Il mare pietrificato: la Riserva Naturale dei Calanchi di Atri e la storia della liquirizia.

Rimasi quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti, senza che nulla si frapponesse allo sguardo, l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco… Mi pareva di essere sul tetto del mondo, o sulla tolda di una nave, ancorata su un mare pietrificato. (1)

Carlo Levi


Watermark_1669331304449
Scafa – Parco del Lavino – Foto Leo De Rocco


In Abruzzo le bellezze naturali spesso regalano atmosfere magiche. Lo scrissi tempo fa a proposito del Parco del Lavino, nel racconto lo chiamai “Il parco fiabesco” per via dei boschi disseminati di sorgenti, fiumi e laghetti che presentano colori brillanti, tra l’azzurro, il turchese e il verde smeraldo, le cui sfumature cromatiche variano durante le ore della giornata. Una magia creata dalle acque sulfuree e carsiche presenti in zona.

Il parco che visiteremo oggi è un posto altrettanto suggestivo. Ci troviamo ad Atri, una delle città d’arte più belle d’Abruzzo. Come una guida turistica, non stampata ma dipinta da uno dei più importanti artisti del Rinascimento abruzzese, Andrea de’ Litio (Lecce nei Marsi, 1420c. – Atri, 1495c.), saranno gli affreschi quattrocenteschi che decorano volta e pareti del presbiterio del Duomo atriano a svelarci le bellezze di questa città ducale e dei suoi dintorni. Osservando alcuni dettagli sparsi tra le scene affrescate, che raccontano la vita di Gesù e Maria, troviamo alcuni riferimenti alle tradizioni, al paesaggio e ai costumi dell’antica città ducale.

Nel paesaggio che si intravede nella scena della “Visitazione“, in cui viene rievocato l’incontro, citato da Luca nel suo Vangelo, tra Maria e sua cugina Elisabetta, prossime madri rispettivamente di Gesù e di Giovanni Battista (foto sotto), si riconoscono in lontananza quelle particolari formazioni argillose chiamate Calanchi, ben visibili anche percorrendo la strada che dal mare di Silvi Marina sale fino ad Atri.

Oggi visiteremo la Riserva Naturale dei Calanchi, nei prossimi articoli scopriremo, sempre cercando tra i dettagli degli affreschi di Andrea de’ Litio, l’antichissima festa della Notte dei Faugni e le opere d’arte custodite nella Basilica di Santa Maria Assunta, oltre ad altri importanti monumenti, curiosità e aneddoti dell’antica Hatria Picenum, la città degli avi dell’imperatore Adriano.

Il Parco dei Calanchi di Atri è uno di quei luoghi abruzzesi in cui il paesaggio trasforma la semplice osservazione in una piacevole contemplazione. Questi monumenti d’argilla e sabbia formano incantevoli disegni e arabeschi, resi ancora più suggestivi quando vengono accarezzati dalla calda luce del tramonto.


watermark_1656947416773690676230274029609

Atri – Duomo, dettaglio del ciclo di affreschi di Andrea De Litio, La Visitazione, in lontananza (a sinistra) i calanchi


calanchi f

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 4

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi b

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi terrazza

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 2

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 16

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi c

Atri – Riserva Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


Atri – Riserva Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 5

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 7

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi a

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 14

Atri – panorama dalla Riserva Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


Atri – panorama dalla Riserva Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 6

Atri – Riserva Regionale Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 11

Atri – Riserva Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 10

Atri – Riserva Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


calanchi 3

Atri – Riserva Naturale dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


Come si sono formati questi calanchi? Le gentili guide del parco mi raccontano che circa due milioni di anni fa le onde del nare Adriatico lambivano il Gran Sasso: la linea costiera era spostata verso l’interno e arrivava fino ad Atri.

Con il continuo sollevamento della catena appenninica i terreni argillosi sono stati trasportati in mare dalle valli profonde, mentre i depositi argillosi più consistenti hanno dato vita alla caratteristica fascia collinare abruzzese-marchigiana.

I calanchi di Atri sono dunque il risultato di antichi sedimenti marini costituiti da argille azzurre e sabbie. I numerosi fossili marini qui rinvenuti insieme alla storia geologica, rendono ancora più affascinante questo luogo che appare come un mare pietrificato.

Grazie agli studi sui calanchi da parte di geologi e scienziati è stato possibile stabilire la presenza dell’acqua su Marte, non a caso anche sul pianeta rosso sono sono stati trovati numerosi calanchi.

La Riserva Naturale di Atri, annoverata tra le Oasi WWF e nel Site of Community Importance, ha come simbolo l’istrice. Oltre al simpatico animale-mascotte nel parco si possono incontrare numerosi volatili e mammiferi: il gufo, il gheppio, il barbagianni, la civetta, lo sparviero, numerose specie di farfalle, la volpe, il tasso, la lepre, la faina; oltre ad una diversificata flora: il cappero, la ginestra, la tamerice, il biancospino e soprattutto la liquirizia, la radice aromatica che qui ad Atri ha fatto storia.

La Liquirizia di Atri

La radice della famosa liquirizia delle colline di Atri è conosciuta e lavorata fin dall’epoca romana. La liquirizia era documentata già dagli egizi, dai cinesi e dai greci. Per l’antica medicina cinese e la tradizione indiana la liquirizia aveva un “effetto divino nel corpo umano”.

Nei testi di medicina del greco Ippocrate, V sec. a. C., considerato il padre della medicina, non a caso ancora oggi i laureati in medicina prestano il “Giuramento di Ippocrate” prima di iniziare la professione medica, la liquirizia veniva prescritta per curare le infezioni dell’apparato respiratorio, i problemi digestivi e per aiutare la cicatrizzazione delle ferite.

Nel Medioevo i benefici della liquirizia furono conosciuti ed apprezzati anche in Europa grazie ai frati domenicani. Nel 1300 viene documentato nel “Patent of Pontage”, edito da Edoardo I d’Inghilterra, il passaggio sul ponte sopra il Tamigi di casse contenenti liquirizia.

Si racconta che durante il Medioevo nelle corti italiane la liquirizia divenne così famosa che i cavalieri usavano dedicare alle dame da corteggiare un romantico ritornello:

“ L’amore è un sogno, dolce come il latte e la liquirizia “

I frati domenicani raccoglievano la radice di liquirizia tra le colline atriane e la lavoravano all’interno di un antico monastero che si trovava ad Atri, sul luogo dove oggi c’è un hotel. Il prodotto lavorato e finito veniva poi riposto dai frati in contenitori sistemati nella spezieria, antesignana della moderna farmacia.

wp-1680297110025

L’antica farmacia-spezieria dei frati francescani nel Convento di San Salvatore a Gerusalemme, primi del ‘900 – foto da Terra Santa Museum


wp-1680299952735

Codex Manesse, 1300-1340 – “L’amor cortese”, Canzoniere medievale conservato nella Biblioteca di Heidelberg


Atri – operaie impegnate nella lavorazione della liquirizia – per gentile concessione ad Abruzzo e passioni dall’archivio storico Menozzi-De Rosa


Atri – antica fabbrica per la lavorazione della liquirizia – per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dall’archivio storico Menozzi-De Rosa


Atri – antica fabbrica per la lavorazione della liquirizia – per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dall’archivio storico Menozzi-De Rosa


Nel 1809 nacque a Giulianova una piccola fabbrica di liquirizia, ma con lo sviluppo dell’industrializzazione l’attività fu proseguita dalla famiglia De Rosa (in seguito Menozzi-De Rosa) la quale dal 1836, dopo aver rilevato l’attività dei frati domenicani, intensificò la lavorazione della radice di liquirizia, che in queste colline argillose trova le condizioni naturali migliori. Presto la fabbrica divenne famosa grazie alle numerose richieste e alle esportazioni sempre più crescenti, in Italia e nel mondo.

Lo storico stabilimento industriale, fondato dal Cav. De Rosa nell’ex monastero domenicano si chiamava “Fabbrica di Sugo di Liquirizia” e mantenne l’esclusiva attività fino al 1922. Dopo alcuni avvicendamenti nel 1950 l’imprenditore Aurelio Menozzi acquisì la Fabbrica De Rosa, nacque così la “Menozzi De Rosa 1836 srl”.

La produzione si è svolta fino al 2004 nel citato ex convento domenicano, successivamente si è spostata nella zona industriale in un moderno opificio costruito con le più moderne tecnologie e nel rispetto dell’ambiente.

Il processo produttivo dello stabilimento atriano, seppur sviluppato con macchine moderne, si basa ancora oggi sugli antichi insegnamenti e l’esperienza dei frati domenicani, con l’estrazione della liquirizia mediante l’ebollizione delle radici sfibrate in acqua calda e la successiva essiccazione per la creazione della brillante pasta di liquirizia. Viene così preservata la purezza e la genuinità di un tempo. Anche le note caramelle Tabù, riconoscibili dalla particolare forma della scatola, dal disegno pubblicitario e dall’accattivante slogan musicale, sono prodotti Menozzi-De Rosa.

La nascita della SAILA.

Nel 1937 da una costola della Menozzi-De Rosa nacque a Silvi Marina il famoso marchio SAILA, “Società Anonima Italiana Liquirizia e Affini”, fondata nell’ex Kursal di Silvi da Aurelio Menozzi e Angelo Barabaschi.

Col tempo, l’evoluzione dei gusti e delle mode, la lavorazione della liquirizia abruzzese si è adeguata. Sono nate così nuove linee che spaziano dai liquori alle creme, dai gelati, alla farmaceutica. Tutti prodotti Menozzi-De Rosa che in gran parte trovate in alcuni negozi specializzati di Atri, come questo dal sapore retrò.


Atri – Casa della Liquirizia, con i prodotti del marchio storico Menozzi-De Rosa – Foto Leo De Rocco


Le proprietà e i benefici della liquirizia sono numerosi. Il nome deriva dal greco “glycyrrhiza” che significa dolce-radice, il suo principio attivo ha un’azione antinfiammatoria e tonica per il sistema digestivo ed è un calmante per la tosse. Inoltre la liquirizia è una discreta fonte di vitamine del gruppo “B” e di minerali.

Come per qualsiasi alimento anche per la liquirizia vale la regola del “non abusarne”.* L’Agenzia statunitense “Food and drug Agency” consiglia di non superare 5,7 grammi di liquirizia al giorno per due settimane o più; mentre il quantitativo consigliato dai medici italiani va da 2 ai 5 grammi al giorno.

In Italia le uniche regioni che lavorano la liquirizia sono l’Abruzzo e la Calabria, importanti realtà industriali uniche in Europa.

*(il consumo di liquirizia, soprattutto se continuativo, è controindicato per chi soffre di ipertensione)

La Pietra di San Paolo

calanchi g

Cappella della Pietra di San Paolo – Atri, Riserva dei Calanchi – Foto Leo De Rocco


Mentre passeggio nella Riserva dei Calanchi pensando alla liquirizia di Atri, mi tornano in mente ricordi d’infanzia, quando uno dei passatempi era avventurarsi sulle colline per cercare radici di liquirizia, ricordo che se ne trovava tanta. Erano giornate spensierate, a contatto con la natura, senza la contemporanea tecnologia. Ricordo che spesso mi accompagnava mia nonna o mia madre le quali mi insegnavano a riconoscere le piante spontanee dei campi, oltre alla liquirizia mia nonna raccoglieva “li cacign‘”, in italiano il crespigno, diceva “fa bene al fegato”; poi indicandomi la malva “quella fa bene alle donne incinte”; c’erano poi prati di camomilla i cui fiori profumati venivano fatti essiccare e strane piante, tipo funghi, con colori accesi, “quello lo mangiano i serpenti, non ti ci avvicinare mai”, mi diceva. Si trattava di una pianta venelosa.

Piacevolmente assorto in questi ricordi d’infanzia cattura la mia attenzione una pietra dalla curiosa forma, custodita all’interno di una piccola edicola votiva. Gli atriani la chiamano Pietra di San Paolo. Si tratta di una grossa pietra bianca che spunta dal terreno. A prima vista sembra la base di una antica colonna.

La tradizione cristiana racconta che su una pietra fu decapitato nel 67 d.C. sotto Nerone, l’apostolo di Gesù Paolo di Tarso, per questo il nome della pietra del Parco dei Calanchi riconduce a San Paolo. La leggenda popolare racconta che la pietra del martirio da Roma fu portata qui, tra le colline di Atri, e da allora è venerata dalla popolazione locale in quanto ritenuta miracolosa.

In passato i bambini di Atri e dei paesi vicini nati con problemi di deperimento oppure inappetenti venivano portati in processione davanti alla “sacra pietra di San Paolo” per celebrare un antico rito che avrebbe prodotto il miracolo della guarigione, in quanto si riteneva che il problema del bambino era causato da un maleficio ad opera di una strega.


calanchi h

Pietra di San Paolo – Riserva dei Calanchi, Atri – Foto Leo De Rocco


Watermark_1673993001454

Cattedrale di Malaga – Decapitazione di San Paolo – Enrique Simonet, 1887


Volo di streghe – Francisco Goya, 1797 – Museo del Prado, Madrid.


Il bambino veniva posto nudo sulla pietra e lavato con il vino, quindi gli veniva dato da mangiare in segno augurale e di buon auspicio. Finito il pasto veniva rivestito con abiti nuovi. Prima di ritornare a casa la pietra veniva scalfita per ricavare una certa quantità di polvere che veniva custodita in un sacchetto, conservato come un amuleto protettivo per il bambino.

Sono riti molto antichi e rimandano ad un Abruzzo arcaico che affascinava intellettuali e artisti i quali traevano ispirazione per l’arte e la letteratura. I dipinti, (e le foto), di Francesco Paolo Michetti e le opere letterarie di Gabriele d’Annunzio, testimoniano quel lontano passato.


Corso Adriano, in fondo si intravede la torre del Palazzo Ducale d’Acquaviva; sulla sinistra La Casa della Liquirizia – Foto Leo De Rocco


La Riserva Naturale Regionale dei Calanchi di Atri è un’oasi di pace e natura, un ambiente prezioso per la conservazione di flora e fauna, un luogo da proteggere e valorizzare, un motivo in più per visitare Atri e il suo territorio.

Copyright – All rights reserved Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – articolo aggiornato a settembre 2022 – Note: 1) Brano tratto da Cristo si è fermato a Eboli, di Carlo Levi, Einaudi, 2010; 2) da – Fonti: Stabilimento “Menozzi De Rosa” Atri; WWF info/itinerario presso Riserva Naturale dei Calanchi Atri; per “La Pietra di San Paolo”, fonte: Riserva Naturale Regionale Calanchi di Atri con riferimenti agli studi della etnografa Adriana Gandolfi; per le proprietà della liquirizia: Pagine Mediche, sito web a cura del dott. Massimo Canorro.

Dedico questo articolo a mio padre.


Link articoli citati ⬇️

Atri, la Notte dei Faugni.

Atri, tra Adriano e Andrea de Litio.

Un parco fiabesco, l’Abruzzo magico.

La Dea di Rapino

Miglianico: d’Annunzio, Michetti e San Pantaleone.

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. umberto russo ha detto:

    Ho letto con interesse alcune schede (altre ne leggerò in seguito) e mi complimento per l’accuratezza della redazione e l’efficacia delle immagini che le integrano. Il nostro Abruzzo ha bisogno di giovani che sappiano interessarsi alle sue tematiche (paesaggi, attrattive artistiche, folclore…) ed illustrarle con competenza e capacità comunicativa. Auguri.

    Piace a 1 persona

  2. leoderocco ha detto:

    Gentilissimo Professore Umberto Russo, la sua autorevole recensione onora questo blog e sprona ad andare avanti e fare sempre meglio. Grazie!

    "Mi piace"

  3. Fosco Nallira ha detto:

    Belli da guardare

    Piace a 1 persona

Lascia un commento