.
Trovai una chiesetta piccolissima, in tutto e per tutto buia, con vecchie costruzioni in legno
Costruito da Poterico e compagni, l’edificio primario di San Liberatore a Maiella circa un secolo dopo fu distrutto da un terremoto. Probabilmente si tratta del disastroso sisma citato nel chronicon casinensis, verificatosi il 25 ottobre 990 con epicentro tra il Sannio e l’Irpinia, Capua e Benevento.
L’evento alimentò la nascita di un’altra leggenda legata all’abbazia di San Liberatore. Si narra che una notte del 990 ad un monaco di Serramonacesca apparve in sogno un confratello, mai visto prima, il quale invitò a riunire i compagni in preghiera davanti al crocifisso della chiesa abbaziale. Il monaco al risveglio eseguì, ma mentre i suoi compagni pregavano un terremoto fece crollare il tetto dell’abbazia. I soccorritori ritrovarono il monaco vivo tra le macerie, il quale raccontò che San Benedetto, avvolto da una luce bianca, lo salvò.
La riedificazione dell’edificio avverrà nel 1007 su iniziativa, ovviamente previo accordi con Montecassino, del priore Teobaldo, un chietino votato alla fede monastica e per questo già da adolescente entrato prima in monastero, nell’abbazia “madre” di Montecassino, poi avviato al pellegrino in Terra Santa.
Teobaldo, che rivestirà la carica di abate di Serramonacesca, nonché di Montecassino, è una figura fondamentale nella storia dell’abbazia di San Liberatore a Maiella. Restando in Abruzzo la sua opera di ricostruzione equivale all’importante intervento edilizio promosso dall’abate Leonate in occasione dell’ampliamento dell’abbazia di San Clemente a Casauria, a cui abbiamo dedicato un dettagliato articolo in questo blog.
Circa quindici anni dopo il sisma del 990 Teobaldo troverà al suo arrivo a Serramonacesca una “chiesetta buia” e “vecchie costruzioni in legno” al posto dell’antico monastero, come testualmente riportato nel suo memoratorium. Il monaco farà quindi riedificare “in cemento e dalle fondamenta” il cenobio serrese, oltre a far costruire il campanile, che presenta finestre monofore, bifore e trifore disposte su tre livelli ma, come si evince in un affresco cinquecentesco (vedi galleria fotografica), nonché in un disegno settecentesco, originariamente la torre era formata da cinque livelli, con tanto di cupside. Nell’area presbiteriale Teobaldo farà realizzare una cripta, della quale però oggi non se ne ha traccia. Davanti alla facciata inoltre farà costruire un portico a tre arcate, con un loggiato nella parte superiore. Del portico oggi restano tracce delle antiche colonne.
Come un bravo architetto ante litteram, esperto in interior designer, l’abate Teobaldo farà rialzare l’area absidale, aprendovi monofore per ottenere più luce e farà abbellire la chiesa con un altare maggiore arricchito con un antependium in argento dorato, oltre agli altri arredi sacri adornati con tessuti e tappeti pregiati in seta e lino, ricamati in stile bizantino, infine codici miniati, commissionati agli amanuensi, o forse da lui stesso portati da Montecassino, per la biblioteca dell’abbazia serrese. Alleato con l’imperatore Enrico II e promotore dell’acquisizione di nuovi territori, sottoposti alle pertinenze di Montecassino ma gestiti dall’abbazia di San Liberatore a Maiella, l’abate Teobaldo segnerà dunque una svolta nella storia del cenobio abruzzese.
Come si può notare dalle immagini proposte nella galleria fotografica, nella parte laterale sinistra dell’edificio si intravedono i resti delle arcate dell’antico chiostro e le tre antiche aperture che da sinistra rispettivamente immettevano: nella sagrestia, nel chiostro, a sua volta collegato ad un esteso giardino, e nel monastero, i cui resti, probabilmente riferiti al dormitorio, sono ancora visibili in prossimità del sentiero che conduce alle sorgenti del fiume Alento. Il chiostro a sua volta era collegato ad un’area adibita a serre e coltivazioni varie, compreso frutteti, corrispondente allo spazio esterno absidale, che era molto più ampio rispetto a come lo vediamo oggi.
Teobaldo l’innovatore
Il programma edilizio ideato da Teobaldo non fu completato, anche a causa della morte dell’abate avvenuta nel 1036. Circa 40 anni dopo rilevanti lavori di ampliamento, che diedero al complesso di San Liberatore la forma archiettonica definitiva, furono eseguiti sotto l’abate di Montecassino Desiderio, insieme ai priori di Serramonacesca Adenolfo e il suo successore Roffredo, quindi tra il 1073 e il 1080. Il nuovo progetto proposto da Desiderio fu influenzato dai modelli architettonici derivanti dalla da poco riedificata abbazia di Montecassino, consacrata proprio in quel periodo, nel 1071.
Sempre in quel periodo, nel 1072, il principe Riccardo di Capua donò all’abbazia di Montecassino l’abbazia di Sant’Angelo in Formis, ad Aversa, subito inserita dall’abate Desiderio in un progetto di ricostruzione. Alcuni temi stilistici, come ad esempio le decorazioni presenti sopra gli archetti delle absidi di San Liberatore a Maiella, sono presenti anche nell’abbazia di Aversa. Per restare in Abruzzo, la stessa decorazione la ritroviamo nell’oratorio di S.Alessandro a Corfinio (1075).
È dunque probabile che in occasione della ricostruzione dell’abbazia di San Liberatore a Maiella giunsero a Serramonacesca maestranze campane, affiancate da artisti lapicidi locali, i quali seppur influenzati dalla scuola artistica bizantina, realizzarono un proprio stile “abruzzese”, come testimoniano le forme stilistiche dei tre portali della facciata di San Liberatore, in cui sono presenti decorazioni a girali vegetali in tutti gli archivolti e negli architravi del portale centrale e di destra. Il portale di sinistra invece si differenziata stilisticamente dagli altri due, in particolare nella raffigurazione scultorea presente sull’architrave.
Importanti lavori di restauro, soprattutto riferiti alla realizzazione di un bellissimo pavimento in opus sectile, furono eseguiti nel 1275, su disposizione di Bernardo I Ayglerio, abate di Montecassino, il quale commissionò i lavori per Serramonacesca prendendo come modello il pavimento tessellato multicolore che l’abate Desiderio fece realizzare a Montecassino da maestranze bizantine circa due secoli prima. Leonate Marsicano nella sua cronaca lo paragonò ad un “prato fiorito“.
Altri interventi edili si registreranno alla fine del ‘500, in particolare si ricavarono le stanze per il priore in prossimità del loggiato del portico e vennero aperti finestroni rinascimentali al posto delle monofore medievali. Infine ristrutturazioni furono eseguite dopo i danni provocati dal terremoto del 1706. Esattamente un secolo dopo, in concomitanza della soppressione degli ordini monastici, disposta nel 1806 dal re di Napoli Giuseppe Bonaparte, l’antica abbazia di San Liberatore a Maiella venne definitivamente abbandonata dai monaci.
Il complesso abbaziale, già precario anche a causa di frane e allagamenti, cadde così in rovina. In attesa dei lavori di restauro e ripristino, secondo alcuni “discutibili“ eseguiti negli anni ’60 del secolo scorso, il portale maggiore, il prezioso pavimento duecentesco, i resti dell’ambone e gli altari, furono trasportati e custoditi nella chiesa parrocchiale di Serramonacesca.
Il profilo dell’abbazia di San Liberatore a Maiella lo ritroviamo cucito sullo stemma del Comune di Serramonacesca, adottato con delibera nel 1983, meno di venti anni dopo il citato restauro – proposto già negli anni ’30 del XX secolo dallo storico e architetto Ignazio Carlo Gavini (Roma, 1867 ‐ 1936) – che tra il 1967 e il 1971 salvarono la badia serrese dall’abbandono e da definitiva rovina, giacché il complesso era ridotto praticamente a rudere.
Priva del tetto, distrutto a causa di terremoti, incuria e ruberie, l’abbazia vide sparire sotto le intemperie buona parte degli affreschi medievali (XII sec.) e delle successive ricoperture cinquecentesche, i cui resti, successivamente staccati e oggi esposti sulla parete della navata di destra, ci raccontano, tra storia e leggenda, le vicende storiche del cenobio.
Ad iniziare dalla donatio di Teobaldo, raffigurato mentre offre il modellino dell’abbazia di Serramonacesca a San Benedetto. Seguono due patrizi romani, Tertullo ed Equizio, i quali elargirono donazioni ai monaci serresi, compreso il terreno dove ora sorge l’abbazia. Infine Carlo Magno, rappresentato insieme a suo figlio Pipino il Breve, conferma la pertinenza abbaziale di San Liberatore ai benedettini.

Dettaglio del portale della chiesa di San Tommaso Becket a Caramanico ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
Il prato fiorito
L’abbazia di Serramonacesca in realtà è intitolata non a San Liberatore Martire ma a Cristo Liberatore. Sembra un gioco di parole, come in quel di Caramanico, laddove, come abbiamo visto nel precedente articolo dedicato alla enigmatica chiesa abbaziale intitolata a San Tommaso Becket, il famoso vescovo assassinato la sera del 29 settembre 1170 nella Cattedrale di Canterbury, i nomi dei due San Tommaso, l’apostolo dubbioso e il vescovo che osò sfidare il re d’Inghilterra, si alternano nella denominazione dell’edificio di culto, ma anche nel nome della contrada e della parrocchia, chiamata San Tommaso apostolo, fin sul portale scolpito, sul quale il Tommaso dubbioso è rimesso in riga da un suo compagno, insieme agli altri discepoli disposti tutti in fila vicino a Gesù benedicente, nel mentre San Tommaso Becket se ne sta per conto suo.
La galleria fotografica, oltre a mostrare le immagini più significative del complesso monumentale di Serramonacesca, si concentra in particolare sui dettagli relativi al prezioso pavimento medievale, come abbiamo visto commissionato dall’abate di Montecassino Bernardo Ayglerio e realizzato nel 1275 con la tecnica opus sectile e migliaia di tessere cosmatesche che disegnano magiche geometrie, legate non solo alla semplice funzione decorativa, ma soprattutto ad una precisa iconografia, già conosciuta nell’antica Bisanzio.
L’opera si rivela dopo aver percorso pochi metri sulla navata centrale, annunciata dall’ambone romanico, realizzato con uno stile che rimanda a mondi mediorientali e bizantini. Uno stile che in questa regione darà inizio a quella che sarà denominata Scuola “casauriense“, con gli immancabili fiori della vita, gli evangelisti, un grifo e due volatili alle prese con girali vegetali e fiori. Questi tesori d’arte sono le preziose testimonianze rimaste dell’antico splendore di San Liberatore a Maiella.
Seconda parte
Escursione alle sorgenti del fiume Alento
Guardando la facciata dell’abbazia di San Liberatore a Maiella si intravede a sinistra l’ingresso del sentiero che conduce alle sorgenti del fiume Alento, il cui corso d’acqua, lungo circa 35 km, sfocia nei pressi della cittadina turistica di Francavilla al Mare. I sapienti monaci benedettini di San Liberatore a Maiella costruirono un impianto idrico che serviva oltre ad alimentare le tre fontane distribuite tra i giardini, il chiostro e nei pressi della facciata, quest’ultima probabilmente ad uso di viandanti e pellegrini, anche per sostenere un ingegnoso sistema di irrigazione.
In prossimità della riva del fiume i monaci costruirono anche un mulino. Come accennato, tutta l’area che vediamo oggi circondare l’abbazia, in passato era molto più estesa. Inoltre la strada che conduceva al monastero, il cui ingresso era accessibile attraverso una scalinata che immetteva nel portico, non corrisponde alla strada che oggi percorriamo, ma era spostata di diversi metri (verso l’ingresso dell’abbazia). Nel corso dei secoli, frane, smottamenti e inondazioni hanno notevolmente modificato il paesaggio, così come probabilmente avvenne nel territorio dove sorgeva l’abbazia di San Clemente a Casauria: a detta dei monaci autori del chronicon casauriense (oggi custodito a Parigi) l’abbazia sorgeva sopra un isolotto del fiume Pescara.
Dopo aver attraversato un ponticello e percorso in salita un tratto del sentiero, talvolta reso pericoloso dai capricci del fiume e per questo chiuso ai turisti, si raggiunge una parete di roccia utilizzata in passato anche dai monaci per le sepolture. Sulla parete lunga circa 20 metri sono collocate tre tombe scavate nella roccia, una piccola nicchia e una cappellina. Le tombe sono del tipo ad “arcosolio“, utilizzate nelle catacombe cristiane soprattutto dai ceti nobili. Questo genere di sepoltura può ritenersi non successiva al X secolo.
Proseguendo lungo la parete e attraversando una piccola cappella che racchiude una vasca con funzione di acquasantiera, tre gradini portano ad un podio su cui doveva poggiare una statua. Sulla parete retrostante del podio sono visibili i resti di affreschi ineleggibili a causa della umidità. Sulla storia di questo complesso non vi sono notizie certe. È ipotizzabile, vista la vicinanza con l’abbazia di San Liberatore a Maiella, che un gruppo di eremiti vivesse nella zona intorno al VIII-IX secolo e utilizzasse il complesso rupestre come luogo di culto, seppellendovi i loro defunti, finché il gruppo non divenne più grande e organizzato e il complesso perse la sua funzione pur restando un luogo sacro probabilmente dedicato a San Giovanni Battista. (1)
Il viaggio continua
L’abbazia benedettina di San Liberatore a Maiella è una tappa fondamentale per conoscere e apprezzare la storia e l’arte medievale abruzzese. La sua posizione privilegiata, immersa nel verde e nella tranquillità, invita a scoprire anche i numerosi sentieri attrezzati che conducono ad antichi eremi, ritiri spirituali ricercati da santi e monaci nei secoli passati, com’è noto il più famoso tra essi papa Celestino V, al secolo frate Pietro da Morrone. Altri percorsi conducono alle citate tombe rupestri, alle sorgenti del fiume Alento e a numerosi e interessanti sentieri naturalistici frequentati dagli amanti del trekking e della bici.
Copyright ‐ Riproduzione riservata ‐ derocco.leo@gmail.com Tecnico della valorizzazione dei Beni Culturali ed Ecclesiastici Regione Abruzzo ‐ Note e fonti dopo la galleria fotografica


Abbazia di San Liberatore a Maiella ‐ Foto Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni


Le tre porte laterali immettevano nella sagrestia, nel chiostro e negli ambienti interni del monastero.


Contrafforti esterni laterali (lato campanile)

Absidi e l’area che ospitava frutteti e serre

Resti delle colonne del portico


Portale minore laterale destro

Dettaglio del portale laterale sinistro

Dettaglio del portale interno che dalla navata sinistra immetteva nella sagrestia

Navata centrale


Dettaglio delle navate laterali

Dettaglio dell’area presbiteriale



Affreschi cinquecenteschi (navata laterale destra), nell’ordine: Carlo Magno con un cartiglio, probabilmente (secondo la leggenda) recante “l’ordine” di costruire l’abbazia sul luogo dove si svolse la battaglia; tondo con l’immagine di Sant’Egidio; infine il due patrizi romani, Tertullo ed Equizio, mentre elargiscono donazioni all’abbazia.

Teobaldo con il modellino dell’abbazia, affresco cinquecentesco, parete navata laterale destra.


Ambone del XII secolo

Fiori “casauriensi”

Due uccelli in stile bizantino, beccano frutti da girali vegetali e fiori

Grifo























Pavimento risalente al 1275
Galleria fotografica relativa alla seconda parte dell’articolo



















Sorgenti del fiume Alento, Serramonacesca, Parco Nazionale della Maiella ‐ Foto e video Leo De Rocco per Abruzzo storie e passioni
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