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Voglio condurti a un’abbazia abbandonata, più solitaria del nostro Eremo, piena di memorie antichissime: dov’è un gran candelabro di marmo bianco, un fiore d’arte meraviglioso, creato da un artefice senza nome…Dritta su quel candelabro, in silenzio, tu illuminerai col tuo volto le meditazioni della mia anima.
Gabriele d’Annunzio (1)

Castiglione a Casauria, ottobre 2015 – Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco
Il “Paradisi floridus hortus”

Chronicon Casauriense, dettaglio – Bibliothèque National Parigi
Alla Bibliothèque National di Parigi conoscono bene l’Abbazia di San Clemente a Casauria. La prestigiosa Biblioteca conserva un documento storico tutto abruzzese, strettamente legato all’Abbazia: il Chronicon Casauriense.
L’importante manoscritto medievale finì nelle mani dei francesi – all’epoca di Carlo VIII di Francia, il re ricordato anche per aver fatto caricare dall’Italia innumerevoli opere d’arte sul dorso di venti mila muli diretti in Francia – a seguito di una delle tante spedizioni che i cugini d’oltralpe conducevano fin dalle “Guerres d’Italie” (1494 – 1559) sul suolo italiano per ottenerne il controllo e culminate alla fine del ‘700 con le note spoliazioni napoleoniche (1796 – 1815).
“ I francesi non sono tutti ladri, ma bona-parte sí “, recitava un tempo la satira romana con le popolaresche “pasquinate “.
Grazie ad Antonio Canova solo in parte si riuscì a recuperare quel bottino di guerra composto da numerose (centinaia) opere d’arte. Ma poteva andare anche peggio perché i francesi, dopo aver rubato i quattro cavalli in bronzo dorato dalla Basilica di San Marco a Venezia – in passato sottratti in Grecia dall’imperatore romano Teodosio II e posti sul famoso Ippodromo di Costantinopoli e da qui ancora una volta presi nel 1204 dalla Repubblica di Venezia – stavano pensando di smontare pure la Colonna Traiana a Roma per portarsela a Parigi e staccare gli affreschi di Raffaello dalle Stanze Vaticane, ritenuti più utili alla “Grandeur” napoleonica…

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco
Per non dilungarmi troppo sull’argomento e tornare alla nostra Abbazia e al suo Chronicon, rubato dai cavalieri di Carlo VIII durante la prima guerra d’Italia, ricordo solo che le truppe napoleoniche occuparono a lungo l’Abbazia di San Clemente a Casauria causando non pochi danni.
Non fu risparmiata nemmeno una antica scultura in pietra della Majella raffigurante, informa una didascalia del museo qui a Casauria, “Ercole in braccio e sua madre Alcmena”, ma potrebbe trattarsi di una Madonna con Bambino in quanto nella tradizionale iconografia Ercole fanciullo è ritratto mentre strangola un serpente, inviatogli dalla gelosa dea Era per uccidere lui e suo fratello gemello.
I soldati francesi decapitarono il bambino insieme alla colomba che teneva in mano. Chissà, forse furono presi da suggestioni ghigliottinesche…

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco – La scultura presentava un piccolo incavo, probabilmente un tempo conteneva una pietra preziosa; il bambino stringe una colomba, anch’essa decapitata.

Abbazia di San Clemente a Casauria – ottobre 2015 – Foto Leo De Rocco

Chronicon Casauriense – Biblioteque National Parigi – il monaco amanuense Johannes Berardi presenta il suo manoscritto all’abate Leonate.
Il Chronicon Casauriense si compone di 272 fogli di pergamena e descrive minuziosamente, in un arco di tempo che va dall’anno 866 al 1182, la vita politica economica e sociale di una delle abbazie più belle e storicamente interessanti d’Abruzzo. Il manoscritto casauriense è diviso in chartuliarum, ossia trascrizioni di contratti e documenti originali dell’epoca, e cronaca.
Scritto nello “Scriptorium”, la silenziosa stanza illuminata da torce e candele, dai monaci benedettini, amanuensi dediti all’arte della riproduzione manuale dei testi antichi, della scrittura e delle decorazioni miniate.
I primi amanuensi casauriensi furono Johannes Berardi e il maestro Rusticus, solitamente uno scriveva e l’altro correggeva. Nel caso del Chronicon in esame Johannes aveva l’incarico di reperire e catalogare i documenti, mentre mastro Rusticus li trascriveva, avendo anche cura di eseguire disegni, decorazioni e mappe. Ad ogni modo è Johannes a consegnare il Chronicon all’abate Leonate. (Foto sopra).
Le pergamene dei chronicon medievali, così come quelle che compongono gli antichi messali miniati e altri testi sacri come la Bibbia, erano decorate con miniature dipinte a tempera, con prevalenza di intarsi in oro e argento, che richiamavano motivi floreali, vegetali e animali fantastici, ma anche, nel caso dei messali liturgici e i citati testi sacri, scene a carattere religioso.
La Bibbia miniata più preziosa al mondo è custodita nei Musei Vaticani, apparteneva a Federico da Montefeltro, celebre anche per la sua famosa biblioteca nel Palazzo Ducale di Urbino nel cui scriptorium oggi sappiamo, grazie alle ricerche del prof. Ferdinando Bologna, che vi lavorò anche l’artista abruzzese Saturnino Gatti, al quale è stata riconosciuta la paternità della pagina più bella della Bibbia di Montefeltro, quella relativa alla “Visione di Geremia”. *
Il citato “Berardi”, il monaco amanuense di Casauria che sarebbe cresciuto all’interno dello stesso monastero, alcune fonti riportano che sia stato “parente della famiglia Berardi, ossia i Conti dei Marsi”, mi preme precisare (come ho avuto modo di argomentare ampiamente nell’articolo “Celano, tra storia e leggenda”, in questo Blog) che nella storia della famiglia comitale marsicana e celanese non è mai esistita una “famiglia Berardi”.**
* (Sulla Bibbia di Montefeltro e Saturnino Gatti rimando al mio articolo: “ Saturnino Gatti, il Rinascimento abruzzese”, in questo Blog) – ** (Così come ben documentato nel libro di Veneranda Rubeo “Covella, contessa di Celano”)

Palazzo Ducale di Urbino – Foto Leo De Rocco

Libro d’ore, 1490-1504, di Jacopo di Notar Nanni, ricco mercante aquilano, soprattutto nel commercio di seta e zafferano – decorazioni e miniature su pregiatissima pergamena – MuNDA L’Aquila – Foto Leo De Rocco

Dettaglio del Messale miniato dei Duchi d’Acquaviva di Atri – Museo Capitolare Atri – Foto Leo De Rocco

Messale Caporali, 1469 – tempera con intarsi in oro e argento su pergamena – Cleveland Museum of Art – Foto Leo De Rocco
Il Chronicon Casauriense è dedicato dai suoi autori all’abate Leonate, il più illustre tra gli abati succedutesi alla guida dell’Abbazia. Con Leonate l’abbazia raggiunse l’apice della sua prosperità, a lui si deve la realizzazione del bellissimo portico. L’accesso al Chronicon era riservato solo ai monaci e a selezionate personalità, ma alcuni passi venivano letti anche ad un pubblico più ampio in occasione di ricorrenze, riti e cerimonie importanti.
Sui capitelli che ornano il portico e la facciata dell’abbazia casauriense sono scolpiti, come in un album di famiglia, santi e i monaci di Casauria. Su alcuni di loro è riportato anche il nome, ed ecco Tommaso, Bartolo, Flavio…

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco – monaci e abati su un capitello

Abbazia di San Clemente a Casauria, capitelli – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, capitelli – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, capitelli – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, capitelli – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, capitelli – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, facciata, dettaglio – Foto Leo De Rocco
Pochi sanno che nel 1140 venne a visitare l’Abbazia di Casauria Ruggero II, primo re di Sicilia. Così annotavano i meticolosi monaci dal loro ufficio stampa ante litteram:
“All’arrivo del serenissimo e vittoriosissimo re Ruggero, che la grazia divina aveva illustrato in sapienza e fortezza al di sopra di tutti i mortali.”
Quando Ruggero II arrivò qui a Casauria dovette salire su una barca, oppure attraversare un ponte in quanto l’abbazia si trovava non come si presenta oggi, ma sopra un’isola chiamata “Insula Piscaria“, circondata dalle acque del fiume Pescara. Per avere un’idea immaginate l’antica Casauria simile all’odierna Isola Tiberina.
Piscaria, che significa “pescoso”, era anche il nome acquisito attorno all’anno 1000 dell’odierna Pescara, l’antica Aternum o Ostia Aterni, che significa “foce del fiume Aterno”, prima del dominio longobardo.
Nello stesso anno indicato dai monaci, il 1140, Ruggero II fece restaurare il porto di Pescara, risalente all’epoca romana e fece costruire il Castello di Rocca Calascio, uno dei simboli turistici più conosciuti d’Abruzzo. Il buon rapporto con l’abbazia casauriense sarà confermato dal nipote di Ruggero II, Guglielmo II d’Altavilla il quale, come vedremo, è raffigurato sul portale dell’abbazia.

Ruggero II riceve la corona direttamente da Gesù – chiesa della Martorana – Palermo

Palermo – Palazzo dei Normanni – Foto Leo De Rocco

Oltre all’isola di Casauria sulla quale fu costruita l’abbazia di San Clemente, anche alla foce del fiume Pescara fino al XVI – XVII sec. vi era un isolotto, come si evince da questa cartina corservata nella Biblioteca dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, Roma.

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

L’imperatore Ludovico II il giovane ritratto nel Chronicon Casauriense – Bibliothèque National Parigi
Le origini dell’Abbazia di San Clemente a Casauria, ci troviamo in provincia di Pescara nel comune di Castiglione a Casauria, risalgono attorno all’anno 870. Fu l’imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno, ad ordinare di erigere sull’isolotto una piccola chiesa dedicata alla Santissima Trinità.
La chiesa, costruita sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Giove in un’area denominata, così come riportato nell’antico Chronicon Casauriense, “Casa Aurea” o “Casa d’oro” e “Insula Piscaria” (2), da qui molto probabilmente la derivazione del nome “Casauria”, costituì il nucleo primario per il successivo ampliamento abbaziale.
Insula Piscaria era un vero e proprio paradiso terrestre, stando a come i monaci amanuensi di Casauria lo descrivono nel Chronicon:
“Paradisi Floridus con tanti fiori e animali selvatici e frutteti…un’isola su un fiume ricco di pesci”.

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco
Il Chronicon di Casauria si apre con il racconto del viaggio in Abruzzo di Ludovico II (822 – 875), detto “Il Giovane”, figlio di Lotario I e Ermenengarda di Tours.
L’imperatore carolingio arrivava da Ravenna e seguiva il corso del fiume Aterno-Pescara per raggiungere il Sud, sollecitato dai principi meridionali alle prese con le invasioni saracene. Bari all’epoca era diventato un emirato.
Ma Ludovico II mirava anche a sottrarre territori ai vari principi possidenti nell’ambito delle guerre franco-longobarde, soprattutto ad Adelchi di Benevento, principe longobardo.

Adelchi di Benevento – Illustrazione dal Codex Legum Longobardurum, XI sec.
Guerre intraprese dal suo famoso prozio Carlo Magno il quale nel settembre 773 scese in Italia chiamato da papa Adriano I per scacciare i longobardi di re Desiderio, riuscendoci nel giugno dell’anno dopo con le conquiste di Verona e Pavia e Longobardia maior.
Per restare in Abruzzo il citato Desiderio è il sovrano il cui nome lo ritroviamo scolpito sull’architrave del portale della bella chiesa di San Pietro ad Oratorium, tra i boschi di Capestrano, quale fondatore dell’antica chiesa abbaziale. ( “Capestrano e San Pietro ad Oratorium, magiche atmosfere”, in questo Blog)
Ma a sud, nella Longobardia minor, il Ducato di Benevento, alleato con l’Impero Romano d’Oriente, resisteva in mano longobarda.
Sulle vicende storiche tra Carlo Magno e Desiderio, con i relativi intrecci di matrimoni combinati per reciproco interesse tra le famiglie dei due re, Alessandro Manzoni scriverà nel 1822 “L’Adelchi”, dal nome del figlio di re Desiderio che sposò la figlia di Carlo Magno.
Ad ogni modo Ludovico II liberò Bari nel febbraio 871, grazie anche ai rinforzi arrivati via mare dall’alleata Costantinopoli e fece prigioniero l’emiro Swadan, al quale risparmiò la vita come richiesto dal principe Adelchi di Benevento. Ma lo stesso Adelchi, a tradimento, fece imprigionare Ludovico temendo le sue mire espansionistiche.
A proposito di queste vicende i nostri narratori casauriensi, Johannes Berardi e maestro Rustico, ci raccontano nel Chronicon che la figlia di Ludovico II: “Domna Ermenengarda (…) piissima fecit et donavit” , ossia donò (ai benedettini) l’abbazia di San Clemente al Vomano. La leggenda narra che la principessa, mentre insieme al padre Ludovico fuggiva dai soldati di Adelchi di Benevento, arrivata sulle rive del fiume Vomano ordinò ai monaci benedettini di costruire un monastero e una chiesa dedicati a San Clemente, così come in quegli stessi anni farà suo padre a Casauria.

Guardia Vomano, frazione di Notaresco, Abbazia di San Clemente al Vomano – Foto Leo De Rocco

Guardia Vomano, frazione di Notaresco, Abbazia di San Clemente al Vomano – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ambone e cero pasquale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio ambone e cero pasquale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, cero pasquale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, cero pasquale, dettaglio – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, cero pasquale, dettaglio – Foto Leo De Rocco
Attraversando il territorio di Casauria, l’imperatore Ludovico rimase talmente affascinato dalle bellezze del luogo che vi ordinò la costruzione della citata chiesa-monastero. Sempre Giovanni Berardi e il maestro Rustico ci raccontano di:
“Cervi che popolano selve, aquile che nidificano sovrane in rupi precipiti, falchi rapaci, fiumi ricchi di trote e di anitre selvatiche, fiumi in ogni modo ricchi di pesci…” (3) -.
Ufficialmente la chiesa fu edificata da Ludovico a titolo di ex-voto, per essersi salvato dalle ferite causatogli da un cervo durante una battuta di caccia, e per essere stato liberato dalla prigionia ordinata dal principe Adelchi grazie anche all’intervento di papa Adriano II.
Il principe di Benevento acconsentì alla liberazione a patto che Ludovico si impegnasse sotto giuramento a non attaccare il suo Principato. Ma una volta a Roma lo stesso papa sciolse il giuramento e incoronò di nuovo Ludovico II Re d’Italia e Imperatore dei Romani (maggio 872).
Furono questi i contesti storici che accompagnarono la costruzione dell’Abbazia di San Clemente a Casauria, quale baluardo imperiale carolingio sui confini del meridione diviso tra ciò che rimaneva della Longobardia minor, le incursioni carolinge, le invasioni saracene e i tentativi di conquista dell’Impero Romano d’Oriente.
Ma l’Abbazia (Ludovico morirà nell’875) servirà anche a riequilibrare i vasti poteri territoriali, cioè a bilanciare sul versante orientale dell’Appennino il potere esercitato, dal versante tirreno, dall’Abbazia di Montecassino.

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – portale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – battenti del portale, dettaglio – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria- portale, dettaglio formella – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio del portale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio del portale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio del portale – Foto Leo De Rocco
Il portale d’ingresso di San Clemente a Casauria, commissionato nel 1190 dall’abate Gioele, è alto ben 4 metri per 2, è formato da 72 formelle in bronzo sulle quali (su 42) sono incisi fiori, rosoni e intrecci (losanghe) che richiamano stili arabeggianti e simboli carolingi, oltre (cosa più importante) a numerosi castelli abruzzesi, 20 più 3 torri, tutti rientranti nelle pertinenze territoriali dell’Abbazia Casauriense durante la sua lunga storia, e altre formelle (10) ornamentali. 44 pannelli sono originali, i restanti sono riproduzioni lignee.
Se osservate bene in alto, in 4 formelle sono scolpiti altrettanti personaggi, chi sono?
Partendo da sinistra: il re con la pergamena e lo scettro è l’imperatore Ludovico II; il vescovo in trono è San Clemente; il secondo re che con una mano gesticola e l’altra tiene lo scettro è Guglielmo II d’Altavilla; infine il frate incappucciato è l’abate Gioele. L’accostamento di personaggi appartenenti a periodi storici differenti probabilmente dimostra la funzione commemorativa della rappresentazione nonché i riferimenti storici (ancora oggi poco studiati e approfonditi) tra le figure, i monaci casauriensi e la stessa Abbazia.
Il Portale di Casauria è dunque un monumento importantissimo, come un libro medievale racconta la sua storia, ma a quanto pare ha ancora molto da raccontare.
La scelta del bronzo, un materiale tradizionalmente associato ai proclami imperiali, sottolinea e sancisce l’acquisizione dei nuovi territori garantendo l’autorità del Monastero di Casauria nella regione. Oltretutto qui a Casauria al bronzo è stato affiancato il marmo, materiali che nelle architetture medievali venivano abbinati solo per edifici di elevato prestigio. Non a caso il Chronicon stesso ci ricorda che questa Abbazia fu posta sotto la “personale protezione” dell’imperatore Ludovico II.
Due di queste formelle bronzee (foto sotto) furono sottratte dal portale e finirono (non si sa come) nelle mani di un certo don Marcello Massarenti (1817 – 1905), un “astuto”, (come lo definì il noto storico dell’arte tedesco Wilhem von Bode), funzionario del Vaticano nonché collezionista di opere d’arte, il quale nel 1902 le vendette, insieme a tutta la sua collezione comprendente oltre ai bronzi, anche vasi greci, antichità romane e importanti dipinti di artisti rinascimentali abruzzesi (come Saturnino Gatti e una Madonna con Bambino di Francesco da Montereale*), al magnate delle ferrovie americane Henry Walters, fondatore dell’omonimo Museo a Baltimora, nel Maryland, dove si trovano ancora oggi esposte.
La formella bronzea con la scritta “Castrum Fare d’Abrile” (foto sotto) “presa” da (o per conto di…) don Massarenti e oggi al Walters Museum è molto importante per la storia dell’Abbazia di Casauria in quanto rappresenta un antico territorio vicino a Bolognano, non lontano da Casauria, uno dei primissimi donati all’abate Romano (come vedremo più avanti il primo abate di Casauria) da parte di un feudatario del luogo, tale Mauricius Castaldio, nell’anno 876.
* (Su Francesco da Montereale, vedi l’articolo: “Saturnino Gatti, il Rinascimento abruzzese” – in questo Blog)

Pannello in bronzo, Abbazia di San Clemente a Casauria 1190 circa – The Walters Art Museum Baltimora

Pannello in bronzo, Abbazia di San Clemente a Casauria, 1190 circa, scritta: Castrum Fare D’Abrile (Il Castello di D’Abrile) – The Walters Art Museum Baltimora
Prima di analizzare nel dettaglio il portale, soprattutto le scene scolpite sull’architrave, noto su una parete esterna che dà sul parco uno stemma nobiliare di fattura rinascimentale (foto sotto). Vediamo di cosa si tratta.
Il potere dell’abbazia di Casauria si confermò anche nei secoli successivi alla sua costruzione. La presenza dello stemma cinquecentesco rappresenta la potente famiglia aquilana dei Branconio, di cui Giovanni Battista Branconio fu il rappresentante più illustre.
Amico legatissimo a Raffaello Sanzio, Giovanni Battista Branconio (L’Aquila, 1473 – Roma 1522) fu commendatario dell’Abbazia di San Clemente a Casauria su mandato di Giovanni de’ Medici, al secolo papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico.

San Clemente a Casauria – stemma della famiglia aquilana dei Branconio – Foto Leo De Rocco

Raffaello Sanzio autoritratto con l’amico Giovanni Battista Branconio (in primo piano), 1518-1520 – Museo del Louvre
Un potere enorme che Giovanni Battista Branconio gestiva insieme ad altri importanti conferimenti. L’aquilano era il diretto fiduciario di Leone X.
Fu dunque Giovanni Battista Branconio a far apporre qui a Casauria lo stemma di famiglia in cui sono raffigurati i colli Brincioni, (da Collebrincioni, vicino L’Aquila) località da dove ebbe origine la famiglia Branconio; le foglie di rovere, simbolo della nobile casata e le tre palle medicee, evidente richiamo al legame dei Branconio con i Medici di Firenze.
Questo stemma lo trovate anche a L’Aquila, all’interno della bella chiesa di San Silvestro, all’ingresso della Cappella della famiglia Branconio. Le iscrizioni seicentesche incise sul marmo ricordano Giovanni Battista Branconio, la sua famiglia, il legame con l’Abbazia di Casauria e con San Clemente, considerato il loro santo protettore.
Dopo Giovanni Battista, Girolamo Branconio sarà abate qui a Casauria ma anche a San Clemente al Vomano, anche in questa abbazia ritroviamo lo stemma di famiglia: è posizionato sul prezioso ciborio. (Foto sotto)
Nel 1628 il controllo dell’Abbazia di San Clemente a Casauria passò dai Branconio alla famiglia Barberini.
(su Giovanni Battista Branconio e Raffaello in questo blog “Il Raffaello rubato a L’Aquila”)

Guardia Vomano, frazione di Notaresco, Abbazia di San Clemente al Vomano, Ciborio di Roberto e Ruggero – Foto Leo De Rocco

Guardia Vomano, frazione di Notaresco, Abbazia di San Clemente al Vomano, dettaglio dello stemma dei Branconio – Foto Leo De Rocco

L’Aquila – Chiesa di San Silvestro – Cappella Branconio – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Portale, sec. XII – Foto Leo De Rocco

Abbazia San Clemente a Casauria, architrave – Foto Leo De Rocco
La storia dell’abbazia di San Clemente a Casauria non è raccontata solo nel Chronicon custodito a Parigi. Per fortuna i francesi non smontarono il portale per prendersi un vero e proprio monumento che è anche un documento storico: l’architrave scolpito in cui, come nelle pagine del Chronicon, è raccontata la storia di questa abbazia in quattro episodi, così artisticamente eloquenti da riassumere sulla pietra di marmo cento pergamene.
Quando arrivate all’ingresso di San Clemente a Casauria fermatevi alcuni minuti e guardate in alto, partendo prima dall’architrave, da sinistra.

Abbazia San Clemente a Casauria – dettaglio: papa Adriano II consegna l’urna di San Clemente nelle mani dell’imperatore Ludovico II- ottobre 2015 – Foto Leo De Rocco
Ecco l’imperatore Ludovico II, riverente col capo chino e un accennato inchino, ricevere a Roma dalle mani di papa Adriano II l’urna in alabastro con le ossa di San Clemente. Proviamo, con un po’ di fantasia, ad immaginare le parole di papa Adriano II durante l’incontro con Ludovico II:
“Pater Patriae ho saputo che avete fatto erigere su un’isola fluviale chiamata Insula Aterni, mi dicono più rigogliosa dell’Insula Tiberis, una piccola chiesa dedicata alla Sanctissimae Trinitatis. Deo agimus gratias, ma ricordate che vi sciolsi dal giuramento fatto al principe Adelchi di Benevento. I resti del Santo Martire Clemente potrebbero trovare in quel Paradisi floridus ortus la santa ed eterna dimora. Vi consegno la sacra urna, andate e che sia fatta la volontà di Dio: fate diventare quella piccola chiesa una grande abbazia, degna del nome di Clemente Romano”.

Abbazia di San Clemente a Casauria – Urna in alabastro di San Clemente, III d.C. Consegnata da papa Adriano II all’impertatore Ludovico II – ottobre 2015 – Foto Leo De Rocco
La preziosa urna per fortuna è sopravvissuta a guerre e terremoti e dopo secoli è ancora al suo posto, all’interno dell’abbazia. E’ scolpita con due angeli che reggono l’emblema della famiglia donatrice e da un lato la Creazione con Adamo ed Eva, poi ghirlande di fiori e frutta. Una scritta alla base del ciborio ci ricorda che l’urna conteneva anche le ossa degli apostoli Pietro e Paolo e indica che un tempo si trovava proprio all’interno del ciborio, nel cuore del tempio.
La scena successiva descrive il viaggio dell’urna da Roma fino all’isolotto di Casauria. L’urna viaggiò sul dorso di un mulo scortato dal “Comes”, un conte dignitario fidato dell’imperatore e armato di spada. Il Comes appare in questa scena iniziale e nell’ultima, in quanto garante del corretto svolgimento del viaggio dell’urna e di tutti i relativi atti e passaggi, altrimenti la spada è sempre pronta…

Abbazia di San Clemente a Casauria – l’imperatore Ludovico II sulla riva del fiume Pescara consegna l’urna di San Clemente a Celso e Beato – Foto Leo De Rocco
Quindi avviene il passaggio dell’urna con le raccomandazioni di Ludovico II ai due monaci Celso e Beato,“Prendete il corpo dell’insigne martire Clemente”, i quali, in compagnia del mulo raffigurato con l’urna di alabastro sulla groppa mentre si abbevera nelle acque del Pescara, giungono sull’isolotto sul quale sorgerà l’abbazia che, rappresentata sull’acqua, riporta ancora l’indicazione “Templus Trinitatis“, ossia la citata chiesetta fatta costruire come ex voto da Ludovico II.

Abbazia di San Clemente a Casauria – L’imperatore Ludovico II in trono consegna lo scettro abbaziale a Romano nominato primo abate – Foto Leo De Rocco
Segue poi l’ordine (ricevuto dal papa) dell’imperatore, raffigurato sul trono, di ampliare il “Templus Trinitatis” per trasformarlo in un’abbazia e per questo consegna lo scettro abbaziale al primo abate, Romano (foto sopra), indicandogli con l’indice della mano destra l’abbazia sull’isola. Anche in questa scena immaginiamo le parole solenni dell’imperatore Ludovico all’abate Romano:
“Isola di Pescara, sorgente fiorita del Paradiso, affermiamo con lo scettro il dominio su di te, abate Romano prendi il sacro corpo di Clemente.”
La scena finale rappresenta l’acquisizione dei territori abruzzesi ora rientranti nelle pertinenze della costruenda abbazia, alla presenza del nobile franco Sisenandus (nell’871) e del vescovo di Penne Grimbaldus (nell’873). A fianco di Sisenando è riportata la scritta “miles”, un termine medievale che significa “cavaliere”.
Il tutto avviene davanti allo sventolio dei contratti appena sottoscritti sui quali appare la scritta “Insula Piscarie” e a quello che alcune fonti riportano essere un canestro riempito di fiori o frutta, ma secondo il mio parere trattasi invece di una zolla di terra fertile che simbolicamente rappresenta l’Isola del Pescara che da quel momento è sotto la giurisdizione dell’Abbazia di San Clemente a Casauria.
Nel mentre il Comes dell’imperatore, il cui nome viene rivelato: “Eribaldus”, è raffigurato in piedi, a sinistra del trono imperiale e chiude tutta la rappresentazione, vigilando come sempre con la spada in mano (foto sotto).

Abbazia di San Clemente a Casauria – dettaglio architrave: acquisizione dei nuovi territori – Foto Leo De Rocco
Il ruolo del comes Eribaldo nella storia di questa Abbazia non è stato quello di un semplice cavaliere incaricato di fare la guardia con la spada. In qualità di accompagnatore di Ludovico II con il titolo di vice Conte palatino, “in vice comitis palatii”, Eribaldo qui a Casauria rivestì un ruolo fondamentale intervenendo nelle questioni giuridiche circa l’acquisizione di chiese, castelli e nuovi territori.
Pertanto la scena finale descritta sull’architrave del portale a mio avviso non è semplicemente una donazione sic et simpliciter ma riassume il raggiungimento di un accordo, più o meno pacifico, in merito alle nuove acquisizioni territoriali dell’Abbazia. Donazioni, acquisti, scambi, tutte le pertinenze dell’abbazia di San Clemente a Casauria erano sotto la protezione e la garanzia dei sovrani medievali dell’epoca, in parte citati nello stesso Chronicon custodito a Parigi. I quattro re scolpiti ai lati del portale, con in mano un foglio di pergamena, potrebbero essere proprio i sovrani protettori di questa abbazia.

Quattro re, tra i quali Lotario e Berengario, in una pergamena del Chronicon Casauriense – Bibliothéque Nationale Parigi – Sono questi i sovrani scolpiti sul portale?

Abbazia di San Clemente a Casauria – particolare del portale, architrave e lunetta – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – l’abbate Leonate consegna l’abbazia costruita a San Clemente – Foto Leo De Rocco
“La buona azione premiata“.
Sulla lunetta che sovrasta l’architrave tutto è compiuto: campeggia al centro San Clemente in trono affiancato alla sua destra da due suoi discepoli, Phebus e Cornelius (Phebus/Fabio ha in mano un libro che riporta l’inizio della versione latina sulla “buona azione premiata”, “Homo quidam nobilis…”) mentre alla sua sinistra non c’è più il primo abate Romano, ma Leonate in abiti cardinalizi, colui che, come ho scritto sopra, nel 1176 costruirà il portico, amplierà l’edificio e incaricherà due monaci, Johannes e maestro Rustico, di redigere il Chronicon. E’ lui che mostra l’abbazia completata a San Clemente e gli comunica solennemente che è a lui dedicata.
La scena rappresentata sulla lunetta è accompagnata dalla scritta:
“Ricevi, San Clemente, la chiesa regia preparata per te e ripaga Leonate con la beata dimora in cielo.”
La scena sulla lunetta, con la consegna del modellino della chiesa, riprende la stessa rappresentazione, (restando, come ho accennato all’inizio di questo articolo, nel Regno di Sicilia), presente nel mosaico del Duomo di Monreale in cui il fondatore re Guglielmo II d’Altavilla (nipote del citato Ruggero II, il re di Sicilia che visitò l’abbazia di Casauria) presenta il modello della chiesa (il Duomo di Monreale) alla Vergine Maria. Oltretutto, faccio notare, il Duomo di Monreale fu consacrato nel 1182, lo stesso anno della morte dell’abate Leonate e (coincidenza?) Guglielmo II è raffigurato in una formella del portale abbaziale qui a Casauria.
La storia scolpita su architrave e lunetta poggia su due capitelli: a sinistra l’uomo tentato dal male rappresentato da un drago che sussurra qualcosa nell’orecchio di un uomo, a destra è rappresentato il bene con lo stesso uomo, salvato dalle tentazioni maligne, felice sul dorso di un animale fantastico ritratto mentre saluta. Sui due battenti ci sono due leoni.
Più in basso sono rappresentati, ognuno con la corona e in mano una pergamena, i quattro re (due per lato) che, come ho scritto sopra, elargirono beneficenze, ma soprattutto garantirono la protezione ai monaci dell’Abbazia di Casauria insieme alle relative pertinenze.

Abbazia San Clemente a Casauria, dettaglio del capitello con “il male” – Foto Leo De Rocco

Abbazia San Clemente a Casauria – dettaglio del capitello con “il bene” – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio del portale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio del portale – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio del portale – Foto Leo De Rocco

L’urna in alabastro con i resti di San Clemente – Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco
Il protagonista dell’Abbazia Casauria, l’urna in alabastro, o “in marmo greco scolpito a fiorami” come scrisse d’Annunzio, nel corso della storia fu smarrito e ritrovato più volte.
Nel 1107 fu l’allora papa Pasquale II, lo stesso papa che menzionò per la prima volta la bellissima chiesa di San Pietro in Alba Fucens, (vedi l’articolo “Il gioiello del Velino”), un benedettino devoto (non a caso) a San Clemente, ad incaricare il cardinale Agostino di recuperare l’urna, poi ritrovata nascosta vicino l’altare.
Nascosta ancora una volta fu lo storico Pier Luigi Calore (Pescocostanzo, 1835 – 1935) ad intuire secoli dopo il nascondiglio dell’urna, le cui fattezze ricordano un tempietto greco ed è datata al III sec.d.C. , praticando un foro nella parte posteriore dell’altare.
Più di dieci anni fa, nell’adolescenza lontana, vidi per la prima volta l’Abbazia di San Clemente a Casauria. Mi parve, al primo sguardo, una rovina. Tutto il suolo intorno era ingombro di macerie e di sterpi; frammenti di pietra scolpiti erano ammucchiati contro i pilastri; da tutte le fenditure pendevano erbe selvagge; (…) La cosa bella rimaneva perduta in quella solitudine, pericolante, sotto una continua minaccia, condannata forse a sparire.
Gabriele d’Annunzio, 1892

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio sec. XIV – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio sec. XIV – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio sec. XIV – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio, dettaglio – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio, dettaglio – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, cripta – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, cripta – Foto Leo De Rocco

Chronicon Casauriense – Bibliothèque National Parigi
“La Basilica divina”, come amava definirla Gabriele d’Annunzio, purtroppo conobbe un lungo periodo di decadenza.
Abbandonata dai monaci, danneggiata dai terremoti, occupata e saccheggiata dalle truppe francesi e prima ancora da Hugues Maumoutzet (italianizzato in Ugo Malmozzetto), tanto per cambiare francese (normanno) pure lui, il quale nel XII secolo distrusse così tanto l’Abbazia che i monaci risultarono addirittura dispersi, (vedi l’articolo “Popoli, le sorgenti d’Abruzzo”).
San Clemente a Casauria in epoche più recenti, ‘800-primi del’ 900,fu trasformata a ricovero per greggi e ripostiglio di attrezzi agricoli. Pensate, un monumento d’arte così pregiato e ricco di storia ridotto ad una stalla.

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Pier Luigi Calore – Foto Palazzo Calore di Costantini-Di Lorenzo

Pier Luigi Calore fotografato davanti all’Abbazia di San Clemente a Casauria

Abbazia di San Clemente a Casauria, Museo – Leo De Rocco
Fu solo grazie a Pier Luigi Calore, storico e studioso abruzzese, amico di Gabriele d’Annunzio e Francesco Paolo Michetti che l’Abbazia è giunta conservata fino a noi, grazie soprattutto ai restauri da lui promossi. Pier Luigi Calore nacque a Pescosansonesco (Pe) nel 1865, incline all’arte, studiò nella prestigiosa Scuola di Polillipo.
A Napoli divenne amico dei suoi conterranei Francesco Paolo Michetti e Filippo Palizzi, di cui fu allievo. Grazie alla passione per l’arte, Calore intraprese a sue spese il primo piano di recupero dell’importante monumento abruzzese che scoprì, ormai in rovina, durante una passeggiata nei pressi di Tocco da Casauria.
“Questo piccolo uomo dal gesto veemente ama una grande cosa morta e l’ama con tutte le forze della passione umana”, scriveva sulle colonne del Mattino di Napoli Gabriele d’Annunzio.
Giunsi, giù per il tratturo al galoppo, fino alla Basilica divina. Era il tramonto violaceo. Il cuore mi tremava d’innanzi a quello spettacolo di bellezza sovrana. (…) Io e Francesco Paolo Michetti incontrammo l’uomo dell’abbazia, quegli che ha legata la sua esistenza alle colonne del tempio casauriense.
Gabriele d’Annunzio.

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco
L’Abbazia di San Clemente a Casauria possiede anche un bel parco – in cui è auspicabile vedere un giorno una statua o un busto in memoria di Pier Luigi Calore – con alcuni roseti, un piccolo bosco e un vigneto posto nello stesso luogo descritto dai monaci amanuensi più di mille anni fa, in cui è piacevole sostare anche per ammirare la vicina Majella. Questa oasi di pace è ciò che rimane di quella piccola isola sul fiume Pescara, il “Paradisi floridus hortus”.
Leo De Rocco – Copyright © Riproduzione Riservata – All rights reserved – derocco.leo@gmail.com
E’ vietato l’uso, anche solo parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta derocco.leo@gmail.com – Le leggi e le norme vigenti tutelano e garantiscono il rispetto del copyright – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note: 1) Brano tratto dal Trionfo della Morte di Gabriele d’Annunzio; 2) probabilmente era l’ansa del fiume Pescara; 3) Muratori, op. cit., col.792, cit. in Clementi, La Transumanza…,cit. p.45; – Foto (compreso copertina): Castiglione a Casauria, Settembre 2022, ottobre 2015 e agosto 2014 autore Leo De Rocco – Fonti: La fonte principale di questo articolo è l’encomiabile lavoro della dott.ssa Jessica N. Richardson, ricercatrice associata post-dottorato presso il Center for the Advanced Study in the Visual Arts National Gallery of Art, Washington D.C. Autrice della ricerca: The Bronze panels and the Portal of San Clemente a Casauria” – Articolo aggiornato a marzo 2023.
– English Version –
The St. Clement’s Abbey of Casauria
I would like to bring you to an abandoned Abbey, which is the most solitary of our Hermitage and full of ancient memories: where there is a large white marble candelabrum, a wonderful piece of art, created by an artist with no name… straight by that candelabrum and in silence, you shall enlighten with your face the meditations of my soul. Gabriele d’Annunzio (1)
The Bibliotheque Nationale of Paris is familiar with the St. Clement’s Abbey. The prestigious Parisian Library preserves a precious historical document of Abruzzo, the “Chronicon Casauriense”. The important medieval work ended up in the hands of the French as a result of one of the many expeditions that the “cousins of the Italians across the Alps” led on Italian soil to control it: the “horende” wars, as defined by Machiavelli. The “Chronicon Casauriense”, which consists of a collection of 272 pieces of parchment, describes in a meticulous way and for a time span ranging from the year 866 to 1182 the economic- and socio-political life of one of the most beautiful and historically most interesting Abbeys of the Abruzzo region. The author of the Chronicon of Casauria was the Benedictine monk Giovanni Berardi, as he was responsible for the drafting of the first scroll. The Benedictine monk dedicated the text to the abbot Leonate, who was the most famous among the abbots leading the Abbey. The Abbey reached the height of its prosperity with Leonate, for he was responsible for the realisation of the beautiful porch and he was the one to instruct the monk Giovanni and the master Rustico to draw on parchment the “Chronicles” of the Abbey and its appurtenances.

St. Clement’s Abbey of Casauria – ph Leo De Rocco
The origins of the St. Clement’s Abbey of Casauria date from around the year 870. It was the Emperor Ludovico II, the great-grandson of Charlemagne, who wanted a church where it was believed there was a small island surrounded by the waters of the river Pescara and the place was called Casaurea or “Insula de Piscaria” (2). The Chronicon meticulously describes the journey in Abruzzo of Ludovico II, who whilst descending from Ravenna, followed the course of the Pescara river to the south of Italy and fought the Saracens. The Emperor Lodovico was so fascinated by the beauty of the place -the Chronicon describes “deer that inhabit forests, eagles that nest in sovereign precipitous cliffs, hawks, trout streams and wild ducks, rivers swarming with fish in every way… “(3)- that he ordered the construction of a church dedicated to the Holy Trinity, formally as a votive offering for having been saved from an attack. Indeed, the Abbey served to Ludovico II to balance the vast territorial powers and to counterbalance for the eastern side of the Apennines the strong power that there was on the other side, namely the Abbey of Montecassino. By looking carefully at the main entrance of the Abbey of St. Clement, the portal of which consists of 72 bronze panels, one can see as many as 20 panels depicting many castles, all falling within the territorial appurtenances of the Abbey of Casauria. Around the year 900, the Abbey of St. Clement controlled most of the Abruzzo region and at the time of Ludovico II it represented the southern stronghold of the Carolingian Empire. Thus, it represented immense power back then. Furthermore, in the following centuries the Abbey’s power remained firmly in place. On one side of the building there is a very important sixteenth-century emblem that represents the coat of arms of the powerful family of L’Aquila the Branconios, the most illustrious representative of which was Giovanni Battista. The latter, who was a personal friend and client of Raffaello Sanzio, became a commendatory of the St. Clement’s Abbey of Casauria mandated by Giovanni de’ Medici, during the Pope-Leo-X- century (see the article in this blog “The stolen Raphael”-Il Raffaello rubato, October 2015).

St. Clement’s Abbey of Casauria. october 2015 – ph Leo De Rocco
The history of the St. Clement’s Abbey of Casauria is not only written in the Chronicon, which is jealously kept by the French, but it is also admirably described in the central portal of this beautiful Abbey of Abruzzo. On the lunette, the Emperor Ludovico II is depicted receiving an alabaster pot from the hands of Pope Adrian containing the bones of St. Clement (which is preserved inside the Abbey); Furthermore, the trip of the Emperor nearby the river Pescara to the islet on which the Abbey would be later constructed, is depicted. Moreover, the acquisition of territories of Abruzzo with the blessing of the bishop Grimoaldo of Penne along with the symbolic representation of the site in the form of a basket full of flowers, the “paradisi floridus ortis”, are portrayed. Finally, the Abbey depicted on the ancient “insula piscarie” and the appointment of the first abbot, called Romano are shown. At the centre of the lunette and at its top, there is a figure of St. Clement, accompanied on his left by St. Efebo and Cornelius, whilst to his right there is abbot Leonate that holds a miniature of the Abbey.
More than ten years ago, during my distant adolescence, I saw for the first time the St. Clement’s Abbey. At a first glance it seemed to be in ruins. All around, the ground was full with rubble and weeds; carved fragments of stone were piled up against the columns; wild herbs were hanging from all the cracks; (…) The great piece of art remained lost in that loneliness and unsafe, under a constant threat, and perhaps sentenced to disappear. Gabriele d’Annunzio, 1892.

St. Clement’s Abbey of Casauria, october 2015 – ph Leo De Rocco
The divine Basilica, as Gabriele d’Annunzio used to call it, unfortunately experienced a long period of decline that lasted until the late nineteenth century. Abandoned by the monks, damaged by earthquakes, looted by the French troops, the Abbey was transformed into a shelter for herds and a shed for agricultural tools. It was only thanks to Pier Luigi Calore, a historian and scholar of Abruzzo and a friend of Gabriele d’Annunzio, that the St. Clement’s Abbey has come down to us today. Pier Luigi Calore was born in Pescosansonesco (in the province of Pescara) in 1865 and as he was prone to art, he studied at the prestigious School of Polillipo. In Naples, he became a friend of his compatriots Francesco Paolo Michetti and Filippo Palizzi (of whom he was a student). Thanks to his passion for art, Calore began at his own expense the first recovery plan of the important monument of Abruzzo that he discovered in ruins during a walk near Tocco da Casauria. “This little guy of this passionate gesture adores a great dead thing and he loves it with all the forces of human passion,”: this was what Gabriele d’Annunzio wrote in the columns of the “Mattino di Napoli” newspaper about Luigi Calore, “the man of the Abbey”.
I galloped down from the cattle track until the divine Basilica. There was a purplish sunset. My heart trembled from the beginning at the sight of that sovereign beauty. (…) Me and Francesco Paolo Michetti met the man of the Abbey, the one who has tied his existence to the columns of the temple of Casauria. Gabriele d’Annunzio, August 1891.
Leo De Rocco
Copyright © All rights reserved – This article and the pictures shown on this website are private. It is thus prohibited to retransmit, disseminate or otherwise use any part of this article without written authorisation: derocco.leo@gmail.com – Footnotes: 1) excerpt from The Triumph of Death by Gabriele d’Annunzio; 2) this was probably the bend of the river Pescara; 3) Muratori, op. cit., issue 792, cited in Clementi, La Transumanza…, p.45; – Photos (including cover): Castiglione a Casauria, October 2015 and August 2014, by Leo De Rocco – Sources: Jessica N. Richardson “The Bronze panels and the Portal of San Clemente a Casauria”, Jessica N. Richardson: Center for the Advanced Study in the Visual Arts National Gallery of Art, Washington D.C. – Acknowledgements: Andrea de Carlo, translator and professor of literature; Ioannis Arzoumanidis, research fellow, for translating this article into English – Author/Blogger: Leo De Rocco / derocco.leo@gmail.com
This is great..
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Divina.
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