“INGENII CERTUS VARII MULTIQUE ROBERTUS HIC LEVIGARUM NICODEMUS ATQUE DOLARM…ANNUS MILLENUS VENTENUS QUINQUIE DENUS CUM FUIT HOC FACTUM FLUXIT…VI MENSE OCTOBER” (1)
Traduzione: Roberto, dotato di grande e versatile ingegno e Nicodemo, abbozzarono e rifinirono questo lavoro nell’anno mille centocinquanta. Quando questa opera fu compiuta correva il sei ottobre.
Girando in lungo e in largo per l’Abruzzo ho scoperto che a volte questa terra custodisce veri e propri tesori ancora poco conosciuti. Facendo fede alla missione di questo blog, che consiste nel divulgare la conoscenza delle storie e delle bellezze di questa regione, soprattutto le meno conosciute, quelle nascoste, quelle trascurate e dimenticate, sono andato nella bella Marsica per scoprire uno di questi gioielli: la chiesa, un tempo parte di un monastero benedettino, di Santa Maria in Valle Porclaneta, (sec. XI), un vero e proprio scrigno d’arte.

La chiesa si trova ai piedi del Monte Velino, vicino al piccolo borgo di Rosciolo dei Marsi, una frazione di Magliano dei Marsi ed è raggiungibile attraverso una stradina che sembra perdersi tra i boschi di querce e castagni, tra rovi di more, tra mandorli, noci e piccole abetaie: un paesaggio montano, qui siamo sui 1000 metri di altitudine, che cinge le pendici dei monti del Parco Velino-Sirente. Siamo nel cuore dell’Abruzzo, una zona ricca di storia, arte e bellezze naturali.

Non molto distante da qui si trova Massa d’Albe con l’interessante sito archeologico di Alba Fucens, antica colonia romana. Sull’altura che sovrasta Alba Fucens sorgeva un tempo il tempio dedicato ad Apollo, che all’epoca dominava la valle con un colonnato dorico disposto a semicerchio.
Le stesse colonne, con la diffusione del cristianesimo, furono poi utilizzate per costruire l’attuale chiesa di San Pietro. I resti del tempio di Apollo sono stati usati anche per costruire le fondazioni della chiesa, ricostruita dopo il terremoto del 1915. Su un’altra altura ci sono i resti dell’antico borgo medievale con il suo castello, ormai ridotto a ruderi.
La chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta, definita dal critico d’arte Vittorio Sgarbi “Il più grande capolavoro del Medioevo, l’unica iconostasi in legno perfettamente conservata” e visitata in segreto (come racconterò più avanti) da Papa Benedetto XVI nell’agosto 2011, si trova quindi ad una manciata di chilometri da Alba Fucens.
Il nome della valle è di origine incerta: secondo alcuni proverrebbe dall’ebraico Bahal por-h-lahaneth-a che significa “valle profonda” oppure dal greco porù-clanidos, traduzione di “manto di pietra”. Altri studiosi fanno risalire il nome ad un tempietto pagano dedicato a Purcefer, un fauno venerato nel luogo i cui reperti vennero alla luce dopo alcuni scavi archeologici.
L’attuale strada che porta alla chiesa di Santa maria in Valle è stata costruita solo in tempi recenti: l’isolamento spiega la conservazione del monumento, che è miracolosamente resistito, contenendo i danni, anche a terremoti e guerre.

Il profilo della chiesa, in stile romanico, mi ricorda le linee del tetto di una baita e sembra così ricalcare perfettamente le linee del profilo delle montagne che le fanno da cornice (vedi foto). Chissà se è una coincidenza oppure il frutto del progetto artistico dell’allora architetto e costruttore, un certo Nicolò, nel caso sarebbe un esempio ante litteram di architettura sostenibile.

Varcando l’ingresso trovo sulla lunetta del portale un interessante affresco rinascimentale (foto sopra) di scuola umbra e fiorentina, il cui autore risulta ignoto ma forse è Andrea De Litio, (lo stile sembra il suo), un importante artista del quattrocento italiano nato proprio da queste parti (Lecce dei Marsi, 1420) famoso per il ciclo degli affreschi nel duomo di Atri (vedi in questo blog “Atri, tra Adriano e Andrea De Litio).

Una rarissima e preziosa iconostasi domina la parte centrale della navata. L’iconostasi, presente anche nella citata chiesa di San Pietro in Alba Fucens, aveva la funzione di separare la parte più sacra della chiesa, riservata al clero e agli officianti (presbiterio) dallo spazio occupato dai fedeli.
La iconostasi della chiesa di Santa Maria in Valle, considerata una unicità nel suo genere, presenta influssi bizantini e arabi e, nell’insieme, raffigura un immaginario, quasi fiabesco: un drago, un leone, un grifo, un’aquila, due cigni, rosoni circolari con petali a stella e ornamenti floreali; e ancora: serafini, putti, figure di monaci e piccoli mostri.
Un tempo questa iconostasi, realizzata all’incirca nel mille in legno di quercia, era interamente rivestita con una lamina d’oro. Sempre in legno di quercia sono le travi e le tavole utilizzate per rivestire la volta della chiesa.
Oltre al rivestimento in lamina d’oro, la iconostasi presentava immagini dipinte, oggi purtroppo scomparse.

Adiacente all’iconostasi troviamo un preziosissimo ambone opera, insieme al ciborio, di due artisti originari del luogo: Roberto e Nicodemo. I due erano in contatto con l’allora centro artistico-culturale di Montecassino (questa chiesa-abbazia rientrava tra le pertinenze dell’antica Abbazia di Montecassino) ma seppero fondare nel nativo Abruzzo un loro originale stile che, nella Chiesa di Santa Maria in Valle, raggiunge il più eloquente esempio.
In fondo alla chiesa troneggia il meraviglioso ciborio, la cui forma richiama influssi bizantini, romanici e moreschi. I citati Roberto e Nicodemo realizzarono questa magnifica opera da un’unico blocco di pietra locale e, per la prima volta in Abruzzo, si ispirarono allo stile moresco, già presente in Spagna e in Francia, ma lo interpretarono in un nuovo e originale linguaggio artistico.

Percorrendo l’antico viottolo che porta alla Chiesa, un tempo monastero, scopro una gigantesca quercia secolare, chissà, forse piantata dai monaci benedettini attorno all’anno mille.
L’albero è maestoso, alto oltre 18 metri, misura una circonferenza di 6 metri. Parte dell’albero sprofondò alcuni metri nel terreno a causa di una alluvione che nel 1928 inondò tutta la valle, la reale circonferenza della secolare quercia risulta quindi maggiore.
La secolare quercia vive in simbiosi con l’antica chiesa e con la sua preziosa iconostasi in legno di quercia: entrambi risalenti all’anno mille, sono oggi due monumenti, uno realizzato dalla natura e l’altro dall’uomo, che da secoli convivono.
Santa Maria in Valle Porclaneta è dunque uno straordinario gioiello che merita di essere visitato.

Mi ha accompagnato nella visita a Rosciolo la gentile Sig.ra Costanza, una vispa e carismatica anziana quasi novantenne, che conserva una grinta e vitalità invidiabili. Costanza, che è la custode della chiesa-monumento, mi ha illustrato (con una lucidità da ventenne), la storia, gli aneddoti e le leggende di Santa Maria in Valle.
Fu lei ad invitare il Papa emerito Benedetto XVI e un giorno d’estate, incredula, se lo trovò davanti in una visita organizzata segretamente per evitare i giornalisti: le fu detto che stava per arrivare un prelato, invece si trovò davanti il Papa.
Mi racconta Costanza che non appena vide il Papa si inginocchiò per baciare l’anello “del pescatore”, ma Benedetto XVI la aiutò subito a rialzarsi e la baciò sulle guance. Costanza spera ora nella visita di Papa Francesco: “gli ho inviato il libro e l’invito, sono certa che verrà”, mi dice sorridendo.
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Copyright –All rights reserved – Non è consentito nessun uso del testo e delle foto presenti in questo articolo senza autorizzazione scritta – Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Autore: Leo De Rocco, leo.derocco@virgilio.it – Foto, compreso copertina: Alba Fucens, Massa d’Albe, Rosciolo, Magliano dei Marsi: agosto 2015 – Note: 1) epigrafe sulla scala dell’ambone della Chiesa di Santa Maria in Valle – Fonti: Santa Maria in Valle Porclaneta, storia, arte, tradizioni di un’Abbazia Benedettina di Vincenzo Angeloni, Edizione Magliano dei Marsi-Rosciolo 2013 – Ringraziamenti: la gentilissima Sig.ra Costanza, custode della Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta.
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Mi chiedo: quanti sono gli abruzzesi consapevoli dello straordinario patrimonio storico, naturalistico, cultuale, artistico della nostra, purtroppo poco apprezzata e , a volte, qusi sconosciuta Regione, non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale?
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