Abbazia di San Clemente a Casauria, la “Basilica divina”.

For the English version, please refer to the end of this page – In Copertina: abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Voglio condurti a un’abbazia abbandonata, più solitaria del nostro Eremo, piena di memorie antichissime: dov’è un gran candelabro di marmo bianco, un fiore d’arte meraviglioso, creato da un artefice senza nome…Dritta su quel candelabro, in silenzio, tu illuminerai col tuo volto le meditazioni della mia anima.

Gabriele d’Annunzio (1)

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Castiglione a Casauria – Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

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Chronicon Casauriense, dettaglio – Bibliothèque National Parigi

Il Paradisi floridus hortus

Alla Bibliothèque National di Parigi conoscono bene l’abbazia di San Clemente a Casauria. La prestigiosa istituzione francese conserva un documento storico tutto abruzzese, strettamente legato al cenobio di Casauria: il Chronicon Casauriense.

L’importante manoscritto medievale finì nelle mani dei francesi all’epoca di Carlo VII – il re francese ricordato dalle cronache dell’epoca per aver fatto caricare innumerevoli opere d’arte italiane sul dorso di venti mila muli diretti in Francia – a seguito di una delle tante spedizioni che i cugini d’oltralpe conducevano fin dalle Guerres d’Italie (1494 – 1559) sul suolo italiano per ottenerne il controllo e culminate alla fine del ‘700 con le note spoliazioni napoleoniche (1796 – 1815).

“I francesi non sono tutti ladri, ma bona-parte sí”, recitava un tempo la satira romana con le popolaresche “pasquinate”. Grazie ad Antonio Canova solo in parte si riuscì a recuperare quel bottino di guerra, ma poteva andare anche peggio perché i francesi dopo aver rubato i quattro cavalli in bronzo dorato dalla Basilica di San Marco a Venezia – in passato sottratti in Grecia dall’imperatore romano Teodosio II e posti sul famoso Ippodromo di Costantinopoli e da qui ancora una volta presi nel 1204 dalla Repubblica di Venezia – stavano pensando di smontare pure la Colonna Traiana a Roma e staccare gli affreschi di Raffaello dalle Stanze Vaticane, ritenuti più utili alla grandeur napoleonica.

Le truppe napoleoniche occuparono a lungo l’abbazia di Casauria causando non pochi danni. Non fu risparmiata nemmeno un’antica scultura in pietra della Majella raffigurante, secondo alcuni, “Ercole in braccio e sua madre Alcmena”, ma è probabile si tratti di una Madonna con Bambino in quanto nella tradizionale iconografia Ercole fanciullo è ritratto soprattutto mentre strangola un serpente, inviatogli dalla gelosa dea Era per uccidere lui e suo fratello gemello. Ad ogni modo i soldati francesi decapitarono il Bambino Gesù insieme alla colomba che teneva in mano. Chissà, forse furono presi da suggestioni ghigliottinesche…

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco – La scultura presentava un piccolo incavo, probabilmente un tempo conteneva una pietra preziosa; il bambino stringe una colomba, anch’essa decapitata.

Il Chronicon Casauriense si compone di 272 fogli di pergamena e descrive minuziosamente, in un arco di tempo che va dall’anno 866 al 1182, la vita politica economica e sociale di una delle abbazie più belle e storicamente interessanti d’Abruzzo.

Il documento è dunque fondamentale per conoscere la storia medievale dell’Abruzzo, ma anche dell’allora centro-sud Italia. E’ bene precisare che talvolta i monaci amanuensi tendevano a enfatizzare alcuni fatti registrati e descritti. Inoltre, seppur in casi limitati, quanto riportato nei chronicon non trova riscontro nella realtà storica.

Il manoscritto è diviso in chartuliarum o Liber instrumentorum, ossia trascrizioni di contratti e documenti originali dell’epoca (ben 2153) e cronaca degli avvenimenti, ovvero Liber Chronicorum. Fu redatto nello “Scriptorium” dell’abbazia, la silenziosa stanza illuminata da torce e candele, dai monaci benedettini, amanuensi dediti all’arte della riproduzione manuale dei testi antichi, della scrittura e delle decorazioni miniate.

Il religioso silenzio veniva rotto solo dalle preghiere e dai canti gregoriani, uditi all’esterno dell’abbazia casauriense anche dai pastori transumanti durante il loro transito sugli antichi tratturi, in particolare il vicino Centurelle ‐ Montesecco, diramazione del Tratturo Magno nei pressi della chiesa di Santa Maria de’ Centurelli sull’altopiano di Navelli, fondamentali pilastri del sistema economico dell’epoca.

Non a caso alcune citazioni in latino, come vedremo scolpite sulla facciata del cenobio di Casauria, sono presenti nel repertorio musicale gregoriano. È dunque probabile che all’interno dell’abbazia, nell’area tra il presbiterio e l’ambone, era presente una schola cantorum, uno spazio dedicato ai cantori e ai salmisti

Il Tratturo Centurelle-Montesecco nei pressi dell’Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

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Chronicon Casauriense – Biblioteque National Parigi – il monaco amanuense Johannes Berardi consegna il Chronicon Casauriense all’abate Leonate.

I monaci amanuensi di Casauria sono Johannes Berardi e il maestro Rusticus, solitamente uno scriveva e l’altro correggeva. Johannes aveva l’incarico di reperire e catalogare i documenti, mentre maestro Rusticus li trascriveva, avendo anche cura di eseguire disegni, decorazioni e mappe. Sarà Johannes a consegnare il Chronicon all’abate Leonate. (Foto sopra)

Il citato “Berardi”, il monaco amanuense cresciuto all’interno dello stesso monastero, allevato ed educato dai monaci casauriensi, è indicato da alcune fonti come “parente della famiglia Berardi, ossia i Conti dei Marsi”. A tal proposito mi preme sottolineare (come ampiamente argomentato nell’articolo “Celano, tra storia e leggenda”, in questo Blog) che nella storia della famiglia comitale marsicana e celanese non è mai esistita una “famiglia Berardi”.**

Le pergamene dei chronicon medievali, così come quelle che compongono gli antichi messali miniati e altri testi sacri come la Bibbia, erano decorate con miniature dipinte a tempera, con prevalenza di intarsi in oro e argento, che richiamavano motivi floreali, vegetali e animali fantastici, ma anche, nel caso dei messali liturgici e i citati testi sacri, scene a carattere religioso.

La Bibbia miniata più preziosa al mondo è custodita nei Musei Vaticani, apparteneva a Federico da Montefeltro, conosciuto anche per la sua famosa biblioteca nel Palazzo Ducale di Urbino, nel cui “scriptorium” vi lavorò anche l’artista abruzzese Saturnino Gatti (San Vittorino, 1459 – L’Aquila, 1463) pittore, scultore e miniaturista, uno dei protagonista del Rinascimento abruzzese.

Come ampiamente illustrato e documentato dal prof. Ferdinando Bologna nella sua monografia su Saturnino Gatti, la pagina più bella della Bibbia di Montefeltro è quella relativa alla “Visione di Geremia” *, opera del nostro Saturnino. Altre Bibbie miniate famose sono: la Bibbia di Borso d’Este e le “Très Riches Heures” del duca di Berry.

* Sulla Bibbia di Montefeltro e Saturnino Gatti rimando all’articolo: “ Saturnino Gatti, il Rinascimento abruzzese”, in questo Blog)

** Così come ben documentato nel libro di Veneranda Rubeo “Covella, contessa di Celano. Sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento”.

Palazzo Ducale di Urbino – Foto Leo De Rocco

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Libro d’ore, 1490-1504, di Jacopo di Notar Nanni, ricco mercante aquilano, soprattutto nel commercio di zafferano, lana e seta. Decorazioni e miniature su pregiatissima pergamena. Probabilmente  realizzato nel Convento di San Bernardino L’Aquila. Il prezioso libro miniato fu donato al Monastero di Santa Lucia – MuNDA L’Aquila ‐ Foto Leo De Rocco

Dettaglio del Messale miniato dei Duchi d’Acquaviva di Atri – Museo Capitolare Atri – Foto Leo De Rocco

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Messale Caporali, 1469, tempera con intarsi in oro e argento su pergamena – Cleveland Museum of Art – Foto Leo De Rocco

L’accesso al Chronicon era riservato solo all’abate, ai monaci autorizzati e a selezionate personalità, ma alcuni passi venivano letti anche a un pubblico più ampio in occasione di ricorrenze, riti e cerimonie importanti. Il manoscritto è dedicato dai suoi due autori all’abate Leonate, il più illustre tra gli abati succedutesi alla guida dell’abbazia. Leonate rivestì la carica per circa 30 anni, dal 1155 al 1182.

Con Leonate l’abbazia di Casauria raggiunse il suo periodo d’oro. A lui si deve la realizzazione di un oratorio dedicato a San Michele Arcangelo, alla Santa Croce di Gesù e a San Tommaso Becket, l’arcivescovo di Canterbury assassinato nel 1170 nella cattedrale inglese dai cavalieri di re Enrico II, ma soprattutto a Leonate si deve la realizzare del bellissimo portico, in parte finito di costruire sotto la supervisione dell’abate Gioele, suo successore, il quale farà realizzare i preziosi battenti in bronzo.

L’abate Leonate lo ritroviamo scolpito sulla lunetta che sovrasta il portale casauriense, colto nel momento solenne della consegna dell’abbazia di Casauria a San Clemente I papa, dopo Lino e Cleto il terzo successore di San Pietro.

Natalis sancti Clementis Primi, Papae et Martyris, qui tertium post beatum Petrum Apostulum, Pontificatum tenuit, et, in persecutione Traiani, aput Chersonesum relegatus, ibi, alligata ad eius collum anchora, precipitatus in mare, martyrio coronatur. Ipsius autem corpus, Hadriano Secundo Summo Pontefice, a sanctis Cyrillo et Methodio fratribus Roman translatum in Ecclesia quae eius nomine antea fuerat exstructa, honorifice reconditum est.

Traduzione dal Martirologio:

“Giorno natalizio di San Clemente I, Papa e Martire, che tenne il Pontificato, terzo dopo il Beato Apostolo Pietro e che, nella persecuzione di Traiano, presso il Chersoneso fu imprigionato. Ivi, precipitato in mare con un’ancora legata al collo, fu coronato con il martirio. Il suo corpo, sotto il Sommo Pontefice Adriano II, fu traslato a Roma dai santi fratelli Cirillo e Metodio, ed onorevolmente sepolto nella chiesa, che già prima era stata edificata sotto il suo nome.

Abbazia di San Clemente a Casauria, facciata, dettaglii dell’arco centrale – Foto Leo De Rocco

Avviciniamoci all’ingresso dell’abbazia prestando attenzione alla facciata con i suoi messaggi rivolti ai viandanti, ai pellegrini, ai pastori transumanti di un tempo lontano e ai visitatori di oggi.

La facciata di San Clemente a Casauria è probabilmente opera di maestranze giunte dalla Borgogna e dalla Puglia bizantina, artisti e artigiani arrivati a Casauria attraversando i percorsi dei tratturi, strade che non erano utilizzate solo dai pastori, ma anche da commercianti, artigiani, soldati, pellegrini, monaci e, appunto, artisti. A seguito di eventi sismici la facciata è stata interessata nel corso dei secoli da interventi di restauro durante i quali furono utilizzati resti scultorei.

Sono presenti i simboli dei quattro evangelisti: l’angelo, il toro, l’aquila e il leone (Matteo, Luca, Giovanni e Marco). Sull’arco centrale sono scolpiti l’abate Gioele, un angelo, il Re David e Salomone, segue l’Agnus Dei, quindi alcune incisioni in latino:

Vidi supra montem agnum stantem

Si tratta della citazione relativa ad un miracolo compiuto da San Clemente papa, quando, catturato dai soldati di Traiano nel Chersoneso, fece affiorare una sorgente di acqua dai piedi di un agnello per dissetare i suoi compagni di prigionia.

La citazione continua così:

de sub cujus pede fons vivus emanat

Traduzione: “Vidi sul monte un Agnello in piedi, di sotto il cui piede scaturiva una sorgente viva”.

Il secondo è un messaggio tratto dalle Sacre Scritture, dal libro del Siracide, un elogio alla Sapienza, in genere riferita alla Madre di Gesù:

Quasi platanus exaltata sum iuxta aquam

Traduzione: “Mi sono fatta alta come platano accanto all’acqua”. La citazione completa (tradotta) è la seguente:

“Son cresciuta alta come cedro del Libano e come cipresso dei monti dell’Ermon. Son cresciuta come una palma d’Engaddi, come un roseto di Gerico, come ulivo che spicca in pianura, mi sono fatta alta come platano.”

Abbazia di San Clemente a Casauria, i due portali minori – Foto Leo De Rocco

I due portali minori sono sormontati da due statue: una Madonna con Bambino, il portale a destra, e San Michele Arcangelo, quello a sinistra. L’Arcangelo, protettore dei pastori transumanti, reca in mano un cartiglio sul quale è trascritta la citazione tratta dall’Apocalisse:

Timete dominum qui fecit cielum et terram et mare et fontes aquarum

Traduzione:

“Temete il Signore che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque”

Ai piedi dell’Arcangelo Michele sono disegnati (forse in epoca successiva) due imbarcazioni e uno stemma gentilizio, probabile riferimento a una galea della Repubblica di Venezia, forse riferita ad un ex voto.

Sui capitelli che ornano il portico e la facciata sono scolpiti come in un album fotografico di famiglia i 12 apostoli, ed ecco Simone, Pietro, Paolo, Giacomo, Tommaso, Filippo, Bartolomeo…

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettagli dei capitelli – Foto Leo De Rocco

Pochi sanno che nel 1140 l’abbazia di Casauria fu visitata dal normanno Ruggero II, primo re di Sicilia dopo l’occupazione araba dell’isola. Così annotavano i meticolosi monaci casauriensi dal loro ufficio stampa ante litteram:

“All’arrivo del serenissimo e vittoriosissimo re Ruggero, che la grazia divina aveva illustrato in sapienza e fortezza al di sopra di tutti i mortali.”

Quando Ruggero II arrivò qui a Casauria dovette attraversare un ponte o salire a bordo di una imbarcazione, in quanto l’abbazia si trovava non come si presenta oggi, ma sopra un’isola chiamata “Insula Piscaria”, circondata dalle acque del fiume Pescara, così come viene rappresentata l’abbazia stessa scolpita sul portale, completamente circondata dalle acque del fiume. Per avere un’idea immaginate l’Isola Tiberina.

Piscaria, che significa “pescoso”, era anche il nome acquisito attorno all’anno 1000 dell’odierna Pescara, l’antica Aternum, (già Ostia Aterni), che significa “foce del fiume Aterno”, prima del dominio longobardo.

Nello stesso anno indicato dai monaci di Casauria, il 1140, Ruggero II fece restaurare il Porto di Pescara, risalente all’epoca romana, importante sede strategica già ai tempi di Diocleziano e snodo di importanti vie commerciali nel Mediterraneo. Non a caso reperti archeologici ritrovati nell’odierna Piazza Unione, oggi conservati nel Museo delle Genti d’Abruzzo, ci parlano di commerci tra la costa abruzzese, Gaza, Samo e Asia Minore (IV-VII secolo).

Ruggero II fece costruire, o meglio ristrutturare e ampliare, anche il. Castello di Rocca Calascio, uno dei simboli turistici più conosciuti d’Abruzzo.

Il buon rapporto con l’abbazia casauriense sarà confermato dal nipote di Ruggero II, re Guglielmo II d’Altavilla il quale, come vedremo, è raffigurato sul portale bronzeo dell’abbazia di Casauria. I rapporti tra i Normanni e il cenobio di Casauria non furono sempre idilliaci, in particolare durante la conquista normanna dei territori centro-meridionali l’abbazia di San Clemente a Casauria fu pesantemente danneggiata.

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Ruggero II riceve la corona direttamente da Gesù – chiesa della Martorana – Palermo

Palermo, Palazzo dei Normanni – a destra: Tomba di Guglielmo II e Duomo di Monreale – Foto Leo De Rocco

Anche alla foce del fiume Pescara fino al XVI – XVII sec. appare un isolotto, come si evince da questa cartina conservata nella Biblioteca dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, Roma

Abbazia di San Clemente a Casauria, il portico di Leonate e una colonna miliare romana riutilizzata per la costruzione della cripta – Foto Leo De Rocco

L’imperatore Ludovico II il giovane ritratto nel Chronicon Casauriense – Bibliothèque National

Le origini dell’abbazia di San Clemente a Casauria, ci troviamo in provincia di Pescara nel comune di Castiglione a Casauria, a due passi da Torre de’ Passeri, risalgono attorno all’anno 870. Fu l’imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno, ad ordinare di erigere sul luogo diviso dai due rami del fiume Pescara una piccola chiesa dedicata alla Santissima Trinità.

La chiesa, costruita sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Giove in un’area denominata, così come riportato nel Chronicon, “Casa Aurea” o “Casa d’Oro” (2), da qui probabilmente la derivazione del nome “Casauria”, costituì il nucleo primario per il successivo ampliamento abbaziale dedicato a Clemente papa.

Secondo altre fonti il luogo anticamente faceva parte di un pagus romano di nome Interpromium in cui fu edificato un tempio dedicato a Urios, epiteto riferito a Giove, fautore dei venti propizi per i naviganti.

Da Urios – “Casa Urii”, e non da “Casa Aurea”, deriverebbe il toponimo “Casauria”. Inoltre “Insula” sarebbe da interpretare non come isola su un fiume, ma come “gruppo di edifici”. Queste sono ipotesi di studio in quanto ad oggi non è documentata l’esatta ubicazione degli edifici e dei templi dell’antico pagus Interpromium che consente una precisa mappatura. A tal proposito da segnalare il ritrovamento in località Madonna degli Angeli, a Tocco da Casauria, nei pressi della via Claudio-Valeria (Tiburtina), di reperti archeologici di età italica e romana e la presenza di una colonna miliare di epoca romana costruita lungo la Tiburtina e utilizzata come base di una colonna nella cripta dell’abbazia di Casauria. Molti reperti sono esposti nell’antiquarium annesso all’abbazia.

Ad ogni modo quell’isolotto sul fiume Pescara, che si trovava alle porte delle suggestive e ricche di acque Gole di Popoli, nei pressi della importante Via Tiburtina, quindi dei percorsi solcati dai tratturi abruzzesi, in questo caso il CenturelleMontesecco, doveva essere un vero e proprio paradiso terrestre stando a come i monaci amanuensi di Casauria lo descrivono nel Chronicon:

Paradisi Floridus con tanti fiori e animali selvatici e frutteti…un’isola su un fiume ricco di pesci”.

Il Chronicon si apre con il racconto del viaggio in Abruzzo di Ludovico II (822 – 875), detto “Il Giovane”, figlio di Lotario I ed Ermenengarda di Tours. L’imperatore carolingio arrivava da Ravenna e seguiva il corso del fiume Aterno-Pescara per raggiungere il Sud, sollecitato dai principi meridionali alle prese con le invasioni saracene. Bari all’epoca era diventato un emirato.

Ma Ludovico II mirava anche a sottrarre territori ai vari principi possidenti nell’ambito delle guerre franco-longobarde, soprattutto ad Adelchi di Benevento, principe longobardo.

Abbazia di San Clemente a Casauria, decorazioni su un capitello – Foto Leo De Rocco – Adelchi Principe di Benevento – Illustrazione dal Codex Legum Longobardurum, XI sec.

Guerre intraprese dal suo famoso prozio Carlo Magno il quale nel settembre 773 scese in Italia chiamato da papa Adriano I per scacciare i longobardi di Desiderio, re cristiano ma non gradito al papato, riuscendoci nel giugno dell’anno dopo con le conquiste di Verona e Pavia e Longobardia maior e con l’allontanamento delle pretese longobarde su Roma.

Per restare in Abruzzo Desiderio è il sovrano il cui nome lo ritroviamo scolpito sull’architrave del portale della bella chiesa di San Pietro ad Oratorium, tra i boschi di Capestrano, quale fondatore dell’antica chiesa abbaziale. Sull’argomento rimando all’articolo “Capestrano e San Pietro ad Oratorium, magiche atmosfere”, in questo blog.

Ma a sud, nella Longobardia minor, il Ducato di Benevento, alleato con l’Impero Romano d’Oriente, resisteva in mano longobarda.

Sulle vicende storiche tra Carlo Magno e Desiderio, con i relativi intrecci di matrimoni combinati per reciproco interesse tra le famiglie dei due re, Alessandro Manzoni scriverà nel 1822 “L’Adelchi”, dal nome del figlio di re Desiderio che sposò la figlia di Carlo Magno.

Ludovico II liberò Bari nel febbraio 871, grazie anche ai rinforzi arrivati via mare dall’alleata Costantinopoli e fece prigioniero l’emiro Swadan, al quale risparmiò la vita come richiesto dal principe Adelchi di Benevento. Ma lo stesso Adelchi, a tradimento, fece imprigionare Ludovico temendo le sue mire espansionistiche.

Sulla vicenda della fuga dell’imperatore i nostri narratori casauriensi, Johannes Berardi e mastro Rustico, ci raccontano nel Chronicon che la figlia di Ludovico II:

“Donna Ermenengarda (…) piissima fecit et donavit”

Ovvero donò (ai benedettini) l’abbazia di San Clemente al Vomano. La principessa Ermenengarda, raccontano i monaci casauriensi, fuggiva insieme alla famiglia imperiale dopo i fatti accaduti tra suo padre e Adelchi di Benevento. Giunta in Abruzzo, sulle rive del fiume Vomano, ordinò ai monaci benedettini, fornendo ad essi una cospicua donazione, di costruire un monastero e una chiesa dedicati al Santo protettore della famiglia: San Clemente papa.

Così come aveva fatto suo padre a Casauria con la chiesa dedicata alla Santa Trinità, poi ampliata e dedicata a San Clemente. Per questo in Abruzzo sono presenti due abbazie dedicate a San Clemente.

Sugli spostamenti della famiglia imperiale citati nel Chronicon non ci sono riscontri documentali, è dunque probabile che si tratti di una leggenda. La costruzione di un secondo cenobio intitolato a San Clemente papa a Guardia Vomano fu dunque verosimilmente voluta dagli stessi monaci di Casauria nell’ambito della diffusione del monachesimo benedettino tra le valli teramane.

Sull’abbazia di San Clemente al Vomano, con il ciborio di Roberto e Ruggero, capolavoro assoluto dell’arte romanica abruzzese (foto sotto) rimando all’articolo “I libri di pietra di Nicodemo, Roberto e Ruggero”, in questo blog. (Link al termine di questo articolo)

Guardia Vomano, frazione di Notaresco, Abbazia di San Clemente al Vomano – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – Ambone – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, cero pasquale, dettaglio. Le decorazioni a cosmatesche sono circondate da 12 colonnine tortili – Foto Leo De Rocco

Attraversando il territorio di Casauria, l’imperatore Ludovico rimase talmente affascinato dalle bellezze del luogo che vi ordinò la costruzione della citata chiesa-monastero dedicata alla Santa Trinità. Sempre Giovanni Berardi e il mastro Rustico ci raccontano di:

Cervi che popolano selve, aquile che nidificano sovrane in rupi precipiti, falchi rapaci, fiumi ricchi di trote e di anitre selvatiche, fiumi in ogni modo ricchi di pesci…” (3) -.

Questo è ciò che Johannes e mastro Rustico, non senza enfasi, raccontano, ma oltre alle bellezze paesaggistiche la chiesa fu voluta dall’imperatore Ludovico II a titolo di ex-voto per essere stato liberato dalla prigionia ordinata dal principe Adelchi, grazie anche all’intervento di papa Adriano II.

Il principe di Benevento acconsentì alla liberazione a patto che Ludovico si impegnasse sotto giuramento a non attaccare il suo Principato. Ma una volta a Roma lo stesso papa sciolse il giuramento e incoronò di nuovo Ludovico II Re d’Italia e Imperatore dei Romani (maggio 872).

Furono questi i contesti storici che accompagnarono la costruzione dell’abbazia di San Clemente a Casauria, quale baluardo imperiale carolingio sui confini del meridione diviso tra ciò che rimaneva della Longobardia minor, le incursioni carolinge, le invasioni saracene e i tentativi di riconquista dell’Impero Romano d’Oriente.

Abbazia di San Clemente a Casauria, portale, nel dettaglio: l’imperatore Ludovico II e San Clemente papa – il re di Sicilia Guglielmo II e l’abate Gioele

Il portale di San Clemente a Casauria, commissionato nel 1190 dall’abate Gioele, è alto ben 4 metri per 2, è formato da 72 formelle in bronzo sulle quali (su 42) sono incisi fiori, rosoni e intrecci (losanghe) che richiamano stili arabeggianti, oltre a numerosi torri e castelli abruzzesi, 20, tutti rientranti nelle pertinenze territoriali dell’abbazia Casauriense durante la sua lunga storia.

Sono presenti altre formelle (10) ornamentali. In totale 44 pannelli sono originali, i restanti sono riproduzioni lignee. Inoltre nel corso del tempo a causa delle sottrazioni e delle manomissioni, le formelle che vediamo oggi non risultano tutte ricomposte nell’ordine originale.

Se osservate bene in alto, (foto sopra), in 4 formelle sono scolpiti alcuni personaggi, chi sono?

Partendo da sinistra: il re con la pergamena e lo scettro è l’imperatore Ludovico II; il vescovo in trono è San Clemente; il secondo re che con una mano gesticola e l’altra tiene lo scettro è Guglielmo d’Altavilla; infine il frate incappucciato è l’abate Gioele.

L’accostamento di personaggi appartenenti a periodi storici differenti probabilmente dimostra la funzione commemorativa della rappresentazione nonché i riferimenti storici (ancora oggi poco studiati e approfonditi) tra le figure, i monaci casauriensi e la stessa abbazia.

Il portale di Casauria è dunque un monumento importantissimo. Come un libro medievale ci narra la storia dell’abbazia, ma a quanto pare ha ancora molto da raccontare. In Abruzzo una rappresentazione narrante simile la ritroviamo sul Portale della Luna dell’abbazia di San Giovanni in Venere. Su questa abbazia rimando all’articolo “Fossacesia. Abbazia di San Giovanni in Venere”, in questo blog.

La scelta del bronzo, un materiale tradizionalmente associato ai proclami imperiali, sottolinea e sancisce l’acquisizione dei nuovi territori garantendo l’autorità del Monastero di Casauria nella regione.

Oltretutto qui a Casauria al bronzo è stato affiancato il marmo, materiali che nelle architetture medievali venivano abbinati solo per edifici di elevato prestigio. Non a caso il Chronicon stesso ci ricorda che questa abbazia fu posta sotto la “personale protezione” dell’imperatore Ludovico II, al quale seguiranno i re normanni di Sicilia. Inoltre, come vedremo, sul portale è rappresentato Ludovico II mentre consegna lo scettro abbaziale al primo abate di Casauria: Romano.

Due di queste formelle bronzee (foto sotto) furono sottratte dal portale e finirono (non si sa come) nelle mani di un certo don Marcello Massarenti (1817 – 1905).

Chi è don Massarenti? Era un “astuto” (come lo definì il noto storico dell’arte tedesco Wilhem von Bode) funzionario del Vaticano nonché collezionista di opere d’arte, il quale nel 1902 vendette le formelle di Casauria, insieme a tutta la sua collezione comprendente oltre ai bronzi, anche vasi greci, antichità romane e importanti dipinti di artisti rinascimentali abruzzesi (come Saturnino Gatti e una Madonna con Bambino di Francesco da Montereale*), al magnate delle ferrovie americane Henry Walters, fondatore dell’omonimo Museo di Baltimora nel Maryland. Per una strana coincindenza il 1902 è lo stesso anno in cui furono rubate le tavole trecentesche dal tabernacolo di Sant’Eustachio a Campo di Giove. **

La formella bronzea con la scritta “Castrum Fare d’Abrile” (foto sotto) “presa” da (o per conto di…) don Massarenti e oggi a Baltimora è molto importante per la storia dell’abbazia di Casauria in quanto rappresenta un antico territorio vicino a Bolognano, non lontano da Casauria, uno dei primissimi donati all’abate Romano (il primo abate di Casauria) da parte di un feudatario del luogo, tale Mauricius Castaldio, nell’anno 876.

* Su Francesco da Montereale, vedi l’articolo: “Saturnino Gatti, il Rinascimento abruzzese”, in questo blog

** “Il Maestro di Campo di Giove, un capolavoro ritrovato”, in questo blog

Pannelli in bronzo, 1190 circa, provenienti dall’Abbazia di San Clemente a Casauria, scritta: Castrum Fare D’Abrile (Il Castello di D’Abrile) – The Walters Art Museum Baltimora

Prima di analizzare nel dettaglio il portale, soprattutto le scene scolpite su architrave e lunetta, noto su una parete esterna che dà sul parco uno stemma nobiliare di fattura rinascimentale (foto sotto). Vediamo di cosa si tratta.

Il potere dell’abbazia di Casauria si confermò anche nei secoli successivi alla sua costruzione. La presenza dello stemma cinquecentesco rappresenta la potente famiglia aquilana dei Branconio, di cui Giovanni Battista Branconio fu il rappresentante più illustre.

Amico legatissimo a Raffaello Sanzio, come abbiamo visto nell’articolo dedicato (“Il Raffaello rubato a L’Aquila) Giovanni Battista Branconio (L’Aquila, 1473 – Roma 1522) rivestì la carica di commendatario dell’abbazia di San Clemente a Casauria su mandato di Giovanni de’ Medici, al secolo papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico.

Un potere enorme che Giovanni Battista Branconio gestiva insieme ad altri importanti conferimenti. L’aquilano era il diretto fiduciario di Leone X.

Abbazia di San Clemente a Casauria – stemma della famiglia aquilana dei Branconio – Foto Leo De Rocco – Raffaello Sanzio, autoritratto con l’amico Giovanni Battista Branconio (in primo piano), 1518-1520 – Museo del Louvre

Fu dunque Giovanni Battista Branconio a far apporre qui a Casauria lo stemma di famiglia in cui sono raffigurati i colli Brincioni, da Collebrincioni, vicino L’Aquila, località da dove ebbe origine la famiglia Branconio; le foglie di rovere, simbolo della nobile casata e le tre palle medicee, evidente richiamo al legame dei Branconio con i Medici di Firenze.

Questo stemma lo trovate anche a L’Aquila, all’interno della bella chiesa di San Silvestro, all’ingresso della Cappella della famiglia Branconio. Le iscrizioni seicentesche incise sul marmo ricordano Giovanni Battista Branconio, la sua famiglia, il legame con l’abbazia di Casauria e con San Clemente, considerato il loro santo protettore.

Dopo Giovanni Battista, Girolamo Branconio rivestirà la carica di abate qui a Casauria e a San Clemente al Vomano, anche in questa abbazia ritroviamo lo stemma di famiglia: è posizionato all’interno del prezioso ciborio scolpito da Roberto e Ruggero. Nel 1628 il controllo dell’abbazia di San Clemente a Casauria passò dai Branconio alla famiglia Barberini.

(su Giovanni Battista Branconio e Raffaello in questo blog “Il Raffaello rubato a L’Aquila”)

Guardia Vomano, frazione di Notaresco, Abbazia di San Clemente al Vomano, stemma dei Branconio – Foto Leo De Rocco

L’Aquila – Chiesa di San Silvestro – Cappella Branconio – Foto Leo De Rocco

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Abbazia di San Clemente a Casauria – Portale, sec. XII

Abbazia San Clemente a Casauria, architrave – Foto Leo De Rocco

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Abbazia di San Clemente a Casauria – Urna in alabastro (o marmo) di San Clemente, III d.C. Consegnata da papa Adriano II all’impertatore Ludovico II – Foto Leo De Rocco

Abbazia San Clemente a Casauria – dettaglio: papa Adriano II consegna l’urna di San Clemente nelle mani dell’imperatore Ludovico II – Foto Leo De Rocco

La storia dell’abbazia di San Clemente a Casauria non è raccontata solo nel Chronicon custodito a Parigi ma anche sull’architrave scolpito, in cui, come nelle pergamene scritte da Johannes e Rusticus, è raccontata la storia di questa abbazia in quattro episodi, così artisticamente eloquenti da riassumere sulla pietra di marmo gli episodi più importanti legati alla fondazione del cenobio.

Quando arrivate all’ingresso dell’abbazia fermatevi alcuni minuti e guardate in alto, la prima scena, da sinistra. Ecco l’imperatore Ludovico II, riverente col capo chino e un accennato inchino, ricevere a Roma dalle mani di papa Adriano II l’urna in alabastro (o forse di marmo) con le ossa di San Clemente. Proviamo, con un po’ di fantasia, ad immaginare le parole di papa Adriano II durante l’incontro con Ludovico II:

“ Pater Patriae ho saputo che avete fatto erigere su un’isola fluviale chiamata Insula Piscaria, mi dicono più rigogliosa dell’Insula Tiberis, una piccola chiesa dedicata alla Sanctissimae Trinitatis. Deo agimus gratias, ma ricordate che vi sciolsi dal giuramento fatto al principe Adelchi di Benevento. I resti del Santo Martire Clemente potrebbero trovare in quel Paradisi floridus ortus la santa ed eterna dimora. Vi consegno la sacra urna, andate e che sia fatta la volontà di Dio: fate diventare quella piccola chiesa una grande abbazia, degna del nome di Clemente Romano. “

La preziosa urna per fortuna è sopravvissuta a guerre e terremoti e dopo secoli è ancora al suo posto, all’interno dell’abbazia. E’ scolpita con ghirlande di fiori e frutta. Una scritta alla base del ciborio indica che l’urna, questa oppure altre in considerazione del fatto che furono diverse le reliquie arrivate a Casauria da Roma, conteneva anche le ossa degli apostoli Pietro e Paolo e che un tempo si trovava proprio all’interno del ciborio, nel cuore del tempio, all’interno dell’altare ricavato da un antico sarcofago di epoca romana.

La scena successiva descrive il viaggio dell’urna da Roma fino all’isolotto di Casauria. L’urna viaggiò sul dorso di un mulo scortato dal “Comes”, un conte dignitario fidato dell’imperatore e armato di spada. Il Comes appare in questa scena iniziale e nell’ultima, in quanto garante del corretto svolgimento del viaggio dell’urna e di tutti i relativi atti e passaggi, altrimenti la spada è sempre pronta…

Quindi avviene il passaggio dell’urna (foto sotto) con le raccomandazioni di Ludovico II ai due monaci Celso e Beato,“Prendete il corpo dell’insigne martire Clemente”, i quali, in compagnia del mulo raffigurato con l’urna di alabastro sulla groppa mentre si abbevera nelle acque del Pescara, giungono sull’isolotto sul quale sorgerà l’abbazia che, rappresentata sull’acqua, riporta ancora l’indicazione “Templus Trinitatis”, ossia la citata chiesetta fatta costruire come ex voto da Ludovico II.

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Abbazia di San Clemente a Casauria – l’imperatore Ludovico II sulla riva del fiume Pescara consegna l’urna di San Clemente a Celso e Beato – Foto Leo De Rocco

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Abbazia di San Clemente a Casauria – L’imperatore Ludovico II in trono consegna lo scettro abbaziale a Romano nominato primo abate – Foto Leo De Rocco

Segue poi l’ordine (ricevuto dal papa) dell’imperatore, raffigurato assiso in trono, di ampliare il “Templus Trinitatis” per trasformarlo in un’abbazia e per questo consegna lo scettro abbaziale al primo abate, Romano (foto sopra), indicandogli con l’indice della mano destra l’abbazia sull’isola. Anche in questa scena immaginiamo le parole solenni dell’imperatore Ludovico all’abate Romano:

“Isola Pescosa, sorgente fiorita del Paradiso, affermiamo con lo scettro il dominio su di te, abate Romano prendi il sacro corpo di Clemente.”

La scena finale rappresenta l’acquisizione dei territori abruzzesi (foto sotto) ora rientranti nelle pertinenze della costruenda abbazia, alla presenza del nobile franco Sisenandus (nell’871) e del vescovo di Penne Grimbaldus (nell’873). A fianco di Sisenando è riportata la scritta “miles”, un termine medievale che significa “cavaliere”.

Il tutto avviene davanti allo sventolio dei contratti appena sottoscritti sui quali appare la scritta “Insula Piscarie” e a quello che alcune fonti riportano essere un canestro riempito di fiori o frutta, a mio avviso si tratta invece di una zolla di terra fertile che simbolicamente rappresenta l’Isola del Pescara che da quel momento, insieme alle pertinenze, è sotto la giurisdizione e il controllo dell’abbazia di San Clemente a Casauria.

Nel mentre il Comes dell’imperatore, il cui nome viene rivelato: “Eribaldus”, è raffigurato in piedi, a sinistra del trono imperiale e chiude tutta la rappresentazione, vigilando come sempre con la spada in mano (foto sotto).

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Abbazia di San Clemente a Casauria – dettaglio architrave: acquisizione dei nuovi territori – Foto Leo De Rocco

Il ruolo del comes Eribaldo nella storia di questa abbazia non è stato quello di un semplice cavaliere incaricato di fare la guardia con la spada.

In qualità di accompagnatore di Ludovico II con il titolo di vice Conte palatino, “in vice comitis palatii”, Eribaldo qui a Casauria rivestì un ruolo fondamentale intervenendo nelle questioni giuridiche circa l’acquisizione di chiese, castelli e nuovi territori.

Pertanto la scena finale descritta sull’architrave del portale secondo il mio parere non è semplicemente una donazione sic et simpliciter ma riassume il raggiungimento di un accordo, più o meno pacifico, in merito alle nuove acquisizioni territoriali dell’abbazia.

Donazioni, acquisti, scambi, tutte le pertinenze dell’abbazia di San Clemente a Casauria rientravano sotto la protezione e la garanzia dei sovrani medievali dell’epoca, in parte citati nello stesso Chronicon custodito a Parigi. (Foto sotto).

I quattro re scolpiti ai lati del portale, (due per lato) con in mano un foglio di pergamena, potrebbero essere proprio alcuni dei sovrani protettori e benefattori di questa abbazia; Ugo e Berengario, i due a sinistra, Lotario e Lamberto a destra.

La rappresentazione del viaggio dell’urna da Roma a Casauria la ritroviamo scolpita anche sulla parte posteriore del ciborio. Realizzato nel ‘400, forse su un precedente ciborio realizzato dal magister Nicodemo, l’iconografia rispetta i temi stilistici medievali. Oltre a ripetere l’iconografia del portale, sul ciborio sono raffigurati gli evangelisti insieme a due angeli e una Madonna con Bambino (lato frontale); sotto di loro l’Annunciazione; lato a sinistra: Adamo ed Eva; a destra: due Angeli sorreggono uno stemma gentilizio, forse appartenente a un benefattore.

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Quattro re, tra i quali Lotario e Berengario, in una pergamena del Chronicon Casauriense – Bibliothéque Nationale Parigi – probabilmente questi sono i sovrani scolpiti sul portale.

Abbazia di San Clemente a Casauria, dettaglio del portale con i 4 re – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria – particolare del portale, architrave e lunetta – Foto Leo De Rocco

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Abbazia di San Clemente a Casauria – l’abate Leonate consegna l’abbazia costruita a San Clemente – Foto Leo De Rocco

La buona azione premiata

Sulla lunetta che sovrasta l’architrave tutto è compiuto. Al centro ecco San Clemente in trono affiancato alla sua destra da due suoi discepoli, Phebus e Cornelius – Phebus/Fabio ha in mano un libro che riporta l’inizio della versione latina sulla “buona azione premiata”, “Homo quidam nobilis…” – mentre alla sua sinistra non c’è il primo abate Romano, ma Leonate in abiti cardinalizi, colui che, come abbiamo visto, nel 1176 costruirà il portico, amplierà l’edificio e incaricherà due monaci, Johannes e maestro Rustico, di redigere il Chronicon. E’ lui che mostra l’abbazia completata a San Clemente e gli comunica solennemente che è a lui dedicata.

La scena rappresentata sulla lunetta è accompagnata dalla scritta:

“Ricevi, San Clemente, la chiesa regia preparata per te e ripaga Leonate con la beata dimora in cielo.”

La scena con la consegna del modellino della chiesa, come si può vedere dotata di un rosone centrale di grandi dimensioni, forse ben 30 metri di circonferenza, riprende la stessa rappresentazione, restando, come ho accennato all’inizio di questo articolo, nel Regno di Sicilia, presente nel mosaico del Duomo di Monreale in cui il fondatore re Guglielmo II d’Altavilla (nipote del citato Ruggero II, il re di Sicilia che visitò l’abbazia di Casauria) presenta il modello della chiesa (il Duomo di Monreale) alla Vergine Maria. Oltretutto il Duomo di Monreale fu consacrato nel 1182, lo stesso anno della morte dell’abate Leonate e Guglielmo II è raffigurato in una formella del portale dell’abbazia di Casauria.

La storia scolpita su architrave e lunetta poggia su due capitelli. A sinistra sono rappresentati uomini e animali alle prese con peccati e tentazioni; a destra le virtù umane sono rappresentate da un uomo che riesce a dominare le tentazioni cavalcando un animale feroce. Sui due battenti ci sono due leoni.

Abbazia San Clemente a Casauria, dettaglio del capitello con il peccato e le tentazioni a sinistra e delle virtù a destra – Foto Leo De Rocco

L’urna in alabastro con i resti di San Clemente – Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Il protagonista dell’abbazia, l’urna in alabastro, o “in marmo greco scolpito a fiorami” come scrisse Gabrirle d’Annunzio, nel corso della storia fu smarrito e ritrovato più volte.

Nel 1107 fu l’allora papa Pasquale II, lo stesso papa che menzionò per la prima volta la bellissima chiesa di San Pietro in Alba Fucens (vedi l’articolo “I gioielli del Velino”) un benedettino devoto (non a caso) a San Clemente, ad incaricare il cardinale Agostino di recuperare l’urna, poi ritrovata nascosta vicino l’altare.

Nascosta ancora una volta fu lo storico Pier Luigi Calore (Pescocostanzo, 1835 – 1935) ad intuire secoli dopo il nascondiglio dell’urna datata al III sec.d.C, le cui fattezze ricordano un tempietto greco, praticando un foro nella parte posteriore dell’altare.

Più di dieci anni fa, nell’adolescenza lontana, vidi per la prima volta l’Abbazia di San Clemente a Casauria. Mi parve, al primo sguardo, una rovina. Tutto il suolo intorno era ingombro di macerie e di sterpi; frammenti di pietra scolpiti erano ammucchiati contro i pilastri; da tutte le fenditure pendevano erbe selvagge; (…) La cosa bella rimaneva perduta in quella solitudine, pericolante, sotto una continua minaccia, condannata forse a sparire.

Gabriele d’Annunzio, 1892

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio sec. XIV – Foto Leo De Rocco

Abbazia di San Clemente a Casauria, ciborio sec. XIV, in alto partendo da sinistra: la storia del viaggio delle reliquie di San Clemente a Casauria; Madonna con Bambino, ai lati due angeli; due Evangelisti e l’Angelo annunciante; la Vergine annunciata; Adamo ed Eva creati dal soffio della vita di Dio, rappresentato come la Trinità (Uno e Trino)   – Foto Leo De Rocco

Interno del ciborio: altare ricavato da sarcofago pagano, col foro dove fu ritrovata l’urna – a destra: la volta stellata, tipica iconografia del ciborio simbolo della Gloria di Dio – Foto Leo De Rocco

Cripta di San Clemente a Casauria – Foto e video Leo De Rocco

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Chronicon Casauriense, dettaglio – Bibliothèque National Parigi

“La Basilica divina”, come amava chiamarla Gabriele d’Annunzio, purtroppo attraversò un lungo periodo di decadenza.

Abbandonata dai monaci, danneggiata dai terremoti, saccheggiata dai Saraceni tra il 915 e il 920, occupata e saccheggiata dalle truppe francesi e prima ancora da Hugues Maumoutzet (italianizzato in Ugo Malmozzetto *), al servizio del conte normanno Roberto di Loritello, a sua volta braccio destro del duca di Puglia, Calabria e conte di Sicilia, Roberto il Guiscardo.

Malmozzetto nel 1070 distrusse così tanto l’abbazia che i monaci di Casauria risultarono addirittura dispersi. Il normanno arrivò persino a sequestrare l’allora abate Trasmondo per chiedere un riscatto. La chiesa fu riconsacrata nel 1105 dell’abate Grimaldo, circa 50 dopo l’avvento del citato abate Leonate.

San Clemente a Casauria in epoche più recenti, ‘800–primi del’ 900, fu trasformata in un ricovero per greggi e ripostiglio di attrezzi agricoli. Pensate, un monumento d’arte così pregiato e ricco di storia ridotto come una stalla.

* ( vedi l’articolo “Popoli, le sorgenti d’Abruzzo”, in questo Blog).

Abbazia di San Clemente a Casauria – Foto Leo De Rocco

Pier Luigi Calore – Foto Palazzo Calore di Costantini-Di Lorenzo – Pier Luigi Calore fotografato tra le rovine dell’Abbazia –  foto Antiquarium Abbazia San Clemente a Casauria.

Abbazia di San Clemente a Casauria, Antiquarium – Foto Leo De Rocco

Fu solo grazie a Pier Luigi Calore, storico e studioso abruzzese, amico di Gabriele d’Annunzio e Francesco Paolo Michetti, che l’abbazia è giunta conservata fino a noi, grazie soprattutto ai restauri da lui promossi. Pier Luigi Calore nacque non molto lontano da Casauria, a Pescosansonesco (Pe) nel 1865; incline all’arte, studiò nella prestigiosa Scuola di Polillipo.

A Napoli divenne amico dei suoi conterranei il citato Michetti e Filippo Palizzi, di cui fu allievo. Grazie alla passione per l’arte, Calore intraprese a sue spese il primo piano di recupero dell’importante monumento abruzzese che scoprì, ormai in rovina, durante una passeggiata nei pressi di Tocco da Casauria.

“Questo piccolo uomo dal gesto veemente ama una grande cosa morta e l’ama con tutte le forze della passione umana”, scrisse sulle colonne del “Mattino” di Napoli Gabriele d’Annunzio.

Giunsi, giù per il tratturo al galoppo, fino alla Basilica divina. Era il tramonto violaceo. Il cuore mi tremava d’innanzi a quello spettacolo di bellezza sovrana. (…) Io e Francesco Paolo Michetti incontrammo l’uomo dell’abbazia, quegli che ha legata la sua esistenza alle colonne del tempio casauriense.

Gabriele d’Annunzio

Abbazia di San Clemente a Casauria, probabilmente qui c’era il chiostro. Il campanile in origine si trovava sul lato opposto, a fianco del portale minore dedicato a San Michele Arcangelo – Foto Leo De Rocco

L’Abbazia di San Clemente a Casauria durante un evento organizzato dalla Direzione museale – video Leo De Rocco

L’abbazia di San Clemente a Casauria è circondata da un rigoglioso parco all’interno del quale sarebbe bello vedere un giorno una statua o un busto in memoria di Pier Luigi Calore.

Ci sono alcuni roseti, un piccolo bosco e un vigneto posto nello stesso luogo descritto dai monaci amanuensi Johannes e Rusticus più di mille anni fa e dove oggi è piacevole passeggiare, anche per ammirare la vicina Majella. Questa oasi di pace è ciò che rimane di quella piccola isola sul fiume Pescara, il “Paradisi floridus hortus”.

Copyright © Riproduzione Riservata – All rights reserved – derocco.leo@gmail.com – articolo aggiornato a ottobre 2023

Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Note: 1) Brano tratto dal Trionfo della Morte di Gabriele d’Annunzio; 2) probabilmente era l’ansa del fiume Pescara; 3) Muratori, op. cit., col.792, cit. in Clementi, La Transumanza…,cit. p.45; – Foto (compreso copertina): Castiglione a Casauria, ottobre 2023; settembre 2022, ottobre 2015 e agosto 2014 autore Leo De Rocco – Fonti: La fonte principale di questo articolo è l’encomiabile lavoro della dott.ssa Jessica N. Richardson, ricercatrice associata post-dottorato presso il Center for the Advanced Study in the Visual Arts National Gallery of Art, Washington D.C. Autrice della ricerca: The Bronze panels and the Portal of San Clemente a Casauria”; altre fonti: Servizio informativo Museo e Abbazia di San Clemente a Casauria, dott. Marco De Leonibus; Direzione Regionale Musei Abruzzo; Ruggero II di Glauco Maria Cantarella, Salerno editrice 2020.

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– English Version –

The St. Clement’s Abbey of Casauria

I would like to bring you to an abandoned Abbey, which is the most solitary of our Hermitage and full of ancient memories: where there is a large white marble candelabrum, a wonderful piece of art, created by an artist with no name… straight by that candelabrum and in silence, you shall enlighten with your face the meditations of my soul. Gabriele d’Annunzio (1)

The Bibliotheque Nationale of Paris is familiar with the St. Clement’s Abbey. The prestigious Parisian Library preserves a precious historical document of Abruzzo, the “Chronicon Casauriense”.

The important medieval work ended up in the hands of the French as a result of one of the many expeditions that the “cousins of the Italians across the Alps” led on Italian soil to control it: the “horende” wars, as defined by Machiavelli.

The “Chronicon Casauriense”, which consists of a collection of 272 pieces of parchment, describes in a meticulous way and for a time span ranging from the year 866 to 1182 the economic- and socio-political life of one of the most beautiful and historically most interesting Abbeys of the Abruzzo region.

The author of the Chronicon of Casauria was the Benedictine monk Giovanni Berardi, as he was responsible for the drafting of the first scroll. The Benedictine monk dedicated the text to the abbot Leonate, who was the most famous among the abbots leading the Abbey.

The Abbey reached the height of its prosperity with Leonate, for he was responsible for the realisation of the beautiful porch and he was the one to instruct the monk Giovanni and the master Rustico to draw on parchment the “Chronicles” of the Abbey and its appurtenances.


St. Clement’s Abbey of Casauria

St. Clement’s Abbey of Casauria – ph Leo De Rocco


The origins of the St. Clement’s Abbey of Casauria date from around the year 870. It was the Emperor Ludovico II, the great-grandson of Charlemagne, who wanted a church where it was believed there was a small island surrounded by the waters of the river Pescara and the place was called Casaurea or “Insula de Piscaria” (2).

The Chronicon meticulously describes the journey in Abruzzo of Ludovico II, who whilst descending from Ravenna, followed the course of the Pescara river to the south of Italy and fought the Saracens.

The Emperor Lodovico was so fascinated by the beauty of the place -the Chronicon describes “deer that inhabit forests, eagles that nest in sovereign precipitous cliffs, hawks, trout streams and wild ducks, rivers swarming with fish in every way… “(3 )- that he ordered the construction of a church dedicated to the Holy Trinity, formally as a votive offering for having been saved from an attack.

Indeed, the Abbey served to Ludovico II to balance the vast territorial powers and to counterbalance for the eastern side of the Apennines the strong power that there was on the other side, namely the Abbey of Montecassino.

By looking carefully at the main entrance of the Abbey of St. Clement, the portal of which consists of 72 bronze panels, one can see as many as 20 panels depicting many castles, all falling within the territorial appurtenances of the Abbey of Casauria.

Around the year 900, the Abbey of St. Clement controlled most of the Abruzzo region and at the time of Ludovico II it represented the southern stronghold of the Carolingian Empire.

Thus, it represented immense power back then. Furthermore, in the following centuries the Abbey’s power remained firmly in place. On one side of the building there is a very important sixteenth-century emblem that represents the coat of arms of the powerful family of L’Aquila the Branconios, the most illustrious representative of which was Giovanni Battista Branconio.

The latter, who was a personal friend and client of Raffaello Sanzio, became a commendatory of the St. Clement’s Abbey of Casauria mandated by Giovanni de’ Medici, during the Pope-Leo-X- century (see the article in this blog “The stolen Raphael”-Il Raffaello rubato, October 2015).


St. Clement’s Abbey of Casauria. october 2015

St. Clement’s Abbey of Casauria. october 2015 – ph Leo De Rocco


The history of the St. Clement’s Abbey of Casauria is not only written in the Chronicon, which is jealously kept by the French, but it is also admirably described in the central portal of this beautiful Abbey of Abruzzo.

On the lunette, the Emperor Ludovico II is depicted receiving an alabaster pot from the hands of Pope Adrian containing the bones of St. Clement (which is preserved inside the Abbey); Furthermore, the trip of the Emperor nearby the river Pescara to the islet on which the Abbey would be later constructed, is depicted.

Moreover, the acquisition of territories of Abruzzo with the blessing of the bishop Grimoaldo of Penne along with the symbolic representation of the site in the form of a basket full of flowers, the “paradisi floridus ortis”, are portrayed. Finally, the Abbey depicted on the ancient “insula piscarie” and the appointment of the first abbot, called Romano are shown. At the centre of the lunette and at its top, there is a figure of St. Clement, accompanied on his left by St. Efebo and Cornelius, whilst to his right there is abbot Leonate that holds a miniature of the Abbey.

More than ten years ago, during my distant adolescence, I saw for the first time the St. Clement’s Abbey. At a first glance it seemed to be in ruins. All around, the ground was full with rubble and weeds; carved fragments of stone were piled up against the columns; wild herbs were hanging from all the cracks; (…) The great piece of art remained lost in that loneliness and unsafe, under a constant threat, and perhaps sentenced to disappear. Gabriele d’Annunzio, 1892.


St. Clement’s Abbey of Casauria. october 2015

St. Clement’s Abbey of Casauria, october 2015 – ph Leo De Rocco


The divine Basilica, as Gabriele d’Annunzio used to call it, unfortunately experienced a long period of decline that lasted until the late nineteenth century.

Abandoned by the monks, damaged by earthquakes, looted by the French troops, the Abbey was transformed into a shelter for herds and a shed for agricultural tools.

It was only thanks to Pier Luigi Calore, a historian and scholar of Abruzzo and a friend of Gabriele d’Annunzio, that the St. Clement’s Abbey has come down to us today.

Pier Luigi Calore was born in Pescosansonesco (in the province of Pescara) in 1865 and as he was prone to art, he studied at the prestigious School of Polillipo. In Naples, he became a friend of his compatriots Francesco Paolo Michetti and Filippo Palizzi (of whom he was a student).

Thanks to his passion for art, Calore began at his own expense the first recovery plan of the important monument of Abruzzo that he discovered in ruins during a walk near Tocco da Casauria. “This little guy of this passionate gesture adores a great dead thing and he loves it with all the forces of human passion,”: this was what Gabriele d’Annunzio wrote in the columns of the “Mattino di Napoli” newspaper about Luigi Calore, “the man of the Abbey”.

I galloped down from the cattle track until the divine Basilica. There was a purplish sunset. My heart trembled from the beginning at the sight of that sovereign beauty. (…) Me and Francesco Paolo Michetti met the man of the Abbey, the one who has tied his existence to the columns of the temple of Casauria. Gabriele d’Annunzio, August 1891.

Leo De Rocco


Copyright © All rights reserved This article and the pictures shown on this website are private. It is thus prohibited to retransmit, disseminate or otherwise use any part of this article without written authorisation: derocco.leo@gmail.com – Footnotes: 1) excerpt from The Triumph of Death by Gabriele d’Annunzio; 2) this was probably the bend of the river Pescara; 3) Muratori, op. cit., issue 792, cited in Clementi, La Transumanza…, p.45; – Photos (including cover): Castiglione a Casauria, October 2015 and August 2014, by Leo De Rocco – Sources: Jessica N. Richardson “The Bronze panels and the Portal of San Clemente a Casauria”, Jessica N. Richardson: Center for the Advanced Study in the Visual Arts National Gallery of Art, Washington D.C. Acknowledgements: Andrea de Carlo, translator and professor of literature; Ioannis Arzoumanidis, research fellow, for translating this article into English – Author/Blogger: Leo De Rocco / derocco.leo@gmail.com

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  1. Roberta Laureti ha detto:

    Divina.

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